INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

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lunedì 8 settembre 2025

Vite sprecate?


 

Vite sprecate?

   Si è parlato di “vite sprecate” a proposito delle persone adolescenti o giù di lì che non vivono le loro secondo il mito delle vite dei santi giovani proclamati ieri.

   L’idea di uno spreco di vita mi lascia un po’ perplesso. Può essere intesa nel senso che la vita debba essere spesa. Per come la vedo io, la vita è fatta semplicemente per essere vissuta. Implica la certezza della sofferenza, per fatti naturali, o per mano propria o altrui, e la probabilità di far soffrire. Ma anche la possibilità della gioia. Il Vangelo cristiano esorta alla gioia e a lenire le sofferenze altrui, il che dà gioia. Una concezione utilitaristica dell’esistenza, come anche la malvagità di voler far soffrire la gente o di abbandonarla alla sofferenza potendo far qualcosa, rovina la vita.

  Se ci ispiriamo all’esempio celeste, constatiamo che enorme spreco di risorse ne venga fuori. Lo scrisse Saul Bellow verso la fine del romanzo Il dono di Humboldt, del 1976: organizzare tutto un sole per riscaldare un povero vecchio in un ospizio.

 Ma anche una vita vissuta male, nella sofferenza e nella malvagità, non può dirsi sprecata, perché è stata pur sempre vissuta.

  La memoria dei santi, è accaduto anche per Francesco d’Assisi, diviene prigioniera del mito che le viene costruito sopra. Questo dipende dalla funzione politica della proclamazione della santità di una persona del passato. La si propone come esemplare, ed esemplare in quanto perfetta, e perfetta perché conforme a come l’autorità, in un certo tempo storico,  pensa la si voglia in Cielo. Molti lati della biografia di una persona fatta santa ne possono risultare omessi o alterati, nella costruzione di una sua leggenda.

  Dunque le persone giovani di oggi dovrebbero essere come i giovani santi  fatti ieri?

   Nella loro leggenda manca molto di ciò che impegna ai nostri tempi le persone giovani.

 Per dirne una: non c’è lo sviluppo delle relazioni sessuali, che è uno dei doveri sociali di chi cresce. E’ la natura a spingere a questo. L’etica sessuale proposta dalla nostra dottrina morale per le persone giovani è insostenibile. Lo si sa bene. Così la religiosità delle persone giovani è in genere minata da acuti sensi di colpa. Faticosamente i più trovano alla fine una loro vita accettata socialmente anche in religione, ma  in questo la religione non li aiuta. Nella prassi pastorale, vale a dire nelle relazioni liturgiche, educative e sociali con il clero di prossimità, ci si passa sopra, dando ai fatti l’importanza che meritano. Si parla, a questo proposito, di misericordia. Ma la teologia morale è spietata. Sembra che non si possa che fare così.

  Nella vita di uno dei giovani santi di ieri contò molto la passione politica. Aderì al Partito popolare di Luigi Sturzo in un momento in cui divenne rischioso farlo, per l’incrudelire del fascismo mussoliniano. Nel 1921 venne anche arrestato per aver difeso il suo circolo di Gioventù cattolica dalla polizia. Fu ostile all’alleanza tra popolari e fascisti, nel primo governo Mussolini. Condannò gli omicidi Minzoni e Matteotti, attuati per mano della teppaglia fascista. Ho letto che il  socialista riformista Filippo Turati lo ricordò così: «Tra l’odio, la superbia e lo spirito di dominio e di preda, questo cristiano che crede, e opera come crede, e parla come sente, e fa come parla, questo intransigente della sua religione, è pure un modello che può insegnare qualcosa a tutti». Temo che questa militanza politica abbia costituito a lungo una remora alla dichiarazione di santità. Ricordo che se ne parlava già quando, verso la fine degli anni ’70, entrai in FUCI e solo ora arriva. E nella leggenda costruita sul santo, il suo popolarismo democratico viene un po’ tenuto sullo sfondo. Egli capì il fascismo mussoliniano molto meglio del Papa che invece con esso perpetrò i Patti Lateranensi, nel 1929.

  L’idea di vite sprecate mi pare possa nascondere un profondo disprezzo per come le persone giovani realmente sono, in genere, alla loro età. Perché, con quel metro, sprecate lo sono gran parte delle vite giovani, anche di quelle degli ottantamila che erano ieri a piazza San Pietro, per la canonizzazione dei santi giovani.

  Di questo ero ben consapevole quand’ero anch’io un giovane cattolico  e ancor più lo sono ora. Nondimeno sono rimasto cattolico. A modo mio, come diceva Pietro Scoppola, del quale consiglio la lettura appunto del suo libretto Un cattolico a modo suo, Morcelliana 2008, scritto mentre si avvicinava per lui la fine. Racconta molte cose interessanti anche della sua gioventù cattolica.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro Valli.

 

 

domenica 7 settembre 2025

La santità al potere?

La santità al potere?

 

  La santità consiste in un particolare legame con il divino, che si rende manifesto nella vita di una persona, nella storia di un gruppo sociale, in una liturgia, in un ordinamento sociale, in certi fatti, in un luogo,  in un edificio, in altre cose di uso liturgico e non. È legata all’idea di perfezione e di esemplarità. Come tale, dal Secondo Millennio della nostra era e a lungo, nella nostra Chiesa la si vide in ciò che riguardava il clero e gli appartenenti ad ordini religiosi, lasciando da parte tutta l’altra gente. Divenne espressione di un sistema di potere  ecclesiastico e anche di una concezione di Chiesa in cui chi si manteneva libero da particolari stati ecclesiastici di vita era messo in secondo piano, quasi come una parte accessoria, che poteva esserci o non esserci. Durante il Concilio Vaticano 2º, tenutosi a Roma tra il 1962 e il 1965, si cercò di riformare questa idea di Chiesa e il modello di santità che esprimeva. Da qui la proclamazione ecclesiastica della santità di molte persone libere da vincoli di stato ecclesiastico, comprese donne sposate del popolo (vi erano già state sante tra le sovrane sposate) e gente molto giovane.

  Oggi sono stati proclamati santi, appunto, due ragazzi morti a 15 e 24 anni.

  Per essere riconosciuti santi “giovani” occorre morire giovani. Questo perché si è riconosciuti santi solo dopo morti.

Comunque ci sono persone riconosciute sante  anche per la loro vita giovanile, come Francesco d’Assisi. Però non sono considerate sante giovani, se non sono morte giovani.

I saggi del Concilio Vaticano 2º insegnarono però che la vita di tutte le persone rileva religiosamente perché tutte sono chiamate a manifestare il divino in tutta la loro vita e anche in ciò che non è eroico. Da qui nuove possibilità di santità e anche a prescindere da una proclamazione ecclesiastica, che è in genere legata a esigenze di governo. È la ragione per cui non penso che gente come Girolamo Savonarola o Lorenzo Milani, molto critica verso il potere ecclesiastico del loro tempo, sarà mai proclamata santa. Lo stesso credo avverrà per Giorgio La Pira, già riconosciuto popolarmente come sindaco santo, per quanto molto paziente con i gerarchi religiosi.

  Di solito si tira in ballo l’esigenza di miracoli, in genere di tipo taumaturgico, considerati fantasiosamente come una sorta di conferma dal Cielo della santità di un candidato. Ma sono convinto che, quando si mette in moto la fabbrica dei santi, sollecitandone la devozione nelle masse, poi qualche guarigione inspiegabile esce fuori, come sempre accaduto nelle maggiori religioni. Personalmente sono legato all’idea di vocazione alla santità ma non a quelle suggestioni, in particolare per valutare la santità.

 Meno che mai lo sono verso certe usanze macabre, sempre legate alla santità “ufficiale”, come l’esposizione di cadaveri, imbalsamati e non, e di parti umane,  come scheletri interi e via dicendo. Purtroppo i corpi dei poveri neosanti di oggi vi sono stati assoggettati.

  L’idea di vocazione universale alla santità è molto importante nella riforma sinodale che papa Francesco ha avviato nell’ottobre 2021 e di cui però non è riuscito a vedere la fine. A ciò che leggo, si trascina ancora stancamente, in attesa che il nuovo Papa le dia nuovamente impulso.

 Un popolo di sante e santi ha titolo ad aver voce nelle cose della Chiesa, specialmente in quelle che lo riguardano più direttamente.

 In realtà è stato sempre molto importante, anche se la gerarchia ha potuto immaginare di farne solo un gregge docile. Non è solo per volontà di gerarchi e teologi che la nostra Chiesa è tanto cambiata e tanto rapidamente. Lo si vede, appunto, dalle sante e dai santi che proclama. Certo, ci trasciniamo dietro anche una schiera di santi per lo meno discutibili. La nostra storia ecclesiale è quella che è e in genere la gente di fede non mi pare del tutto consapevole di quanto sia stata orrenda.

  Una nuova santità al potere?

  Direi più realisticamente: un potere ecclesiastico che continua a usare la proclamazione della santità come strumento del proprio dominio, ma che, in questo, cautamente apre spazi alla dignità religiosa di tante vite che in passato non venivano considerate.

Mario Ardigò- Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 

 

 

 


giovedì 14 agosto 2025

Sull’intervista di Giacomo Galeazzi a Giovanni Maria Vian, pubblicata con il titolo “Giovanni Maria Vian - Cento giorni da Leone XIV il papa normale” su La Stampa del 14 agosto 2025

 

Sull’intervista di Giacomo Galeazzi a Giovanni Maria Vian, pubblicata con il titolo “Giovanni Maria Vian  -  Cento giorni da Leone XIV il papa normale” su La Stampa  del 14 agosto 2025

 

   Giovanni Maria Vian, storico del cristianesimo,  ci informa l’articolo, insegna da trent’anni presso l’Università La Sapienza  di Roma e  fino al 2018 è stato direttore del quotidiano vaticano l’Osservatore romano. Dobbiamo pensare quindi che sia un osservatore qualificato e molto ben informato  delle vicende della Santa Sede.

   Nell’articolo, che riguarda il nuovo pontificato del papa statunitense  Francis Robert Prevost, si danno alcune informazioni che ritengo molto importanti.

  La prima:

«La sua elezione lampo quasi plebiscitaria è stata preparata da cardinali statunitensi

come già aveva annotato Alberto Melloni durante il Conclave.

  La seconda:

«Prevost è stato eletto prima del conclave. L’8 maggio, giorno della prima fumata bianca, già all’ora di pranzo ha iniziato a scrivere il suo discorso perché sapeva che sarebbe stato eletto».

La terza: con l’elezione di Prevost si è voluto correggere lo  stile di governo assolutistico, autocratico, personalistico, impigliato in stereotipi mediatici, insufficiente nella gestione degli affari di papa Bergoglio, che ha finito per dividere e polarizzare la Chiesa  e ha lasciato malconcia la Curia vaticana assorbendo il Papato su di sé. Quindi papa Prevost si concentrerà su questo e, secondo Vian, realizzerà una riforma del Papato attesa da mezzo secolo. Procederà con un profilo basso, per questo nell’articolo se ne parla come di un papa normale.

  E’ possibile trarre argomenti per prevedere gli orientamenti dell’attuale Papato dalla scelta del nome da regnante, “Leone”? Vian ricorda che Leone XIII, il Papa della prima enciclica sociale della modernità, la Delle novità – Rerum novarum, del 1891, aprì ad una nuova sensibilità sociale, ma che fu anche un nostalgico del potere temporale, rivendicandolo contro un’Italia finalmente unita, subendo l’ostilità dei governi del nuovo Regno d’Italia. Però proclamò cardinale l’inglese John Henry Newman (1801-1890), convertitosi al cattolicesimo dall’anglicanesimo, sostenitore della necessità di una maggiore partecipazione delle persone laiche alla vita della Chiesa, ecclesiastico per il quale papa Prevost il 31 luglio scorso ha dato parere favorevole perché sia dichiarato Dottore della Chiesa universale.  

  Vian ricorda che Prevost venne segnalato a papa Francesco dal canadese Marc Quellet,  Prefetto per i vescovi. Da altre fonti si sa che Bergoglio nel 2014 lo nominò vescovo in Perù e, da lì, nel 2023 lo portò a Roma come Prefetto del Dicastero per i vescovi, carica che gli consentì di farsi conoscere in tutto il mondo. Dopo il 2023 papa Francesco lo volle vicino a sé durante gli ultimi viaggi apostolici. Da questi elementi si può concludere che la candidatura di Prevost come Papa è stata preparata da papa Francesco. Tuttavia Prevost, appoggiato dai cardinali statunitensi, capi di una Chiesa piuttosto reazionaria rispetto al Concilio Vaticano 2° e nella quale si era polemizzato con Bergoglio, è stato eletto Papa con la  missione di correggere ciò che Bergoglio aveva fatto e lo stesso suo stile di governo.  Tra i principali obiettivi del Papato di Bergoglio vi è stata la riforma sinodale della Chiesa, avviata dall’ottobre 2021 e giunta di recente ad un nulla di fatto pratico.  Secondo Vian, si procederà piuttosto a sviluppare la collegialità episcopale, secondo gli indirizzi del Concilio Vaticano 2°, e, osservo io, questo significherà archiviare la sinodalità ecclesiale che coinvolge anche chi non è vescovo. Bisogna vedere se la gente di fede accetterà di sottostare  a questo indirizzo, se effettivamente caratterizzerà il nuovo governo al vertice. Vian ricorda le molte umiliazioni subite dai gerarchi di curia ad opera di papa Bergoglio, ma molto maggiori sono quelle subite dal cosiddetto laicato ad opera di gerarchia, clero, religiosi (Prevost proviene da questi ultimi).

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 

martedì 12 agosto 2025

Anarchia cristiana. Una via evangelica che libera e riforma

Anarchia cristiana. Una via evangelica che libera e riforma

 

  Accostando una figura come quella di Lorenzo Milani ci si può convincere che abbia ancora un senso seguire una via cristiana, nonostante le tremende controindicazioni che vengono dalle storie delle Chiese cristiane, piene di efferate violenze, prevaricazioni in danno degli umili, strumentalizzazioni teologiche a fini di mero potere. E quel senso può trovarsi in una certa virtuosa anarchia sociale che vi si può fondare sopra e soprattutto praticare e che può produrre un notevole potenziale di liberazione sociale da regole che generano umiliazione e sofferenza e la ricomposizione della convivenza su altre basi. In tutto questo la gran parte della religione come viene di solito organizzata, predicata e vissuta non c’è e questo non perché là si debba ignorare o perché non svolga una funzione sociale, ma perché è ciò che passa in quando inevitabilmente è destinato a passare. 

  Ad uno sguardo superficiale, molto diffuso anche tra chi accosta le fedi cristiane dall’esterno, nei cristianesimi risaltano le Chiese e, in particolare, la nostra, quella che ad un certo punto ha voluto riconoscersi particolarmente nel proposito di cattolicità, e questo paradossalmente nel mentre creava il presupposto per la divisione, per la sua antichità e per le sue immaginifiche liturgie che a quell’antichità costantemente si richiamano. E tuttavia, ad una considerazione più approfondita, è l’elemento del costante rinnovamento ecclesiale, indicato specificamente come riforma, è ciò che veramente connota la loro storia, ed esso è stato possibile proprio per la persistenza, a livello popolare e diffuso, di quell’elemento anarchico.

  Non bisogna pensare però che il fare tutto da sé  in religione sia sempre una via virtuosa, e questo risalta proprio nell’esperienza di riforma sociale ed ecclesiale praticata da Milani, il quale certamente praticò una nuova via, ma volle farlo da prete cattolico, quindi non tutto da sé,e questo gli fu concesso da una gerarchia ecclesiastica che nel complesso nei suoi confronti si dimostrò tanto poco lungimirante e cristiana. Non si arrivò a distruggerlo, come accaduto a tante anime nobili del cristianesimo, e questo non perché nella gerarchia ecclesiastica vi sia in fondo qualcosa che possa sottrarsi alla riforma, ma proprio perché l’esperienza di Milani fu praticata in tempi che stavano cambiando.

  La nostra Chiesa fu pesantemente riformata agli inizi del Novecento, durante il regno del papa Giuseppe Sarto, Pio 10º, dal 1903 al 1914,  centrandola sull’idea del Cristo come una sorta di imperatore universale, con evidenti riflessi sulla posizione politica del Papa di Roma, che dal Secondo millennio rivendicò di esserne l’unico “Vicario”. Negli scorsi anni Cinquanta, quando Milani, ordinato prete nel ’47, cominciò le sue sperimentazioni pastorali, sulle quali scrisse nel libro Esperienze pastorali, del 1958, nella Chiesa cattolica iniziò a manifestarsi un movimento di riforma che condusse al Concilio Vaticano 2º e caratterizzato da una nuova concezione delle regalità di Cristo e, conseguentemente del ruolo del Papa e di tutta la gerarchia ecclesiastica, così come del ruolo del prete e, in genere, di ogni persona cristiana. Questo movimento è tuttora in corso.

  Certo una persona religiosa può del tutto legittimamente abbandonarsi alla pratica della nostra fede che è più comune e anche raccomandata. La via di Milani è ardua e, tra l’altro, richiede una consapevolezza storica e, in genere, culturale che non è comune, anche perché non se ne tratta nella formazione religiosa della maggior parte delle persone.

  Ma può accadere che, di fronte alla terribile storia della nostra Chiesa, ci sia chi sta per decidere di chiudere con la religione e i cristiani, e certamente ragioni non mancano a sostegno di questa scelta. Si tenga conto, allora, che vi è anche la via di Milani, del cristianesimo come via di liberazione ed elevazione dei miseri, rendendoli capaci di consapevolezza e di critica sociale in ogni direzione. Una via evangelica che libera anche da molte delle imposture storicamente escogitate per ragioni politiche dalla teologia, ma anche da altre ideologie politiche.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 

   


lunedì 11 agosto 2025

Santə giovanə Don Milani e la santità giovanile: dal mosaico di Barbiana sul “santo scolaro” alle scelte del Vaticano

 Santə giovanə

Don Milani e la santità giovanile: dal mosaico di Barbiana sul “santo scolaro” alle scelte del Vaticano







Per il ramo della burocrazia vaticana che se ne occupa, la persona giovane da fare santa è quella che è morta giovane. Deve poi essere stata perfettamente in linea con il profilo di religiosità che il clero propone per quell’età, dal quale però quasi tutta la gente che rimane religiosa cerca in un modo o nell’altro di affrancarsi perché umiliante oltre che insostenibile. Così la proclamazione di santi o di sante giovani appare sempre un po’ in polemica con la gioventù com’è realmente.

  Ci avviciniamo ad un evento del genere, il prossimo 7 settembre, quando si cercherà di ripetere un raduni di massa simile alla cosiddetta Giornata mondiale della gioventù, quando si è riusciti a concentrare circa un milione di infratrentenni a fare da comparse plaudenti alla glorificazione del nuovo Papa di Roma, rosolandosi e soffrendo nel nulla di Tor Vergata.

   Sembra che non ci si possa fare nulla. Tutto procede come deve andare, come vuole il clero, arbitro di decidere chi fare santo. La decisione finale è politica ed è del Papa: la santificazione è uni strumento di governo ecclesiastico. Per questo non credo che, nel residuo tempo della mia vita, si avvierà mai un processo per la beatificazione di Lorenzo Milani, una figura di prete di eccezionale valore pedagogico, etico, politico e religioso, quindi secondo la tradizione di sempre perseguitato dalla gerarchia cattolica da vivo e da morto. Il 20 giugno 2017 papa Francesco andò in pellegrinaggio nella chiesetta di Barbiana dove Milani era stato confinato per il delitto di lesa maestà ecclesiastica. Ma, secondo le cronache di allora, l’arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori, interpellato da un giornalista sulla possibilità di un processo di beatificazione di Milani, tenne a precisare «non ci sarà alcun processo canonico. Assolutamente no, almeno fino a quando ci sarò io», e non mi pare che quel Papa, con le parole o con i fatti abbia corretto quell’impostazione.

 Milani fu un grande formatore di giovani, che si proponeva di seguire con continuità dall’età delle medie e per tutta l’adolescenza e anche oltre. Idealizzò la figura del “santo scolaro”, ritratta nel dipinto qui sopra, collocato nella chiesetta della parrocchia rurale di Sant’Andrea a Barbiana, dove Milani fu comandato nel dicembre 1954.

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[notizie mediante ChatGpt 5 di OpenAi – ricerca dell’11SETT25]

Ecco un’immagine del celebre mosaico “Il Santo Scolaro”, realizzato nella chiesa parrocchiale di Sant’Andrea a Barbiana.


Il Santo Scolaro: storia e significato

  • Origine e tecnica: Nel 1961, i ragazzi della scuola di Barbiana, guidati dall’impegno creativo di don Lorenzo Milani, realizzarono un mosaico decorativo utilizzando pezzetti di vetro. L’idea e la tecnica vennero loro illustrate durante un viaggio studio in Germania, dopo il quale misero in pratica quanto imparato applicandolo alla loro chiesa locale. 
  • Il soggetto e il contesto: Il mosaico raffigura una figura di un “monaco scolaro”, simbolo dei giovani allievi silenziosi ma tenaci della sua scuola. L’immagine fu scelta per sostituire un precedente dipinto (il Sacro Cuore di Gesù), che incuteva timore nei ragazzi. Così, quel volto diventò una presenza amica e rassicurante nell’ambiente sacro. 
  • Il ruolo educativo e simbolico: Il “Santo Scolaro” rappresenta l’omaggio di don Milani ai suoi “piccoli monaci” — i ragazzi che, con dedizione e senza lamentarsi, affrontavano quotidianamente lunghe ore di studio, festivi inclusi. Come racconta Valentina Alberici: era il suo ultimo lavoro artistico e testimonia l’unione tra arte, pedagogia e pietà, raccontata anche come il riconoscimento dei ragazzi che condividevano l’impegno della scuola. 


In sintesi

 

Il “Santo Scolaro” non è soltanto una decorazione visiva, ma un simbolo potente della pedagogia e della fede di don Lorenzo Milani: un gesto concreto che unisce bellezza artistica, spiritualità e diritto alla dignità educativa. È oggi una delle testimonianze più intense e visibili del legame tra arte e scuola nella memoria di Barbiana.

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   Sono stati pubblicati molti bei libri su Lorenzo Milani e sulla sua scuola e anche raccolte dei suoi scritti, in particolare di quelli sull’obiezione di coscienza al servizio militare, scaturiti da una iniziale polemica con i cappellani militari, che gli valsero un processo penale. Il pensiero, l’esempio e la metodologia pedagogica di Lorenzo Milani ebbero una eccezionale eco negli anni ’60 e ’70, nell’effervescente clima ecclesiale del tentativo di attuazione dei nuovi principi del Concilio Vaticano 2º concluso a Roma nel 1965, fermenti stroncati dagli anni ’90 per volontà del Papa Giovanni Paolo 2º.

  Ricordo, per accostare questo grande cristiano, Esperienze pastorali, costantemente ripubblicato dalla Libreria Editrice Fiorentina.

 Da pochi giorni è uscito postumo un libro con scritti di Adele Corradi, la principale collaboratrice di Milani nella scuola di Barbiana, Don Lorenzo, qualcosa da ridire, Edizioni Clichy 2025, anche in eBook e Kindle.

 Con l’ausilio di ChatGPT 5 riporto di seguito gli indirizzi di alcuni siti Web dedicati a Lorenzo Milani, al suo pensiero, al suo metodo pedagogico:

Ecco gli indirizzi web dei siti principali dedicati a don Lorenzo Milani:

1.   Fondazione don Lorenzo Milani

🌐 https://www.donlorenzomilani.it

2.   Istituzione culturale “Centro documentazione don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana”

🌐 https://www.istituzionedonmilani.org

3.   Voce Wikipedia – Scuola di Barbiana

🌐 https://it.wikipedia.org/wiki/Scuola_di_Barbiana

4.   Articolo su Intoscana.it – Centro di Documentazione Generativa “Don Milani e Scuola di Barbiana”

🌐 https://www.intoscana.it/it/centro-documentazione-online-don-milani

5.   Percorso Rai Scuola – 100 anni di educazione all’accoglienza

🌐 https://www.raiscuola.rai.it/percorsi/donlorenzomilani100annidieducazioneallaccoglienza

 Accostando la figura di Milani da persone cristiane prende un peso sul cuore perché ne emerge la concreta possibilità e al contempo la difficoltà di vivere un cristianesimo evangelico e non meramente clericale. Egli vedeva lo sviluppo della santità giovanile nel percorso di vita volto a sviluppare uno spirito critico che valesse ad essere attivi in società da adulti, in modo da cambiarla in senso evangelico. Farsi massa plaudente agli ordini di una clericocrazia è l’esatto contrario.

  Milani raccomandò di farlo presente ai vescovi, perché a volte sembrano vivere in un mondo autoreferenziale e se li si lascia lì senza occuparsene poi ci crescono su male.

Mario Ardigò -  Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 




giovedì 7 agosto 2025

Giubileo dei giovani a Roma: tanta folla, poca sinodalità. Un’altra occasione mancata per la Chiesa cattolica?

 

Giubileo dei giovani a Roma: tanta folla, poca sinodalità. Un’altra occasione mancata per la Chiesa cattolica?

 

 Nei giorni scorsi si sono celebrati a Roma i riti del cosiddetto Giubileo dei giovani. Si è calcolato che vi abbia presenziato circa un milione di persone di età comprese tra l’adolescenza e la prima età adulta, che approssimativamente viene prolungata fino ai trent’anni.

  Scrivo presenziato, perché di reale partecipazione non  mi pare vi sia stata traccia. E questo è un dato estremamente negativo, soprattutto perché riferito a persone giovani alle quali si vorrebbe trasferire una certa tradizione religiosa.

  E’ del tutto mancato, mi è parso, in quel contesto, una riflessione comunitaria per acquisire consapevolezza storica del significato politico delle  celebrazioni   e della sottostante teologia del Giubileo cattolico, istituito dal Papato in tempi tremendi, sfociati poi nell’efferata violenza stragista delle Crociate (non solo in Palestina). La teologia dell’indulgenza fu tra i principali motivi del distacco, nel Cinquecento, delle Chiese protestanti. Nel 1999, cattolici e luterani hanno convenuto, pur nel paludato lessico curiale, che l’obiezione dei protestanti era del tutto fondata: gran parte delle altre Chiese protestanti hanno poi aderito a quella Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione sottoscritta ad Ausburg (l’antica Augusta).

  Le persone giovani hanno partecipato a riti di massa al centro dei quali è stata posta la glorificazione del Papato e del Papa regnante. Di quest’ultimo  sulla stampa se ne sono magnificate le predicazioni, che a me sono parse piuttosto banali.

  Si è sottolineata la ripresa della spiritualità tra le giovani generazioni in base al rito della confessione di massa al Circo massimo, al centro del quale è stato il clero. Il rito si svolge a tu per tu tra una persona penitente e un sacerdote e tutto rimane confinato tra loro. Manca del tutto la dimensione comunitaria, per la quale non basta il convenire in massa in un certo sito, scelto per il rito.

 Mi pare che sia mancata del tutto ogni traccia di sinodalità, del resto assai difficoltosa in quelle condizioni.

  Negli anni passati le statistiche più affidabili, come la ricerca guidata da Roberto Cipriani ed esposta nel volume L’incerta fede, Franco Angeli 2021, che non sembra aver incontrato il favore della gerarchia ecclesiastica, dimostrano che, nonostante la politica dei grandi eventi  organizzati dalla Santa Sede, il coinvolgimento della gente nella nostra Chiesa è in caduta libera, negli ultimi anni in particolare tra le donne.

   Quella centrata sui grandi eventi è una via sbagliata.

  Ma la gerarchia ecclesiastica, tutta, appare piuttosto autoreferenziale e vi insiste pervicacemente. Diffida della gente e l’approva solo se si manifesta come docile gregge plaudente. In Italia, la riforma del Concordato lateranense del 1984 l’ha resa indipendente economicamente dalle persone di fede (si è osservato che i contribuenti che scelgono la Chiesa cattolica come destinataria del sostegno fiscale dell’8 per mille sono significativamente diminuiti, ma,  per il sistema di ripartizione che conta solo chi ha fatto una scelta e non chi si è astenuto dal farla, ancora l’importo annuale versato alla Conferenza Episcopale Italiana è di quasi un miliardo di euro).

  Dalla massa giovanile convenuta a Roma per quei riti non è giunto alcun apporto sinodale, né tra chi vi ha presenziato né per il resto della Chiesa. Se ne sono contati i numeri, ma non le idee. E’ stata ripresa l’umiliante definizione di papaboys, per riferirsi a quella gente, tutta: vi erano però anche molte girls, che ne pensano di essere state completamente oscurate? Nel processo di sinodalità  che tra mille difficoltà  (prevalentemente gerarchiche e clericali) si è cercato di portare avanti dall’ottobre 2021, ci si era proposti di coinvolgere maggiormente le donne nella vita della Chiesa, e non solo sotto l’aspetto devozionale, ma su questa strada mi pare che si sia fatto veramente poco, a parte l’attribuzione di qualche posto di seconda fila nei gangli istituzionali della Santa Sede.  

  Che traccia lascerà quell’evento?

  Nella Chiesa italiana credo nessuna. Nelle persone che vi hanno presenziato il ricordo di una vacanza romana insieme a tanta gente coetanea e penso  si sia trattato, nel complesso, di un’occasione festosa, anche perché ci si era impegnati a evitare gli eccessi che di solito caratterizzano certi raduni di massa e, almeno per qualche ora, l’esperienza della religiosità in gruppi così numerosi può aver sorretto l’emotività personale.

  Temo il riflesso che questa politica ecclesiastica verso le masse può avere a riguardo dello sviluppo dei processi sinodali che, negli ultimi mesi di papa Francesco che li aveva avviati, già languivano. Quando ci si incontra veramente, emergono i problemi, ma essi sono vissuti dal clero prevalentemente come indisciplina e quindi poco positivamente.

  Sulla nostra storia passata, così tragica e tremenda, si sorvola superficialmente. E’ assente dalla formazione di base dei più, che è ancora prevalentemente devozionale.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli.

 

martedì 15 luglio 2025

Numi. Cristianesimi tra il numinoso e l’agàpe

 

Numi. Cristianesimi tra il numinoso e l’agàpe

 

  Per tradizione familiare mi mandarono al liceo classico e vi studiai un po’ di greco, che poi mi è sempre tornato utile. Entrai in contatto con la religiosità di quel popolo, che era molto profonda e alla quale la nostra, di gente cristiana, è tuttora molto legata. Le idee della nostra fede furono organizzate, alle origini, in comunità che si esprimevano in greco.  Gesù il Nazareno, i suoi primi discepoli e i suoi apostoli appartenevano ad un’altra cultura.

  Le immagini correnti sulla divinità e il mondo superno sono modellate sulla religiosità degli antichi greci, che concepivano l’azione e la presenza di molti dei, nessuno dei quali onnipotente. In questa prospettiva, anche un sovrano terreno poteva essere visto come un dio, quindi come un personaggio straordinario, capace di modellare la storia. Idee più realistiche sul mondo rispetto a quelle, fondamentaliste, del giudaismo del Primo secolo, e degli ebraismi di ogni tempo.  In questi ultimi prese piede l’idea che il favore divino dipenda dall’agire morale. Molto più che da solenni azioni liturgiche accompagnate da sacrifici rituali. Anche noi la pensiamo così. In questo i cristianesimi sono uno sviluppo del giudaismo del Primo secolo, una cultura non limitata alla Palestina, ma già molto diffusa nel Vicino Oriente. Dalla comunità dei giudei stanziati ad Alessandria d’Egitto, uno dei più importanti centri culturali del mondo antico, avemmo la versione della Bibbia ebraica detta Settanta, elaborata, tra il Terzo e il Secondo secolo dell’era antica, da giudei che non erano stati cacciati dalla Palestina, ma che erano migrati in Egitto volontariamente, attirati dalla sua civiltà e prosperità, insediandovisi. Le citazioni  dei Vangeli dai testi della Bibbia giudaica, che nella cultura cristiana vengono indicati come Antico Testamento, sono in genere fatte secondo la versione in greco Settanta, anche se con una certa libertà.

  Definiamo numinosa  una concezione o un’immagine della divinità che  incorpora elementi degli antichi culti politeisti diffusi nelle culture greco-romane.  Ad esempio, il crocifisso non lo è. La statua della  madonna di Fatima che teniamo nella chiesa parrocchiale invece lo è.

 In una visione numinosa si è nelle mani di divinità che chiedono sottomissione e sacrifici per accordarci il loro favore prodigioso. Gli antichi dei venivano immaginati come persone bizzarre e volubili, con tutti i difetti e i vizi dei potenti umani. Capaci di innamorarsi di noi, ma anche veloci all’ira, a mutare idea, e allora erano dolori. Qual era il modello di divinità insegnato dal Maestro? E’ un argomento vastissimo, che richiederebbe una sapienza biblica  e teologica molto superiore alle mie povere competenze in materia. C’è la complicazione che nei Vangeli c’è traccia di diverse concezioni in materia. Al fondo c’è l’idea di una divinità che vuole fare agàpe con noi, in una relazione viva in cui si è solleciti perché si tiene all’altro e si è pronti anche a passar sopra ai torti. Un po’ come avviene in famiglia, quando le cose vanno bene.

  Una concezione numinosa c’è nelle cosiddette apocalissi, cioè di quei brani in cui si parla della fine della storia e del giudizio sul mondo che verrà celebrato in quel momento. In certi tempi sono state prese molto alla lettera, oggi di solito nella predicazione si avverte che si tratta di narrazioni mitiche ed evocative e che non sappiamo precisamente come andrà, anche se il senso sarà quello: la pietà verso i sofferenti avrà grande valore. E, per quanto si inorgogliscano, le potenze della storia saranno ridotte a nulla. Questo ha un riscontro nell’esperienza concreta: le società umane cambiano costantemente e le potenze che esprimono sono sostituite da altre.

  Far tornare i conti con le immaginazioni numinose è facile, appunto perché sono immaginazioni e l’immaginario è nelle nostre mani. Si possono rigirare le cose come si crede, a seconda delle esigenze del momento. La storia dei cristianesimi è piena di questo.

 Quando ci si confronta con il centro del messaggio cristiano, con l’agàpe, è diverso. Perché l’agàpe  è collocata interamente nel mondo reale, così o si realizza o non si realizza, e allora ci si divide e ci si allontana e chi ha la meglio ad un certo punto respinge chi ha avuto la peggio e preme. E’ quello che accade nelle faccende che riguardano l’immigrazione verso di noi.

 Quanto di numinoso si può tollerare a scapito dell’agàpe senza che non ci si possa più dire persone cristiane, vale a dire seguaci di Gesù il Cristo dei cristianesimi? In alcune religiosità, molto, veramente molto. Praticamente tutto, allora, è numinosità. Non  mi scandalizzo, perché siamo povere creature, deboli, e affidarsi al nume consola. Ma non è la mia via. Non mi appassiona.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli