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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente il secondo, il terzo e il quarto sabato del mese alle 17 e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

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Il sito della parrocchia:

https://www.parrocchiasanclementepaparoma.com/

venerdì 30 luglio 2021

Cambiare in parrocchia

Cambiare in parrocchia

 

 La parrocchia, in genere e nel caso della nostra, è un’istituzione comunitaria: è scritto nel diritto canonico, che è il diritto della nostra Chiesa (canoni 515-572). In ciò la sua configurazione è stata cambiata con il nuovo Codice di diritto canonico, deliberato nel 1983, che ha sostituito il precedente, del 1917, per seguire i principi decisi nel corso del Concilio Vaticano 2º  (1962-1965):  ci vollero quasi vent’anni, indizio eclatante delle difficoltà che ci furono nell’applicarli. L’operazione non riuscì bene. Nella parrocchia istituzione comunitaria, infatti, la comunità non conta nulla:  la parrocchia, dal punto di vista giuridico, è governata monarchicamente, in tutto, dal parroco, e gli altri, il clero e i laici che con lui collaborano, non sono nient’altro che esecutori o consulenti.

  Naturalmente talvolta vi può essere un governo parrocchiale con elementi di reale compartecipazione, ma questo dipende solo dal parroco, che può anche revocarla accentrando nuovamente. L’arrivo di un nuovo parroco determina quindi l’inizio di una nuova era nella parrocchia. Così è stato nella nostra parrocchia, che nella sua storia ha avuto solo tre parroci, don Vincenzo Pezzella dalla fondazione, negli anni Cinquanta, al 1983, don Carlo Quieti, dal 1983 al 2015, don Remo Chiavarini dal 2015 a tutt’oggi. Questa situazione dovrebbe essere corretta e lo si può fare utilizzando innovativamente  i limitatissimi spazi di compartecipazione consentiti dalle norme canoniche vigenti, per far emergere la comunità e una tradizione. Lo si è iniziato a fare in molte parrocchie italiane, con alterni e in genere non stabili risultati, per come mi pare di capire.

  Non è necessario, è anzi fortemente sconsigliabile, pasticciare con la teologia: quella che c’è nei documenti del Concilio Vaticano 2^ basta e avanza. Riscosse un vastissimo consenso tra i padri conciliari e nel travagliato processo applicativo dei princìpi conciliari è stata anche in qualche modo inculturata nella gente, anche se la consapevolezza che in genere se ne ha non mi pare sufficiente.

 Piuttosto, vanno fatti approfondimenti sulla storia recente dell’Europa, che è il contesto culturale in cui ci muoviamo (è una via improduttiva sognare di riprodurre epoche del passato, fosse anche quello delle origini), e acquisire un’informazione sintetica delle evoluzioni ecclesiali dei secoli precedenti. Questo è un lavoro che in genere non si fa, o, se si fa, è svolto più che altro con finalità apologetiche, che è un modo di definire una propaganda religiosa non di rado caratterizzata da una certa faziosità.

 San Karol Wojtyla, nel suo ministero di Papa, in preparazione del Grande Giubileo dell’Anno 2000, ci guidò nel difficile impegno che definì di purificazione della memoria, che consiste nel fare memoria veritiera del nostro passato ecclesiale per non ripeterne gli orrori, cercando invece di prendere esempio dal  bene che espresse. Ricordo che, in questo, fu duramente criticato dai teologi di corte, oltre che da tutti coloro che accettavano tutto quel passato come perdurante modello per i nostri tempi, resistendo ai cambiamenti.

  Così non di rado, in genere inconsapevolmente però, si ripetono gli errori del passato, ed è solo perché viviamo in una democrazia che le cose non assumono una brutta piega. Ad esempio, mi è capitato di udire persone palesemente incolte in teologia  scagliare anatemi accusando gli altri di eresia, perché in disaccordo con loro su certi modi di vedere. E, poveretti, nemmeno si rendevano conto che, cosi facendo, davano scandalo, allontanando gente dalla Chiesa, con ciò che ne consegue secondo il monito  evangelico. 

  Spesso sento favoleggiare delle Chiese delle origini, su cui non sappiamo molto di affidabile e ciò che si sa non mi entusiasma molto: furono piuttosto bellicose, rigidissime nello scontrarsi per ragioni di definizioni teologiche, tanto che già l’apostolo delle Genti  Paolo implorò i Galati almeno di non distruggersi a vicenda (Gal 5,15). Resici consapevoli di quel passato non dovremmo cercare di riprodurlo integralmente, anche in quegli atteggiamenti intolleranti che fecero tanto soffrire.

  Come ci insegnò don Remo il giorno che iniziò il suo ministero tra noi, è molto importante volersi bene, nonostante le diversità di vedute su come vivere la fede. Ce ne vogliamo? Dico in concreto, non a parole. E spesso, come  lamenta anche il Papa, sono proprio le parole lo strumento per farci del male, per ferire, allontanare, escludere, discriminare. Una piaga ricorrente in tutte le parrocchie che ho vissuto. I preti, purtroppo, ne sono le prime vittime.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 

  

giovedì 29 luglio 2021

Cambiare la parrocchia dal basso

 

Cambiare la parrocchia dal basso

 

    Se si è d’accordo che gli ultimi 75 anni  dell’Europa occidentale contengono un’evoluzione straordinaria anche della vita religiosa, oltre che di quella civile e politica, allora è su questo che è meglio concentrarsi per  progettare un modo rinnovato di vivere la Chiesa nella parrocchia. Di solito, seguendo il metodo delle teologie cristiane, si inizia invece dal riflettere come si fu nei primi secoli, e questo per l’importanza che si attribuisce, in particolare nella nostra confessione religiosa, alla tradizione, che, con riferimento alle principali convinzioni di fede, tra i cattolici si scrive con la “T” maiuscola, Tradizione. Ma di quei tempi, in particolare quando si risale al Primo secolo, si sa poco e la memoria che la tradizione ecclesiale ci ha tramandato fino ad oggi non è completamente affidabile. Inoltre i processi sociali di organizzazione che si svilupparono nelle Chiese delle origini non contengono quella novità dei tempi contemporanei a cui ho fatto riferimento. Essa può essere sintentizzata in questo modo: ai tempi nostri le Chiese cristiane storiche non si combattono più e, addirittura, in genere si stimano, collaborano, perciò progressivamente vengono meno o sono attenuate le condanne che si scagliarono reciprocamente contro nel loro tremendo passato. Questa situazione è nuova nel senso che non c’è mai stata nei secoli passati, e questo fin dalle origini, nelle quali, in particolare, tra cristiani si fu veramente molto bellicosi. Essa non ha avuto ancora una soddisfacente sistemazione teologica e quindi anche una legittimazione da quel punto di vista. In un certo senso, anzi, la teologia è rimasta piuttosto indietro e ragiona come se si vivesse ancora nei tempi delle divisioni dure, per cui, ad esempio, vive male il fatto che sussistano ancora più organizzazioni cristiane e non una sola. A ben vedere, però, l’ideale di una unità nel senso di soggezione politico-amministrativa delle Chiese ad un unico centro di potere o almeno di coordinamento è il risultato di metamorfosi culturali che non si produssero subito fin dall’epoca detta apostolica, ma che caratterizzarono l’espansione dei cristianesimi solo a partire dalla metà del Secondo secolo e, soprattutto, la loro integrazione come ideologia politico-religiosa nella riforma dell’antico Impero romano. La formulazione delle nostre principali convinzioni di fede, dei dogmi, ne dipende, risalendo ad un arco storico tra il Quarto e il Nono secolo.

   Una ricostruzione storica sintetica della storia della parrocchia come istituzione religiosa locale si trova in

https://www.treccani.it/enciclopedia/parrocchia-e-parroco_%28Enciclopedia-Italiana%29/

una voce scritta dal grande specialista di diritto ecclesiastico e storico della Chiesa Arturo  Carlo Jemolo (1891-1981).

  Da essa emerge che la parrocchia, come istituzione territoriale locale di decentramento burocratico-religioso, risale al massimo al Quarto secolo, epoca a cui risale anche gran parte del cristianesimo ancora confessato nella nostra Chiesa e in cui i cristianesimi divennero ideologia politica dell’Impero romano, in particolare sacralizzando il potere dei suoi imperatori. Nel Secondo Millennio e, in particolare, dal Cinquecento, quando la nostra Chiesa volle darsi un’organizzazione amministrativa e politica analoga a quella degli stati nazionali che  a quell’epoca cominciarono a formarsi, la burocrazia parrocchiale svolse una funzione molto importante, come ancora ora, quella della tenuta dei registri parrocchiali, dove vengono annotate informazioni su Battesimi, matrimoni, morti. Le parrocchie furono a lungo, come in fondo ancora sono tra i cattolici, la sede principale della formazione religiosa di base del popolo di fede e il centro liturgico di prossimità per le persone comprese nel loro territorio. Dopo il Concilio Vaticano 2° si volle riformarle in senso comunitario, operazione che non può dirsi, in genere, riuscita.

  La teologia spesso dà un’immagine della parrocchia diversa da quella reale, perché vi riflette certe sistemazioni culturali su come vive il Cielo che si vorrebbero riprodurre, in maniera per così dire analoga, sulla Terra, nelle società dei fedeli. Così facendo i ruoli sociali assegnati agli attori di questa società locale non ne facilitano l’adattamento ai tempi nuovi, in particolare privando del tutto di voce e competenza il laicato, facendone solo un gregge curato dal parroco e dal clero che con lui collabora.

 Non mi interessa, e del resto non ho competenza in merito, discutere quella teologia, posto che è più semplice partire da alcuni importanti principi che si sono affermati durante il Concilio Vaticano 2° e che sono anche alla base delle democrazie europee avanzate. I principali sono quelli della libertà di coscienza e del pluralismo, il secondo prodotto dal primo. Va detto che essi sono il risultato di una vera rivoluzione culturale nella nostra Chiesa, che si è cominciata a manifestare veramente, in Europa, dal Secondo dopoguerra, quindi dal 1945, benché i fermenti culturali, e  in particolare teologici, dai quali derivò li vediamo manifestarsi a cavallo tra Ottocento e Novecento.

 Una formulazione della libertà di coscienza si ha nel Decreto sulla libertà religiosa Della dignità umana del Concilio Vaticano 2°, al paragrafo n.3:

 

L'uomo coglie e riconosce gli imperativi della legge divina attraverso la sua coscienza, che è tenuto a seguire fedelmente in ogni sua attività per raggiungere il suo fine che è Dio. Non si deve quindi costringerlo ad agire contro la sua coscienza. E non si deve neppure impedirgli di agire in conformità ad essa, soprattutto in campo religioso. Infatti l'esercizio della religione, per sua stessa natura, consiste anzitutto in atti interni volontari e liberi, con i quali l'essere umano si dirige immediatamente verso Dio: e tali atti da un'autorità meramente umana non possono essere né comandati, né proibiti. Però la stessa natura sociale dell'essere umano esige che egli esprima esternamente gli atti interni di religione, comunichi con altri in materia religiosa e professi la propria religione in modo comunitario.

 

 In quella formulazione, per ciò che posso capire, c’è tutta la teologia fondamentale che serve per riorganizzare la vita parrocchiale maggiormente in senso comunitario.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 

mercoledì 28 luglio 2021

Prospettive di riforma dal basso

Prospettive di riforma dal basso

 

   La storia dell’attuazione dei principi innovativi del Concilio Vaticano 2^ (1962-1965) dimostra chiaramente che la nostra Chiesa non è attualmente  riformabile né  nelle sue strutture centrali né nei vertici del potere locale, vale a dire negli episcopati. Troppo intensa è ancora la sacralizzazione di queste strutture di governo, organizzata dalle teologie proprio al fine di renderle resistenti alle riforme. Per nostra buona sorte il loro potere politico è stato molto limitato dai processi democratici sviluppatisi nelle società europee e dunque, benché palesemente obsolete e declinanti, non vi è reale urgenza di impegnarsi in un contrasto frontale e radicale. Altra fu, ad esempio, la situazione dei rivoluzionari repubblicani che nel 1849 sentirono la necessità politica  di abbattere il regno del Papato a Roma (anche in quel caso senza metterne in questione il Primato in ambito religioso).

  Le innovazioni sono possibili solo a partire dal livello di base, in particolare da un’istituzione di prossimità territoriale come la parrocchia, nella quale si vive un certo pluralismo. Quest’ultimo è il principale problema con cui ci si deve confrontare.

  Non sono un teologo, ma mi sono reso conto, da semplice lettore che cerca di essere colto, che la teologia può essere affascinante. In teologia si possono però progettare entusiasmanti riforme, che non avranno mai, tuttavia, la minima possibilità di essere attuate. Così assisto con una certa diffidenza al rifiorire di tanti studi su ciò che oggi viene definito “stile sinodale”, e quelli di cui sono consapevole sono certamente solo  una piccola parte di quelli esistenti, perché abitualmente non mi accosto alla letteratura del ramo.

  La teologia ha preparato il processo di riforma del Concilio Vaticano 2^, è stata la lingua  principalmente parlata in quella assise e la cultura di riferimento della sua  fase attuativa, che però dobbiamo riconoscere realisticamente essere abortita. Ha aperto delle prospettive, fin dove ha potuto, in particolare asseverando l’ortodossia del nuovo corso, ma ha anche creato ostacoli insuperabili nella fase di  edificazione  sociale, in particolare  costruendoli sistematicamente e ideologicamente come insuperabili e poi attestandone l’insuperabilità. Qualcosa del genere accadde nella controversia sulla dottrina della cosiddetta giustificazione, che, quando le condizioni sociali per la pacificazione maturarono, fu composta rapidamente senza particolari insuperabili difficoltà teologiche nel 1999 ad Augsburg (Augusta) con le Chiese luterane, accordo a cui successivamente aderirono altre importanti Chiese protestanti. Il Pontificio Consiglio per l’unitá dei cristiani, dopo aver dichiarato incredibilmente che “non vi era stato alcun rinnegamento del passato”, ammise che quello che definì “comune passo in avanti” era stato “reso possibile dal clima di fiducia reciproca”. Ecco, questa è la vera straordinaria novità dei tempi nostri, rispetto ai secoli delle tremende stragi e persecuzioni fondate su diversità di vedute sulle relative definizioni teologiche, in realtà causate da controversie politiche. Il miracolo del “clima di fiducia reciproca” è stato prodotto dai valori delle democrazie europee, le quali, riducendo le sacralizzazioni dei poteri politici civili e religiosi ne ha creato le condizioni, superando l’oltranzismo teologico.

  Se si afferma che il potere di una persona è voluto dal Cielo, e solo dal Cielo legittimato, e che è dunque  obbligo religioso sottomettervicisi docilmente senza possibilità di discuterlo, perché qualsiasi critica ad esso distrugge l’armonia tra Cielo e Terra e dunque la società che su tale armonia si pensa fondata, per cui è peccato contro il Cielo, e in questo appunto consiste la sacralizzazione del potere sociale, allora la riforma è impossibile senza traumatiche divisioni e poi la guerra tra i monconi che ne derivano. Questa è stata sempre, in sintesi, la storia dei cristiani, e di ogni ideologia politica sacralizzata secondo cristianesimi. Quel clima di fiducia reciproca che ha consentito l’accordo di Ausburg del ’99, il prodigio dei nostri tempi, è il ripudio di un orrendo passato, del quale anche la teologia di corte degli autocrati che lo macchiarono di sangue e che trascinarono popoli interi in conflitti che smentirono ogni principio sociale cristiano porta gravi colpe. Ecco che l’istituzione dichiara però di non voler rinnegare quel passato e quindi, sostanzialmente, di sentirsene ancora legata in altre questioni, ad esempio, ipotizzo, quando si parla di riforma ecclesiale.

  Di solito,  nella  teologia cattolica, ci si sente riformatori quando si auspica un’estensione della collegialità episcopale nei confronti dell’autocrazia papale (ne parlo in questi termini perché così è definita dal diritto canonico), ma questa visione appare oggi obsoleta: sono lo stesso episcopato monarchico e la gerarchia episcopale nel suo insieme a creare problemi organizzativi, in quanto poteri che si vuole mantenere autocratici anche al di lá delle funzioni di Magistero o di quelle liturgiche, ad esempio, addirittura, nella gestione di quel simulacro di stato che è la Città del Vaticano a Roma o di una complessa azienda come quelle espresse  dalle organizzazioni di beni e personale di grandi Diocesi, con grandi patrimoni e flussi finanziari da amministrare. È in questione quello che fu al centro del Concilio Vaticano 2º, vale a dire il popolo di Dio, ma senza che siano indispensabili, per le riforme organizzative che servono, ulteriori diatribe teologiche e, in particolare, indagare per cercare in un lontano passato delle Chiese cristiane quello   che oggi occorre, ciò in quanto in quel passato esso non c’è perché a quei tempi si volle creare politicamente, qui sulla Terra, quel “regno” che il Maestro aveva rifiutato, nascondendosi alla folla che voleva farlo re  al modo in cui lo erano gli altri re della sua epoca, vale a dire l’origine di gran parte  dei nostri attuali problemi ecclesiali

 Date le condizioni attuali, la riforma della nostra Chiesa non deriverà verosimilmente da un concilio o da un sinodo di autocrati religiosi e loro consiglieri e invitati che approvi una qualche costituzione, ma da una prassi sociale che, nelle realtà di base, dalla gente di fede, consenta l’ampia e costante  sperimentazione di un clima diffuso di amichevole compartecipazione e di fiducia reciproca, nel quadro di una maggiore consapevolezza religiosa, superando l’attuale deplorevole carenza formativa che è la vera causa della dispersione religiosa in Europa, in un popolo che si vorrebbe ancora tenere nello stato di gregge mentre è fatto di persone umane, con menti e cuori, non dunque costituito semplicemente solo per obbedire docilmente ad ogni dettato dei suoi gerarchi.

  Vedo nella parrocchia l’istituzione che, nel giro di una generazione – l’inculturazione della riforma deve essere un processo graduale, ampio e progressivo, quindi lento, misurato sul passo di chi va più piano – potrebbe essere l’ambiente in cui suscitare un nuovo fecondo  modo, secondo l’agápe evangelica, di vivere la Chiesa. Bisognerebbe partire da questo: creare progressivamente, ad ogni livello della vita parrocchiale, vere sedi di compartecipazione amichevole dove, senza tirare in ballo l’ecclesialese, l’urtante e confuso gergo a sfondo teologico parlato dai dirigenti ecclesiali che organizzano il laicato, si affermi il principio che proposta e critica sono sempre ammesse nella misura in cui chi propone e critica è realmente disposto a contribuire a un progetto comune con propri personali tempo, energie e affetto, e non condizioni la propria disponibilità all’accoglimento integrale delle proprie vedute (principi della solidarietà e del pluralismo).

Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa- Roma, Monte Sacro - Valli

martedì 27 luglio 2021

Tener conto della storia

Tener conto della storia

 

  Come vi ho scritto in precedenza, sto leggendo il libro “La sinodalità al tempo di papa Francesco – 1 – Una chiave di lettura storico dogmatica”, a cura di Nicola Salato, EDB, 2020, che è composto di una serie di brevi articoli di vari autori. Quello intitolato “La sinodalitá in prospettiva eucaristico-sinodale” è di Agostino Porreca”. Leggendolo ci si può fare un’idea dell’estrema difficoltà di sperimentare cambiamenti nella nostra Chiesa. Ma essa mi pare problema comune anche nelle altre Chiese cristiane storiche.

  Porre le istituzioni ecclesiastiche in una relazione troppo stretta con la teologia dogmatica le rende non riformabili.

  La gran  parte della nostra dogmatica si è formata tra il Quarto e il Nono secolo, in un’era in cui ci fu  la convinzione di poter creare tra i cristiani un’unità protetta da un’autoritá di tipo imperiale, a lungo rappresentata dall’imperatore con sede a Bisanzio, specchio di un ordine Celeste.  

  Nell’ambito di quell’autorità agivano con molta autonomia i patriarcati e gli altri episcopati, che cercavano di comporre le diversità di vedute su temi di organizzazione ecclesiastica e di definizioni di fede mediante riunioni collegiali denominate concili e sinodi. In genere con risultati precari. Da qui il frequente ricorso all’anatema (il Concilio Vaticano 2^ è stato il primo che non ne ha deliberati) e alla violenza politica.

  Nell’Europa occidentale il potere dei vescovi, per influenza degli assetti istituzionali veicolati dalle dinastie germaniche succedute all’Impero romano, assunse configurazioni  propriamente feudali, venendo i vescovi ad esercitare anche domini territoriali. Il dominio territoriale che il Papato iniziò ad esercitare nel Centro Italia, fino alla costituzione, in epoca moderna, di un vero e proprio stato, del quale l’attuale Cittá del Vaticano riproduce alcune caratteristiche pur non essendone il successore, originò da quella evoluzione. Altra manifestazione di questo processo fu che,  dal 13^ al 19^ secolo, tre dei sette “elettori” del “Sacro Romano Imperatore” furono vescovi.  Così come lo stato, costituito nel Sacro Romano Impero, del Principato vescovile di Trento, durato dall’11^ al 19^ secolo.

  I riflessi sulla dogmatica di quelle concezioni del miglior potere politico sono evidenti, anche se io non ho la competenza culturale e scientifica per trattarne sistematicamente. In particolare li vedo nella Cristologia e nelle idee su che cosa è e come si deve vivere come Chiesa. Questo contesto culturale è irrimediabilmente dissonante con le diverse concezioni del potere politico che caratterizzano le democrazie europee in fase di integrazione nell’Unione Europea (una costruzione istituzionale  nella quale u movimenti cristiano-democratici hanno avuto gran parte).

  Conciliare le antiche concezioni con le nuove, che denotano in modo anch’esso molto evidente gli attuali processi sinodali tedesco e italiano, è impossibile.

 I teologi cercano di farlo estendendo certe sacralizzazioni liturgiche allo “spirito sinodale” che si vorrebbe suscitare, in sostanza, in tutti i fedeli, in modo da farne la base per processi di più larga partecipazione, in particolare per sollevare il laicato dalla sua attuale umiliante condizione. Ciò che viene tentato sulla base della teologia eucaristica. Questa però si è già dimostrata una via che non conduce al risultato sperato. La liturgia non funziona nelle assemblee organizzative, fatte per esaminare problemi, soluzioni e programmi comuni, in cui il presupposto perché non siano solo vuoto formalismo è la libertà di esprimersi e l’accettazione del pluralismo.

 La teologia ancora oggi può fare grande danno nell’argomentare solo per via di logica dai principi dogmatici soluzioni  politiche senza tener conto dei risultati storicamente ottenuti, senza imparare dall’esperienza passata. Aver cercato di portare il Cielo in Terra ha generato tutte le atrocità della tremenda storia dei cristiani. Forse la sapienza dei teologi potrebbe riuscire a distinguere la mistica, che certo è dimensione irrinunciabile della nostra spiritualità, dalla costruzione sociale di una convivenza pacifica, che richiede la desacralizzazione della politica, anche di quella ecclesiale. Significherebbe anche pensare una teologia della democrazia come oggi la viviamo in Europa (e la viviamo in modo molto diverso da come la si viveva ai tempi dei primi  duri scontri con le Chiese cristiane).

 Scrive Porreca:

“A questa essenziale sinodalità della Chiesa, rivelata è manifestata dalla l’ex orandi [=liturgia], non corrisponde un adeguato sviluppo delle strutture sinodali, che ovviamente non possono limitarsi alle sole strutture di consultazione, non sufficientemente rispettose della corresponsabilità battesimale”.

  Ecco, questo è proprio il problema!

   Esso non ha una soluzione liturgica, ma deve averne una politica, che significa capire che “il Regno non è di questo mondo” e non significa regno secondo le impersonificazioni che storicamente vi furono a tutti i livelli, e anche nella nostra Chiesa. Ciò comporterebbe una diversa configurazione politica  della nostra gerarchia, senz’altro  pensabile senza ledere la dogmatica. L’ideale dei “Principi vescovi” sta tramontando.  Le Chiese cristiane storiche arrivate ai tempi nostri hanno realizzato ciò che mai era accaduto nella storia, vale a dire un’unità di agápe e di reciproca stima che corrisponde finalmente ai comandi evangelici, e ciò pur nel pluralismo religioso. Ciò che chiedevamo, e ancora chiediamo, nelle nostre preghiere sta iniziando a manifestarsi.

  Per la loro estrema sacralizzazione, incrostata e appesantita dalla gestione dei patrimoni ecclesiastici, la riforma delle istituzioni di vertice della nostra Chiesa si è rivelata storicamente impossibile, nonostante le sincere buone intenzioni di molti. L’unica sperimentazione che si può tentare, sperando realisticamente in qualche risultato,è quella da fare nelle realtà di base, come le parrocchie.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma

 

lunedì 26 luglio 2021

La politica nella costruzione della Chiesa

La politica nella costruzione della Chiesa

 

 Prendo lo spunto dall’articolo di Domenico Marino pubblicato su Avvenire on line il 21 luglio 2021 con il titolo “Vangelo, cultura e politica: Cassiodoro verso gli altari”, per articolare alcune riflessioni sulla politica.

  Incollo qui sotto il link per leggerlo

https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/vangelo-cultura-e-politica-cassiodoro-verso-gli-altari

Una biografia affidabile, per la prestigiosa fonte da cui proviene, di Cassiodoro, anche con alcuni rilievi critici, si trova in:

 https://www.treccani.it/enciclopedia/cassiodoro_%28Dizionario-Biografico%29/

 

 La notizia è questa: il 22 luglio 2021 presso la Diocesi di Catanzaro-Squillace è stata celebrata la liturgia solenne della conclusione dell’inchiesta  diocesana per la beatificazione di Flavio Aurelio Magno Cassiodoro, già proclamato Servo di Dio. Si è seguita la procedura canonicamente detta “equipollente”, nella quale si prende atto e si approva un culto esistente da tempo e quindi si prescinde dal riconoscimento di un miracolo. Ora la pratica passa alla Congregazione delle cause dei santi, con sede a Roma.

  Cassiodoro visse in tempi antichi, tra il Quinto e il Sesto secolo, quando il cristianesimo era già divenuto religione di stato nei territori occupati dall’Impero romano, che dal Quinto secolo erano stati in parte, in particolare nell’Europa occidentale, invasi da popoli nordici, i cui capi spesso avevano avuto una lunga consuetudine con le istituzioni Romane. Questo fu il caso di Teodorico, re degli Ostrogoti, re in Italia dal 493 al 526, al quale succedettero Alarico, dal 526 al 534, Teodato, dal 534 al 536,  Vitige, dal 536 al 540 e Totila,  dal 541 al 552. 

 Teodorico era stato nominato “Patrizio d’Italia” nel 493 dall’imperatore bizantino Zenone. Quell’anno Teodorico aveva fatto fuori, secondo alcune fonti con le sue stesse mani, il suo antagonista in Italia, Odoacre,  con il quale aveva appena giurato un trattato di pace, generale romano golpista di etnia erula il quale circa vent’anni prima aveva deposto l’ultimo imperatore romano d’Occidente,venendo riconosciuto re d’Italia dal Senato Romano e dall’imperatore bizantino, Dall’età di dieci anni e fino ai diciotto Teodorico aveva studiato a Costantinopoli, dove aveva imparato il latino e il greco ed aveva anche avuto un’educazione militare.

  Odoacre e i sovrani ostrogoti in Italia integrarono l’amministrazione romana nella costruzione politica del loro nuovo regno.

  Cassiodoro nacque nel 485 in Calabria, a Squillace. Suo nonno era stato ambasciatore sotto l’imperatore romano d’Occidente Valentiniano 3^ e in tale veste aveva conosciuto Attila, re degli Unni. Cassiodoro fu un alto funzionario del re Odoacre, ma anche sotto i re ostrogoti che gli succedettero, a partire da Teodorico, il quale lo nominò governatore della Sicilia e anche  della Calabria, e fino a Vitige. Visse l’ultima parte della sua vita, che si narra sia stata lunga, come monaco, nel monastero di Vivarium, vicino a Squillace, da lui fondato intorno al 554.

  Il pensiero di Cassiodoro, che fu anche prolifico scrittore, ebbe particolare importanza nel costruire una legittimazione politica e  anche sacrale del regno italiano degli Ostrogoti, presentato come erede dell’Impero Romano d’Occidente, sebbene soggetto all’autoritá carismatica dell’imperatore bizantino,e in posizione di superiorità nei confronti degli altri sovrani dei popoli invasori dal Nord. Per Cassiodoro Teodorico regnava “per volontà di Dio”, come l’imperatore bizantino, per restaurare la civiltà romana in Italia.

  La Chiesa cattolica di oggi è impegnata in un processo di riforma, che ha natura principalmente politica nel suo aspetto di costruzione  sociale, e, secondo il suo costume, cerca riferimenti nel passato più lontano.

  Nelle conclusioni dell’inchiesta diocesana naturalmente vengono posti in grande risalto gli aspetti spirituali della vita di Cassiodoro come monaco, anche relativi al lavoro di copiatura, conservazione, trascrizione e studio del manoscritti antichi, sia cristiani che classici. Ma viene menzionata anche la sua intensa carriera politica,  vista come un esempio di come il credente possa manifestare l’annuncio di salvezza lavorando nelle istituzioni, senza temere la cultura del proprio tempo, ma anzi servendosene con sapienza.

  L’agiografia dei candidati alla santità ufficiale è spesso non affidabile storicamente, almeno nelle informazioni che vengono divulgate al di fuori degli ambienti specialistici. Certamente il regno in Italia degli Ostrogoti, del quale Cassiodoro fu corresponsabile quale alto funzionario dei sovrani, non può essere considerato, con la sua violenza estrema e i suoi intrighi, un modello per la politica di oggi. E lo stesso dicasi anche per la stessa azione politica di Cassiodoro,nel suo aspetto di adulazione acritica del sovrano suo signore. Ma si può essere personalmente santi anche in contesti simili.

  Penso che nel clero affascini ancora l’idea dell’intervento del cristiano in politica come consigliere del principe, capace di condurre mediante la cultura  il suo signore al rispetto di principi politici di civiltà, comprensivi anche di un certo umanitarismo cristiano. Cassiodoro li idealizzó, con riferimento al regno ostrogoto in Italia, nel suo pensiero politico che ci è giunto mediante un memoriale in 12 libri (!) intitolato Variae. Esso trovò smentita storica con l’eclisse del regno italiano degli Ostrogoti, cominciata da quando nel 540 il generale bizantino Belisario catturò Vitige a Ravenna. Allora Cassiodoro, dopo un lungo esilio a Costantinopoli. si ritirò in monastero, a Vivarium,  dedicandosi all’impegno prettamente culturale e religioso. Il funzionario civile che si ritira in monastero nell’ultima parte della sua vita è evidentemente sentito come più vicino alla propria esperienza dal clero. E probabilmente aiutano  in  ciò le notizie sul ministero di Cassiodoro al servizio di papa Virgilio, nel 550, durante un viaggio a Costantinopoli, dove Cassiodoro risiedette almeno fino al 554, per poi tornare in Calabria.

  Il cristiano di oggi, in Europa, non è chiamato ad essere, in politica, consigliere di un autocrate, ma partecipe di un governo largamente condiviso, secondo il metodo democratico. La condizione politica dell’Europa di oggi non è quella tragica dei tempi in cui visse Cassiodoro; nel pluralismo che caratterizza i tempi nostri, come quelli di Cassiodoro, i conti non si fanno facendo strage di oppositori e dissenzienti. Legittimare il potere in quanto visto come restaurazione del passato, come sognò Cassiodoro, non è raccomandabile oggi. Trasfigurare irrealisticamente i propri tempi vedendovi immaginificamente realizzati i propri sogni di restaurazione civile, nemmeno. 

 Eppure Cassiodoro svolse un   lavoro di mediazione culturale molto importante verso i suoi sovrani, che provenivano da popoli invasori con differenti tradizioni culturali e istituzionali, seppure assai acculturati all’ideologia politica cristianizzata nella versione bizantina. Un lavoro analogo fu svolto nel Nono secolo dai bizantini nell’evangelizzazione degli slavi. Anche da ciò scaturisce l’Europa come ancora oggi viene percepita. La teologia politica dei cristiani è stata un potente fattore di integrazione dei popoli, ma è stata anche l’origine di violenze sociali efferate nel suo tentativo di integrare accentrando intorno ad autocrati con potere sacralizzato. Tentazione che va accuratamente evitata oggi.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro – Valli.

domenica 25 luglio 2021

Domenica 25 luglio 2021 – 17° domenica del Tempo ordinario - Giornata mondiale dei nonni e degli anziani - Sintesi dell’omelia della Messa celebrata nella Basilica di San Pietro a Roma, presieduta dall’arcivescovo mons. Rino Fisichella, andata in onda alle 10 sul canale televisivo Rai 1 - Avvisi del parroco e di Azione cattolica - Sunday July 25, 2021 - 17th Sunday in Ordinary Time - World Day of grandparents and the elderly - Summary of the homily of the Summary of the homily given during the Mass celebrated in St. Peter's Basilica in Rome, presided over by the archbishop Msgr. Rino Fisichella, broadcast at 11AM o’clock by the Rai 1 television channel - Notices from the parish priest and Catholic Action

 

 

Domenica 25 luglio 2021 –  17° domenica del Tempo ordinario -  Giornata mondiale dei nonni  e degli anziani -  Lezionario dell’anno B per le domeniche e le solennità – colore liturgico:  verde – salterio: prima settimana - Letture della Messa - Sintesi dell’omelia della Messa  celebrata nella Basilica di San Pietro a Roma,  presieduta dall’arcivescovo mons. Rino Fisichella, andata in onda alle 10 sul canale televisivo Rai 1  - Avvisi del parroco e di  Azione cattolica

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Sunday July 25,  2021 - 17th Sunday in Ordinary Time - World Day of grandparents and the elderly - Lectionary of year B for Sundays and solemnities - liturgical color: green - psalter: first week - Mass readings - Summary of the homily of the  Summary of the homily given during the Mass celebrated in St. Peter's Basilica in Rome, presided over by the archbishop Msgr. Rino Fisichella, broadcast at 11AM o’clock by the Rai 1 television channel - Notices from the parish priest and Catholic Action

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Prepariamoci tutti a celebrare il Sinodo della Chiesa italiana dall’ottobre 2021 all’ottobre 2023!

 

Si inizia nell’ottobre prossimo e si finirà nell’ottobre 2023, passando dal livello diocesano a quello nazionale.

 

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Let's all prepare to celebrate the Synod of the Italian Church from October 2021 to October 2023!

 

It starts next October and will end in October 2023, passing from the diocesan to the national level.

 

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Osservazioni ambientali: cielo nuvoloso; temperatura ambientale  27 °C.

 Roma e il Lazio sono ora in zona  bianca, con le minore restrizioni per la pandemia da Covid 19. E’ ancora prescritto di indossare la mascherina facciale.

  Chi ha sintomi di patologie respiratorie, come affanno recentemente insorto, tosse,  sternuti, catarro, febbre oltre i 37,5 °C, senso di spossatezza o una sintomatologia caratteristica di Covid 19, come la perdita del senso del gusto e dell’olfatto, rimanga a casa, contatti il proprio medico di medicina generale e ne segua scrupolosamente le raccomandazioni e prescrizioni, per non diffondere il contagio.

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Environmental observations: cloudy sky; ambient temperature 27°C.

Rome and Lazio are now in the white zone, with the least restrictions due to the Covid 19 pandemic. It is still required to wear a facial mask.

  Those who have symptoms of respiratory diseases, such as recently onset breathlessness, cough, sneezing, phlegm, fever over 37.5 ° C, a sense of exhaustion or a characteristic symptomatology of Covid 19, such as loss of the sense of taste and smell, stay at home, contact your general practitioner and strictly follow the recommendations and prescriptions, so as not to spread the infection.

 

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Canti: Introduzione, Noi canteremo gloria a te; Offertorio, Se m’accogli; Comunione, Il tuo popolo in cammino; Finale, Salve Regina – Hail Holy Queen.

 

Chants: Introduction, We will sing glory to you; Offertory, If you welcome me; Communion, your people on the way; Final, Salve Regina.

 

 

Un augurio di pace a tutti i lettori!  

 A wish for peace to all readers! 

 

  Durante la messa delle nove il gruppo parrocchiale di AC era sui banchi sulla sinistra dell’altare, guardando l’abside.

During the nine o'clock mass, the parish group of AC was on the pews to the left of the altar, looking at the apse.

 

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  L'anno scorso abbiamo iniziato con la prima riunione in parrocchia e poi abbiamo proseguito con 21 riunioni in videoconferenza Google Meet,  dialogando secondo il percorso formativo "Da corpo a corpo" dell'AC ed esaminando da vicino tutta l'enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco. Ieri ci siamo incontrati per l’ultima riunione dell’anno 2020/2021, per fare un bilancio dell’esperienza associativa in tempi di pandemia. Abbiamo sperimentato una riunione con alcuni soci in presenza e altri collegati in Google Meet  e pensiamo di proseguire con questa modalità anche alla riprese, nell’anno associativo 2021/2022.

  Una parte dei soci, un po' meno della metà, sono riusciti a collegarsi in videoconferenza. Abbiamo raggiunto gli altri con una Lettera ai soci mensile, che continueremo a inviare, in particolare inserendo i resoconti delle riunioni di quest'anno, che ancora non sono stati tutti diffusi. 

    Riprenderemo in parrocchia, in sala rossa, sabato 9 ottobre, alle ore 17:30.

    Tuttavia la piattaforma in Google Meet  del gruppo ci potrebbe consentire anche incontri estivi dedicati a temi specifici, ad esempio a letture interessanti. Ci terremo in contatto via email e WA e con la Lettera ai soci.

  L'esperienza in videoconferenza è stata molto interessante e potrebbe essere proseguita nel lavoro sinodale che sta per iniziare nella Chiesa italiana, in particolare per cercare di coinvolgervi persone nuove del quartiere. In fondo, non si è trattato solo di sostituire  le riunioni in presenza, ma di inaugurare un modo nuovo di avere relazioni sociali.  E' stato qualcosa di molto diverso da ciò che si manifesta di solito nelle reti sociali. Infatti i legami tra noi non solo solo virtuali e non possono essere annullati cliccando su sul tasto ABBANDONA. AC San Clemente non è solo una rete virtuale, è parte viva della nostra Chiesa.

  La videoconferenza annulla le distanze consentendo però di trasmettere l'immagine  dei volti delle persone. I volti trasmettono una grande quantità di informazioni, rispetto a quando ci si limita a scriversi o a telefonarsi. Umanizzano i rapporti.

 E' stato importante parlarsi avendo come riferimenti dei testi. Questa è la via giusta per crescere insieme. 

  Un gruppo di lettura potrebbe svilupparsi utilmente in videoconferenza. 

  Il modo di celebrare il sinodo proposto da papa Francesco è nuovo. C'è più di quello che è scritto nelle norme giuridiche canoniche. Ci sarà molto da imparare. Lo stile caratteristico di imparare dell'AC è quello dell'autoformazione. Ed è particolarmente importante quando fare tirocinio è parte dell'apprendere, come quando si tratta di imparare a lavorare e a decidere insieme. 

  Abbiamo anche pregato in videoconferenza, abbiamo partecipato a un mini-ritiro e celebrato una Via Crucis. 

   E' vero che alcuni non sono riusciti a collegarsi, anche se per diversi dei più grandi tra noi il tablet è diventato ormai uno strumento familiare, ma è anche vero che hanno partecipato soci che, per motivi familiari e di lavoro, non potevano presenziare sempre alle nostre riunioni.  Si è collegato con noi, dando un interessantissimo apporto, un amico di una parrocchia di Bologna: nel processo sinodale sarà utilissimo poter varcare le frontiere parrocchiali.

  Possiamo riconoscerlo: abbiamo resistito alla pandemia, ma non solo, abbiamo costruito qualcosa di nuovo che ci potrà venire utile anche in tempi normali. Siamo stati bravi. Ma si può fare di più, per la parrocchia, per la nostra Diocesi, per la Chiesa italiana.

AC è anzitutto azione!

 

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Prova anche tu a partecipare!  Inviaci un tuo indirizzo email per poter rimanere in contatto facilmente con il gruppo mediante Google Meet! Non darla vita al virus!

 

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Last year we started with the first meeting in the parish and then we continued with 21 meetings by videoconference Google Meet, talking according to the CA's "From melee" training course and closely examining the entire encyclical Fratelli tutti di Papa. Francis. Yesterday we met for the last meeting of the year 2020/2021, to take stock of the associative experience in times of pandemic. We have experimented with a meeting with some members in presence and others connected in Google Meet and we plan to continue in this way also for filming, in the 2021/2022 membership year.

   Some of the members, a little less than half, managed to connect via videoconference. We reached out to the others with a monthly Letter to Members, which we will continue to send, in particular by including the reports of this year's meetings, which have not yet all been released.

     We will resume in the parish, in the red room, Saturday 9 October, at 17:30.

  However, the group's Google Meet platform could also allow us summer meetings dedicated to specific topics, for example to interesting readings. We will keep in touch via email and WA and with the Letter to Members.

  The videoconference experience was very interesting and could be continued in the synodal work that is about to begin in the Italian Church, in particular to try to involve new people from the neighborhood. After all, it was not just a matter of replacing face-to-face meetings, but of inaugurating a new way of having social relations. It was something very different from what usually manifests itself in social networks. In fact, the ties between us are not only virtual and cannot be canceled by clicking on the ABANDON button. AC San Clemente is not just a virtual network, it is a living part of our Church.

  Videoconferencing cancels distances but allows you to transmit the image of people's faces. Faces convey a great deal of information, compared to just writing or phoning. They humanize relationships.

 It was important to talk to each other using texts as references. This is the right way to grow together.

  A reading group could usefully develop into videoconferencing.

  The way of celebrating the synod proposed by Pope Francis is new. There is more than what is written in the canonical juridical norms. There will be a lot to learn. The characteristic style of learning of CA is that of self-training. And it is especially important when internship is part of learning, such as when it comes to learning to work and decide together.

  We also prayed via videoconference, attended a mini-retreat and celebrated a Via Crucis.

   It is true that some have not been able to connect, even if for several of the largest among us the tablet has now become a familiar tool, but it is also true that members have participated who, for family and work reasons, could not always attend. at our meetings. A friend from a parish in Bologna connected with us, giving a very interesting contribution: in the synodal process it will be very useful to be able to cross parish borders.

  We can recognize it: we have resisted the pandemic, but not only that, we have built something new that will come in handy even in normal times. We have been good. But more can be done, for the parish, for our Diocese, for the Italian Church.

AC is above all action!

 

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Try to participate too! Send us your email address so we can easily stay in touch with the group via Google Meet! Don't give the virus life!

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 RACCOMANDIAMO DI OSSERVARE LE PRESCRIZIONI DELL’AUTORITA’ SANITARIA:

1) indossare la maschera facciale anche all’aperto, coprendo anche il naso;

2) mantenere una distanza non inferiori a m 2 dagli altri;

3) evitare gli assembramenti di persone, anche al momento di ricevere la Comunione.

4) ricevere la Comunione sulla mano, aspettando che il sacerdote vi posi l’ostia consacrata, senza cercare di afferrarla prima.

 

 

 WE RECOMMEND TO FOLLOW THE REQUIREMENTS OF THE HEALTH AUTHORITY:

1) wearing the face mask even outdoors, also covering the nose;

2) keeping a distance of no less than m 2 from the others;

3) avoiding gatherings of people, even at the moment of receiving Communion.

4) receiving Communion on the hand, waiting for the priest to place the consecrated host there, without trying to grab it first.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per  realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

 

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Note: after the Italian text there is the translation in English, done with the help of Google Translator. I tried to correct, within the limits of my knowledge of English, some inaccuracies that automatic translation still inevitably entails. I have experimented that even with these inaccuracies the translation allows us to be understood by those who speak English, in the many national versions of the world, or who use it as a second or third language. It is the function that in ancient times carried out the Greek. Trying to be understood by other peoples corresponds to an ancient vocation of the Church of Rome, which is still current. The biblical texts in English are taken from https://www.associationofcatholicpriests.ie and from other Catholic sites in English and from http://www.vatican.va/archive/ENG0839/_INDEX.HTM (The New American Bible);  the texts in english  of the documents of the Second Vatican Council, are taken from sites of Holy See.

 

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Pillole di Concilio / Council pills

 Dal decreto sull’apostolato dei laici L’apostolato - Apostolicam actuositatem del Concilio Vaticano 2° (1962-1965)

From the decree on the apostolate of the laity The apostolate - Apostolicam actuositatem of the 2nd Vatican Council (1962-1965)

 

 

L'ordine nazionale e internazionale

14. Immenso è il campo di apostolato che si apre nell'ordine nazionale e internazionale, dove sono specialmente i laici a essere ministri della sapienza cristiana. Animati dall'amore di patria e nel fedele adempimento dei doveri civici, i cattolici si sentano obbligati a promuovere il vero bene comune e facciano valere il peso della propria opinione in maniera tale che il potere civile venga esercitato secondo giustizia e le leggi corrispondano ai precetti morali e al bene comune. I cattolici esperti in politica e, come è naturale, saldamente ancorati alla fede e alla dottrina cristiana, non ricusino le cariche pubbliche, potendo mediante una buona amministrazione provvedere al bene comune e al tempo stesso aprire la via al Vangelo.

  Si sforzino i cattolici di collaborare con tutti gli uomini di buona volontà nel promuovere tutto ciò che è vero, tutto ciò che è giusto, tutto ciò che è santo, tutto ciò che è amabile (cfr. Fil 4,8). Entrino in dialogo con essi, andando loro incontro con prudenza e gentilezza e promuovano indagini circa le istituzioni sociali e pubbliche per portarle a perfezione secondo lo spirito del Vangelo.

  Tra i segni del nostro tempo è degno di speciale menzione il crescente e inarrestabile senso di solidarietà di tutti i popoli, che è compito dell'apostolato dei laici promuovere con sollecitudine e trasformare in sincero e autentico affetto fraterno. I laici inoltre debbono prendere coscienza del campo internazionale e delle questioni e soluzioni sia dottrinali sia pratiche che sorgono in esso, specialmente per quanto riguarda i popoli in via di sviluppo.

  Rammentino tutti coloro che lavorano in altre nazioni o danno ad esse aiuto, che le relazioni fra i popoli devono essere un vero scambio fraterno, in cui l'una e l'altra parte simultaneamente dà e riceve. Coloro poi che viaggiano per ragioni di impegni internazionali o di affari o di divertimento, si ricordino che essi sono dovunque anche degli araldi itineranti di Cristo, e come tali si comportino davvero.

 

 

The national and international order

14. A vast field for the apostolate has opened up on the national and international levels where the laity especially assist with their Christian wisdom. In loyalty to their country and in faithful fulfillment of their civic obligations, Catholics should feel themselves obliged to promote the true common good. Thus they should make the weight of their opinion felt in order that the civil authority may act with justice and that legislation may conform to moral precepts and the common good. Catholics skilled in public affairs and adequately enlightened in faith and Christian doctrine should not refuse to administer public affairs since by doing this in a worthy manner they can both further the common good and at the same time prepare the way for the Gospel.

  Catholics should try to cooperate with all men and women of good will to promote whatever is true, whatever just, whatever holy, whatever lovable (cf. Phil. 4:8). They should hold discussions with them, excel them in prudence and courtesy, and initiate research on social and public practices which should be improved in line with the spirit of the Gospel.

  Among the signs of our times, the irresistibly increasing sense of the solidarity of all peoples is especially noteworthy. It is a function of the lay apostolate sedulously to promote this awareness and to transform it into a sincere and genuine love of brotherhood. Furthermore, the laity should be aware of the international field and of the questions and solutions, doctrinal as well as practical, which arise in this field, with special reverence to developing nations.

  All who work in or give help to foreign nations must remember that relations among peoples should be a genuine fraternal exchange in which each party is at the same time a giver and a receiver. Travelers, whether their interest is international affairs, business, or leisure, should remember that they are itinerant heralds of Christ wherever they go and should act accordingly.

 

 

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Letture bibliche della Messa -  Biblical readings of the Mass

 

Prima lettura -1st Reading

Dal secondo libro dei Re [2Re 4,42-44]

From the second book of Kings [2 Kings 4: 42-44]


 
In quei giorni, da Baal-Salisà venne un uomo, che portò pane di primizie all’uomo di Dio: venti pani d’orzo e grano novello che aveva nella bisaccia.

  Eliseo disse: «Dallo da mangiare alla gente». Ma il suo servitore disse: «Come posso mettere questo davanti a cento persone?». Egli replicò: «Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: “Ne mangeranno e ne faranno avanzare”».
Lo pose davanti a quelli, che mangiarono e ne fecero avanzare, secondo la parola del Signore.

 

A man came from Baal-shalishah, bringing food from the first fruits to the man of God: twenty loaves of barley and fresh ears of grain in his sack.

Elisha said, “Give it to the people and let them eat.” But his servant said, “How can I set this before a hundred people?” So he repeated, “Give it to the people and let them eat, for thus says the Lord, ‘They shall eat and have some left.'” He set it before them, they ate, and had some left, according to the word of the Lord.

 

 

Salmo responsoriale

dal  salmo 144  (145  )

Responsorial psalm

From psalm   144 (145)

 

Ritornello / Response:

Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente!

Open your hand, Lord, and satiat every living being!

 

 

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza. 
 
Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa
e tu dai loro il cibo a tempo opportuno.
Tu apri la tua mano
e sazi il desiderio di ogni vivente. 
 
Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità. 

 

Let all your works give you thanks, O Lord,
and let your faithful ones bless you.
Let them discourse of the glory of your kingdom
and speak of your might.

The eyes of all look hopefully to you,
and you give them their food in due season;
you open your hand
and satisfy the desire of every living thing.

The Lord is just in all his ways
and holy in all his works.
The Lord is near to all who call upon him,
to all who call upon him in truth.

 

Seconda lettura / Second reading

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni
[Ef 4,1-6]

From the letter of St. Paul the apostle to the Ephesians [Eph 4: 1-6]
 

Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.

  Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.

 

  I therefore, the prisoner in the Lord, beg you to lead a life worthy of the calling to which you have been called, with all humility and gentleness, with patience, bearing with one another in love, making every effort to maintain the unity of the Spirit in the bond of peace. There is one body and one Spirit, just as you were called to the one hope of your calling, one Lord, one faith, one baptism, one God and Father of all, who is above all and through all and in all.

 

Acclamazione al Vangelo

Acclamation to the Gospel

 

 Alleluia, alleluia.

 

Un grande profeta è sorto tra noi,
e Dio ha visitato il suo popolo.
(Lc 7,16)

 

A great prophet has arisen among us,

and God visited his people. (Lk 7:16)

 

Alleluia.

 

Vangelo – Gospel

Dal Vangelo secondo Giovanni [Gv 6,1-15]

From the Gospel according to John [Jn 6: 1-15]


 

 
In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
  Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano.
E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.

 

  After this Jesus went to the other side of the Sea of Galilee, also called the Sea of Tiberias. A large crowd kept following him, because they saw the signs that he was doing for the sick. Jesus went up the mountain and sat down there with his disciples. Now the Passover, the festival of the Jews, was near.

  When he looked up and saw a large crowd coming toward him, Jesus said to Philip, “Where are we to buy bread for these people to eat?” He said this to test him, for he himself knew what he was going to do. Philip answered him, “Six months’ wages would not buy enough bread for each of them to get a little.” One of his disciples, Andrew, Simon Peter’s brother, said to him, “There is a boy here who has five barley loaves and two fish. But what are they among so many people?”

  Jesus said, “Make the people sit down.” Now there was a great deal of grass in the place; so they sat down, about five thousand in all. Then Jesus took the loaves, and when he had given thanks, he distributed them to those who were seated; so also the fish, as much as they wanted.

  When they were satisfied, he told his disciples, “Gather up the fragments left over, so that nothing may be lost.” So they gathered them up, and from the fragments of the five barley loaves, left by those who had eaten, they filled twelve baskets. When the people saw the sign that he had done, they began to say, “This is indeed the prophet who is to come into the world.” When Jesus realized that they were about to come and take him by force to make him king, he withdrew again to the mountain by himself.

 

 

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Sintesi dell’omelia svolta durante la Messa  celebrata nella Basilica di San Pietro a Roma,  presieduta dall’arcivescovo mons. Rino Fisichella, andata in onda alle 10 sul canale televisivo Rai 1

Summary of the homily given during the Mass celebrated in St. Peter's Basilica in Rome, presided over by the archbishop Msgr. Rino Fisichella, broadcast at 11AM o’clock by the Rai 1 television channel

 

   Il celebrante ha dato lettura dell’omelia preparata da papa Francesco

 The celebrant read the homily prepared by Pope Francis

 

Gesù non si limita a dare insegnamenti ma si lascia interrogare dalla fame della gente e sfama quelle persone. Nulla del cibo dovette andare perduto.

  Gesù vede la fame della folla.

  Gesù che sfama la gente

 Gesù ordina di raccogliere il cibo avanzato.

 Tre verbi caratterizzano il brano evangelico: vedere, condividere, custodire.

  Gesù ha premura per noi.  Negli occhi di Gesù vediamo lo sguardo di Dio.

 Uno sguardo che sa cogliere il bisogno di ciascuno. Non esiste per lui la folla anonima, ma ogni persona con la sua fame. Gesù legge dentro a ciascuno. E’ lo sguardo che per noi hanno avuto i nostri anziani. Dopo una vita di sacrifici non sono stati indifferenti a noi, ma hanno avuto sguardi di tenerezza: si sono accorti di noi, nei momenti delle nostre difficoltà, ed anche dei sogni che portavamo dentro.

  E’ anche grazie a questo amore che siamo diventati adulti.

  E noi, quale sguardo abbiamo verso gli anziani?

  La società corre, indifferente, presa da troppe cose e incapace di fermarsi per uno sguardo, per dare una carezza. Non siamo più capaci di alzare lo sguardo e di riconoscerci.

 I nonni hanno fame di noi, della nostra tenerezza.

 Alziamo dunque lo sguardo verso di loro, come fa Gesù con noi.

 Condividere.

 Gesù desidera sfamare la folla affamata grazie al cibo portato da un ragazzo. Circa 5000 persone ne beneficiarono. Il ragazzo condivise con gli adulti il cibo che aveva.

 C’è bisogno di condivisione tra generazioni, contro le forze disgregatrici.

  E’ sbagliato che ognuno debba pensare per sé: questo uccide. Il vangelo ci esorta alla condivisione. Solo così possiamo essere saziati, come scrisse il profeta Gioele: giovani e anziani insieme. IL tesoro della tradizione e la freschezza dello spirito, nella società e nella Chiesa, insieme.

 Custodire.

 Avanzarono molti pezzi di pane e Gesù raccomandò di raccoglierli perché nulla andasse perduto. Così è il cuore di Dio: che nulla vada perduto. Agli occhi di Dio nulla deve essere scartato. A maggior ragione nessuno deve essere scartato. E’ un appello profetico da far risuonare nel mondo. I nonni e gli anziani non sono scarti di vita da buttare, sono i pezzi di pane preziosi rimasti sulla tavola della vita, che possono ancora nutrirci, con la fragranza della misericordia e della memoria. Senza radici in loro appassiremmo. Oggi tocca a noi alleggerire la loro vita, come loro provvidero alla nostra.

 Custodiamo i nostri anziani, perché nulla della loro vita e dei loro sogni vada perduto, prevenendo  i nostri rimpianti di domani per non aver fatto abbastanza per loro.

  Siamo grati per i loro occhi attenti che si sono accorti di noi, per le loro ginocchia che ci hanno tenuto in braccia, per le loro mani che ci hanno sollevato e consolato. Alleiamoci con loro. Impariamo  a fermarci, a riconoscerli, a custodirli nell’amore, condividendo con loro del tempo. Ne usciremo migliori.

 Giovani e anziani ci sazieremo alla mensa della condivisione benedetta da Dio.


Jesus does not just give teachings but allows himself to be questioned by the hunger of the people and feeds those people. Nothing of the food was to be lost.

  Jesus sees the hunger of the crowd.

  Jesus who feeds the people

 Jesus orders to collect the leftover food.

 Three verbs characterize the Gospel passage: see, share, keep.

  Jesus cares for us. In the eyes of Jesus we see the gaze of God.

 A look that knows how to grasp everyone's need. There is no anonymous crowd for him, but every person with a hunger for him. Jesus reads within each one. It is the look that our elders have had for us. After a life of sacrifices they were not indifferent to us, but they had looks of tenderness: they noticed us, in moments of our difficulties, and also of the dreams we carried inside.

  It is also thanks to this love that we have become adults.

  And we, what gaze do we have towards the elderly?

  Society runs, indifferent, taken by too many things and unable to stop for a look, to give a caress. We are no longer able to look up and recognize ourselves.

 Grandparents are hungry for us, for our tenderness.

 Let us therefore raise our gaze to them, as Jesus does to us.

 Share.

 Jesus wishes to feed the hungry crowd thanks to the food brought by a boy. About 5,000 people benefited from it. The boy shared the food he had with the adults.

 There is a need for sharing between generations, against the disintegrating forces.

  It is wrong that everyone has to think for themselves: this kills. The gospel urges us to share. Only in this way can we be satisfied, as the prophet Joel wrote: young and old together. THE treasure of tradition and the freshness of the spirit, in society and in the Church, together.

 To guard.

 Many pieces of bread left over and Jesus recommended that they be collected so that nothing was lost. So is the heart of God: that nothing is lost. In God's eyes, nothing must be discarded. A fortiori, no one should be discarded. It is a prophetic appeal to be made to resound in the world. Grandparents and the elderly are not scraps of life to be thrown away, they are the precious pieces of bread left on the table of life, which can still nourish us, with the fragrance of mercy and memory. Without roots in them we would wither. Today it is up to us to lighten their lives, as they provided for ours.

 We guard our elders, so that nothing of their life and dreams is lost, preventing our regrets tomorrow for not doing enough for them.

  We are grateful for their watchful eyes that have noticed us, for their knees that have held us in their arms, for their hands that have lifted and comforted us. Let's ally with them. We learn to stop, to recognize them, to keep them in love, sharing time with them. We will come out better.

 Young and old persons, we will be satisfied at the God-blessed sharing table.

 





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Avvisi del parroco / Notices from the parson

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Notices from the parson

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Avvisi di Azione Cattolica: /  Catholic Action Notices:

 

 Riprenderemo a incontrarci sabato 9 ottobre, in parrocchia, in sala rossa, se le condizioni sanitarie lo consentiranno, ma anche in Google Meet, in modo da consentire di unirsi a noi anche a coloro che non potranno venire in parrocchia.

 

We will resume meeting on Saturday  October 9, in the parish, in the red room, if the health conditions allow it, but also in Google Meet, in order to allow even those who cannot come to the parish to join us.