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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente il secondo, il terzo e il quarto sabato del mese alle 17 e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

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Il sito della parrocchia:

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domenica 31 ottobre 2021

Sinodalità per inclusione. Abbandonare la trincea religiosa, demolire i muri d’incenso

 

Il logo del Sinodo


Sinodalità per inclusione. Abbandonare la trincea religiosa, demolire i muri d’incenso

 

Prorogato al 15 agosto 2022 il termine per la consultazione del Popolo di Dio  nella fase diocesana di preparazione del Sinodo dei vescovi  programmato per l’ottobre 2023.

 

a) La motivazione

  Il Consiglio ordinario  del Sinodo dei vescovi  ha deciso di prorogare al 15 agosto 2022 la fase diocesana di consultazione  del popolo di Dio. Nel comunicato diffuso il 29 ottobre scorso dalla Segreteria del Sinodo dei vescovi di legge:

« Le numerose comunicazioni pervenuteci in queste prime settimane del percorso sinodale dalle Conferenze Episcopali, dalle diocesi e dalle eparchie sono veramente una conferma incoraggiante di quanti nella Chiesa si stanno impegnando per celebrare la prima fase del processo sinodale – che ha per tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione” –, costituita dalla consultazione del popolo di Dio. Per tutto questo siamo veramente riconoscenti.

  In questo periodo, abbiamo sentito, più e più volte e da più parti, la richiesta di estendere la durata della prima fase del percorso sinodale per fornire una maggiore opportunità al popolo di Dio di fare un’autentica esperienza di ascolto e di dialogo. Una Chiesa sinodale è una Chiesa che ascolta, considerando che questa prima fase è essenziale per questo percorso sinodale e valutando queste richieste, cercando sempre il bene della Chiesa il Consiglio Ordinario del Sinodo dei Vescovi ha deciso di prorogare fino al 15 agosto 2022 il termine per la presentazione delle sintesi delle consultazioni da parte delle Conferenze episcopali, delle Chiese orientali cattoliche sui iuris e degli altri Organismi ecclesiali

 

b) l’inclusione nella fase di ascolto

 

[dal Documento preparatorio (settembre 2019) che ci è stato inviato dalla Segreteria del Sinodo dei vescovi per orientare la fase di consultazione del popolo di Dio, che, iniziata il 9 ottobre di quest’anno, si concluderà, non più nell’aprile del prossimo, ma il 15 agosto 2022]

 

31. Scopo della prima fase del cammino sinodale è favorire un ampio processo di consultazione per raccogliere la ricchezza delle esperienze di sinodalità vissuta, nelle loro differenti articolazioni e sfaccettature, coinvolgendo i Pastori e i Fedeli delle Chiese particolari  a tutti i diversi livelli, attraverso i mezzi più adeguati secondo le  specifiche realtà  locali: la consultazione, coordinata dal Vescovo, è rivolta «ai Presbiteri, ai Diaconi e ai Fedeli laici delle loro Chiese, sia singolarmente sia associati, senza trascurare il prezioso apporto che può venire dai Consacrati e dalle Consacrate» (EC, n. 7). In particolar modo viene richiesto il contributo degli organismi di partecipazione delle Chiese particolari, specialmente il Consiglio presbiterale e il  Consiglio pastorale, a partire dai quali veramente «può incominciare a prendere forma una Chiesa sinodale». Ugualmente sarà prezioso il contributo delle altre realtà ecclesiali a cui sarà inviato il Documento Preparatorio, come quello di chi vorrà mandare direttamente il proprio.

 Infine, sarà di fondamentale importanza che trovi spazio anche la voce dei poveri e degli esclusi, non soltanto di chi riveste un qualche ruolo o responsabilità all’interno delle Chiese particolari.

 

[…]

 

Una duplice conversione: Pietro e Cornelio (At 10)

 

22. L’episodio narra anzitutto la conversione di Cornelio, che addirittura riceve una sorta di annunciazione. Cornelio è pagano, presumibilmente romano, centurione (ufficiale di basso grado) dell’esercito di occupazione, che pratica un mestiere basato su violenza e sopruso. Eppure è dedito alla preghiera e all’elemosina, cioè coltiva la relazione con Dio e si prende cura del prossimo. Proprio da lui entra sorprendentemente l’angelo, lo chiama per nome e lo esorta a mandare – il verbo della missione! – i suoi servi a Giaffa per chiamare – il verbo della vocazione! – Pietro. La narrazione diventa allora quella della conversione di quest’ultimo, che quello stesso giorno ha ricevuto una visione, in cui una voce gli ordina di uccidere e mangiare degli animali, alcuni dei quali impuri. La sua risposta è decisa: «Non sia mai, Signore» (At 10,14).

[…]

23. L’apostolo rimane profondamente turbato e, mentre si interroga sul senso di quanto avvenuto, arrivano gli uomini mandati da Cornelio, che lo Spirito gli indica come suoi inviati. A loro Pietro risponde con parole che richiamano quelle di Gesù nell’orto: «Sono io colui che cercate» (At 10,21). È una vera e propria conversione, un passaggio doloroso e immensamente fecondo di uscita dalle proprie categorie culturali e religiose: Pietro accetta di mangiare insieme a dei pagani il cibo che aveva sempre considerato proibito, riconoscendolo come strumento di vita e di comunione con Dio e con gli altri. È nell’incontro con le persone, accogliendole, camminando insieme a loro ed entrando nelle loro case, che si rende conto del significato della sua visione: nessun essere umano è indegno agli occhi di Dio e la differenza istituita dall’elezione non è preferenza esclusiva, ma servizio e testimonianza di respiro universale.

24. Sia Cornelio sia Pietro coinvolgono nel loro percorso di conversione altre persone, facendone compagni di cammino. L’azione apostolica realizza la volontà di Dio creando comunità, abbattendo steccati e promovendo l’incontro. La parola svolge un ruolo centrale nell’incontro tra i due protagonisti. Inizia Cornelio a condividere l’esperienza che ha vissuto. Pietro lo ascolta e prende in seguito la parola, comunicando a sua volta quanto gli è accaduto e testimoniando la vicinanza del Signore, che va incontro a ogni persona per liberarla da ciò che la rende prigioniera del male e ne mortifica l’umanità (cfr At 10,38). Questo modo di comunicare è simile a quello che Pietro adotterà quando a Gerusalemme i fedeli circoncisi lo rimprovereranno, accusandolo di aver infranto le norme tradizionali, su cui sembra concentrarsi tutta la loro attenzione, noncuranti dell’effusione dello Spirito: «Sei entrato in casa di uomini non circoncisi e hai mangiato insieme con loro!» (At 11,3). In quel momento di conflitto, Pietro racconta quanto gli è accaduto e le sue reazioni di sconcerto, incomprensione e resistenza. Proprio questo aiuterà i suoi interlocutori, inizialmente aggressivi e refrattari, ad ascoltare e accogliere quello che è avvenuto. La Scrittura contribuirà a interpretarne il senso, come poi avverrà anche al “concilio” di Gerusalemme, in un processo di discernimento che è un ascolto dello Spirito in comune.

 

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  Ieri sera abbiamo tenuto la prima delle riunioni che abbiamo programmato come  gruppo sinodale  della parrocchia, secondo le indicazioni dei nostri vescovi.

  Rispettando le cautele di distanziamento interpersonale per la prevenzione del Covid 19, in sala rossa possiamo accogliere una trentina di persone. Mediante il collegamento Meet  che attiviamo durante gli incontri, possono partecipare fino ad altre 100 persone. Poiché il numero dei praticanti, vale a dire di coloro che regolarmente vengono in chiesa, può stimarsi, tenendo conto delle più recenti statistiche nazionali, in circa 1000 persone, sarà necessario, per rendere effettiva la consultazione popolare  che ci viene richiesta, di istituire diversi altri gruppi sinodali.

  Come indicato dai nostri vescovi, il raccordo tra di essi, per formulare, sulla base della consultazione svolta, la nota in merito da inviare in Diocesi, all’esito del processo di ascolto,  deve  essere svolto dal Consiglio pastorale parrocchiale, l’organo di partecipazione previsto dal diritto canonico a livello parrocchiale, come precisato nel Documento preparatorio. Come suggerito da Fulvio De Giorgi nel suo libro Quale sinodo per la Chiesa italiana. Dieci proposte, Scholè – Morcelliana, 2021, sarebbe un’ottima idea far coincidere la fase di consultazione popolare con le elezioni da parte dell’Assemblea parrocchiale  dei membri elettivi del Consiglio, che, a mia memoria, nella nostra parrocchia non s’è mai fatta. L’equipe pastorale,  dove istituita, vale a dire il collegio di consulenti per aiutare il parroco nelle attività di organizzazione e formazione della comunità, la cosiddetta pastorale,  può collaborare nel coordinare la fase di ascolto, ma non ha titolo per sostituire il Consiglio pastorale parrocchiale, appunto perché non è un organo partecipativo. La differenza, che a un primo approccio può sfuggire, non è da poco. Il titolo per cui si partecipa al Consiglio, a parte i componenti che il parroco può nominare a sua discrezione,  è fondamentalmente l’essere battezzati e impegnati quali preti, diaconi, o responsabili in attività associative o di movimento o in istituzioni religiose operanti nella parrocchia, ovvero, per i membri elettivi essere stati eletti dall’Assemblea parrocchiale; si diventa membri dell’equipe pastorale  per incarico del parroco. Il primo  è quindi realmente un principio di organismo partecipativo, a partire dal quale quindi i vescovi ritengono che possa veramente incominciare a prendere forma una Chiesa sinodale, la seconda no. I riflessi che possono derivare dall’attribuire sostanzialmente all’equipe pastorale  tutte le funzioni del Consiglio pastorale parrocchiale riguardano in particolare la capacità inclusiva  del processo di ascolto.

  Nella nostra parrocchia, che io sappia, solo il gruppo parrocchiale di AC ha programmato le sue attività fino all’estate del 2022 inserendo, una volta al mese, un incontro come gruppo sinodale. Ne terremo quindi ben nove fino alla sospensione estiva delle  nostre attività associative.  Finora dalle altre dimensioni della parrocchia non ho colto segni analoghi e l’inizio dei cammino sinodale  non è stato menzionato nelle messe domenicali, la principale fonte informativa religiosa per la gran parte dei fedeli. Che io sappia, il Consiglio pastorale parrocchiale  non è stato convocato per discuterne. Siamo quindi ancora agli inizi del processo.

  Il rischio, data la situazione della parrocchia che deriva da scelte pastorali molto lontane nel tempo e che risalgono addirittura agli anni ’80, è che il processo di ascolto sinodale, che comporta anche un primo tirocinio di sinodalità, sia svolto solo all’interno  dei gruppi già organizzati, con il che non sarebbe realmente sinodale.

 Il fatto che i praticanti  che decidono di venire in chiesa  anche per attività diverse dalla frequenza della messa siano rigidamente inquadrati nei gruppi istituiti e che questi ultimi si muovano un po’ per compartimenti stagni, diffidenti e sospettosi verso gli altri, è diventato storicamente uno dei principali problemi della nostra parrocchia. Nella Quaresima del 2016 si cercò di favorire il confronto con una serie di incontri, che però non ebbero seguito: da essi emerse con chiarezza l’estrema sfiducia reciproca e il profondo disagio che si provava nel trovarsi insieme ad altre persone che non facevano parte della propria cerchia. Questa situazione non favorisce il di più che i vescovi richiedono nella fase di ascolto, che è definito come il fare spazio anche alla voce dei poveri e degli esclusi, non soltanto di chi riveste un qualche ruolo o responsabilità all’interno delle Chiese particolari. In realtà si immagina di trovarsi, non in una delle nazioni più cristianizzate (e clericalizzate) dell’universo, ma in un mondo pagano, parola insultante che traduce il greco antico evangelico che significava semplicemente non giudei, in quanto provenienti dalle nazioni ἐθνικοὶ [si legge ètnikoi], le genti non giudee. Nel lessico della cristianità latina pagano  significava sostanzialmente  burino, in quanto abitante nei villaggi fuori delle città, dove inizialmente i cristianesimi avevano allignato, nei quali ancora si praticava l’antica religione politeistica. Nel tempo la parola pagano  è venuta a significare chi, per malvagità o ignoranza o per entrambe, non praticava  il cristianesimo. Purtroppo negli ambienti cattolici c’è il deplorevole costume di dare del pagano  con molta facilità a chi, per qualche motivo, si mostra diverso e il sospetto di paganesimo  si riversa su tutti coloro che non sono stati visti in chiesa con regolarità, ad esempio sui genitori che ci portano i figli per il catechismo, prova questa evidentissima di profonda loro fede perché ci affidano ciò che hanno di più prezioso, i quali allora, non potrebbero partecipare al cammino sinodale  prima di essere in qualche modo condizionati adeguatamente. Bisogna essere chiari: questo va contro le esplicite indicazioni dei vescovi!

  La seconda delle Dieci domande  che i vescovi hanno posto a base del processo di ascolto riguarda proprio quell’aspetto:

 

II. ASCOLTARE

L’ascolto è il primo passo, ma richiede di avere mente e cuore aperti, senza pregiudizi. Verso chi la nostra Chiesa particolare è “in debito di ascolto”? Come vengono ascoltati i Laici, in particolare giovani e donne? Come integriamo il contributo di Consacrate e  Consacrati? Che spazio ha la voce delle minoranze, degli scartati e degli esclusi? Riusciamo a identificare pregiudizi e stereotipi che ostacolano il nostro ascolto? Come ascoltiamo il contesto sociale e culturale in cui viviamo?

 

  Dovremo quindi rispondere ai nostri vescovi che, a causa di persistenti pregiudizi e stereotipi, non solo non abbiamo mai ascoltato minoranze, scartati ed esclusi, ma anche che, in effetti, intendiamo continuare così, perché da noi possono partecipare solo gruppi di eletti, non nel senso di scelti dal popolo, ma di anime speciali vocate alla gloria?  E questo perché immaginiamo di essere accerchiati da pagani  dai quali dobbiamo difenderci. Una prospettiva che mi pare un po’ dissonante dall’ordine di idee espresso dall’esortazione apostolica La gioia del vangelo, che è alla base del processo sinodale  in corso.

 

47. La Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre. Uno dei segni concreti di questa apertura è avere dappertutto chiese con le porte aperte. Così che, se qualcuno vuole seguire una mozione dello Spirito e si avvicina cercando Dio, non si incontrerà con la freddezza di una porta chiusa. Ma ci sono altre porte che neppure si devono chiudere. Tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono far parte della comunità, e nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi. Questo vale soprattutto quando si tratta di quel sacramento che è “la porta”, il Battesimo. L’Eucaristia, sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli. Queste convinzioni hanno anche conseguenze pastorali che siamo chiamati a considerare con prudenza e audacia. Di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori. Ma la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa.

 

 Come ho osservato, siamo agli inizi, nulla è pregiudicato: ci siamo presi un po’ più di tempo per cominciare e questo spazio di riflessione può venire utile per non avviare male il processo di ascolto  della fase diocesana del cammino sinodale. Ora abbiamo anche diversi mesi in più.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

sabato 30 ottobre 2021

Fare sinodo - oggi, ore 17, in sala rossa della parrocchia, riunione di AC San Clemente su Sinodo e Sinodalità

 

 


Il logo del Sinodo


 Oggi, alle 17, nella sala rossa della parrocchia, riunione di AC San Clemente su Sinodo e sinodalità. Si potrà partecipare anche in videoconferenza Meet. Link e codice della riunione sono già stati inviati ai soci. Oggi operiamo, in fondo, come gruppo sinodale. Chi vuole può partecipare anche se non iscritto all'AC. Chi volesse partecipare in Meet può richiedere link e codice a mario.ardigo@sanclemente.net. 

Fare sinodo

 

[dal Vademecum  per il Sinodo – settembre 2021]

 

  Per sensibilizzare e incoraggiare la partecipazione, si può mettere in atto un'ampia pubblicità del Sinodo per comunicarne il significato e gli obiettivi e il modo in cui le persone possono partecipare. Alcuni esempi di materiale pubblicitario sono forniti sul sito web.

  All'interno di ogni Chiesa locale, gli incontri dovrebbero essere organizzati in modo da promuovere un'esperienza sinodale più fruttuosa nel contesto locale. Idealmente, più "incontri di consultazione sinodale" potrebbero essere organizzati per lo stesso gruppo di partecipanti, in modo che possano approfondire e dialogare meglio. In alternativa, si possono organizzare nuovi raggruppamenti in modo che un maggior numero di persone possano ascoltare e impegnarsi, con una più ampia diversità di opinioni ed esperienze.

  Vi incoraggiamo anche a integrare il tema della sinodalità e di questo processo sinodale di consultazione negli incontri e nelle riunioni locali o diocesane già programmate, laddove possibile. In questo senso, la fase diocesana del processo sinodale può arricchire l'agenda pastorale esistente per l'anno 2021-2022, ispirando anche alcuni elementi nuovi.

  L'ascolto reciproco si arricchisce conoscendosi e condividendo la vita insieme. Può essere molto utile condividere un'attività comune prima di iniziare gli incontri e dialogare fra di voi.

  Alcuni esempi di attività che possono essere svolte insieme includono un pellegrinaggio, un'azione sociale o caritatevole, o semplicemente un pranzo o una cena insieme. Oltre a sviluppare la fiducia reciproca tra i partecipanti, questo potrebbe anche aiutare a promuovere la partecipazione di persone che sono più attratte dall'azione pratica piuttosto che dalla discussione intellettuale.

  Questo approccio segue l'esempio di Gesù che riuniva i suoi discepoli per condividere un pasto, camminare insieme o semplicemente passare del tempo insieme. Può essere importante concedere tempo sufficiente e spazio adeguato ai partecipanti per condividere cibo e bevande, prolungando l'esperienza dell'ascolto reciproco in uno scambio meno formale e più spontaneo durante le pause. Questo può aprire ad una partecipazione più fruttuosa delle persone che si sentono meno a loro agio nelle riunioni formali, oltre a offrire l’opportunità per chiarire più liberamente alcuni punti.

 Prendere parte ad attività fisiche, culturali, sociali e caritative può contribuire a costruire la comunione tra i partecipanti, rinnovando la Chiesa attraverso nuove esperienze di fraternità.

 

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1.  La proposta di vivere la fede come Chiesa in modo sinodale  è nuova tra i cattolici.  E’ vero: il sinodo è una prassi e un’istituzione molto antica, ma come metodo di governo ecclesiale. Progressivamente la funzione di direzione ecclesiale fu accentrata negli episcopati e nei sovrani delle dinastie cristianizzate – ne vediamo ancora oggi un esempio nel titolo di governatrice suprema della Chiesa anglicana che ha la regina britannica – e, nella Chiesa cattolica, nel Papato. Tra i cattolici questo accentramento divenne più forte da quando, dal Seicento circa, la loro Chiesa iniziò ad essere governato come un vero e proprio stato monarchico, come ancora buona parte si fa. Per cui, ad esempio, vennero emanati codici  di diritto e il Papa invia e riceve ambasciatori nelle relazioni internazionali.

  Storicamente aggregazioni di fedeli con spirito che ora diremmo sinodale, appunto per vivere la fede in maniera comunitaria e partecipata, furono viste in genere con sospetto e diffidenza, e non di rado apertamente e duramente contrastate. Che cosa è cambiato oggi? E’ stata la pratica, prima che la teoria, della democrazia, che, ai tempi nostri, è vista come molto partecipata, non concentrata sull’aspetto del potere sociale  ma molto sulle vie di convivenza solidale e benevola, e questo, anche se in genere non se ne ha consapevolezza, è dipeso dall’influsso dei cristianesimi. Al centro di questa esperienza, che è umana prima che politica, perché come ho scritto riguarda prima la convivenza del problema di chi e come comanda nella società, vi è l’idea di dignità   inviolabile  della persona umana, non solo come singola, ma anche nelle formazioni sociali  che le persone costruiscono e nelle quali  e delle quali vivono, in esse comprese naturalmente le chiese cristiane. In religione siamo convinti che le persone umane siano create  così e che quindi la loro dignità non sia nelle mani di chi comanda in società, fossero anche le masse e larghe maggioranze. Riteniamo che il fondamento teologico di questa condizione sia il battesimo, quindi nella relazione con il Cristo che ci apre al fondamento divino di tutto. Questo fu molto chiaro ai rivoluzionari nordamericani che istituirono la prima democrazia dell’era moderna, quella statunitense:

 

Consideriamo verità evidenti per sé stesse che tutti gli uomini sono creati uguali; che sono stati dotati dal loro Creatore di taluni diritti inalienabili; che, fra questi diritti, vi sono la vita, la libertà e il perseguimento del benessere […]

[dalla Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America, del 1776]

 

 Se si prescinde da questa teologia, mancano le parole per spiegare perché si sia tutti uguali in dignità,  senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, come è scritto nell’art.2 della nostra Costituzione. Chi però afferma quella dignità, con quell’estensione che ritiene inviolabile, implicitamente fa una dichiarazione di valore  teologico, anche se non parla di Dio, se ne dichiara indifferente o addirittura ne contrasta l’idea. Dunque nessuna meraviglia che, dato il suo fondamento teologico, l’idea di democrazia come oggi la intendiamo, così piena di valori e in particolare di valori solidali, sia ritornata  anche in religione influenzando la costruzione ecclesiale. Cosicché, attraverso la nostra preghiera quell’idea di dignità possa ritornare al suo Fondamento santo, come è scritto:

La pioggia e la neve

scendono dal cielo e non tornano indietro

senza avere irrigato la terra

e senza averla resa fertile;

fanno germogliare il grano,

procurano i semi e il cibo.

 Così è anche della parola

che esce dalla mia bocca:

non ritorna a me senza produrre effetto,

senza realizzare quel che voglio

e senza raggiungere lo scopo

per il quale l’ho mandata».

[dal libro del profeta Isaia, capitolo 55, versetti 11 e 12 – Is 55,11-12. Versione in italiano TILC Traduzione interconfessionale in lingua corrente]

 

2. Riunendoci come gruppo sinodale  possiamo dunque iniziare da questo: dal riconoscerci a vicenda pari dignità umana, rendendo lode nella preghiera per poterlo fare.

  Una realtà così grande e bella, eppure così poco praticata in società, nonostante che in democrazia sia diventato addirittura il presupposto della coesione sociale. In passato spesso ci si riuniva nel nome di un sovrano,  come suoi sudditi, in particolare nel costruire e governare società, ciò che definiamo politica. In democrazia abbiamo imparato a riunirci nel nome di quella comune dignità e, in fondo, parlando religiosamente, è come proclamare che solo nel Cielo sta la sovranità, colui che non ha nessun potere sopra di sé.

  L’Interrogativo fondamentale  e la prima delle Dieci domande che i vescovi ci hanno proposto per orientare la consultazione del Popolo di Dio che si è aperta lo scorso 9 ottobre, nel cammino sinodale  della Chiesa universale e di quelle italiane, fanno appunto riferimento a quello:

 

l’INTERROGATIVO FONDAMENTALE:

Una Chiesa sinodale, annunciando il Vangelo, “cammina insieme”: come questo “camminare insieme” si realizza oggi nella vostra Chiesa particolare? Quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere nel nostro “camminare insieme”?

I dieci nuclei tematici:

1° Domanda. I COMPAGNI DI VIAGGIO

Nella Chiesa e nella società siamo sulla stessa strada fianco a fianco. Nella vostra Chiesa locale, chi sono coloro che “camminano insieme”? Quando diciamo “la nostra Chiesa”, chi ne fa parte? Chi ci chiede di camminare insieme? Quali sono i compagni di viaggio, anche al di fuori del perimetro ecclesiale? Quali persone o gruppi sono lasciati ai margini, espressamente o di fatto?

 

 In effetti sinodo  significa riunirsi  e rimanere  insieme e poi lavorare insieme.

  Per radunarsi, e costituire la condizione preliminare e indispensabile per una vita di fede sinodale, occorre chiamare  e annunciare, come i banditori  che fino a qualche decennio fa giravano nei paesi per informare la gente di qualche decisione dell’autorità o di qualche evento importante per la comunità.

 E’ appunto quello che i nostri vescovi ci chiedono di fare, in quel Vademecum  per il cammino sinodale  che è stato diffuso  nello scorso settembre dalla Segreteria del Sinodo dei vescovi:

 

“mettere in atto un'ampia pubblicità del Sinodo per comunicarne il significato e gli obiettivi e il modo in cui le persone possono partecipare”

 

 La prima fonte informativa per il fedeli della parrocchia è la messa domenicale. Dunque potremmo proporre al Consiglio pastorale parrocchiale, che è l’organo partecipativo previsto dal diritto canonico per la parrocchia e di cui fa parte anche il parroco, di concordare con i preti della parrocchia un breve spazio informativo sul cammino sinodale  all’interno delle messe domenicali in cui si informi di ciò che si sta facendo, del perché lo si fa, del significato religioso di ciò che si fa e del programma delle attività.

  Ma anche noi potremmo fare la nostra parte, innanzi tutto parlando del cammino sinodale  in famiglia e nella nostra cerchia amicale. E’ possibile preparare e distribuire foglietti informativi. Il blog acromavalli.blogspot.com dall’agosto scorso è praticamente concentrato sulle informazioni sinodali.

  Inoltre potremmo costituirci come gruppo sinodale al servizio della parrocchia, aprendo gli incontri che faremo sul cammino sinodale  a tutti i parrocchiani, che potranno partecipare anche in videoconferenza Meet. E’ un'altra proposta che potremmo decidere di presentare al Consiglio pastorale parrocchiale. L’ho formulata per esteso e ve la allego in fondo.

  Dedicando una riunione al mese al lavoro come gruppo sinodale, nella fase di consultazione popolare che si concluderà nell’aprile 2022, potremmo lavorare sui temi sinodali in 6 incontri, e questo andrebbe incontro alle richieste dei nostri vescovi nel Vadecum:

 

gli incontri dovrebbero essere organizzati in modo da promuovere un'esperienza sinodale più fruttuosa nel contesto locale. Idealmente, più "incontri di consultazione sinodale" potrebbero essere organizzati per lo stesso gruppo di partecipanti, in modo che possano approfondire e dialogare meglio.

 

 Questi incontri  potrebbero essere affiancati da un lavoro insieme in qualche settore della parrocchia, secondo le indicazioni del Consiglio pastorale parrocchiale:

 

L'ascolto reciproco si arricchisce conoscendosi e condividendo la vita insieme. Può essere molto utile condividere un'attività comune prima di iniziare gli incontri e dialogare fra di voi.

  Alcuni esempi di attività che possono essere svolte insieme includono un pellegrinaggio, un'azione sociale o caritatevole, o semplicemente un pranzo o una cena insieme.

 

  Di solito ce ne stiamo confinati nei gruppi di appartenenza e ci ritroviamo come semplice platea nelle messe. Lavorare insieme, anche prima di parlare insieme, potrebbe consentire di conoscerci meglio e, così, di imparare ad avere fiducia gli uni negli altri. Per organizzare questa attività bisogna iniziare con incontrarsi e vedere ciò che ognuno può fare per gli altri e ciò che può fare in parrocchia, o a anche in altri ambienti, ma sempre collettivamente, insieme.

 

 Questo approccio segue l'esempio di Gesù che riuniva i suoi discepoli per condividere un pasto, camminare insieme o semplicemente passare del tempo insieme.

 

 scrivono i vescovi nel Vademecum. Potremmo, così, cominciare sfogliando i Vangeli alla ricerca dei brani in cui si narra di quando Gesù riuniva i suoi discepoli per condividere un pasto, camminare insieme o semplicemente passare del tempo insieme.

 Uno di quelli che mi è venuto in mente è questo:

 

 Mentre era in cammino con i suoi discepoli Gesù entrò in un villaggio e una donna che si chiamava Marta, lo ospitò in casa sua.

 Marta si mise subito a preparare per loro, ed era molto affaccendata. Sua sorella invece, che si chiamava Maria, si era seduta ai piedi del Signore e stava ad ascoltare quel che diceva.

 Allora Marta si fece avanti e disse:

— Signore, non vedi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille di aiutarmi!

 Ma il Signore le rispose:

— Marta, Marta, tu ti affanni e ti preoccupi di troppe cose! Una sola cosa è necessaria. Maria ha scelto la parte migliore e nessuno gliela porterà via.

[dal Vangelo secondo Luca, capitolo 10, versetti da 38 a 42 – Lc 10, 38-42 – versione in italiano TILC Traduzione interconfessionale in lingua corrente].

 Lo stile sinodale  richiede di discutere e di decidere insieme che fare e che proporre, senza attendere che l’impulso ad agire ci venga da fuori e dall’alto, ma, comunque, sempre in accordo solidale  con le altre persone che sono impegnate nel medesimo lavoro e con i nostri pastori. La sinodalità  è benevola, inclusiva, partecipativa e diffusiva. Non fa sentire nessuna persona esclusa o respinta. Non ferisce, non calunnia, non insinua, fa tutto apertamente e francamente.

 Paolo di Tarso, evidentemente sulla base della sua intensa esperienza di pastore, ci ha dato una serie di principi che potremmo porre a base della nostra sinodalità (io lo ho trascritte in un mio personale vademecum  che porto sempre con me:

 

fuggi il male; segui con fermezza il bene; ama gli altri come fratelli; sii premuroso nello stimare gli altri; sii impegnato e non pigro; allegro nella speranza; paziente nelle tribolazioni; perseverante nella preghiera; sii pronto ad aiutare i tuoi fratelli quando hanno bisogno; fai di tutto per essere ospitale; chiedi a dio di benedire quelli che ti perseguitano; di perdonarli non di castigarli; sii felice con chi e’ nella gioia, piangi con chi piange; vai d’accordo con gli altri; evita le discussioni sulle parole e le chiacchiere inutili; non inseguire desideri di grandezza, volgiti piuttosto verso le cose umili; non ti stimare sapiente da te stesso; non rendere a nessuno male per male; preoccupati di fare il bene dinanzi a tutti se possibile, per quanto dipende da te, vivi in pace con tutti; non vendicarti; non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene; sii paziente e generoso; non essere invidioso; non vantarti; non gonfiarti di orgoglio; non cercare il tuo interesse; non cedere alla collera; dimentica i torti; non godere dell’ingiustizia; la verità sia la tua gioia; tutto scusa; di tutti abbi fiducia; tutto sopporta; non perdere mai la speranza.

 

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

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Proposta di delibera all’assemblea degli associati del Gruppo parrocchiale di Azione Cattolica in San Clemente papa

 

  Propongo all’assemblea del nostro gruppo di Azione Cattolica l’approvazione della seguente delibera, con una richiesta al Consiglio pastorale parrocchiale  della nostra parrocchia:

 

 “La Chiesa è convocata in Sinodo per progettarsi come Chiesa sinodale. E’ stato aperto anche un processo sinodale specificatamente  della Chiesa italiana. I nostri vescovi ci esortano a partecipare attivamente, in particolare nelle fasi preparatorie diocesane, dedicate all’ascolto del Popolo di Dio,  costituendo gruppi sinodali. Ci sono state poste dieci domande, su altrettanti temi centrali dei processi sinodali iniziati il 9 ottobre 2021. E’ richiesta una risposta collettiva,  non individuale. Bisogna quindi discuterne e poi concordare che rispondere, e ciò varrà anche come assunzione di impegni. Ma per discutere occorre prima capire di che si tratta, aiutandoci gli uni gli altri in questo lavoro e, se possibile, valendoci anche di persone competenti.

  I Sinodi si presentano come fasi attuative dei principi stabiliti dal Concilio Vaticano 2°. Si tratta di uno dei principali campi di impegno dell’Azione Cattolica.

  Per contribuire al processo sinodale in corso, ci proponiamo come uno dei gruppi sinodali parrocchiali, impegnandoci a dedicare ai temi della Chiesa sinodale, e in particolare alle dieci domande  formulate per il processo sinodale diocesano, dal dicembre 2021 all’aprile 2022, quando si concluderà la fase diocesana per il Sinodo generale, due delle nostre riunioni mensili, aprendole alla partecipazione di tutti i parrocchiani. Ci impegniamo a non fare opera di proselitismo a favore dell’Azione Cattolica nel corso di quegli incontri. In quella sede saremo solo gruppo sinodale parrocchiale.

  Chiediamo al Consiglio pastorale parrocchiale  di approvare questo nostro programma di attività nel processo sinodale e di riconoscerci come  gruppo sinodale parrocchiale.

   Deleghiamo la Presidente del gruppo a presentare questa richiesta al Consiglio pastorale parrocchiale  e a  concordare i dettagli organizzativi dell’attività proposta.”

 

 

venerdì 29 ottobre 2021

Un disegno grandioso

 

Il logo del Sinodo


Un disegno grandioso

Preghiera al Creatore

Signore e Padre dell’umanità,
che hai creato tutti gli esseri umani con la stessa dignità,
infondi nei nostri cuori uno spirito fraterno.
Ispiraci il sogno di un nuovo incontro, di dialogo, di giustizia e di pace.
Stimolaci a creare società più sane e un mondo più degno,
senza fame, senza povertà, senza violenza, senza guerre.

Il nostro cuore si apra
a tutti i popoli e le nazioni della terra,
per riconoscere il bene e la bellezza
che hai seminato in ciascuno di essi,
per stringere legami di unità, di progetti comuni,
di speranze condivise. Amen.


Preghiera cristiana ecumenica

Dio nostro, Trinità d’amore,
dalla potente comunione della tua intimità divina
effondi in mezzo a noi il fiume dell’amore fraterno.
Donaci l’amore che traspariva nei gesti di Gesù,
nella sua famiglia di Nazaret e nella prima comunità cristiana.

Concedi a noi cristiani di vivere il Vangelo
e di riconoscere Cristo in ogni essere umano,
per vederlo crocifisso nelle angosce degli abbandonati 
e dei dimenticati di questo mondo
e risorto in ogni fratello che si rialza in piedi

Vieni, Spirito Santo! Mostraci la tua bellezza
riflessa in tutti i popoli della terra,
per scoprire che tutti sono importanti,
che tutti sono necessari, che sono volti differenti
della stessa umanità amata da Dio. Amen.

[dall’enciclica Fratelli tutti, di papa Francesco (2020)]

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   Sto cercando di parlare un po’ in giro di questo cammino sinodale al quale siamo stati convocati, ma, devo essere sincero a rischio di apparire presuntuoso, non ho ancora incontrato, non solo tra le persone laiche, chi si mostri veramente consapevole del disegno grandioso che si è andato dispiegando dall’esortazione apostolica La gioia del Vangelo (2013), all’enciclica Laudato si’ (2015) e all’enciclica Fratelli tutti (2020), che abbiamo posto al centro della  riflessione comunitaria del nostro gruppo di AC nell’anno associativo 2020/2021. Il suo senso è questo: un modo rinnovato di essere e fare Chiesa per collaborare mediante la pratica del vangelo a salvare l’umanità e il mondo intero che essa abita.

   Mi pare che, allora, prevalga, un certo scetticismo. Quindi, anche quando si organizza qualcosa, e c’è chi lo deve fare anche per dovere d’ufficio, lo si fa con scarso entusiasmo. Poi si ritorna alla solita routine e, di anno in anno, si leggono le statistiche sulla gente che va in chiesa, che è sempre meno. Non è forse perché, anche per colpa nostra, la pratica liturgica appare inutile nel mondo di oggi?

  Quello che con il cammino sinodale si cerca di realizzare va molto oltre la riforma ecclesiale strettamente intesa, in particolare il mero bilanciamento dei poteri tra Papa, vescovi, clero e religiosi e il resto del popolo di fede. O le questioni delle definizioni che purtroppo fin quasi dalle origini sembrano essere stato l’assillo prevalente della gerarchia nelle diverse fasi storiche del suo strutturarsi ed evolversi fino si nostri tempi. Per cui la teologia sembra fatta quasi solo di quello nonostante che il  vangelo non sia fatto di questo, ed è per questo che può ancora essere la nostra gioia. Il Fondatore ci fu Maestro, ma non era un professore di teologia.

  Il fine di questo processo che si vuole innescare in noi spiega perché tutti noi, fratelli tutti, siamo chiamati a porvi mano, a parteciparvi, perché senza di noi tutti non ha possibilità di essere attuato. Non si tratta solo di predicare dai pulpiti, organizzare liturgie e altre forme di preghiera e di catechizzare con le parole della teologia quelli che riusciamo a trattenere in chiesa, ma di cambiare profondamente la nostra vita sociale per diffondere la pratica del vangelo nel mondo doggi, così trasformandolo e salvandolo. Non è questione  solo di cambiare noi stessi, nell’atletica spirituale, ma di costruzione sociale, di ideare nuovi modi di convivenza e non solo nelle nostre realtà di prossimità, anche se certamente a partire da esse.

  Di solito, quando parliamo di come va il mondo, non ne siamo soddisfatti e diamo la colpa ai governanti e, comunque, agli altri. Così non c’è mai un’assunzione di impegni che ci coinvolgano veramente, la vita va come va e noi trascinati in essa, come da una corrente, e, al dunque, la nostra religiosità si risolve nel partecipare distrattamente qualche volta alla messa e, alle brutte, ne chiedere la salvezza al Cielo.

  Storicamente le religioni, ma in particolare la nostra che è stata, e in parte ancora è, quella dei dominatori del mondo, hanno contribuito a plasmare le nostre società, nel bene e nel male. Il male è in genere dipeso dalla loro corruzione per fini di potere e di interesse, innanzi tutto quello di dominare per sfruttare. Potrebbero essere realmente diverse, guidare dai loro più alti ideali? Possiamo essere veramente trasformati dalle religioni? Ad una considerazione realistica si dovrebbe rispondere negativamente, perché la loro storia, la loro tremenda storia, è stata quello che è stata, ma appunto, la religione ci consente di vedere come trasfigurata  quella realtà e di cogliervi ciò che il Cielo vi ha seminato, aprendoci alla speranza.

  Se noi ci incontriamo per lasciarci coinvolgere da questa dinamica evangelica, dalla forza del vangelo, è possibile che riusciamo a suscitare il germe di questo mondo nuovo? È il senso della cammino sinodale, che è un processo  aperto: la soluzione non è scontata.

«Ma quando il Figlio dell’uomo tornerà troverà ancora fede sulla terra?» (dal Vangelo secondo Luca dal capitolo 18, versetto 8 – Lc 18,8), anche questa è una domanda aperta.

 Per prepararci al cammino sinodale, per intenderne meglio il senso, consiglio di meditare sul capitolo ottavo dell’enciclica Fratelli tutti intitolato “Le religioni al servizio della fraternità nel mondo”.

 Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma Monte Sacro, Valli

 

 

 

giovedì 28 ottobre 2021

Noi, la sinodalità e la religione

 


Il logo del Sinodo


Noi, la sinodalità  e la religione

 

5. […] Così il Vescovo è contemporaneamente maestro e discepolo. Egli è maestro quando, dotato di una speciale assistenza dello Spirito Santo, annuncia ai fedeli la Parola di verità in nome di Cristo capo e pastore. Ma egli è anche discepolo quando, sapendo che lo Spirito è elargito a ogni battezzato, si pone in ascolto della voce di Cristo che parla attraverso l’intero Popolo di Dio, rendendolo «infallibile in credendo»[ dall’Esortazione apostolica La gioia del Vangelo (2013), n.119]. Infatti, «la totalità dei fedeli, avendo l’unzione che viene dal Santo (cfr. 1 Gv 2,20 e 27), non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il Popolo, quando “dai Vescovi fino agli ultimi fedeli laici”, mostra l’universale suo consenso in cose di fede e di morale» [dalla Costituzione dogmatica sulla Chiesa Luce per le genti,  del Concilio Vaticano 2° (1962-1965)]. Il Vescovo, per questo, è insieme chiamato a «camminare davanti, indicando il cammino, indicando la via; camminare in mezzo, per rafforzare [il Popolo di Dio] nell’unità; camminare dietro, sia perché nessuno rimanga indietro, ma, soprattutto, per seguire il fiuto che ha il Popolo di Dio per trovare nuove strade. Un Vescovo che vive in mezzo ai suoi fedeli ha le orecchie aperte per ascoltare “ciò che lo Spirito dice alle Chiese” (Ap 2, 7) e la “voce delle pecore”, anche attraverso quegli organismi diocesani che hanno il compito di consigliare il Vescovo, promuovendo un dialogo leale e costruttivo«Dal Discorso di Papa Francesco ai Partecipanti al Convegno per i nuovi Vescovi promosso dalla Congregazione per i Vescovi e dalla Congregazione per le Chiese Orientali (19 settembre 2013)]

6. Anche il Sinodo dei Vescovi deve sempre più diventare uno strumento privilegiato di ascolto del Popolo di Dio: «Dallo Spirito Santo per i Padri sinodali chiediamo, innanzitutto, il dono dell’ascolto: ascolto di Dio, fino a sentire con Lui il grido del Popolo; ascolto del Popolo, fino a respirarvi la volontà a cui Dio ci chiama» [dal Discorso di papa Francesco nella Veglia di preghiera in preparazione al Sinodo sulla famiglia (4 ottobre 2014),9].

Benché nella sua composizione si configuri come un organismo essenzialmente episcopale, il Sinodo non vive pertanto separato dal resto dei fedeli. Esso, al contrario, è uno strumento adatto a dare voce all’intero Popolo di Dio proprio per mezzo dei Vescovi, costituiti da Dio «autentici custodi, interpreti e testimoni della fede di tutta la Chiesa» [dalla Costituzione dogmatica Luce per le genti del Concilio Vaticano 2° (1962-1965), n.12], mostrandosi di Assemblea in Assemblea un’espressione eloquente della sinodalità come «dimensione costitutiva della Chiesa»[dal  Discorso di papa Francesco nel 50° anniversario del Sinodo dei Vescovi (17 ottobre 2015)].

 Pertanto, come ha affermato Giovanni Paolo II, «ogni Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi è una forte esperienza ecclesiale, anche se nelle modalità delle sue procedure rimane sempre perfettibile. I Vescovi riuniti nel Sinodo rappresentano anzitutto le proprie Chiese, ma tengono presenti anche i contributi delle Conferenze Episcopali dalle quali sono designati e dei cui pareri circa le questioni da trattare si fanno portatori. Essi esprimono così il voto del Corpo gerarchico della Chiesa e, in qualche modo, quello del Popolo cristiano, del quale sono i Pastori»»[dal  Discorso di papa Francesco nel 50° anniversario del Sinodo dei Vescovi (17 ottobre 2015)].

 [dalla Costituzione apostolica La comunione episcopale, sul sinodo dei vescovi, emanata da papa Francesco il 15 settembre 2018]

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  I due passi della Costituzione apostolica La comunione episcopale, sul Sinodo dei vescovi, del 2018, che ho sopra riportato, riassumono il senso del cammino sinodale  al quale siamo stati chiamati a partecipare. Quella  Costituzione è una legge della Chiesa  emanata dal Papa che ha riformato la struttura e la procedura del Sinodo dei vescovi, sostituendo la disciplina datagli dai suoi predecessori Paolo 6°, nel 1965, e  Benedetto 16°, nel 2006, e cambiando alcune parti dei codici diritto canonico vigenti, nella Chiesa latina e in quelle orientali.

 La riforma non  è stata deliberata dal Papa in modo “sinodale”, ma con le norme all’epoca vigenti non poteva che farsi così. Ora, con le nuove norme introdotte nel 2018, è diverso: ulteriori modifiche in materia potranno essere deliberate nello stesso Sinodo dei vescovi, del quale il Papa è il presidente.

  Ma il processo avviato dal Papa nel 2018 è di portata molto più ampia di una modifica nell’esercizio del governo ecclesiastico centrale, quindi del regolamento del funzionamento del Sinodo dei vescovi come organo di governo.

  Le innovazioni in materia di sinodalità riguardano infatti anche la vita comunitaria  di tutti noi fedeli cristiani: ci viene proposto un modo di essere  e di fare  Chiesa sinodale. Tuttavia esso non viene “imposto”, “ordinato” dall’alto, ma “proposto”. Ecco dunque la spiegazione di un cammino sinodale sulla stessa sinodalità, non orientato  ad ottenere l’adesione acritica a quell’impostazione, e, quindi, sempre aperto.

  Vogliamo essere Chiesa sinodale, nella quale dunque all’impegno comunitario corrisponde anche un coinvolgimento partecipativo nelle fasi di decisione? Tenendo conto che decidere pone in posizione di particolare responsabilità, perché, quando si tratta di Chiesa, bisogna tener conto di chi coloro che ci hanno preceduto, dai quali abbiamo avuto la tradizione di una missione santa, insieme, certo, a modi di essere e di fare rispetto ad essa non essenziali e addirittura incoerenti o contrastanti. Non abbiamo inventato noi la tradizione religiosa che osserviamo: questo è essenziale per la sua credibilità. E la nostra fede non è in noi stessi, ma si basa sulla persona del  nostro Maestro e Fondatore, il cui insegnamento ci è giunto, di generazione in generazione, attraverso quella tradizione, nel suo sviluppo storico, che è stato quello che è stato, nel bene e nel male, ma che ci ha fatto giungere la sua voce. Partecipare sinodalmente significa anche approfondire la consapevolezza di quella realtà, imparare per essere religiosi in modo meno superficiale, oltre la sola pratica devozionale personale o comunitaria, che è importante, che è virtuosa, ma non basta, se si vuole praticare il vangelo in tutta le sue esigenti dimensioni, soprattutto nel modo che i tempi che viviamo richiedono.

  La sinodalità va imparata, in particolare in un contesto di autoformazione che comprenda un suo tirocinio. Non basta infatti leggerne sui libri o sentirla insegnare da esperti. Occorre provare a praticarla nel proprio ambiente di prossimità, lì dove si vive comunitariamente la nostra fede. E tenendo conto che, in genere, si parte ora, perché fino ad oggi si è stati in comunità religiose in modo diverso, in atteggiamento meno attivo, in particolare di sequela del clero. Ci viene chiesto di assumerci maggiori responsabilità, ma con la capacità di tenere tutto e tutti insieme. Tenendo conto che, ad esempio, non tutti possono essere pastori e che di pastori  avremo sempre bisogno per essere cristiani: ha voluto così il Signore. Dovremo quindi sempre accogliere con rispetto, amicizia e riconoscenza i nostri pastori. E tuttavia rendendoci conto che l’apostolato, quindi la diffusione della conoscenza e della pratica del vangelo, innanzi tutto mediante quest’ultima, non è solo loro responsabilità, ma anche nostra, per la nostra relazione  viva con il Signore, essendo stati rivestiti di lui nel battesimo, come insegna il Magistero, e così rinati.

  «Ogni Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi è una forte esperienza ecclesiale, anche se nelle modalità delle sue procedure rimane sempre perfettibile», questo si legge nel preambolo della Costituzione apostolica La comunione dei vescovi.  In genere però non lo è stata in passato, prima che nella preparazione del Sinodo dei vescovi fosse integrata una fase di consultazione di tutti i fedeli cristiani. I più ne apprendevano a cose fatte, quando si trattava semplicemente di eseguire ciò che era stato deliberato in alto. Ma, siamo sinceri, quanto di quello che venne deliberato ci è veramente giunto, ha cambiato veramente il nostro modo di essere Chiesa? Più che altro sono rimaste cose per addetti ai lavori, il clero, i religiosi, i dirigenti di associazioni e movimenti ecclesiali. Questa volta riusciremo a integrare nella nostra religiosità il tema del  cammino sinodale, vale a dire la sinodalità,  come l’ha proposta il Papa? Condividiamo l’insegnamento del Magistero che la sinodalità sia un modo di essere essenziale della Chiesa che risale alle origini? Condividiamo l’idea che i nostri tempi esigano un impegno sinodale di tutti, in particolare per noi persone laiche, per adempiere la missione di operare per ordinare il mondo secondo il vangelo, in essa compresa l’impegno per uno modo maggiormente partecipativo di essere e fare Chiesa?

  Discuterne in un gruppo sinodale  è già tirocinio di sinodalità.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli