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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Questo blog è un'iniziativa di laici aderenti all'Azione Cattolica della parrocchia di San Clemente papa e manifesta idee ed opinioni espresse sotto la personale responsabilità di chi scrive. Esso non è un organo informativo della parrocchia né dell'Azione Cattolica e, in particolare, non è espressione delle opinioni del parroco e dei sacerdoti suoi collaboratori, anche se i laici di Azione Cattolica che lo animano le tengono in grande considerazione.

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente il secondo, il terzo e il quarto sabato del mese alle 17 e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

ON THE WEBSITE www.bibbiaedu.it THE ITALIAN TRANSLATIONS OF THE BIBLE CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONAL IN CURRENT LANGUAGE AND THE BIBLICAL TEXTS IN ANCIENT GREEK AND ANCIENT JEWISH MAY BE CONSULTED. WITH A FUNCTIONALITY OF THE WEBSITE THE VARIOUS TEXTS MAY BE COMPARED.

Il sito della parrocchia:

https://www.parrocchiasanclementepaparoma.com/

lunedì 30 settembre 2019

Impegno


Impegno

 Ieri, dopo la Messa, una signora che sembrava sui settant’anni, comunque apparentemente ben conservata,  ha avvicinato mia moglie complimentandosi per come aveva cantato. Le ho proposto di partecipare al coro, secondo l’invito del parroco durante la celebrazione. Ma lei ha sussurrato «no,no…», senza dare giustificazioni. Ci siamo salutati e ognuno per la sua strada. Chissà come si chiamava e come vive la sua fede. Era anziana certo, ma non tanto di più di me e di mia moglie. E poi, a chi bisognerebbe chiedere un maggior impegno in parrocchia, visto che è frequentata da tanti anziani? Ci sono, certo, ma in genere vivono la parrocchia un po’ come spettatori a teatro. Vengono, giudicano, ma non si confondono con gli attori. Per conoscersi meglio bisognerebbe farlo. E se non ci si conosce meglio, non si impara mai a lavorare insieme. Allora tutto ricade sulle spalle dei preti. E poi ci si lamenta del clericalismo.
  D’altra parte, quando ci si incontra, non si ha pratica del lavoro collettivo, nessuno l’ha insegnato, in fondo, nella formazione religiosa. Si finisce per sprecare il poco tempo che c’è. Quando parlare? Che dire? Quando, invece, ascoltare? Come collegarsi a quello che gli altri hanno detto, fatto o proposto? E, innanzi tutto, si deve farlo, si deve tenerne conto, o ognuno deve dire la propria opinione  e finisce lì? Il più delle volte si replica il metodo (pessimo) che si vede attuato in televisione: ognuno dice la sua e, in caso di dissenso, si cerca di sovrastare, gridando, i dissenzienti e li si insulta. Piacerebbe prevalere, ma una volta che lo si è ottenuto, piacerebbe però che a lavorare fossero gli altri. Abbiamo molti aspiranti registi, pochi attori. Ma poi, perché si dovrebbe essere solo  attori, seguendo un copione scritto da altri?
  I giochi collettivi che una volta i fanciulli e i ragazzi facevano in parrocchia e nei giardinetti di via Val Padana, prima dell’attuale trasformazione che li impedisce e, comunque, li scoraggia, servivano proprio a lavorare insieme. Tempi, regole, ruoli: erano decisi d’accordo e poi si passava subito a praticare quell’accordo. Però i più forti finivano con il prevalere. In una società religiosa i principi dovrebbero essere altri. Ma dove farne tirocinio? Si sta insieme poco tempo e neanche ci si conosce bene, o addirittura per nulla.
  Vivendo la fede da separati in casa, si finisce per divenire un po’ eccentrici, in particolare si perde di vista la cattolicità  della nostra Chiesa, che non è solo in via Val Padana e dintorni, ma si dispiega su tutta la Terra. Si è in una Diocesi, ma il Vescovo in fondo rimane per noi un benedicente e simpatico personaggio sacro la cui immagine non si distacca molto da quella dei suoi  predecessori, anche se ormai defunti, e dunque ha un po', per noi, la stessa consistenza dei due San Clemente (statua e dipinto) collocati nella chiesa parrocchiale, e insomma non ha molta realtà nelle nostre vite: lo veneriamo come tanti santi uomini del passato lontano e recente, ma al dunque conta poco per quello che si fa in parrocchia. Ed è il Papa! Di lui almeno ricordiamo il nome, degli altri Vescovi che lo aiutano qui a Roma forse nemmeno quello ricordiamo, o addirittura non lo conosciamo. Ha dato delle indicazioni sul da farsi qui da noi? O beh, boh!…Chi lo sa? Dove  è scritto (la Diocesi ha un bel sito WEB, con una sezione dedicata proprio a questo)? Insomma, al dunque, quando si va al sodo e si cerca di programmare qualche attività, non si sa che pesci prendere e si tira fuori la mercanzia che abbiamo accumulato nelle nostre esperienza particolari, ad esempio l’idea di insegnare ai genitori dei bambini e ragazzi del catechismo a fare i genitori. E con quale competenza, poi? Ancora: l’idea di mettere in riga  i nostri figli. Mi risentii un po’ quando un parroco del passato lo propose, all’incontro con noi genitori dopo la Prima Comunione di una delle nostre figlie. Avremmo dovuto mandarla al catechismo per la Cresima, in particolare fatto anche in casa loro da genitori di altre famiglie più avanti ecc., perché la mettessero in riga o cose simili. Non mi contenni e osservai che mia figlia aveva già dei genitori. Il parroco si scocciò alquanto, e lo diede a vedere, e mia moglie mi diede una gomitata per ingiungermi di stare zitto. E stetti zitto. Del resto che risultato avrei ottenuto? Quello lì, poverino lui (e noi), era veramente convinto che lui e i suoi aiutanti avrebbero saputo insegnarmi la genitorialità e metter in riga mia figlia. Io, molto meno. Da dove prendevano tanta sicurezza? Dai Vangeli? C’è veramente pochissimo di utile, direi nulla. Dal resto della Scrittura? Una famiglia basata sul maschilismo patriarcale, e magari addirittura sulla poligamia?  La genitorialità la si impara facendone esperienza, provando e riprovando, sbagliando e correggendosi. E il comando fondamentale che mi pare di poter trarre dal vangelo è di non esasperare i propri familiari e di cercare di mantenere una fedeltà amorevole verso di loro. Facile a dirsi, ma dopo un lungo tirocinio, che ad esempio ai preti e ai religiosi manca, se ne può parlare agli altri anche con più con cognizione di causa, esponendo strategie che hanno funzionato, e allora non si tratta più solo di chiacchiere. Altrimenti rimane un detto, aria fritta cioè. Certe catechesi inflitte ai genitori da parte di sedicenti maestri e/o esperti sembrano fatte apposte per esasperarli, e non servono a nulla, se non a farli contare con impazienza i minuti che restano alla fine di quell’esperienza fastidiosa, mentre nella mente si forma il pensiero "Mai più!".
 Un buon metodo per imparare a lavorare insieme, prendendosi responsabilità e cercando di aiutarsi gli uni con gli altri, è stato quello che ho sperimentato da bambino e da ragazzo tra gli scout della parrocchia degli Angeli Custodi, a piazza Sempione. Certe cose che imparai allora, anche nella fede, mi sono rimaste dentro per tutta la vita e ancora mi servono e mi orientano. Una vera progressione verso l’amicizia solida, in un periodo della vita in cui tutto sembra franare e ricostruirsi giorno per giorno. E’ un metodo basato sull’assunzione di responsabilità, per cui si propone e quello che si riesce a decidere insieme si fa tutti insieme. E’ il senso della promessa scout, che ti rimane dentro anche da grande. Una progressione che è bene narrata nel film sulle Aquile randagie  in uscita in questi giorni, che racconta di un gruppo di scout cattolici della Lombardia che decisero di continuare le attività anche dopo che lo stato fascista li aveva sciolti d’autorità. Nel disastro della guerra civile italiana che seguì la disfatta militare nella Seconda guerra mondiale e travagliò la fine del regime mussoliniano e gli italiani tutti, si impegnarono ad aiutare i perseguitati politici o razziali che cercavano di fuggire nella vicina Svizzera. Passarono rapidamente dal tirocinio alla vita vera, alla quale si erano preparati in quelle condizioni tanto difficili.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli




Di fronte al dilemma, accetto una verità costituita o rinuncio a tutte le verità, il Vangelo ci presenta una terza via. Parlando dell’essenzialità dell’esistenza, Gesù non indica ai suoi discepoli un pacchetto di leggi da accettare passivamente, ma un cammino, un modus vivendi [una strategia per affrontare i problemi della vita] che, fondandosi sull’amore, ha la forza dirompente di sciogliere le catene dell’odio, della violenza e del pregiudizio. Non può esserci verità , per quanto storicamente determinata possa essere, senza amore.
[Angelo Cassano, Le idee contano. Viaggio nel cuore dell’essenzialità, Claudiana, 2019]

domenica 29 settembre 2019


 E’ la tenerezza dello Spirito Santo, che in noi geme per quel Bambino che ci è stato dato in dono e che anche oggi (quante volte!) non trova dimora nel nostro cuore.
 Ignoro se per le vie trafficate delle nostre città si incontrano ancora i pastori, con i loro caratteristici abiti, che parlano di ovili, di notti di veglia al gregge.
 Eppure sono i pastori, i testimoni dell’annuncio degli Angeli, che sono andati a Betlemme per vedere l’avvenimento che il Signore aveva fatto loro conoscere: la nascita del Salvatore. Da duemila anni glorificano e lodano Dio, oggi per noi, al suono dolce delle zampogne. Leggendo il Vangelo, vivendolo nelle nostre giornate spesso prese da tanti impegni, seguiamoli a Betlemme, per la via di una penitenza doverosa e gioiosa; affrettiamoci all’incontro con Gesù, che ci attende con la Sua santa Madre e San Giuseppe. Diamogli il nostro amore e la nostra riconoscenza, poi ritornando tra i nostri fratelli annunciamo che non siamo più soli, che vive con noi l’Unigenito Figlio del Padre, l’Emmanuele, il Dio con noi, il nostro Redentore, il Signore della storia.

                                                  Annarosa

Il Cuore di Gesù deve regnare!                                 Vieni Spirito Santo, vieni!

                                                       Ave o Maria

[Dalla Lettera di Natale  2011]



Domenica 29-9-19 – 26° del Tempo Ordinario - Lezionario dell’anno C per le domeniche e le solennità – colore liturgico: verde – salterio: 2° settimana -Letture e sintesi dell’omelia della Messa delle nove - avvisi del parroco e di Azione Cattolica. Sunday September 29, 2019 - 26th Sunday in Ordinary Time - Lectionary of year C for Sundays and solemnities - liturgical color: green - psaltery: 2th week - Readings and summary of the homily of the Mass at nine - notices from the parson and from Catholic Action parish group

Domenica 29-9-19  – 26° del Tempo Ordinario -   Lezionario dell’anno C per le domeniche e le solennità –  colore liturgico: verde – salterio: 2° settimana -Letture e sintesi dell’omelia della  Messa delle  nove - avvisi  del parroco e di   Azione Cattolica.

Sunday September 29, 2019 - 26th Sunday in Ordinary Time - Lectionary of year C for Sundays and solemnities - liturgical color: green - psaltery: 2th week - Readings and summary of the homily of the Mass at nine - notices from the parson and from Catholic Action parish group

Osservazioni ambientali: cielo nuvoloso;  temperatura ambientale 27°C.
Environmental observations: cloudy sky; ambient temperature 27 ° C.

Alla Messa delle nove il gruppo parrocchiale di Azione Cattolica  era nei banchi di sinistra, a fianco dell’altare, guardando l’abside.
 At the nine o'clock Mass the Catholic Action parish group was on the left banks, next to the altar, looking at the apse.

Le riunioni infrasettimanali del gruppo parrocchiale di azione cattolica riprenderanno martedì 15 ottobre 2019, alle ore 17  in sala rossa.
 Nel post che precede ho svolto alcune riflessioni sul tema.

The midweek meetings of the Catholic parish action group will resume on Tuesday 15 October 2019, at 17.00 in the red room.
 In the previous post I wrote some reflections on the subject.

 Buona domenica e un augurio di pace e felicità a tutti i lettori!  
Good Sunday and best wishes for peace and happiness to all readers!





Note: after the Italian text there is the translation in English, done with the help of Google Translator. I tried to correct, within the limits of my knowledge of English, some inaccuracies that automatic translation still inevitably entails. I have experimented that even with these inaccuracies the translation allows us to be understood by those who speak English, in the many national versions of the world, or who use it as a second or third language. It is the function that in ancient times carried out the Greek. Trying to be understood by other peoples corresponds to an ancient vocation of the Church of Rome, which is still current. The biblical texts in English are taken from https://www.associationofcatholicpriests.ie , from other Catholic sites in English and from http://www.vatican.va/archive/ENG0839/_INDEX.HTM (The New American Bible);  the texts in english  of the documents of the Second Vatican Council, are taken from sites of Holy See.

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Pillole di Concilio / Council pills

Dalla Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo La gioia e la speranza - Gaudium et spes,  del Concilio Vaticano 2° (1962-1965)
From the pastoral Constitution on the Church in the contemporary world Joy and Hope - Gaudium et spes, of the Second Vatican Council (1962-1965)

84. La comunità delle nazioni e le istituzioni internazionali
Dati i crescenti e stretti legami di mutua dipendenza esistenti oggi tra tutti gli abitanti e i popoli della terra, la ricerca adeguata e il raggiungimento efficace del bene comune richiedono che la comunità delle nazioni si dia un ordine che risponda ai suoi compiti attuali, tenendo particolarmente conto di quelle numerose regioni che ancor oggi si trovano in uno stato di intollerabile miseria.
Per conseguire questi fini, le istituzioni internazionali devono, ciascuna per la loro parte, provvedere ai diversi bisogni degli uomini, tanto nel campo della vita sociale (cui appartengono l'alimentazione, la salute, la educazione, il lavoro), quanto in alcune circostanze particolari che sorgono qua e là: per esempio, la necessità di aiutare la crescita generale delle nazioni in via di sviluppo, o ancora il sollievo alle necessità dei profughi in ogni parte del mondo, o degli emigrati e delle loro famiglie.
Le istituzioni internazionali, tanto universali che regionali già esistenti, si sono rese certamente benemerite del genere umano. Esse rappresentano i primi sforzi per gettare le fondamenta internazionali di tutta la comunità umana al fine di risolvere le più gravi questioni del nostro tempo: promuovere il progresso in ogni luogo della terra e prevenire la guerra sotto qualsiasi forma. In tutti questi campi, la Chiesa si rallegra dello spirito di vera fratellanza che fiorisce tra cristiani e non cristiani, e dello sforzo d'intensificare i tentativi intesi a sollevare l'immane miseria.
85. La cooperazione internazionale sul piano economico
La solidarietà attuale del genere umano impone anche che si stabilisca una maggiore cooperazione internazionale in campo economico. Se infatti quasi tutti i popoli hanno acquisito l'indipendenza politica, si è tuttavia ancora lontani dal potere affermare che essi siano liberati da eccessive ineguaglianze e da ogni forma di dipendenza abusiva, e che sfuggano al pericolo di gravi difficoltà interne.
Lo sviluppo d'un paese dipende dalle sue risorse in uomini e in denaro. Bisogna preparare i cittadini di ogni nazione, attraverso l'educazione e la formazione professionale, ad assumere i diversi incarichi della vita economica e sociale. A tal fine si richiede l'opera di esperti stranieri, i quali nel prestare la loro azione, si comportino non come padroni, ma come assistenti e cooperatori. Senza profonde modifiche nei metodi attuali del commercio mondiale, le nazioni in via di sviluppo non potranno ricevere i sussidi materiali di cui hanno bisogno. Inoltre, altre risorse devono essere loro date dalle nazioni progredite, sotto forma di dono, di prestiti e d'investimenti finanziari: ciò si faccia con generosità e senza cupidigia, da una parte, e si ricevano, dall'altra, con tutta onestà.
Per instaurare un vero ordine economico mondiale, bisognerà rinunciare ai benefici esagerati, alle ambizioni nazionali, alla bramosia di dominazione politica, ai calcoli di natura militaristica e alle manovre tendenti a propagare e imporre ideologie. Vari sono i sistemi economici e sociali proposti; è desiderabile che gli esperti possano trovare in essi un fondamento comune per un sano commercio mondiale. Ciò sarà più facile se ciascuno, rinunciando ai propri pregiudizi, si dispone di buon grado a condurre un sincero dialogo.


84. The community of nations and the international institutions.
  In view of the increasingly close ties of mutual dependence today between all the inhabitants and peoples of the earth, the apt pursuit and efficacious attainment of the universal common good now require of the community of nations that it organize itself in a manner suited to its present responsibilities, especially toward the many parts of the world which are still suffering from unbearable want.
To reach this goal, organizations of the international community, for their part, must make provision for men's different needs, both in the fields of social life—such as food supplies, health, education, labor and also in certain special circumstances which can crop up here and there, e.g., the need to promote the general improvement of developing countries, or to alleviate the distressing conditions in which refugees dispersed throughout the world find themselves, or also to assist migrants and their families.
Already existing international and regional organizations are certainly well-deserving of the human race. These are the first efforts at laying the foundations on an international level for a community of all men to work for the solution to the serious problems of our times, to encourage progress everywhere, and to obviate wars of whatever kind. In all of these activities the Church takes joy in the spirit of true brotherhood flourishing between Christians and non-Christians as it strives to make ever more strenuous efforts to relieve abundant misery.
85. International economic cooperation.
  The present solidarity of mankind also calls for a revival of greater international cooperation in the economic field. Although nearly all peoples have become autonomous, they are far from being free of every form of undue dependence, and far from escaping all danger of serious internal difficulties.
The development of a nation depends on human and financial aids. The citizens of each country must be prepared by education and professional training to discharge the various tasks of economic and social life. But this in turn requires the aid of foreign specialists who, when they give aid, will not act as overlords, but as helpers and fellow-workers. Developing nations will not be able to procure material assistance unless radical changes are made in the established procedures of modern world commerce. Other aid should be provided as well by advanced nations in the form of gifts, loans or financial investments. Such help should be accorded with generosity and without greed on the one side, and received with complete honesty on the other side.
If an authentic economic order is to be established on a world-wide basis, an end will have to be put to profiteering, to national ambitions, to the appetite for political supremacy, to militaristic calculations, and to machinations for the sake of spreading and imposing ideologies.


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Dallo Strumento di lavoro del Sinodo Panamazzonico, che si svolgerà da  6 al 27 ottobre 2019
From the Working Document of Pan-Amazon Synod, which will take place from 6 to 27 October 2019

111. Dare forma ad una Chiesa dal volto amazzonico ha una dimensione ecclesiale, sociale, ecologica e pastorale, spesso conflittuale. Infatti, l'organizzazione politica e giuridica non sempre ha tenuto conto del volto culturale della giustizia dei popoli e delle loro istituzioni. La Chiesa non è estranea a questa tensione. A volte c'è la tendenza ad imporre una cultura estranea all'Amazzonia che ci impedisce di comprendere i suoi popoli e di apprezzare le loro cosmovisioni.
112. La realtà delle chiese locali ha bisogno di una Chiesa partecipativa, che si renda presente nella vita sociale, politica, economica, culturale ed ecologica dei suoi abitanti; di una Chiesa accogliente verso la diversità culturale, sociale ed ecologica per poter servire senza discriminazione persone o gruppi; di una Chiesa creativa, che possa accompagnare assieme al suo popolo la costruzione di nuove risposte ai bisogni urgenti; e di una Chiesa armoniosa, che promuova i valori della pace, della misericordia e della comunione.

111. Forming a Church with an Amazonian face has an ecclesial, social, ecological and pastoral dimension, often conflicting. Indeed, political and juridical organization has not always taken into account the cultural face of the justice of peoples and their institutions. The Church is no stranger to this tension. Sometimes there is a tendency to impose a foreign culture on the Amazon that prevents us from understanding its peoples and from appreciating their cosmovisions.
112. The reality of local churches needs a participatory Church, which makes itself present in the social, political, economic, cultural and ecological life of its inhabitants; of a Church welcoming towards cultural, social and ecological diversity in order to be able to serve people or groups without discrimination; of a creative Church that can accompany the construction of new responses to urgent needs together with its people; and of a harmonious Church, which promotes the values ​​of peace, of the mercy and communion.


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Prima lettura
Dal libro  del profeta Amos (Am 6, 1a.4-7)
 First reading
From the book of the prophet Amos 6:1a.4-7)
 Guai agli spensierati di Sion
e a quelli che si considerano sicuri
sulla montagna di Samaria!
Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani
mangiano gli agnelli del gregge
e i vitelli cresciuti nella stalla.
Canterellano al suono dell’arpa,
come Davide improvvisano su strumenti musicali;
bevono il vino in larghe coppe
e si ungono con gli unguenti più raffinati,
ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano.
Perciò ora andranno in esilio in testa ai deportati
e cesserà l’orgia dei dissoluti.

Alas for those who are at ease in Zion, and for those who feel secure on Mount Samaria.
Alas for those who lie on beds of ivory, and lounge on their couches, and eat lambs from the flock, and calves from the stall; who sing idle songs to the sound of the harp, and like David improvise on instruments of music; who drink wine from bowls, and anoint themselves with the finest oils, but are not grieved over the ruin of Joseph! Therefore they shall now be the firs


Salmo responsoriale
Dal salmo  145
Responsorial psalm
From the psalm 145

Ritornello / Response:

 Loda il Signore, anima mia./ Praise the Lord, my soul


Il Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri. 
 
Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri. 
 
Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione. 
It is the Lord who keeps faith for ever,
who is just to those who are oppressed.
It is he who gives bread to the hungry,
the Lord, who sets prisoners free.
It is the Lord who gives sight to the blind,
who raises up those who are bowed down.
It is the Lord who loves the just,
the Lord, who protects the stranger.
He upholds the widow and orphan
but thwarts the path of the wicked.
The Lord will reign for ever,
Zion’s God, from age to age.


Seconda lettura
Dalla  prima lettera di San Paolo apostolo  a Timoteo (1 Tim 6,11-16)
Second reading
From the first letter of St. Paul the Apostle to Timothy (1 Timothy 6:11-16)

  Tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni.
  Davanti a Dio, che dà vita a tutte le cose, e a Gesù Cristo, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo,che al tempo stabilito sarà a noi mostrata da Dio,
il beato e unico Sovrano,

il Re dei re e Signore dei signori,

il solo che possiede l’immortalità
e abita una luce inaccessibile:
nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederlo.
A lui onore e potenza per sempre. Amen.


As for you, man of God, shun all this; pursue righteousness, godliness, faith, love, endurance, gentleness. Fight the good fight of the faith; take hold of the eternal life, to which you were called and for which you made the good confession in the presence of many witnesses.
In the presence of God, who gives life to all things, and of Christ Jesus, who in his testimony before Pontius Pilate made the good confession, I charge you to keep the commandment without spot or blame until the manifestation of our Lord Jesus Christ, which he will bring about at the right time-he who is the blessed and only Sovereign, the King of kings and Lord of lords. It is he alone who has immortality and dwells in unapproachable light, whom no one has ever seen or can see; to him be honour and eternal dominion. Amen.


Acclamazione al Vangelo
Acclamation to the Gospel

Alleluia, alleluia.

Gesù Cristo da ricco che era, si è fatto povero per voi,

perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. (2Cor 8,9)


Jesus Christ as rich as he was, he became poor for you,
because you became rich through his poverty. (2Cor 8:9)

Alleluia.


Vangelo
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 16, 19-31)
Gospel
From the Gospel according to Luke (Lk 16:19-31)

«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
  Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
 Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
  E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

(Jesus said to the Pharisees):
 “There was a rich man who was dressed in purple and fine linen and who feasted sumptuously every day. And at his gate lay a poor man named Lazarus, covered with sores, who longed to satisfy his hunger with what fell from the rich man’s table; even the dogs would come and lick his sores. The poor man died and was carried away by the angels to be with Abraham. The rich man also died and was buried.
  In Hades, where he was being tormented, he looked up and saw Abraham far away with Lazarus by his side. He called out, ‘Father Abraham, have mercy on me, and send Lazarus to dip the tip of his finger in water and cool my tongue; for I am in agony in these flames.’ But Abraham said, ‘Child, remember that during your lifetime you received your good things, and Lazarus in like manner evil things; but now he is comforted here, and you are in agony. Besides all this, between you and us a great chasm has been fixed, so that those who might want to pass from here to you cannot do so, and no one can cross from there to us.’
  He said, ‘Then, father, I beg you to send him to my father’s house- for I have five  brothers-that he may warn them, so that they will not also come into this place of torment.’ Abraham replied, ‘They have Moses and the prophets; they should listen to them.’ He said, ‘No, father Abraham; but if someone goes to them from the dead, they will repent.’ He said to him, ‘If they do not listen to Moses and the prophets, neither will they be convinced even if someone rises from the dead.'”


Sintesi dell’omelia della Messa delle nove
   
  Il brano evangelico ci presenta due situazioni opposte: un uomo ricco, che vive lussuosamente banchettando, e un uomo molto povero, malato, piagato,  che ci viene presentato mentre sta nei pressi della porta della dimora dell’altro, affamato, desiderando di sfamarsi delle briciole cadute dalla tavola dell’altro, mentre i cani gli leniscono il dolore leccandogli le piaghe; poi, dopo la morte di entrambi, l’uomo ricco tra i tormenti eterni, negli inferi  e l’altro, con Abramo, vicino a Dio. L’uomo ricco non ha nome, l’altro si chiama Lazzaro,  che nell’antico ebraico significava Dio ha aiutato. La ricchezza di Lazzaro è la sua relazione con Dio, l’altro pensa solo a se stesso. Non viene detto di lui altro che è ricco e che vive lussuosamente: non ci viene spiegato che la sua ricchezza è frutto di azioni disoneste. Pensa a sé. Non è nemmeno detto che fosse eccezionalmente ricco, ma solo che aveva ben più dell’indispensabile, mentre Lazzaro non aveva nemmeno quello. L’uomo ricco della parabola non rappresenta quello che oggi chiamiamo la casta, cioè chi ha la meglio nella società e la domina prendendosene la parte migliore, ma solo una persona che ha i mezzi per vivere bene e pensa a se stessa, senza curarsi di chi  è povero e malato, benché vicino a lei, alla sua porta.
  La parabola contiene un insegnamento, che Gesù diede ai discepoli per replicare alle critiche di scribi e farisei. Pensando solo a sé ciascuno si costruisce il suo inferno già qui in terra. La relazione con Dio, invece,  ci spinge alla relazione con gli altri, in particolare per soccorrere chi si trova in povertà. I poveri li abbiamo tra noi e intorno a noi.
 

Sintesi di Mario Ardigò, per come ha compreso le parole del celebrante.

Summary of the homily of the Mass at nine o’clock

 
 The Gospel passage presents two opposite situations: a rich man, who lives luxuriously feasting, and a very poor, sick, wounded man, who is presented to us while he is near the door of the other's dwelling, hungry, wishing to be fed with crumbs fallen from the table of the other, while the dogs soothe the pain by licking the wounds; then, after the death of both, the rich man among eternal torments, in the underworld and the other, with Abraham, close to God. The rich man has no name, the other is called Lazarus, who in ancient Hebrew meant God helped. The wealth of Lazarus is his relationship with God, the other thinks only of himself. He is not told about him who is rich and who lives luxuriously: we are not told that his wealth is the result of dishonest actions. Think of yourself. It is not even said that he was exceptionally rich, but only that he had much more than was indispensable, while Lazarus did not even have that. The rich man in the parable does not represent what we now call the caste, that is who has the upper hand in society and dominates it by taking the best part of it, but only a person who has the means to live well and think of himself, regardless of who is poor and sick, though close to her, at her door.
  The parable contains a teaching, which Jesus gave to the disciples to reply to the criticisms of scribes and Pharisees. Thinking only of himself, everyone builds his hell here on earth. The relationship with God, on the other hand, leads us to a relationship with others, in particular to help those who are in poverty. We have the poor among us and around us.

Summaries of Mario Ardigò , for how he understood the  words of the celebrants.


Avvisi del parroco/ Announcements from the parson:
- Il gruppo che lavora nelle attività assistenziali della Caritas ha bisogno di persone che lo aiutino;
- c’è bisogno di persone per animare il coro durante le Messe domenicali.

- The group working in the charitable activities of Caritas needs people to help him;
- there is a need for people to animate the choir during Sunday Masses.


Avvisi di Azione Cattolica: /  Catholic Action Notices:


Le riunioni infrasettimanali del gruppo parrocchiale di azione cattolica riprenderanno martedì 15 ottobre 2019, alle ore 17  in sala rossa.

The midweek meetings of the Catholic parish action group will resume on Tuesday 15 October 2019, at 17.00 in the red room.





Martedì 15 ottobre 2019, alle ore 17, in sala rossa, riprenderanno le riunioni infrasettimanale del gruppo parrocchiale di AC


Martedì 15 ottobre 2019, alle ore 17, in sala rossa, riprenderanno le riunioni infrasettimanale del gruppo parrocchiale di AC

 Martedì 15 ottobre 2019, alle ore 17, in sala rossa, riprenderanno le riunioni  infrasettimanale del gruppo parrocchiale di Azione Cattolica.
  E’ opportuno che tutti partecipino alla programmazione delle attività. Ci sono campi di impegno indicati dalla Chiesa e altri proposti dall’Azione Cattolica. Si può partire dalla valutazione di ciò che si è riusciti ad ottenere l’anno passato.
  Si  è stati assidui nel partecipare. Le riunioni sono consistiti fondamentalmente in conferenze su vari tempi legati da un filo conduttore. Nuove persone si sono accostate al gruppo, che però rimane composto prevalentemente da persone un po’ avanti negli anni. Abbiamo mancato l’obiettivo di coinvolgere la fascia di età dai 30 a 50 anni, quella che è più strettamente legata alle più persone giovani. Si possono individuare varie cause di questo insuccesso.
  La prima è la struttura della riunione a conferenza, che non incoraggia la partecipazione al dibattito.
 La seconda è il giorno della settimana e l’orario delle riunioni: alle 17 di un giorno lavorativo la gente che lavora non può partecipare, e ai tempi nostri si esce dal lavoro nel tardo pomeriggio e si ha necessità di tempo per tornare nel quartiere dove si abita.
 La terza e l’insufficiente collegamento con i temi caldi  in cui la Chiesa è impegnata, in particolare con quelli proposti nell’enciclica Laudato si’  del 2015. In questo documento sono proposte, ma scritte molto meglio, tutte le questioni che in questi giorni hanno infiammato tanti giovani della nazioni più sviluppata del mondo, in Europa, nel Nord America, ma anche altrove. Esso è anche un atto specificamente politico, perché esorta a un forte impegno sociale per cambiare modelli economici e sociali. In base alla mia esperienza, mi pare poco conosciuto dai laici. In passato si è stati abituati alla pubblicazione di un gran numero di documenti simili del magistero, e non si aveva tempo per assimilarli che subito occorreva dedicarsi ad uno nuovo. Per la Laudato si’  è diverso, per il suo carattere specificamente politico, non di chiarificazione dottrinale. Propone un impegno nella società a lunga scadenza e, pertanto, anch’essa è a lunga scadenza. L’impegno sociale è appunto il campo proprio dell’Azione Cattolica, il motivo storico della sua fondazione.
  L’ultimo problema che individuo è lo scarso interesse all’attualità, per cui nelle nostre conferenza ci si tiene troppo sulle generali. L’attualità dovrebbe essere l’ambito proprio dell’acculturazione e dell’impegno del laico, perché è lì che si fa l’azione sociale che dovrebbe essere propria della nostra associazione. E’ una carenza che, tuttavia, si riscontra un po’ dappertutto nelle attività della Chiesa dedicate ai laici, fin dal primo catechismo. Ci si dedica alla storia sacra, ma si trascura l’altra storia, recente e meno recente. La storia sacra dovrebbe fornire criteri interpretativi dell’altra, e così si mantiene viva e vitale. Nella vita di fede non abbiamo bisogno di inventarci nulla, ma se non si è osservatori partecipi della realtà sociale intorno i racconti della fede rimangono al più narrazioni edificanti, ad uso della propria interiorità.
  Nella discussione si potrebbero proporre altri aspetti critici che ora a me sfuggono. Ciascuno vede le cose dal suo punto di vista, limitato come sono limitati gli individui. L’esperienza sociale serve ad allargare gli orizzonti.
  Da quello che ho scritto, potrebbero scaturire proposte di cambiamenti.
  Per la fascia d’età tra i quaranta e i cinquanta sono il sabato e la domenica i giorni in cui ci si può dedicare ad attività sociali.
  Occorre dedicare un maggior impegno personale alle attività, non limitarsi ad essere uditori di conferenze. Questo richiede anche la disponibilità a studiare cose nuove o ad approfondire quelle che si sanno e soprattutto a tener conto dell’attualità, ciò che si può fare, ad esempio, traendo i temi di riflessione e di impegno da un quotidiano come Avvenire.  Oltre al dibattito, si potrebbero pensare, come occasioni di confronto sociale, il  cineforum  e il gruppo di lettura, attività adatte a giovani e anziani.
 Invece di apparire più che altro come utenti di un servizio parrocchiale, si potrebbe concordare un nostro più articolato impegno nelle attività della parrocchia, secondo le capacità che abbiamo, ma sempre in una forma sociale, collettiva, come gruppo, ciò che, appunto, si potrebbe fare in attività di  cineforum  o di  gruppo di lettura. Questo per imparare gradualmente, nella pratica, facendone tirocinio, a non dipendere troppo dai preti della parrocchia, che sono pochi e hanno tanto a fare, ma ad essere capaci di iniziative autonome, attuate con continuità. Quest’ultima è in genere difficile da ottenere dai laici, i quali, come in altri campi, in genere si propongono come buoni  direttori tecnici, ma incostanti operai. Del resto, è proprio così che, in fondo, i laici sono stati abituati a fare: attendere l’ordine del prete, senza che le loro proposte siano molto considerate. Se quello che si dice non viene mai preso sul serio, allora ci si limita a chiacchierare esonerandosi dal sentirsi impegnati in base a quello che si propone. Nella nostra Chiesa il laico è stato costruito così: si è deciso di istituire l’Azione Cattolica proprio quando ci si è resi conto che nelle società di massa moderne era indispensabile un impegno molto maggiore e autonomo dei laici. Mancando una sufficiente attività di formazione, il laicato spesso però delude e la gerarchia allora vede nel clericalismo l’unico strumento per mantenere in qualche modo l’unità. L’esperienza passata di Azione Cattolica dimostra però che è possibile essere diversi.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli

 

sabato 28 settembre 2019

«Che importa? La scienza ha raggiunto traguardi meravigliosi, certo, ma io preferirei essere felice che avere sempre ragione.»
«E sei felice?»
«No. E qui casca l'asino, naturalmente.»
[...]
  Sperò che non ci fosse una vita dopo la morte. Anzi, pregò addirittura. Poi si rese conto della contraddizione e si limitò semplicemente a sperare. 
 Si sarebbe sentito imbarazzato, imbarazzatissimo se gli fosse toccato d'incontrare qualcuno in un al di là.
[...]
  E' risaputo che parlare a vanvera può costare la vita, ma non sempre si valuta a fondo la vasta entità del problema.

[da: Douglas Adams, Guida Galattica per autostoppisti, 1979]

venerdì 27 settembre 2019

La sofferenza estrema come prigione, la sentenza della Corte Costituzionale, la coscienza


La sofferenza estrema come prigione, la sentenza della Corte Costituzionale, la coscienza


Ufficio Stampa della Corte costituzionale
Comunicato del 25 settembre 2019

IN ATTESA DEL PARLAMENTO LA CONSULTA SI PRONUNCIA SUL FINE VITA

  La Corte costituzionale si è riunita in camera di consiglio per esaminare le questioni sollevate dalla Corte d’assise di Milano sull’articolo 580 del Codice penale riguardanti la punibilità dell’aiuto al suicidio di chi sia già determinato a togliersi la vita. In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio stampa fa sapere che la Corte ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. In attesa di un indispensabile intervento del legislatore, la Corte ha subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del SSN, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente. La Corte sottolinea che l’individuazione di queste specifiche condizioni e modalità procedimentali, desunte da norme già presenti nell’ordinamento, si è resa necessaria per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili, come già sottolineato nell’ordinanza 207 del 2018. Rispetto alle condotte già realizzate, il giudice valuterà la sussistenza di condizioni sostanzialmente equivalenti a quelle indicate. Roma, 25 settembre 2019

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Mio commento

"L'ultimo nemico ad essere distrutto sarà la morte" [dalla prima lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi 15,26]. Come può accadere? Eppure il malato grave vive di questa speranza. La morte per lui è la  nemica, non sorella  morte. Chiede di esserne salvato. Sappiamo però qual è il corso della natura. Ma non è di questo che  vive  il malato grave. Una persona sana, invece, tende a razionalizzare. Fate una legge! E così sarà tutto risolto? Il giurista Paolo Grossi, Presidente della Corte Costituzionale fino all’anno scorso,  da molto tempo scrive per smentire questa convinzione. La legolatria [l’idea che la legge dello stato sia l’unica fonte della giustizia] non ci libererà mai da certe  questioni di coscienza. Per questo ogni regola di legge che una collettività si dà è provvisoria: finché il sentire prevalente abbia un certo orientamento, finché prevalga un certo assetto del potere,  finché ciò che si sa della vita, della società e della natura non cambi. La coscienza della persona umana, invece, la sede spirituale dove si decide per il bene o per il male, si trova di fronte a interrogativi e imperativi eterni,  connaturati con la vita umana, ma, anche qui, non a soluzioni eterne delle questioni concrete. Queste ultime rientrano sempre nella sua responsabilità e non se ne può liberare.
  Di fronte alla malattia grave, i sani gettano presto la spugna. E' vita quella?,  si chiedono. Una domanda che contiene implicitamente la risposta negativa.  Ma  non è la loro vita in questione. Il malato grave è terrorizzato quando si arriva a quel punto.  Gran parte delle sue forze residue le deve spendere perché non ci si arrivi. 
  La vita. Abitiamo un corpo, che controlliamo in misura molto limitata. E' il corpo, in particolare il sistema nervoso, esteso fino alle cellule più remote,   a suscitare la mente, e quindi lo spirito (non l'anima in senso religioso). E' vero:  siamo  il corpo che ci pare di abitare. La sensazione, creata dalla mente, è però indubbiamente quella di abitare il nostro corpo. Quando la malattia lo colpisce duramente se ne diventa prigionieri. Il prigioniero anela la liberazione, ma il decorso di certe malattie è fatale. Ecco che allora la mente arriva a figurarsi la morte, la nemica, come liberazione. Ma non  è da tutti arrivare a chiederla. Ho assistito ad agonie atroci, in cui ogni respiro era dolore, e ciononostante il malato non invocava la morte. Quando però quell'esperienza dura troppo a lungo, il malato non concepisce più se stesso come malato, ma solo come prigioniero, e allora può arrivare a invocare effettivamente la morte come liberazione. Più spesso, però, almeno nella mia esperienza, è alla liberazione dei familiari che  punta, loro la cui vita  è distrutta per il dovere di dedicarla quasi totalmente a chi di quell'assistenza ha necessità per vivere: forse lo strazio più atroce per il malato grave. 
  Rispettare la vita altrui è un dovere di ogni persona e delle istituzioni. Questa è la legge e legge fondamentale della Repubblica, dell'Unione Europea, delle Nazioni Unite, è diritto delle genti. Ma, per la persona, è un dovere vivere? C’è chi l’ha autorevolmente sostenuto in religione.   Non c'è però legge pubblica che l'imponga in Italia, nell'Unione Europea, nelle norme prodotte dalle Nazioni Unite. Storicamente in alcuni sistemi giuridici chi tentava il suicidio veniva punito: il sopravvissuto veniva processato. Ma chi si abbandonava alla morte, arrendendosi ad un morbo letale? Ai tempi nostri la scienza ha la capacità di tenere una persona sospesa tra la vita e la morte, impedendo un decorso clinico che altrimenti sarebbe fatale. Questo può prolungare molto le agonie. Ma sono vere agonie? Non si può neanche dire. E' vita, sicuramente è vita, che può durare anche molto a lungo,  a volte in condizioni di incoscienza, vita sì, ma, in un certo senso, vita sospesa. E' una situazione nuova, che deriva dal progresso della tecnologia clinica.
 La questione coinvolge da vicino la persona malata grave e chi ne ha cura. Nella mia esperienza, raramente il malato grave accetta l'idea di rinunciare a terapie o procedure che lo mantengono in una condizione di sospensione della china fatale. Però c'è anche, effettivamente, chi invoca la fine e una fine non dolorosa. Perché la fine può essere molto dolorosa, ho assistito ad agonie atroci, non contenibili con la chimica disponibile. In quelle condizioni il malato è ancora lucido? Se decide per la propria morte come liberazione possiamo dirlo libero nello scegliere? Ha pesanti condizionamenti, certo. Innanzi tutto talvolta proprio per una condizione di vita dolorosa oltre ogni immaginazione. E intorno ha i familiari sfiniti e se ne rende ben conto. Perché assistere un malato in quelle condizioni è estremamente faticoso e, soprattutto, cambia completamente l'esistenza di chi vi è coinvolto. Si è sconvolti dal non riuscire ad alleviare in alcun modo la sofferenza di una persona cara. si è sconvolti da vedere una persona cara rinunciare alla propria vita nell’assistere per mantenerti in vita, e in quel tipo di vita.  Ho vissuto tutto questo prima da malato e poi da familiare di una malata, mia madre, morta nell'aprile scorso. Era una persona molto religiosa. Finché ha potuto farsi capire non ha mai invocato la morte. Finché ha potuto ha cercato di riempire la propria vita di preghiera. Non perché una persona cristiana, quale lei era, abbia il dovere  di vivere, ma perché in quella fede si confida nel Cielo. 
 Dovere di vivere è un'espressione che  suona male, crudele, che colpisce la coscienza della persona che  è travagliata da una sofferenza estrema,  come se essa, pur sopraffatta da un dolore insopportabile, abbandonandosi alla morte, invocandola come liberazione,  avesse qualche cosa da farsi perdonare, davanti al Cielo, alla sua Chiesa, alla collettività in cui vive,  durante e  dopo quell'inferno in vita, se invoca la morte come fine di una sofferenza che non può finire altrimenti. A volte le parole della teologia, ad esempio di quella che delibera il dovere di vivere  nella prigione della sofferenza estrema, suonano crudeli e come tali sostanzialmente  incompatibili con una fede come quella cristiana, basata sull'idea di consolazione e liberazione dei sofferenti, e dunque mi appaiono, ma non sono un teologo, sono solo uno che si sforza di essere cristiano e lo ha fatto anche nella malattia grave,  cattiva teologia. Nella pratica, e in particolare nella pratica cattolica,  non di rado è poi molto diverso.  Allora, ma non sempre, non si ragiona in quei termini, ma secondo misericordia. C'è però una certa ipocrisia in questa discrasia tra teoria e pratica. Ma, in definitiva, non dovrebbe prevalere la misericordia in una fede che crede nella misericordia come supremo principio ideale?
  Sappiate, comunque, ve lo attesto io e so bene di ciò di cui parlo, che, in vita,  non vi è un limite alla sofferenza estrema, quella che ti rende suo prigioniero e schiavo, e con te i tuoi cari, come se, ad un certo punto, scendesse un angelo dal Cielo per lenirla, in modo che il sofferente non ne sia sopraffatto. E questo nonostante la chimica compassionevole che può essere utilizzata a quei fini e la vicinanza umana che, anche a costo di distruggere la propria vita per assistere il sofferente, si riesca a dare. Anzi: a volte il sofferente giunge a provare fastidio per la vicinanza degli altri, che pure gli occorrono per andare avanti. A volte la sofferenza isola irrimediabilmente. E’ dura anche mantenere la fede religiosa e nessun metodo o esercizio spirituale giova. La propria spiritualità esce profondamente modificata dall’esperienza della malattia grave, come accade in ogni situazione estrema di vita. Chi sostiene il contrario o non conosce quello di cui parla o mente compassionevolmente o, peggio, per far quadrare i conti della teologia. Ma, se di compassione si tratta, non è certo per il malato, ma per gli altri, quelli che ancora malati non sono, per sostenere la loro fede pur quando i fatti la mettono a dura prova. Nella Bibbia su questo tema c’è il libro di Giobbe.
  Nel nostro ordinamento il suicidio non è vietato e chi lo tenta non viene punito. Ma se non ha più le forze di darsi la morte? E se c'è qualcuno che lo aiuta a darsela? Non è detto che sia un medico. Il suicidio medicalizzato  è solo una delle possibilità. Per chi presta assistenza  a chi  è prigioniero della sofferenza estrema si pone un serio problema di coscienza, perché la morte è comunque l'ultimo nemico e si tratta di darla ad  un altro, sia pure a sua pressante richiesta, spesso a un altro che è una anche una persona cara. In questo contesto si è ancora fuori del caso dell'obiezione di coscienza, che può sussistere solo se c'è un dovere di diritto pubblico da adempiere, un dovere di agire o anche di astenersi,  e ce ne se ne vuole esimere nel nome di principi superiori.
 Anche dopo la sentenza dell'altro giorno della Corte Costituzionale non c'è ancora un dovere  giuridico di diritto pubblico, la violazione del quale sia quindi punita come reato,  di assistere il suicida per sofferenza estrema, prigioniero del suo corpo, dandogli la morte o aiutandolo a darsela, apprestando un congegno letale. Quindi non c’è questione di obiezione di coscienza, che invece sorgerebbe nel caso dell’approvazione di una legge in materia. Ma rimane il grave problema di coscienza, per il malato e per chi l’assiste nel darsi la morte,  che si presenterà anche nel caso che venga approvata una legge in materia. In particolare, seguita l’eventuale procedura prescritta per dare la morte,  si sarà esenti da pena in società, come d’ora in poi lo si sarà per chi si determina volontariamente ad assecondare la volontà di un malato grave che vuole morire, perché prigioniero di sofferenza insopportabile. Ma non ancora giustificati in coscienza per il solo fatto di aver obbedito ad una legge dello stato. 
  Ci sono anche problemi pratici: ad esempio,  come dare la morte?   Deve essere il malato grave a dover dare l'ultimo assenso con un comando fisico ad un sistema di uccisione o può fare tutto chi l'assiste, dopo aver avuto la richiesta del malato? E come provare, dopo, nell'inevitabile sede giudiziaria, il consenso di chi è ormai morto e l'idoneità eutanasica  del mezzo letale (per pietà si è ucciso anche in modi molto dolorosi, la casistica c'è). Ecco, una legge che stabilisse una certa procedura risolverebbe questi problemi pratici. E appresterebbe una tutela contro i possibili  e prevedibili abusi. Perché, certamente, intorno al malato grave in certe condizioni di dipendenza estrema, finisce per consolidarsi un ambiente sociale eutanasico che può incidere sulla libertà del suo consenso.  Si tratta di limiti che già la Corte Costituzionale, nella sentenza del 25 settembre ha previsto, come si legge nel comunicato diffuso dopo la sua pronuncia: «In attesa di un indispensabile intervento del legislatore, la Corte ha subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del Servizio Sanitario Nazionale, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente.»
  Ma si è fatto bene o male a fare ciò che si è fatto, ad aderire alla richiesta del malato grave di dargli la morte? Si  è obbedito al  comando biblico di rispettare la vita, il “Non uccidere!”? La risposta sembra semplice ma non lo è. Ad esempio, si va in guerra e si uccide legalmente, si è esenti da pena: si  è fatto bene o male a fare la guerra? Da interrogativi di coscienza di questo tipo  non ci si può liberare ribattendo che si è obbedito. Il problema di coscienza, quindi, ripeto, rimane anche dopo la sentenza della Corte Costituzionale, e rimarrà anche dopo una legge che dia norme in materia. Non è la legge, ma la cultura di un popolo che, in definitiva, può risolverlo, sempre però in modo provvisoria. La legge segue. I saggi religiosi avvertono: attenti, il clima non  è buono in materia di pietà verso i sofferenti. Le concezioni spietate dell’economia spingono a farli fuori, perché improduttivi e costosi. I sani spesso si manifestano infastiditi da quella specie di grilli parlanti, e fanno spallucce. I malati capiscono meglio.
  All’interrogativo di coscienza non si potrà sfuggire nemmeno dicendo “Non lo farò mai!”, e questo è il senso dell’obiezione che gli obiettori di coscienza  pongono. Davvero “mai”? La coscienza si applica caso per caso. Altrimenti, in questa materia, si allontana dal sofferente. Diventa solo conformismo legalistico, questa volta alla legge religiosa. Neanche in questo caso l’osservanza della legge libera la coscienza.
  Chi entra nella malattia grave capisce molto presto di essere stato gettato in un mondo separato, che lo divide radicalmente dai sani, anche se sono persone care. Nessuno conosce il dolore che ho visto, nessuno,  canta uno spiritual che mi ronzava spesso in testo nei momenti duri della mia sofferenza. Un mondo, quello della malattia grave, del quale i sani hanno timore, direi meglio terrore, anche solo a parlarne,  e nel quale vengono reclusi anche coloro che assistono da vicino il malato grave. Ma loro possono ancora uscirne, con il superamento della fase acuta della malattia grave, non sempre possibile, o con la fine del malato. Chi ha assistito fino alla fine un malato grave, come a me è accaduto, capisce di che cosa parlo, gli altri nemmeno possono figurarselo. E spesso, però, ci chiacchierano superficialmente sopra, loro che non ne sono prigionieri e schiavi e neanche osservatori veridici, ma neanche, in fondo, puramente e semplicemente osservatori. 
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli