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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente il secondo, il terzo e il quarto sabato del mese alle 17 e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

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Il sito della parrocchia:

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sabato 30 aprile 2016

Quarto incontro del ciclo Immìschiati, sulla sussidiarietà

Quarto incontro del ciclo Immìschiati, sulla sussidiarietà

[Dal  Compendio della dottrina sociale della Chiesa (2004), leggibile per intero sul WEB all’indirizzo
http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_it.html ]

185 La sussidiarietà è tra le più costanti e caratteristiche direttive della dottrina sociale della Chiesa, presente fin dalla prima grande enciclica sociale. È impossibile promuovere la dignità della persona se non prendendosi cura della famiglia, dei gruppi, delle associazioni, delle realtà territoriali locali, in breve, di quelle espressioni aggregative di tipo economico, sociale, culturale, sportivo, ricreativo, professionale, politico, alle quali le persone danno spontaneamente vita e che rendono loro possibile una effettiva crescita sociale.  È questo l'ambito della società civile, intesa come l'insieme dei rapporti tra individui e tra società intermedie, che si realizzano in forma originaria e grazie alla « soggettività creativa del cittadino ». La rete di questi rapporti innerva il tessuto sociale e costituisce la base di una vera comunità di persone, rendendo possibile il riconoscimento di forme più elevate di socialità.
186 […] In base a tale principio, tutte le società di ordine superiore devono porsi in atteggiamento di aiuto  subsidium ») — quindi di sostegno, promozione, sviluppo — rispetto alle minori. In tal modo, i corpi sociali intermedi possono adeguatamente svolgere le funzioni che loro competono, senza doverle cedere ingiustamente ad altre aggregazioni sociali di livello superiore, dalle quali finirebbero per essere assorbiti e sostituiti e per vedersi negata, alla fine, dignità propria e spazio vitale.

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 Ieri sera si è tenuto, in parrocchia, in sala rossa, il quarto incontro del ciclo Immìschiati,  sulla sussidiarietà.
 All’inizio è stata proiettata una breve sequenza del film-cartone animato  La Nuova Avventura di Scrat, Una ghianda è per sempre (2006), dove il protagonista, lo scoiattolo Scrat, prima tenta di incastrare, facendo forza, l’ultima ghianda tra tante che ha accumulato in un tronco di un albero cavo, poi dopo che l’albero si è crepato, precipita nel vuoto, dal punto molto alto in cui si trovava l’albero, insieme alla  montagna di ghiande, tentando disperatamente di recuperarle e di compattarle insieme in volo, per un po’ ci riesce, ma sta sempre cadendo con tutte le ghiande, e quindi alla fine si abbatte sulla neve con tutte le ghiande.
   Ci è stato detto che viviamo in tempi simili a quelli del volo di Scrat nel vuoto.
   Fino agli anni ’80 erano in lotta due sistemi politici, uno basato sull’idea di libertà e l’altro su quella di uguaglianza. Il docente che ne parlava si riferiva a quello basato sull’economia di mercato e a quello basato sull’economia socialista. Ad un certo punto [tra il 1989 e il 1991, nota mia] ha vinto il primo e si è pensato di liberare l’economia da impacci delle regole date dagli stati alla libera attività d’impresa, per spingere la gente ad accumulare il più possibile, come Scrat nell’albero cavo con le sue ghiande [è ciò che negli Stati Uniti d'America sotto la presidenza di Ronald Reagan si era cominciato a chiamare deregulation (=deregolamentazione); nota mia]. Questa libertà di accumulare con poche regole ha fatto saltare il sistema, ha causato un crack, una crepatura nel sistema, appunto come nel cartone animato, e tutto ha cominciato a cadere nel vuoto, tra il 2001 e il 2006. Ci troviamo ancora in questa fase. Come Scrat, a volte, ci sembra di poter recuperare, di mettere insieme ciò che si era disperso cadendo, ad esempio ci rincuoriamo per un aumento minimo dell’occupazione o se la differenza tra i tassi d’interesse del nostro debito pubblico e quelli delle nazioni più forti, il cosiddetto  spread, si abbassa, ma in realtà stiamo ancora cadendo e non si riesce a vedere la fine di questa caduta.
  Il problema, ci è stato spiegato, è che abbiamo puntato tutto sulla  libertà  e sull’uguaglianza, ma si tratta di principi che tendenzialmente confliggono. L’uguaglianza  ci omologa e tende a limitare la nostra libertà. La libertà ci fa meno uguali.
 La dottrina sociale invita ad agire anche secondo il principio della  fraternità.
 Libertà, uguaglianza  e  fraternità erano del resto i grandi principi che, all’epoca in cui in Europa originarono le democrazia contemporanee, a fine Settecento, vennero considerati fondamentali.
  Siamo stati invitati, a questo punto, a rispondere ad alcune domande, un vero e proprio test.
 Chi si sente veramente libero?, è stato chiesto. Nessuno si sentiva veramente libero.
 Chi si sente veramente uguale  a un altro? Nessuno.
 Poi è stato chiesto chi avesse avuto l’esperienza della vita con un fratello. Molti.
 L’esperienza della fraternità è profondamente umana e cambia il modo di considerare le cose quando si prendono delle decisioni. Allora non teniamo conto solo della nostra libertà e dell’esigenza dell’uguaglianza, ma anche della relazione di vita con queste persone di famiglia con le quali siamo legati da un profondo affetto.
 E’ stato fatto un esempio tratto dalla vita personale del docente che ci parlava. Il suo fratello maggiore, che usava il telefono cellulare per lavoro, voleva cambiarlo con un altro più potente ed evoluto. Ha proposto al docente di acquistarlo; il ricavato sarebbe servito al maggiore per pagare parte del prezzo del nuovo telefono. Poi il secondogenito poteva vendere il suo vecchio telefono alla sorella e quest’ultima il suo vecchio al fratellino più piccolo, che andava ancora a scuola.  Il docente però aveva il denaro per acquistare il telefono vecchio del fratello maggiore, ma la sorella non aveva i soldi per acquistare il suo vecchio e tanto meno il ragazzo più piccolo quello vecchio della sorella. Il sistema basato sull’economia di mercato non avrebbe consentito a tutti di rinnovare il proprio telefono. In base al principio di uguaglianza si sarebbe potuto vendere il telefono del fratello più grande e, con il ricavato, acquistare  tutti lo stesso telefono, ma così il fratello più grande avrebbe avuto un telefono insufficiente per il suo lavoro e il più piccolo un telefono con prestazioni troppo potenti per quello che gli serviva. Allora, i fratelli, sulla base del principio di fraternità, hanno deciso che i tre minori avrebbero dato al maggiore ciò che avevano a disposizione per acquistare un telefono, e lui si sarebbe accontentato: poi il secondogenito avrebbe donato alla sorella il suo telefono vecchio e la sorella il suo vecchio all’ultimogenito: così tutti i fratelli hanno avuto un telefono adeguato alle loro esigenze.
   E’ stata poi proiettata una sequenza del film La ricerca della felicità (2006), del regista Gabriele Muccino, con Will Smith, in cui il protagonista parla con il figlio bambino in un campetto di basket, con il seguente dialogo:
Figlio: Guarda pa’, diventerò un professionista!
Chris: Sì, cioè, non lo so. Forse giocherai più o meno come giocavo io. È così che funziona, sai, io ero abbastanza negato. Quindi, probabilmente, arriverai, non so, al mio stesso livello, forse. Sarai bravissimo in un sacco di cose. In questa, non credo. Perciò non voglio che stai qui a tirare la palla per tutto il giorno, ok?
Figlio: ok. [Il bambino, deluso, ripone il pallone in una busta]
Chris: Ehi…
Figlio: Sì…
Chris: Non permettere mai a nessuno di dirti che non sai fare qualcosa. Neanche a me. Ok?
Figlio: ok
Chris: Se hai un sogno, tu lo devi proteggere. Quando le persone non sanno fare qualcosa lo dicono a te che non la sai fare. Se vuoi qualcosa, vai e inseguila. Punto.
  La scena del film è stata lo spunto per leggere e commentare il brano del Compendio della dottrina sociale della Chiesa  che ho trascritto all’inizio.
  C’è una società con tante formazioni sociali fatte da persone, che dalle relazioni con le altre persone traggono il senso e le motivazioni della vita. Innanzi tutto la famiglia, poi le varie forme di aggregazioni sociali, come la parrocchia, i gruppi sportivi, i partiti e via dicendo. Secondo la dottrina sociale della Chiesa i poteri pubblici da un lato, in positivo, devono stimolarli e sostenerli, e dall’altro,  in negativo,  devono “astenersi da quanto restringerebbe, di fatto, lo spazio vitale delle cellule minori ed essenziali della società. La loro iniziativa, libertà e responsabilità non devono essere soppiantate.”  Questo perché è proprio “la rete di questi rapporti [che] innerva il tessuto sociale e costituisce la base di una vera comunità di persone, rendendo possibile il riconoscimento di forme più elevate di socialità”, vale a dire di una comunità fraterna  e in quanto fraterna, partecipe  e solidale, in cui ognuno si senta valorizzato e non indotto ad attendere solo da altri la soluzione dei problemi sociali.
  E’ stata infine proiettata una sequenza del film Bianco Rosso e Verdone, del 1981, con protagonista in vari ruoli e regista l’attore Carlo Verdone. Nelle immagini si vede una famiglia, composta da papà, mamma e due bambini, mentre si sta accingendo a partire in automobile per le vacanze. L’uomo è molto pedante e insistente nel far fare alla moglie una sorta di revisione di tutto ciò che doveva essere caricato e anche nel progettare il viaggio, tutto secondo schemi molto precisi e dettagliati, elaborati da lui solo, per cui la moglie appare insofferente.
 Se ne è tratto spunto per criticare la burocrazia che è spesso di intralcio alle iniziative sociali e imprenditoriali dei cittadini con tutte le sue pretese di rispetto di precise formalità e istruzioni. E’ stata vista come una lesione del principio di sussidiarietà che è ora entrato anche nella Costituzione della nostra Repubblica, all’art.118, e addirittura in quella dell’Unione Europea.
 Questa è stata senz’altro la parte meno convincente dei ragionamenti esposti nel corso dell’incontro. Non tutta la burocrazia intorno alle attività private è inutile.
 Non lo sono tutte le prescrizioni in materia di sicurezza e igiene dei posti di lavoro, anche se si verta in materia di attività svolte da volontari. Qui è in ballo l’integrità e la salute della persona umana. Perché ogni attività umana presenta dei rischi, anche salire su una scala per tinteggiare volonterosamente e gratuitamente la scuola dei propri figli (è l'esempio che è stato fatto nel corso dell'incontro per dare un'idea di un'attività utile, ideata dalla base sociale, ma ostacolata dalla burocrazia). La scala deve essere a norma. Ci deve essere un’assicurazione. Perché se un papà, tinteggiando da volontario, cade, batte la testa e diventa un tronco umano, che ne sarà dei suoi figli? Allora si rimpiangerà di non aver osservato quelle prescrizioni e del fatto che non si è assicurati.
 Non lo sono le prescrizioni igienico-sanitarie e in materia di sicurezza degli ambienti anche se riguardano attività pubbliche svolte senza fini di lucro, come quelle che potrebbero essere svolte nel nostro teatrino parrocchiale e che ora, giustamente, non possono essere svolte perché non è a norma. Che accadrebbe se, in caso di un incendio, la gente si trovasse intrappolata dentro senza poter evacuare rapidamente l’ambiente per mancanza di efficienti uscite di sicurezza?
 E’ stato poi evocato, come esempio di burocrazia oppressiva, l’obbligo del DURC per qualsiasi tipo di lavoro in appalto, pubblico o privato. Il DURC è il documento unico di regolarità contributiva che viene rilasciato dagli enti previdenziali ai datori di lavoro che intendano assumere appalti pubblici o privati e serve a dimostrare che non vengono impiegati lavoratori in  nero, che quindi per quei lavoratori vengono pagati i contributi previdenziali per il caso di infortunio, malattia e per la pensione di vecchiaia.
 Tutte queste prescrizioni sono proprio espressione dell’obbligo di solidarietà sociale che rientra nel principio di fraternità.
 E’ proprio il liberismo  economico criticato all’inizio dell’incontro a pretendere che si sia liberati  dall’osservanza di quelle regole di solidarietà sociale.
 E, insomma, mi è parso di  notare una apparente contraddizione tra l’impostazione iniziale e quella dell’ultima parte, svolta da colui che ci è stato presentato come il  fondatore dell’iniziativa Olt3. Su questo occorrerebbe una maggiore riflessione da parte sua, dei suoi collaboratori e anche nostra.
  Bisogna ricordare che il principio di sussidiarietà, che ha avuto tanta fortuna anche al di fuori dei nostri ambienti religiosi tanto da improntare la nostra nuova Europa, con l’importante contributo di  politici formatisi nella nostra dottrina sociale, venne elaborato sulla base di una lunga, vasta e intensa esperienza di impegno sociale fatta dal nostro popolo di fede fin dall’Ottocento, sulla quale ha tanto scritto ad esempio una persona come Giuseppe Toniolo (1845-1918. Economista, sociologo, protagonista della riforma dell’Azione Cattolica a inizio Novecento e infine beato).
 Esso venne così formulato per la prima volta in modo compiuto, nell’enciclica Il Quarantennale (1931, del papa Achille Ratti, per il quarantennale della prima enciclica sociale, la Le novità  del papa Vincenzo Gioacchino Pecci, del 1891):
80. È vero certamente e ben dimostrato dalla storia, che, per la mutazione delle circostanze, molte cose non si possono più compiere se non da grandi associazioni, laddove prima si eseguivano anche delle piccole. Ma deve tuttavia restare saldo il principio importantissimo nella filosofa sociale: che siccome è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e l'industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare. Ed è questo insieme un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società; perché l'oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale, non già distruggerle e assorbirle. 
81. Perciò è necessario che l'autorità suprema dello stato, rimetta ad associazioni minori e inferiori il disbrigo degli affari e delle cure di minor momento, dalle quali essa del resto sarebbe più che mai distratta ; e allora essa potrà eseguire con più libertà, con più forza ed efficacia le parti che a lei solo spettano, perché essa sola può compierle; di direzione cioè, di vigilanza di incitamento, di repressione, a seconda dei casi e delle necessità. Si persuadano dunque fermamente gli uomini di governo, che quanto più perfettamente sarà mantenuto l'ordine gerarchico tra le diverse associazioni, conforme al principio della funzione suppletiva dell'attività sociale, tanto più forte riuscirà l'autorità e la potenza sociale, e perciò anche più felice e più prospera la condizione dello Stato stesso. 
  Tuttavia nella prima dottrina sociale, marcatamente antisocialista, antiliberale, e avversa allo statalismo laico, il richiamo alla società civile venne inteso essenzialmente come mezzo per il  mantenimento di uno spazio in cui il potere autocratico dei pontefici potesse ancora dispiegarsi. Si era, nel 1931, nel quadro del compromesso concluso dal Ratti con il regime mussoliniano, con i Patti Lateranensi, nell’illusione di poter mantenere quello spazio pur in un regime statale autoritario e totalitario come quello del fascismo storico. I Papi infatti predicavano allo stato un principio, quello di sussidiarietà,  che poi non osservavano nell’esercizio del proprio potere religioso, che fino all’ultimo Concilio, e per certi versi tuttora, rimase fortemente accentrato nella romana Santa Sede, autocratico, autoritario.
 In Italia, nell’attuale regime democratico, viene inteso molto diversamente, in modo più ampio e soprattutto riferito all’articolazione democratica della società.
 Nella dottrina sociale rimane però sempre difficile il rapporto con le esigenze di libertà, che nella concezione liberale non significa mancanza di regole ma rispetto delle persone, e di uguaglianza, che nella concezione socialista non significa omologazione e coartazione ma rispetto della dignità e della libertà  di tutti.
 La fraternità poi, alla base delle concezioni socialiste della società, viene intesa talvolta in religione non nel suo aspetto liberante, in particolare dall’ingiustizia e dal servaggio sociale, ma in quello della comune soggezione a un padre  autoritario, quale i papi, dai quali la dottrina  sociale promana,  e  i loro collaboratori del clero intendono ancora essere. Così si finisce anche col pensare che la vera libertà possa sperimentarsi solo nel quadro di un dovere, per cui, qualunque cosa accada si debba fare ciò che si deve, e, in definitiva, la vera libertà consista nello scegliersi un sovrano a cui cederla, quindi nel disfarsene.
 Conseguentemente, allora, questa società civile in cui la persona  è inserita, e che si vuole difendere dalle ingerenze degli stati, finisce anche con il diventare un insieme di organizzazioni, a cominciare dalla famiglia, in cui la libertà delle singole persone viene coartata, invece che sviluppata: appunto quello che i rivoluzionari francesi di fine Settecento vollero smembrare, con riferimento all’organizzazione  corporativa  del regno di allora e per un’esigenza  di liberazione  delle persone. Ed ecco che poi la pretesa, liberante, dello  stato il quale, quando si organizzano dei lavoratori per una qualsiasi attività, pretende che vengano corrisposti regolarmente i contributi previdenziali può essere sentita come un’oppressiva e impeditiva burocratizzazione dell’attività privata, mentre, in realtà, impiegare lavoratori  in nero, quindi non regolarmente denunciati agli enti previdenziali, è questa sì una forma di coartazione della libertà  dei lavoratori, la cui condizione può avvicinarsi molto a quella degli schiavi antichi. Qui chi opprime non è lo stato, ma chi impiega lavoratori in quel modo.
 Si vorrebbe, in questa concezione, uno stato pagatore, ma non regolatore. Lo stato democratico non dovrebbe immischiarsi nell'organizzazione delle formazioni minori se non per sovvenzionarle: in questo modo però le persone sarebbero lasciate all'arbitrio di chi quelle formazioni domina, non sempre in modo democratico e rispettoso della personalità individuale. Nelle formazioni sociali in fondo si preferirebbe un’organizzazione modellata su quella della famiglia, con capi naturali e biologici, i genitori, e con persone soggette per natura e  per sempre alla loro autorità, i  figli. E appunto come figli appariamo ai nostri capi religiosi del clero e anche a quest'ultimo (in religione siamo sottomessi a una schiera sterminata di padri). Appare insomma ancora lunga la via per l’inculturazione dei processi democratici in religione. La democrazia è un potere che si sviluppa dal basso, sulla base dei principi di libertà e uguaglianza e, come loro derivazione e non sulla base di soggezione ad un’unica autorità paterna, di fraternità.
 Il prossimo incontro, sulla partecipazione, si terrà il 6 maggio, in sala rossa, alle ore 19:30.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli