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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente il secondo, il terzo e il quarto sabato del mese alle 17 e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

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Il sito della parrocchia:

https://www.parrocchiasanclementepaparoma.com/

sabato 16 aprile 2016

Terzo incontro del ciclo Immìschiati, sulla solidarietà nella dottrina sociale della Chiesa

Terzo incontro del ciclo Immìschiati, sulla solidarietà nella dottrina sociale della Chiesa

Dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa (2004)

sul WEB all’indirizzo
http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_it.html

La solidarietà come principio sociale e come virtù morale
193 Le nuove relazioni di interdipendenza tra uomini e popoli, che sono, di fatto, forme di solidarietà, devono trasformarsi in relazioni tese ad una vera e propria solidarietà etico-sociale, che è l'esigenza morale insita in tutte le relazioni umane. La solidarietà si presenta, dunque, sotto due aspetti complementari: quello di principio sociale  e quello di virtù morale.
La solidarietà deve essere colta, innanzi tutto, nel suo valore di principio sociale ordinatore delle istituzioni, in base al quale le « strutture di peccato », che dominano i rapporti tra le persone e i popoli, devono essere superate e trasformate in strutture di solidarietà, mediante la creazione o l'opportuna modifica di leggi, regole del mercato, ordinamenti.
La solidarietà è anche una vera e propria virtù morale, non un « sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti ». La solidarietà assurge al rango di virtù sociale fondamentale poiché si colloca nella dimensione della giustizia, virtù orientata per eccellenza al bene comune, e nell'« impegno per il bene del prossimo con la disponibilità, in senso evangelico, a “perdersi” a favore dell'altro invece di sfruttarlo, e a “servirlo” invece di opprimerlo per il proprio tornaconto (cf. Mt 10,40-42; 20,25; Mc 10,42-45; Lc 22,25-27) ».
Solidarietà e crescita comune degli uomini
194 Il messaggio della dottrina sociale circa la solidarietà mette in evidenza il fatto che esistono stretti vincoli tra solidarietà e bene comune, solidarietà e destinazione universale dei beni, solidarietà e uguaglianza tra gli uomini e i popoli, solidarietà e pace nel mondo. Il termine « solidarietà », ampiamente impiegato dal Magistero, esprime in sintesi l'esigenza di riconoscere nell'insieme dei legami che uniscono gli uomini e i gruppi sociali tra loro, lo spazio offerto alla libertà umana per provvedere alla crescita comune, condivisa da tutti. L'impegno in questa direzione si traduce nell'apporto positivo da non far mancare alla causa comune e nella ricerca dei punti di possibile intesa anche là dove prevale una logica di spartizione e frammentazione, nella disponibilità a spendersi per il bene dell'altro al di là di ogni individualismo e particolarismo.
195 Il principio della solidarietà comporta che gli uomini del nostro tempo coltivino maggiormente la consapevolezza del debito che hanno nei confronti della società entro la quale sono inseriti: sono debitori di quelle condizioni che rendono vivibile l'umana esistenza, come pure di quel patrimonio, indivisibile e indispensabile, costituito dalla cultura, dalla conoscenza scientifica e tecnologica, dai beni materiali e immateriali, da tutto ciò che la vicenda umana ha prodotto. Un simile debito va onorato nelle varie manifestazioni dell'agire sociale, così che il cammino degli uomini non si interrompa, ma resti aperto alle generazioni presenti e a quelle future, chiamate insieme, le une e le altre, a condividere, nella solidarietà, lo stesso dono.
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 Ieri sera, in parrocchia, in sala rossa, si è tenuto il terzo incontro del ciclo Immìschiati,   sulla solidarietà secondo la dottrina sociale della Chiesa.
 Si è iniziato mettendo in evidenza il collegamento tra il valore e la pratica della solidarietà e il bene comune.
 E’ stata proiettata una sequenza del film A Beautiful mind - Una mente meravigliosa, del 2001, che racconta la vita del matematico statunitense John Nash, premio Nobel nel 1994, ideatore della teoria economica detta dei  giochi  (1950).
 In un bar il giovane Nash, studente nell’università di Princeton, e i suoi colleghi di studi notano un gruppo di belle ragazze, tra le quali una appare la più attraente. Gli altri studenti propongono di cercare tutti un approccio con quest’ultima, per vedere chi l’avrebbe conquistata. Nash sostiene che, facendo così, combattendo ognuno solo nel proprio interesse, tutto il gruppo sarebbe rimasto senza ragazza. Infatti, puntando tutti insieme sulla ragazza più bella, si sarebbero ostacolati a vicenda e nessuno l’avrebbe conquistata. Poi si sarebbero rivolti alle altre, ma queste ultime li avrebbero rifiutati perché nessuna avrebbe voluto essere un ripiego, una seconda scelta. Per il giovane Nash, nel film, la soluzione giusta era quella di puntare alle altre, dividendosi gli obiettivi: così tutti avrebbero avuto una ragazza. Quindi bisognava pensare nell’interesse proprio, ma anche nell’interesse del gruppo. Sviluppando il ragionamento, il giovane Nash osserva come la prima strategia corrisponde a quella consigliata dall’economista scozzese Adam Smith (1723-1790), capostipite del pensiero economico moderno, secondo il quale, in una condizione di uguaglianza giuridica, se ciascuno punta al proprio interesse non è necessario un intervento regolatore pubblico, perché una mano invisibile  consente che sia assicurato anche l’interesse generale. Per Nash, invece, quest’ultimo si realizza quando ciascuno, facendo il proprio interesse, prende in considerazione anche quello del gruppo.
  Il relatore ha sostenuto che con la caduta dei regimi socialisti dell’Europa Orientale e con la vittoria su quei sistemi politici delle nazioni coalizzate nella NATO, il Trattato del Nord Atlantico, alleanza politico-militare che dal 1949 riunisce nazioni occidentali europee,   Canada e Stati Uniti d’America, si è diffusa nel mondo l’ideologia liberale che spinge le persone all'individualismo, a fare solo il proprio interesse nelle relazioni sociali ed economiche.
 Non condivido questa visione di quel processo storico. Se il crollo dei regimi socialisti dell’Europa orientale fosse conseguito veramente ad una vittoria  della NATO, il mondo come oggi lo viviamo probabilmente non esisterebbe più, perché ci sarebbe stata una guerra nucleare globale. Quei regimi socialisti si disgregarono perché erano nati e si erano sviluppati come sistemi politici autoritari e totalitari e non avevano mai realizzato quella liberazione di tutti gli esseri umani, in particolare di tutti i lavoratori, che fin dalle origini era l’obiettivo dei movimenti socialisti. Non si disgregarono  in quanto socialisti, ma perché erano rimasti socialisti solo di nome. Erano dominati da una nomenklatura,  da una burocrazia politica, che tiranneggiava i lavoratori in modo simile a ciò che accadeva nei sistemi capitalistici da parte dei capitalisti. La forza propulsiva  del socialismo sovietico si era da tempo esaurita, come osservò nel 1981 l’italiano Enrico Berlinguer. Non ne fu possibile la riforma, tentata, avviata, dal presidente sovietico Mikhail Gorbaciov negli anni ’80. Le ragioni di questo fallimento sono in buona parte quelle all’origine della crisi dell’Unione Europea contemporanea, grande sistema politico continentale multinazionale che vuole essere fondato sulla libertà civili, uguaglianza in dignità e, appunto, solidarietà. La rinuncia alla violenza politica da parte del Gorbaciov, sia all’interno dell’Unione Sovietica che verso i regimi satelliti dell’Europa Orientale, consentì la metamorfosi in senso occidentale dei regimi politici che avevano assoggettato i russi e tanti altri popoli di quello che era diventato un impero  sovietico, erede e in fondo emulo di quello zarista. La stessa NATO rimase sorpresa della loro velocissima dissoluzione. Karol Wojtyla, profondo loro conoscitore, fu tra i pochi nel mondo ad intuirne i prodromi. La transizione pacifica verso sistemi politici di democrazia avanzata di tipo Occidentale fu possibile per l’intesa che si sviluppò tra il Gorbaciov, il suo successore Boris Eltsin e il cancelliere della Germania Federale Helmut Kohl (che fu capo del governo tedesco dal 1982 al 1998), democratico cristiano.
 Nell’Europa occidentale si era invece sviluppato un socialismo dal volto umano. Esso ha collaborato a costruire l’Unione Europea e ne è parte fondamentale, insieme alle componenti democratico-cristiane e liberali. Il sistema dei diritti umani fondamentali su cui si fonda la nostra nuova Europa, un insieme politico fortemente solidaristico, è anche frutto del socialismo dell’Europa Occidentale. In particolare è un fecondo esempio di economia solidale fecondo quello della Germania contemporanea con la sua economia sociale di mercato,  marcatamente divergente dal liberismo economico promosso negli anni ’80 dal governo britannico di Margaret Thatcher e da quelli statunitensi dei presidenti federali Ronald Reagan e George H.W. Bush.
  Certamente dagli anni ’80 si è sviluppata, a livello mondiale, un’economia liberista poco sensibile alle istanze solidaristiche. Al suo centro c’è lo sviluppo delle individualità e dei loro interessi. Crede ancora, tutto sommato, nella mano invisibile di cui scrisse Adam Smith nel Settecento, quindi in una regolazione spontanea dei mercati che consentirebbe di realizzare l’interesse generale. Tuttavia a livello globale manca una condizione fondamentale che secondo Smith poteva consentire quel meccanismo di automatica regolazione dell’economia, vale a dire l’uguaglianza giuridica. Di fatto, le ricorrenti crisi economiche a livello mondiale dimostrano l’esigenza di interventi correttivi molto penetranti da parte dei poteri pubblici, azione che è difficile da attuare a livello globale e che l’Unione Europea sta tentando di organizzare a livello continentale, basandosi sulla solidarietà politica che è alla base del patto fondativo delle 28 nazioni che la compongono.
 Il giovane relatore che ci ha intrattenuto nella prima parte dell’incontro ha fatto vari esempi di insufficienza di comportamenti basati sul solo interesse individuale.
 La piccola autovettura Smart è comoda per parcheggiare, risponde bene alle esigenze individuali, ma porta solo due persone. Non va bene per un famiglia più numerosa, ad esempio con figli. Non c’è spazio per più di due persone.
  Gli appartamenti che vengono proposti alle giovani coppie sono piccoli e vanno bene per due persone. Ma se arrivano figli o anche amici?
  Usiamo dei condizionatori per rinfrescare gli ambienti domestici d’estate. Buttano aria fredda dentro e aria calda fuori. Quindi si raffreddano gli ambienti privati, ma si riscaldano quelli fuori, la città, l’ambiente in cui tutti vivono  parte della loro vita.
 Sull’autostrada può accadere di dover andare in fila, molto lenti, per il traffico. C’è chi allora percorre la corsia di emergenza, massimizzando l’utile individuale. Ma se tutti facessero in quel modo, dove transiterebbero i veicoli dei servizi di emergenza?
 La solidarietà, ci è stato detto, ha a che fare con il bene comune. Siamo tutti interdipendenti, per essere veramente felici abbiamo bisogno degli altri. Il bene comune è quello che consente di essere veramente felici e non si misura solo in termini di ricchezza monetaria.
 L’insufficienza dei sistemi politici liberali e socialisti risiede, è stato detto, nel fatto che danno troppa importanza alla moneta. I liberali vogliono che la ricchezza fluisca in mani private, i socialisti vogliono omologare la gente realizzando un’uguaglianza in ricchezza. E’ una visione piuttosto semplicistica e non condivisibile di queste ideologie. Il liberalismo politico e filosofico propone un’etica forte, non pensa di instaurare regimi dissoluti in cui l’utile privato vada a scapito dell’interesse generale. Uno dei principi cardine del liberalismo è l’eguaglianza in dignità, il rispetto di tutte le persone umane e dei loro beni. E’ un’ideologia che si è formata in contrapposizione con regimi politici assolutistici. Pretende che tutti possano partecipare democraticamente alla gestione della cosa pubblica. Quanto al socialismo non bisogna prendere come riferimento solo quello realizzato in Unione Sovietica e nei Paesi da essa dominati, che del socialismo fu una progressiva degenerazione. Il socialismo, in particolare quello marxista, nacque e si sviluppò come forza di liberazione delle masse dei lavoratori che nei sistemi economici capitalistici si trovavano nella condizione di schiavi, a stento con i mezzi minimi di sussistenza, senza possibilità di riscatto, esclusi dalla politica di governo. Anch’esso volle realizzare l’uguaglianza in dignità di tutti gli esseri umani, mediante la trasformazione dei sistemi di produzione economica, visti come origine dei problemi politici. Nonostante che i documenti della dottrina sociale siano stati fin dall’inizio fortemente polemici con il socialismo, la critica sociale in essa contenuta dipende in gran parte proprio dalle argomentazioni socialiste. In definitiva, la dottrina sociale è debitrice sia del liberalismo sia del socialismo, presentando tuttavia aspetti caratteristici propri di origine teologica.
 E’ stato detto che la politica solidale insegnata dalla dottrina sociale della Chiesa punta alla felicità delle persone, non solo all’aumento della ricchezza monetaria. Questa è un’idea sviluppata a fine Settecento dai rivoluzionari  liberali statunitensi. Essi, nell’atto fondativo del nuovo stato federale che si separava dal regno inglese, dichiararono che ogni essere umano ha diritto alla ricerca della felicità.
“Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità.
[Dalla Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America, 4 luglio 1776]
   Sull’insufficienza della ricchezza monetaria, valutabile in termini monetari come si fa con l’indice economico del Prodotto Interno Lordo “P.I.L.”, sono state ricordate le parole di Robert Kennedy, “Bob”, fratello del presidente John F. Kennedy, “Jack”, ministro federale della giustizia sotto la presidenza del fratello, assassinato nel 1968 mentre svolgeva da candidato la campagna elettorale per le elezioni presidenziali:
«Con troppa insistenza e troppo a lungo, sembra che abbiamo rinunciato alla eccellenza personale e ai valori della comunità, in favore del mero accumulo di beni terreni. Il nostro Pil ha superato 800 miliardi di dollari l'anno, ma quel PIL - se giudichiamo gli USA in base ad esso - comprende anche l'inquinamento dell'aria, la pubblicità per le sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il Pil mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende il fucile di Whitman e il coltello di Speck, ed i programmi televisivi che esaltano la violenza al fine di vendere giocattoli ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Comprende le auto blindate della polizia per fronteggiare le rivolte urbane. Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori famigliari o l'intelligenza del nostro dibattere. Il Pil non misura né la nostra arguzia, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza, né la nostra compassione, né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in poche parole, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull'America ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani».
[da un discorso pronunciato il 18-3-1968 nell’Università del Kansas]
  La nostra felicità dipende dagli altri perché siamo tutti interdipendenti, e questo è sempre più manifesto nelle società globalizzate dei nostri tempi. E dipende anche dalle relazioni positive tra le persone, non solo dalla ricchezza che ciascuno riesce a conseguire in società.
 Per rendere un’idea di questo concetto è stata proiettata una sequenza del film del 2010, del regista Daniele Luchetti, La nostra vita. In cui un uomo, che aveva perduto la moglie e si era trovato a subire rovesci di fortuna sul lavoro è sostenuto dal fratello e la sorella, i quali, in un momento di sua disperazione gli dicono che  ci saranno sempre.
  Affrontare la vita con spirito solidale significa anche mettere nel lavoro che ci è stato assegnato qualcosa di più, non solo il minimo contrattuale, ma qualcosa che spinga gli altri ad essere riconoscenti dicendo “grazie!”, rinsaldando la trama della società, riconoscendosi debitori gli uni degli altri. Dirci grazie  gli uni gli altri per quel di più che mettiamo nei compiti che svolgiamo è un modo per riscoprire le relazioni positive che sono alla base della solidarietà sociale.
   Gli altri possono darci la felicità, sono necessari per la nostra felicità, perché siamo compatibili  gli uni con gli altri.
 Non dobbiamo pensare alla solidarietà come a un sentimento vago, né confonderla con l’elemosina. E’ un atteggiamento di vita con rilevanti aspetti pratici. Non si deve essere solidali a intermittenza, ma sempre. Karol Wojtyla, nell’enciclica  La sollecitudine sociale, del 1988, lo descrisse come «la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti». Si è solidali anche, ad esempio, praticando con costanza la differenziazione dei rifiuti, quindi separando la carta, l'umido, la plastica e il vetro da tutto il resto, che è più difficilmente riciclabile. Lo si fa nell'interesse generale, ma anche nel proprio perché ci saranno meno rifiuti da distruggere, ad esempio negli inceneritori o con altre tecniche che comunque hanno ripercussione sull'ambiente in cui si vive, e recuperare materiale da riciclare e da mettere di nuovo sul mercato abbasserà i costi del servizio di raccolta dei rifiuti. E' una pratica che va fatta tutti i giorni, con costanza, cambiando abitudini che si hanno da molto tempo. 
 Si tiene conto degli altri e anche delle generazioni più giovani: i più anziani danno la vita ai giovani ma devono anche  lasciare un ambiente e le risorse che consentano ai più giovani di vivere. Poi i più giovani sosterranno gli anziani, ad esempio versando contributi previdenziali con i quali saranno pagate le pensioni d'anzianità. 
  Per far comprendere la pratica  della solidarietà secondo la dottrina sociale della Chiesa, è’ stata proiettata una sequenza del film Bianco come il latte, rosso come il sangue,  del 2013, del regista Giacomo Campiotti, in cui un ragazzo minorenne che si era iscritto, falsificando la firma dei genitori, come donatore di midollo, per curare la leucemia di una compagna di scuola della quale si era innamorato, Beatrice, con la quale però era risultato non compatibile, viene chiamato per donare il midollo per un’estranea, con la quale invece risulta compatibile. I genitori all’inizio si oppongono, ma poi, anche per l’intervento della fidanzata del ragazzo, accettano, comprendendo la bellezza dell’altruismo del figlio, che è diventato una bella persona anche per merito loro. Nel film, poi, il ragazzo assiste alla gioia del marito della donna che si è salvata da una malattia ematologica ricevendo il suo midollo. Siamo compatibili, per questo possiamo salvarci la vita gli uni gli altri. La solidarietà salva. Si tratta di un’esperienza che ho fatto personalmente, perché sono sopravvissuto solo per la donazione del midollo fatta da mio fratello Lucio nel 2004: io e lui adesso abbiamo lo stesso sangue e il suo sangue finora mi ha protetto da recidiva di malattia.
  “Il principio della solidarietà comporta che gli uomini del nostro tempo coltivino maggiormente la consapevolezza del debito che hanno nei confronti della società entro la quale sono inseriti”, si legge nel brano del Compendio  che ho sopra trascritto e che è stato letto ieri sera. Siamo interdipendenti  e  compatibili: per questo la nostra felicità dipende dalla società in cui viviamo, da come realizza, solidalmente,  il bene comune.

Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli