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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente il secondo, il terzo e il quarto sabato del mese alle 17 e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

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Il sito della parrocchia:

https://www.parrocchiasanclementepaparoma.com/

domenica 4 febbraio 2018

La pace come obiettivo politico

La pace come obiettivo politico

[Dall’enciclica La pace in terra,  diffusa nel 1963 dal papa Giuseppe Angelo Roncalli, regnante come Giovanni 23°]

L’ordine nell’universo
1. La Pace in terra, anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi, può venire instaurata e consolidata solo nel pieno rispetto dell’ordine stabilito da Dio.
I progressi delle scienze e le invenzioni della tecnica attestano come negli esseri e nelle forze che compongono l’universo, regni un ordine stupendo; e attestano pure la grandezza dell’uomo, che scopre tale ordine e crea gli strumenti idonei per impadronirsi di quelle forze e volgerle a suo servizio.
2. Ma i progressi scientifici e le invenzioni tecniche manifestano innanzitutto la grandezza infinita di Dio che ha creato l’universo e l’uomo. Ha creato l’universo, profondendo in esso tesori di sapienza e di bontà, come esclama il Salmista: "O Signore, Dio nostro, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!" (Sal 8,1). "Quanto sono grandi le opere tue, o Signore! Tu hai fatto ogni cosa con sapienza"; (Sal 104,24) e ha creato l’uomo intelligente e libero, a sua immagine e somiglianza, (Cf. Gen 1,26) costituendolo signore dell’universo: "Hai fatto l’uomo — esclama ancora il Salmista — per poco inferiore agli angeli, lo hai coronato di gloria e di onore; e lo hai costituito sopra le opere delle tue mani. Hai posto tutte le cose sotto i suoi piedi" (Sal 8,5-6).
L’ordine negli esseri umani
3. Con l’ordine mirabile dell’universo continua a fare stridente contrasto il disordine che regna tra gli esseri umani e tra i popoli; quasicché i loro rapporti non possono essere regolati che per mezzo della forza.
Sennonché il Creatore ha scolpito l’ordine anche nell’essere degli uomini: ordine che la coscienza rivela e ingiunge perentoriamente di seguire: "Essi mostrano scritta nei loro cuori l’opera della legge, testimone la loro coscienza" (Rm 2,15). Del resto come potrebbe essere diversamente? Ogni opera di Dio è pure un riflesso della sua infinita sapienza: riflesso tanto più luminoso quanto più l’opera è posta in alto nella scala delle perfezioni (Cf. Sal 18,8-11).
4. Una deviazione, nella quale si incorre spesso, sta nel fatto che si ritiene di poter regolare i rapporti di convivenza tra gli esseri umani e le rispettive comunità politiche con le stesse leggi che sono proprie delle forze e degli elementi irrazionali di cui risulta l’universo; quando invece le leggi con cui vanno regolati gli accennati rapporti sono di natura diversa, e vanno cercate là dove Dio le ha scritte, cioè nella natura umana.
Sono quelle, infatti, le leggi che indicano chiaramente come gli uomini devono regolare i loro vicendevoli rapporti nella convivenza; e come vanno regolati i rapporti fra i cittadini e le pubbliche autorità all’interno delle singole comunità politiche; come pure i rapporti fra le stesse comunità politiche; e quelli fra le singole persone e le comunità politiche da una parte, e dall’altra la comunità mondiale, la cui creazione oggi è urgentemente reclamata dalle esigenze del bene comune universale.

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  La guerra non dichiarata tra la Russia e l’Ucraina, scoppiata nel 2014 per controversie sul controllo della penisola della Crimea e di altre zone di confine ora comprese nel territorio ucraino e ancora in corso, ha segnato la fine di un lunghissimo periodo di pace tra gli stati europei durato sessantanove anni. Nel 2012 all’Unione Europea era stato assegnato il Nobel per la pace con la seguente motivazione: “per oltre sei decenni ha contribuito al progresso della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa ". Non è un caso che la guerra tra russi e ucraini abbia coinvolto stati estranei all’Unione Europea. Infatti la pace è stato uno degli obiettivi politici fondamentali del processo di unificazione europea. Nel conflitto tra russi e ucraini ha avuto un ruolo importante la politica molto aggressiva di una potenza extraeuropea, gli Stati Uniti d’America, sotto la presidenza federale del democratico Barak Obama: essi infatti si ingerirono pesantemente, e ancora lo fanno, nella politica interna ucraina. Stavano combattendo un gioco di guerra intorno ad una delle più importanti basi navali russe, che si trova appunto in Crimea, uno dei territori contesi, a Sebastopoli. L’Unione Europea è stata sostanzialmente impotente di fronte al conflitto. Infatti per nessuno dei tre contendenti, ucraini, russi e statunitensi, la pace ha l’importanza che le danno gli stati protagonisti del processi di unificazione europea.
 Anche per la Chiesa cattolica la pace come obiettivo politico è una conquista relativamente recente: scaturì fondamentalmente dall’esperienza delle due guerre mondiali del Novecento. Prima era solo un obiettivo religioso. Si metteva nel conto che gli stati ciclicamente scendessero in guerra. Dal secondo Millennio anche il Papato lo aveva fatto ripetutamente. Nell’Ottocento,  una breve guerra mossagli dal Regno d’Italia lo aveva privato del suo piccolo stato nel Centro Italia, che riteneva essenziale per la sua missione religiosa. Era caduto nelle mani degli italiani il 20 settembre 1870. La riflessione politica sulla guerra e la sua ingiustizia risale a pochi decenni prima, alla Prima guerra d’Indipendenza combattuta tra il 1848 e il 1849, quando il papa  Giovanni Maria Mastai Ferretti, Pio 9°, aveva prima mosso guerra al cattolico impero austroungarico, inviando un contingente militare al fronte, e poi si era ritirato dal conflitto, anche se reparti dell’esercito pontificio si erano ribellati all’ordine di rientro e avevano combattuto. La motivazione della decisione del Papa di ritirarsi dalla guerra fu di tipo teologico-politica. Come poteva il Papato attaccare militarmente una potenza cattolica? Nella guerra con il Regno d’Italia del 1870 un ragionamento analogo spinse alla resa dopo una breve resistenza. Comunque il ripudio della guerra non era ancora completo, non si era maturata quella coscienza politica il cui sviluppo, come ho osservato è più recente e, come ideologia, si può situare ai primi anni del pontificato del papa Eugenio Pacelli, Pio 12°, anche se era stata preceduta e preparata da una precedente pronuncia del papa Giacomo Della Chiesa, Benedetto 15°, nel corso della Prima guerra mondiale. Prima di perdere il suo piccolo regno intorno a Roma, il Papato combatté duramente i rivoluzionari irredentisti italiani, in prevalenza repubblicani mazziniani, processandoli e mandandoli a morte e reprimendone sanguinosamente le rivolte.
  Pacelli, nel suo magistero sulla democrazia sviluppato in una serie di radiomessaggi dal 1941, durante la Seconda guerra mondiale, si disse convinto che, se i popoli avessero potuto avere voce nelle controversia dalle quali era scaturita la guerra, quest’ultima non sarebbe scoppiata. Una censura che agli italiani apparve principalmente rivolta al fascismo mussoliniano e al suo autocrate Duce.  Essi si sentirono liberi di sviluppare una  resistenza  al regime e di progettare  un nuovo ordine politico, che avesse la pace tra le sue principali istanze.
  Nell’enciclica del Roncalli di cui sopra ho trascritto i periodi iniziali, il Papa insegnò due cose sulla pace. La prima corrispondeva al magistero di sempre: nessun ordine è veramente pacifico se non rispetta i valori religiosi. La seconda costituisce una novità: la pace come frutto di un’azione politica razionale, meditata, condivisa. Il Papa criticò  l’idea che di poter regolare i rapporti di convivenza tra gli esseri umani e le rispettive comunità politiche con le stesse leggi che sono proprie delle forze e degli elementi irrazionali di cui risulta l’universo; quando invece le leggi con cui andavano regolati gli accennati rapporti erano di natura diversa, e andavano cercate là dove Dio le aveva scritte, cioè nella natura umana.
  La critica al capitalismo neoliberista sviluppata dal papa Jorge Mario Bergoglio nell’esortazione apostolica La gioia del Vangelo,  del 2013, e nell’enciclica Laudato si’, del 2015, muove da quell’ordine di idee.
197. Abbiamo bisogno di una politica che pensi con una visione ampia, e che porti avanti un nuovo approccio integrale, includendo in un dialogo interdisciplinare i diversi aspetti della crisi. Molte volte la stessa politica è responsabile del proprio discredito, a causa della corruzione e della mancanza di buone politiche pubbliche. Se lo Stato non adempie il proprio ruolo in una regione, alcuni gruppi economici possono apparire come benefattori e detenere il potere reale, sentendosi autorizzati a non osservare certe norme, fino a dar luogo a diverse forme di criminalità organizzata, tratta delle persone, narcotraffico e violenza molto difficili da sradicare. Se la politica non è capace di rompere una logica perversa, e inoltre resta inglobata in discorsi inconsistenti, continueremo a non affrontare i grandi problemi dell’umanità. Una strategia di cambiamento reale esige di ripensare la totalità dei processi, poiché non basta inserire considerazioni ecologiche superficiali mentre non si mette in discussione la logica soggiacente alla cultura attuale. Una politica sana dovrebbe essere capace di assumere questa sfida.
 La cultura capitalista neoliberista parte dall’assunto che l’intervento della politica in economia è controproducente, perché, accettandolo, poi ognuno cerca di influenzare la politica con i mezzi della politica, per la quale il potere vale più di tutto e quindi genera catene di complicità per prevalere senza tener conto dell’economicità della gestione, mentre lasciando il mercato a dettare legge, ognuno si orienterà secondo criteri economici, di riduzione dei costi e massimizzazione dei ricavi, cercando di soddisfare i propri clienti e favorendo, alla fine, il benessere economico generale, perché i meno efficienti saranno mandati fuori mercato e resteranno i migliori. Il ritiro dei poteri pubblici dall’attività di regolazione dei mercati, la  deregolazione, ha poi provocato, a partire dagli Stati Uniti d’America, da 2008, la grave crisi recessive che stiamo ancora vivendo: lasciando libero spazio alle dinamiche di mercato, hanno prevalso i più forti e  i deboli sono finiti in loro dominio, aumentando stratosfericamente le diseguaglianza sociali e disgregando le strutture anche delle società più avanzate. E’ questo che accade se alle leggi secondo i valori umani si sostituisce la bestiale legge della giungla. Le teorie economiche neoliberiste, che ancora da noi hanno un certo credito, hanno fallito su scala globale e ora mettono in pericolo la pace. Gli Occidentali sono infatti guidati dal presidente statunitense Trump, un grande imprenditore che segue il credo neoliberistico e che ora lo vuole applicare nella politica internazionale. Per lui l’unico buon accordo è quello in cui quelli della sua parte vincono e bisogna quindi che essi siano il pesce grosso che si mangia il pesce piccolo. Secondo la dottrina sociale un buon accordo è un accordo equo, definito  win-win con termine inglese, quello in cui c’è proporzione tra dare e avere, tra le utilità conseguite dalle parti, e quindi entrambe le parti sono soddisfatte, non umiliate. La prima concezione prepara la guerra, la seconda consolida la pace.
 Non basta far partecipare le masse al potere politico mediante processi democratici, occorre che le persone siano formate per sviluppare una politica che diriga la società nella giusta direzione.
[dall’enciclica Laudato si’]
123. La cultura del relativismo è la stessa patologia che spinge una persona ad approfittare di un’altra e a trattarla come un mero oggetto, obbligandola a lavori forzati, o riducendola in schiavitù a causa di un debito. È la stessa logica che porta a sfruttare sessualmente i bambini, o ad abbandonare gli anziani che non servono ai propri interessi. È anche la logica interna di chi afferma: “lasciamo che le forze invisibili del mercato regolino l’economia, perché i loro effetti sulla società e sulla natura sono danni inevitabili”. Se non ci sono verità oggettive né principi stabili, al di fuori della soddisfazione delle proprie aspirazioni e delle necessità immediate, che limiti possono avere la tratta degli esseri umani, la criminalità organizzata, il narcotraffico, il commercio di diamanti insanguinati e di pelli di animali in via di estinzione? Non è la stessa logica relativista quella che giustifica l’acquisto di organi dei poveri allo scopo di venderli o di utilizzarli per la sperimentazione, o lo scarto di bambini perché non rispondono al desiderio dei loro genitori? E’ la stessa logica “usa e getta” che produce tanti rifiuti solo per il desiderio disordinato di consumare più di quello di cui realmente si ha bisogno. E allora non possiamo pensare che i programmi politici o la forza della legge basteranno ad evitare i comportamenti che colpiscono l’ambiente, perché quando è la cultura che si corrompe e non si riconosce più alcuna verità oggettiva o principi universalmente validi, le leggi verranno intese solo come imposizioni arbitrarie e come ostacoli da evitare.
 Alla concezione magica  del capitalismo neoliberista:
190. […]conviene evitare una concezione magica del mercato, che tende a pensare che i problemi si risolvano solo con la crescita dei profitti delle imprese o degli individui. È realistico aspettarsi che chi è ossessionato dalla massimizzazione dei profitti si fermi a pensare agli effetti ambientali che lascerà alle prossime generazioni?  [enciclica Laudato si’],
quella che irrazionalmente si attende una  ricaduta favorevole  dalle dinamiche di mercato lasciate a sé stesse, regolate il meno possibile:
54. In questo contesto, alcuni ancora difendono le teorie della “ricaduta favorevole”, che presuppongono che ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo. Questa opinione, che non è mai stata confermata dai fatti, esprime una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante. [dall’esortazione apostolica La gioia del Vangelo - Evangelii Gaudium]
 la dottrina sociale contrappone l’esigenza di formazione personale per realizzare una nuova cultura politica:
[dell’enciclica Laudato si’]
209. La coscienza della gravità della crisi culturale ed ecologica deve tradursi in nuove abitudini. […]Per questo ci troviamo davanti ad una sfida educativa.
210. L’educazione ambientale è andata allargando i suoi obiettivi. Se all’inizio era molto centrata sull’informazione scientifica e sulla presa di coscienza e prevenzione dei rischi ambientali, ora tende a includere una critica dei “miti” della modernità basati sulla ragione strumentale (individualismo, progresso indefinito, concorrenza, consumismo, mercato senza regole) e anche a recuperare i diversi livelli dell’equilibrio ecologico: quello interiore con sé stessi, quello solidale con gli altri, quello naturale con tutti gli esseri viventi, quello spirituale con Dio. […]
211. Tuttavia, questa educazione, chiamata a creare una “cittadinanza ecologica”, a volte si limita a informare e non riesce a far maturare delle abitudini. L’esistenza di leggi e norme non è sufficiente a lungo termine per limitare i cattivi comportamenti, anche quando esista un valido controllo. Affinché la norma giuridica produca effetti rilevanti e duraturi è necessario che la maggior parte dei membri della società l’abbia accettata a partire da motivazioni adeguate, e reagisca secondo una trasformazione personale. […]
212. Non bisogna pensare che questi sforzi non cambieranno il mondo. Tali azioni diffondono un bene nella società che sempre produce frutti al di là di quanto si possa constatare, perché provocano in seno a questa terra un bene che tende sempre a diffondersi, a volte invisibilmente. Inoltre, l’esercizio di questi comportamenti ci restituisce il senso della nostra dignità, ci conduce ad una maggiore profondità esistenziale, ci permette di sperimentare che vale la pena passare per questo mondo.
213. Gli ambiti educativi sono vari: la scuola, la famiglia, i mezzi di comunicazione, la catechesi, e altri. Una buona educazione scolastica nell’infanzia e nell’adolescenza pone semi che possono produrre effetti lungo tutta la vita. Ma desidero sottolineare l’importanza centrale della famiglia […] Nella famiglia si coltivano le prime abitudini di amore e cura per la vita, come per esempio l’uso corretto delle cose, l’ordine e la pulizia, il rispetto per l’ecosistema locale e la protezione di tutte le creature. La famiglia è il luogo della formazione integrale, dove si dispiegano i diversi aspetti, intimamente relazionati tra loro, della maturazione personale. Nella famiglia si impara a chiedere permesso senza prepotenza, a dire “grazie” come espressione di sentito apprezzamento per le cose che riceviamo, a dominare l’aggressività o l’avidità, e a chiedere scusa quando facciamo qualcosa di male. Questi piccoli gesti di sincera cortesia aiutano a costruire una cultura della vita condivisa e del rispetto per quanto ci circonda.
214. Alla politica e alle varie associazioni compete uno sforzo di formazione delle coscienze. Compete anche alla Chiesa. Tutte le comunità cristiane hanno un ruolo importante da compiere in questa educazione.  […]. Poiché grande è la posta in gioco, così come occorrono istituzioni dotate di potere per sanzionare gli attacchi all’ambiente, altrettanto abbiamo bisogno di controllarci e di educarci l’un l’altro.
215. In questo contesto, […] se si vuole raggiungere dei cambiamenti profondi, bisogna tener presente che i modelli di pensiero influiscono realmente sui comportamenti. L’educazione sarà inefficace e i suoi sforzi saranno sterili se non si preoccupa anche di diffondere un nuovo modello riguardo all’essere umano, alla vita, alla società e alla relazione con la natura. Altrimenti continuerà ad andare avanti il modello consumistico trasmesso dai mezzi di comunicazione e attraverso gli efficaci meccanismi del mercato.
 In questa azione di formazione, il Parlamento svolge un ruolo molto importante: i suoi membri sono il personale più importante della politica democratica, ecco perché è molto importante la loro selezione, perché siano persone adeguate al lavoro da fare. In questo campo i partiti che sono scesi in lizza per le prossime elezioni politica manifestano palesi insufficienze. In questi giorni stanno emergendo nelle biografie dei candidati cose che non vanno. In genere ogni partito accusa gli altri di questo, ma il fenomeno è in realtà generale. C’è poi il problema di candidati che si presentano molto lontano dai luoghi dove sono veramente conosciuti: questo rende più difficile il lavoro degli elettori, che, appunto, è innanzi tutto quello della attenta selezione della classe politica di vertice.
 Una classe politica inadeguata, non svolgerà bene quel lavoro di formazione delle masse che è indispensabile per il mantenimento della pace. Gli eventi di questi tempi segnalano che la guerra è alle nostre porte. Non è  più cosa che riguardi Paesi lontani. Anche il Papa ci ha ripetutamente ammonito su questo tema.
 La politica mondiale è guidata da capi che stanno rafforzando  i propri apparati bellici. Il presidente statunitense Donald Trump, guida degli Occidentali, ha approvato un piano strategico che prevede, e consente, l’impiego di armi nucleari, sia pure di minore intensità di quelle finora impiegate in guerra. L’unica potenza ad aver utilizzato in guerra l’arma nucleare sono gli Stati Uniti d’America, per ben due volte, distruggendo due grandi città giapponesi. Le intenzioni di Trump vanno prese quindi molto sul serio. Gli Occidentali, e in particolare gli europei, potenza di pace, devono cercare di contenerle, di scoraggiare l’impiego di ordigni nucleari, innanzi tutto vietando che le nuove armi nucleari tattiche, a bassa potenza, vengano stanziate sul loro territorio e richiedendo la riduzione del numero delle altre. Chi segue la via di Trump, rischia di vedersi poi annoverato tra i più grandi massacratori della storia.
 L’Italia è ancora uno stato molto importante nel contesto strategico degli occidentali. Attraverso la sua classe politica, se è adeguata, può influire sui destini di guerra o di pace del mondo. Stupisce che queste questioni siano assenti dal dibattito politico.
 Gli elettori cattolici hanno buoni elementi di orientamento.
 I vescovi ci hanno invitato a studiare accuratamente biografie e idee dei candidati, per una selezione adeguata della nuova classe politica. Non è prudente scegliere chi ha già dato insufficiente o cattiva prova di sé in passato e chi manifesti propositi bellicosi. Ricordiamo l’esempio storico del fascismo: chi sceglie i violenti avrà la guerra. I due documenti pontifici che ho prima citato, l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium - La gioia del Vangelo e  l’enciclica Laudato si’  contengono in modo molto chiaro i principi politici generali necessari per salvare il mondo dalla guerra, secondo la dottrina sociale, realizzando la giustizia sociale, un mondo basato su rapporti win-win. Occorre passare al vaglio i programmi dei partiti e dei candidati per vedere quanto di essi contengano. E’ imprudente scegliere  i programmi che sono troppo distanti dalle raccomandazioni della dottrina sociale o addirittura la avversino.
  Si pensa talvolta che chi le spara grosse, poi non sarà conseguente, si rabbonirà una volta al potere. Si pensò così per il Mussolini. Ma promise guerra e guerra ebbero gli italiani. E’ prudente ritenere che ciascuno dice quello che veramente pensa, anche se sembra straparlare,  e farà veramente, se gliene si darà la possibilità, quello che dice. E’ appunto quello che sta accadendo nel caso di Donald Trump.

Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli