Vite
sprecate?
Si è parlato di “vite sprecate” a
proposito delle persone adolescenti o giù di lì che non vivono le loro secondo
il mito delle vite dei santi giovani proclamati ieri.
L’idea di uno spreco di vita mi
lascia un po’ perplesso. Può essere intesa nel senso che la vita debba essere spesa.
Per come la vedo io, la vita è fatta semplicemente per essere vissuta.
Implica la certezza della sofferenza, per fatti naturali, o per mano propria o
altrui, e la probabilità di far soffrire. Ma anche la possibilità della gioia.
Il Vangelo cristiano esorta alla gioia e a lenire le sofferenze altrui, il che
dà gioia. Una concezione utilitaristica dell’esistenza, come anche la malvagità
di voler far soffrire la gente o di abbandonarla alla sofferenza potendo far
qualcosa, rovina la vita.
Se ci ispiriamo all’esempio
celeste, constatiamo che enorme spreco di risorse ne venga fuori. Lo
scrisse Saul Bellow verso la fine del romanzo Il dono di Humboldt, del
1976: organizzare tutto un sole per riscaldare un povero vecchio in un ospizio.
Ma anche una vita
vissuta male, nella sofferenza e nella malvagità, non può dirsi sprecata,
perché è stata pur sempre vissuta.
La memoria dei santi, è accaduto anche per
Francesco d’Assisi, diviene prigioniera del mito che le viene costruito sopra. Questo
dipende dalla funzione politica della proclamazione della santità di una
persona del passato. La si propone come esemplare, ed esemplare in quanto
perfetta, e perfetta perché conforme a come l’autorità, in un certo tempo
storico, pensa la si voglia in Cielo.
Molti lati della biografia di una persona fatta santa ne possono
risultare omessi o alterati, nella costruzione di una sua leggenda.
Dunque le persone giovani
di oggi dovrebbero essere come i giovani santi fatti ieri?
Nella loro leggenda manca molto di ciò che
impegna ai nostri tempi le persone giovani.
Per dirne una: non c’è
lo sviluppo delle relazioni sessuali, che è uno dei doveri sociali di chi
cresce. E’ la natura a spingere a questo. L’etica sessuale proposta dalla
nostra dottrina morale per le persone giovani è insostenibile. Lo si sa bene. Così
la religiosità delle persone giovani è in genere minata da acuti sensi di
colpa. Faticosamente i più trovano alla fine una loro vita accettata
socialmente anche in religione, ma in
questo la religione non li aiuta. Nella prassi pastorale, vale a dire nelle
relazioni liturgiche, educative e sociali con il clero di prossimità, ci si
passa sopra, dando ai fatti l’importanza che meritano. Si parla, a questo proposito,
di misericordia. Ma la teologia morale è spietata. Sembra che non si
possa che fare così.
Nella vita di uno dei giovani santi di
ieri contò molto la passione politica. Aderì al Partito popolare di Luigi Sturzo
in un momento in cui divenne rischioso farlo, per l’incrudelire del fascismo
mussoliniano. Nel 1921 venne anche arrestato per aver difeso il suo circolo di
Gioventù cattolica dalla polizia. Fu ostile all’alleanza tra popolari e fascisti,
nel primo governo Mussolini. Condannò gli omicidi Minzoni e Matteotti, attuati
per mano della teppaglia fascista. Ho letto che il socialista riformista Filippo Turati lo ricordò
così: «Tra l’odio, la superbia e lo
spirito di dominio e di preda, questo cristiano che crede, e opera come crede,
e parla come sente, e fa come parla, questo intransigente della sua
religione, è pure un modello che può insegnare qualcosa a tutti».
Temo che questa militanza politica abbia costituito a lungo una remora alla
dichiarazione di santità. Ricordo che se ne parlava già quando, verso la fine
degli anni ’70, entrai in FUCI e solo ora arriva. E nella leggenda costruita
sul santo, il suo popolarismo democratico viene un po’ tenuto sullo sfondo.
Egli capì il fascismo mussoliniano molto meglio del Papa che invece con esso
perpetrò i Patti Lateranensi, nel 1929.
L’idea di vite
sprecate mi pare possa nascondere un profondo disprezzo per come le persone
giovani realmente sono, in genere, alla loro età. Perché, con quel metro, sprecate
lo sono gran parte delle vite giovani, anche di quelle degli ottantamila che
erano ieri a piazza San Pietro, per la canonizzazione dei santi giovani.
Di questo ero ben
consapevole quand’ero anch’io un giovane cattolico e ancor più lo sono ora. Nondimeno sono rimasto
cattolico. A modo mio, come diceva Pietro Scoppola, del quale consiglio
la lettura appunto del suo libretto Un cattolico a modo suo, Morcelliana
2008, scritto mentre si avvicinava per lui la fine. Racconta molte cose
interessanti anche della sua gioventù cattolica.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa –
Roma, Monte Sacro Valli.