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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente il secondo, il terzo e il quarto sabato del mese alle 17 e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

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Il sito della parrocchia:

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lunedì 18 marzo 2019

Critica del comunismo cinese - Criticism of Chinese communism


Critica del comunismo cinese

Note: after the Italian text there is the translation in English, done with the help of Google Translator. I tried to correct, within the limits of my knowledge of English, some inaccuracies that automatic translation still inevitably entails. I have experimented that even with these inaccuracies the translation allows us to be understood by those who speak English, in the many national versions of the world, or who use it as a second or third language. It is the function that in ancient times carried out the Greek. Trying to be understood by other peoples corresponds to an ancient vocation of the Church of Rome, which is still current.


  La critica del modello sociale comunista della Repubblica popolare cinese è facile. Esso dichiara di ispirarsi la marxismo, ma ha ripudiato tutto del marxismo. E potremmo finire qui. Poiché però, per la maggior parte degli europei, il marxismo è un’ideologia, una dottrina economica e una filosofia ignota, bisogna aggiungere qualcosa.
 I marxismi sono collegati al pensiero del filosofo e rivoluzionario tedesco Karl Marx (1818-1883). Il pensiero di Marx era un complesso di teorie critiche che avevano di mira le società capitaliste del suo tempo. Sosteneva che l’economia capitalista causava sofferenza ed emarginazione sociale, riducendo in povertà, al limite della pura sussistenza, la maggior parte della popolazione impiegata nelle lavorazioni alle dipendenze altrui, in particolare nell’industria, l’attività economica che produceva la maggiore ricchezza. Sosteneva anche che l’economia capitalista, producendo un progressivo accentramento di ricchezza in poche mani, avrebbe creato le condizioni per il suo superamento, sarebbe crollata sotto il peso della sua stessa avidità sociale, o, detto con terminologia marxiana, delle sue contraddizioni. Un regime economico basato sull’idea della libertà di iniziativa e sulle opportunità offerte dal mercato, quindi dalla libera contrattazione e sulle opportunità del libero commercio, avrebbe creato un sistema di produzione sempre più dispotico, nel quale gli esseri umani sarebbero stati inseriti come degli ingranaggi, e, riducendo il reddito della maggior parte della popolazione, avrebbe distrutto il mercato, quindi la sua stessa fonte di sopravvivenza. Il superamento, inevitabile per le sue stesse contraddizioni, dell’economia capitalista, avrebbe consentito la liberazione della classe di quelli che l’economia capitalista aveva asservito, i proletari, vale a dire coloro che, lavorando alle dipendenze altrui, avevano un reddito minimo di sussistenza, tanto quanto bastava per tirare avanti, fornire forza lavoro, e riprodursi. Nell’economia capitalista essi erano finiti in quella loro miserevole condizione perché era stati privati di una parte della loro personalità, del lavoro, retribuito come una merce secondo le condizioni di mercato e, quindi, in un mercato dominato dai capitalisti, vale a dire di chi dirigeva l’attività di produzione e commercio avendo la proprietà degli strumenti per produrre, in modo non proporzionato al loro reale contributo alla produzione della ricchezza.
 Il lavoro di una persona trattato come una merce è, nel pensiero di Marx, lavoro alienato, che significa espropriato nelle mani altrui. Una persona non dovrebbe mai essere trattata come una merce, sosteneva Marx. La critica sociale e l’idea di liberazione sono i tratti che storicamente hanno accomunato ogni tipo di marxismo. L’altra idea comune è che le sofferenze sociali sono un prodotto sociale e possono essere superate con una diversa organizzazione sociale: non  ci si deve rassegnare ad esse come a fenomeni della natura, come i terremoti e i temporali. Infine c’è l’idea che il capitalismo, con la sua logica brutale e selvaggia, dove i forti dominano i deboli e questi ultimi sono sempre di più, non può durare, reca in sé stesso il germe del suo superamento. L’organizzazione del proletariato, in questa visione, serve ad assecondare il trapasso ad una nuova civiltà e a costruirla, a tempo debito. In questo quadro, politica e religione sono sovrastrutture, organizzazioni al servizio del sistema economico, determinate da esso e al sue manifestazioni strumentali, per ottenere il dominio sulle masse, destinate ad essere superate con l’inevitabile trapasso di civiltà. Per Marx il traguardo finale di questo processo era una civiltà sostanzialmente anarchica, il regno della libertà, una civiltà di persone libere.  In tutti i marxismi troviamo quelle idee.
 Nelle versioni che risentono del pensiero del rivoluzionario russo Lenin, pseudonimo di Vladimir Il'ič Ul'janov (1870-1924), per questo dette marxismi-leninismi, assume molta importanza il partito comunista rivoluzionario, come agente del superamento del capitalismo. Lenin lo concepì come composto di rivoluzionari di professione, agitatori sociali che facevano i rivoluzionari per vivere e si specializzavano in quel compiti, inquadrati con disciplina militare. La prima rivoluzione socialista fu tentata nella Russia zarista, dove il capitalismo era poco sviluppato e quindi dove, secondo la prospettiva marxista, non c’erano ancora le condizioni per il trapasso di civiltà. Il partito comunista rivoluzionario avrebbe dovuto forzare la situazione usando spregiudicatamente  la violenza politica di massa, per contrastare le forze conservatrici e reazionarie, come in effetti avvenne durante la rivoluzione russa del 1917, che in breve portò all’affermazione di un regime comunista dominato da un partito comunista di ispirazione leninista, che sbaragliò anche con la violenza politica ogni altra formazione, combattendo non solo i reazionari zaristi, ma i suoi stessi alleati, eliminando ogni dissenso. Lo scopo di questo partito leninista era quello di instaurare una dittatura del proletariato, vale a dire di rendere irreversibile la rivoluzione. In realtà presto venne instaurata una dittatura del partito comunista rivoluzionario, che in una decina d’anni cadde nelle mani di un despota sanguinario come Iosif Vissarionovič Džugašvili detto Stalin (1878-1953). Questa dinamica fu espressa da tutti i regimi in cui un partito comunista marxista leninista riuscì a conquistare o ancne solo a condividere in posizione dominante il potere, salvo che in Italia, dove un partito comunista leninista condivise il potere in posizione dominante tra il 1944 e il 1947 e poi dal 1976 al 1979. Il comunismo italiano, scaturito dal pensiero di Antonio Gramsci e altri riformatori di quell’esperienza, rimase un’esperienza unica nel mondo. La Costituzione italiana è il principale suo frutto (i socialisti sanno scrivere belle costituzioni). Essa non rimase un libro dei sogni, venne attuata in gran parte, anche per l’azione svolta in società da forze socialiste e cristiano - sociali.
 Un sistema politico che doveva essere espresso dalle realtà sociali di base, mediante una rete di soviet (parola russa che significa assemblea) dei lavoratori, venne presto dominato da una ristretta oligarchia di rivoluzionari di professione e poi, fino alla morte, da Stalin,e da altre successive dittature personali fino all'avvento al potere di Michail Gorbaciov, nel 1985, che tentò senza successo  di riformare quel comunismo con perestroika, democratizzazione, e glasnost, trasparenza dei processi decisionali, trasparenza del potere, che significava anche rendere conto alla gente di come lo si esercitava.  La società felice immaginata dal marxismo risplendeva nella Costituzione dell’Unione Sovietica (Sovietica, in quanto basata sui soviet dei lavoratori), il nuovo stato che era venuto dopo l’impero degli Zar russi, ma la realtà era completamente diversa, era quella di un crudele dispotismo che aveva privato la gente di ogni libertà e anche della sua propria dignità, costringendola all’ipocrisia di proclamarsi felice e d’accordo con i potenti di turno, mentre pativa un duro asservimento sociale. Certamente alcune conquiste sociali ebbero luogo. Nessuno rimaneva senza casa, senza lavoro, senza cure sanitarie, ma in una società nel complesso povera, per l’inefficienza del suo sistema economico, dove imperava la corruzione. Venne realizzata l’uguaglianza effettiva tra uomini e donne, ma in un contesto sociale in cui tutti erano asserviti a un potere che rendeva tutti schiavi, salvo coloro che riuscivano a raggiungere un posto di comando in quella oligarchia che con parola russa veniva detta  nomenklatura, ed è usata in quel senso anche in italiano.
  La Repubblica Popolare Cinese dichiara di essere un sistema politico marxista leninista; essa è dominata da un partito comunista marxista leninista totalitario.
 Ora, nel sistema politico, economico e sociale della Repubblica popolare cinese sono evidenti tutti i difetti della degenerazione marxista leninista e di quella del capitalismo. I comunisti cinesi ritengono di poter riuscire a tenere a bada il capitalismo, che hanno introdotto nel loro sistema sociale, con la disciplina propria del marxismo leninismo, ma in questo modo negano uno della principali convinzioni del marxismo, vale a dire che la politica è determinata dall’economia  e non viceversa.
  La povertà non è stata superata nella Cina comunista. La ricchezza indotta dal capitalismo al quale si sono aperte le porte in alcune regioni del grande Paese non è stata distribuita equamente nel popolo, tanto che il regime avvia cicliche campagne per sollevare dalla povertà i lavoratori delle campagne, segno di uno squilibrio sociale tipico dei sistemi capitalisti. Il capitalismo ha stimolato nella gente avidità e competizione nel proprio esclusivo interesse, per cui i cinesi che agiscono nell’economia capitalista ci appaiono dominati dalla stessa smania arrivista, dallo stesso attaccamento per le ricchezze materiali che dominano le società occidentali in cui si è aperta la strada al liberismo sfrenato, riducendo o eliminando i correttivi sociali allo sfruttamento del lavoro. I lavoratori cinesi dell’industria non ci appaiono in condizione migliore dei più sfruttati tra i lavoratori occidentali e questo lo osserviamo spesso anche nelle industrie diretta da capitalisti cinesi in Italia. Il regime impedisce la critica sociale, anche quella con moventi religiosi, come quella espressa dalla dottrina sociale cattolica, e in questo si pone in contrasto con  il marxismo dichiarato, che comporta un movimento dal basso, il diritto di critica sociale e il dovere di autocritica, e non solo direttive dall’alto insindacabili. Se scrivessi quello che ho scritto in Cina sarei arrestato  e condannato ad una dura pena, come criminale politico.
  Può essere obiettato che anche in Europa il nostro ideale di una “economia sociale di mercato”, che voleva temperare con una legislazione sociale che garantisse i diritti fondamentali degli esseri umani la durezza della competizione capitalista, della lotta di tutti contro tutti in cui i deboli  hanno la peggio, ha fallito e addirittura stanno manifestandosi nuovamente i germi del fascismo. E’ vero. La differenza è che in Europa lo si può dire liberamente e, mediante la critica sociale e un movimento dal basso, cercare di esercitare una costante opera di riforma.
 Detto ciò, va anche osservato che il comunismo cinese, a differenza di quasi tutti gli altri nel mondo, si è manifestato come un’esperienza politica capace di riformare se stessa. Ho ascoltato sul Web il discorso del presidente cinese Xi Jinping tenuto nel 2018 a Davos, all’incontro annuale sull’economia nel quale sostanzialmente si ragiona di economia capitalista, l’unica, apparentemente,  rimasta sulla Terra.  Egli ha usato toni critici verso alcuni problemi che il capitalismo ha creato, che sono stati anche autocritici, perché la Repubblica popolare cinese ha accolto il capitalismo nel suo sistema sociale. Ha parlato della povertà, della  disoccupazione, dell’emarginazione sociale, dei problemi dei migranti e dell’esigenza primaria di mantenere una pace globale. In questa capacità di autocritica si scorge la possibilità di un fecondo dialogo con gli europei, travagliati dai medesimi problemi.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli

Criticism of Chinese communism

The criticism of the communist social model of the People's Republic of China is easy. It claims to be inspired by Marxism, but has repudiated everything of Marxism. And we could end up here. But since, for most Europeans, Marxism is an ideology, an economic doctrine and an unknown philosophy, something needs to be added.
 Marxisms are related to the thinking of the German philosopher and revolutionary Karl Marx (1818-1883). Marx's thinking was a complex of critical theories that targeted the capitalist societies of his time. He argued that the capitalist economy caused suffering and social marginalization, reducing to poverty, on the verge of pure subsistence, the majority of the population employed in the work employed by others, particularly in industry, the economic activity that produced the greatest wealth. He also argued that the capitalist economy, by producing a progressive centralization of wealth in a few hands, would have created the conditions for overcoming it, it would have collapsed under the weight of its own social greed, or, with Marxian terminology, its contradictions. An economic regime based on the idea of ​​freedom of initiative and the opportunities offered by the market, therefore by free bargaining and on the opportunities of free trade, would have created an increasingly despotic production system, in which human beings would have been inserted like gears , and, by reducing the income of most of the population, it would have destroyed the market, hence its very source of survival. The overcoming, inevitable due to its own contradictions, of the capitalist economy, would have allowed the liberation of the class of those that the capitalist economy had enslaved, the proletarians, namely those who, working on the dependencies of others, had a minimum income of subsistence, just enough to get by, provide workforce, and reproduce. In the capitalist economy they had ended up in their miserable condition because they had been deprived of a part of their personality, of work, paid as a commodity according to market conditions and, therefore, in a market dominated by capitalists, that is to say of who directed the activity of production and commerce having the property of the tools to produce, in a way not proportionate to their real contribution to the production of wealth.
 The work of a person treated as a commodity is, in Marx's thought, alienated work, which means expropriated in the hands of others. A person should never be treated as a commodity, Marx argued. Social criticism and the idea of ​​liberation are the traits that historically have accumulated every kind of Marxism. The other common idea is that social suffering is a social product and can be overcome with a different social organization: we must not resign ourselves to them as phenomena of nature, such as earthquakes and thunderstorms. Finally there is the idea that capitalism, with its brutal and wild logic, where the strong dominate the weak and the latter are more and more, cannot last, bears in itself the germ of its overcoming. The organization of the proletariat, in this view, serves to support the transition to a new civilization and to build it in due course. In this framework, politics and religion are superstructures, organizations at the service of the economic system, determined by it and its instrumental manifestations, to gain dominion over the masses, destined to be overcome with the inevitable passage of civilization. For Marx, the final goal of this process was a substantially anarchist civilization, the kingdom of freedom, a civilization of free people. In all Marxisms we find those ideas.
  In the versions affected by the thought of the Russian revolutionary Lenin, pseudonym of Vladimir Il'ič Ul'janov (1870-1924), for this reason called marxism-leninism, the revolutionary communist party, as the agent of overcoming capitalism, assumes great importance. Lenin conceived it as composed of professional revolutionaries, social agitators who were revolutionaries to live and specialized in those tasks, framed by military discipline. The first socialist revolution was attempted in Tsarist Russia, where capitalism was underdeveloped and therefore where, according to the Marxist perspective, there were still no conditions for the passage of civilization. The revolutionary communist party should have forced the situation by unscrupulously using mass political violence to counter conservative and reactionary forces, as indeed happened during the Russian revolution of 1917, which soon led to the establishment of a communist regime dominated by a Communist party of Leninist inspiration, which also defeated any other formation with political violence, fighting not only the tsarist reactionaries, but its own allies, eliminating all dissent. The purpose of this Leninist party was to establish a dictatorship of the proletariat, that is, to make the revolution irreversible. In reality a dictatorship of the revolutionary communist party was soon established, which in the last ten years fell into the hands of a bloodthirsty despot like Iosif Vissarionovič Džugašvili known as Stalin (1878-1953). This dynamic was expressed by all the regimes in which a Marxist-Leninist communist party managed to conquer or even only to share power in a dominant position, except in Italy, where a Leninist communist party shared power in a dominant position between 1944 and 1947 and then from 1976 to 1979. Italian communism, born from the thought of Antonio Gramsci and other reformers of that experience, remained a unique experience in the world. The Italian Constitution is its main fruit (the socialists know how to write beautiful constitutions). It did not remain a book of dreams, was largely implemented, also due to the action carried out in society by socialist and Christian-social forces.
  A political system that had to be expressed by the basic social realities, through a network of soviets (Russian word meaning assembly) of workers, was soon dominated by a restricted oligarchy of professional revolutionaries and then, until his death, by Stalin, and by other successive personal dictatorships until the advent to power of Mikhail Gorbachev, in 1985, who unsuccessfully tried to reform that communism with perestroika, democratization, and glasnost, transparency of decision-making processes, transparency of power, which also meant accountability to the people of how it was practiced. The happy society imagined by Marxism shone in the Constitution of the Soviet Union (Soviet, as it is based on worker soviets), the new state that had replaced the empire of the Russian Tsars, but the reality was completely different, was that of a cruel despotism that had deprived people of all freedom and also of his own dignity, forcing the hypocrisy to proclaim himself happy and in agreement with the powerful ones, while suffering a harsh social enslavement. Certainly some social conquests took place. No one remained homeless, without a job, without health care, but in a society that was poor overall, due to the inefficiency of its economic system, where corruption prevailed. Effective equality was achieved between men and women, but in a social context in which everyone was enslaved to a power that made all slaves, except those who managed to reach a command post in that oligarchy that was called a nomenklatura by Russian word and it is used in that sense also in Italian.
  The Chinese People's Republic declares to be a Marxist Leninist political system; it is dominated by a totalitarian Marxist Leninist communist party. 
 Now, in the political, economic and social system of the People's Republic of China all the defects of the Leninist Marxist degeneration and that of capitalism are evident. The Chinese communists believe they can manage to keep capitalism at bay, which they introduced into their social system, with the discipline proper to Marxism Leninism, but in this way they deny one of the main convictions of Marxism, namely that politics is determined from the economy and not vice versa.
  Poverty has not been overcome in communist China. The wealth induced by capitalism which opened its doors in some regions of the great country has not been evenly distributed among the people, so much so that the regime starts cyclical campaigns to lift rural workers out of poverty, a sign of a social imbalance typical of the systems capitalists. Capitalism has stimulated people's greed and competition in their own exclusive interest, so the Chinese acting in the capitalist economy appear to be dominated by the same avaricious mania, by the same attachment to the material riches that dominate the western societies in which the road to unbridled liberalism, reducing or eliminating social corrective measures to exploit labor. he Chinese workers of the industry do not appear to us in better condition than the most exploited among the western workers and this we often observe also in the industries directed by Chinese capitalists in Italy. The regime prevents social criticism, even the one with religious motives, such as that expressed by Catholic social doctrine, and in this it stands in contrast with the declared Marxism, which involves a movement from below, the right of social criticism and the duty of self-criticism, and not just unquestionable directives from above. If I wrote what I wrote in China I would be arrested and sentenced to a harsh sentence, as a political criminal.
  It may be objected that even in Europe our ideal of a "social market economy", which wanted to temper with a social legislation that guaranteed the fundamental rights of human beings, the harshness of capitalist competition, of the struggle of all against all where the weak they have the worst, has failed and even the germs of fascism are appearing again. It's true. The difference is that in Europe it can be said freely and, through social criticism and a movement from below, try to exercise a constant work of reform.
 That said, it should also be noted that Chinese communism, unlike almost all others in the world, has manifested itself as a political experience capable of reforming itself. On the Web I listened to the speech by Chinese President Xi Jinping held in 2018 in Davos, at the annual meeting on the economy in which the main reasoning of the capitalist economy, the only one apparently remained on Earth. He used critical tones towards some problems that capitalism created, which were also self-critical, because the People's Republic of China welcomed capitalism in its social system. He spoke about poverty, unemployment, social exclusion, the problems of migrants and the primary need to maintain global peace. In this capacity for self-criticism we see the possibility of a fruitful dialogue with Europeans, troubled by the same problems.
  Mario Ardigò - Catholic Action in the Catholic parish of San Clemente Pope - Rome, Monte Sacro, Valli district