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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente il secondo, il terzo e il quarto sabato del mese alle 17 e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

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Il sito della parrocchia:

https://www.parrocchiasanclementepaparoma.com/

martedì 11 maggio 2021

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI MEMBRI DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELL'AZIONE CATTOLICA ITALIANA Sala Clementina Venerdì, 30 aprile 2021

 

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI MEMBRI DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELL'AZIONE CATTOLICA ITALIANA

Sala Clementina
Venerdì, 30 aprile 2021

 
Cari fratelli e sorelle,

  Vi saluto con affetto, lieto di incontrarvi nei giorni della vostra diciassettesima Assemblea nazionale, e ringrazio il Presidente nazionale e l’Assistente ecclesiastico generale per le loro parole di introduzione. Desidero offrirvi qualche spunto per tornare a riflettere sul compito di una realtà come l’Azione Cattolica Italiana, in modo particolare dentro un tempo come quello che stiamo vivendo. Seguirò le tre parole azionecattolica e italiana.

1. Azione

  Possiamo chiederci cosa significa questa parola “azione”, e soprattutto di chi è l’azione. L’ultimo capitolo del Vangelo di Marco, dopo aver raccontato l’apparizione di Gesù agli Apostoli e l’invito che Egli rivolse loro ad andare in tutto il mondo e proclamare il Vangelo ad ogni creatura, si conclude con questa affermazione: «Il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano» (16,20). Di chi è dunque l’azione? Il Vangelo ci assicura che l’agire appartiene al Signore: è Lui che ne ha l’esclusiva, camminando “in incognito” nella storia che abitiamo.

  Ricordare questo non ci deresponsabilizza, ma ci riporta alla nostra identità di discepoli-missionari. Infatti il racconto di Marco aggiunge subito dopo che i discepoli «partirono» prontamente «e predicarono dappertutto» (ibid.). Il Signore agiva e loro partivano. Ricordare che l’azione appartiene al Signore permette però di non perdere mai di vista che è lo Spirito la sorgente della missione: la sua presenza è causa – e non effetto – della missione. Permette di tenere sempre ben presente che «la nostra capacità viene da Dio» (2 Cor 3,5); che la storia è guidata dall’amore del Signore e noi ne siamo co-protagonisti. Anche i vostri programmi, pertanto, si propongono di ritrovare e annunciare nella storia i segni della bontà del Signore.

  La pandemia ha mandato all’aria tanti progetti, ha chiesto a ciascuno di confrontarsi con l’imprevisto. Accogliere l’imprevisto, invece che ignorarlo o respingerlo, significa restare docili allo Spirito e, soprattutto, fedeli alla vita degli uomini e delle donne del nostro tempo.

  L’evangelista sottolinea che Gesù “confermava la Parola con i segni”. Cosa significa? Che ciò che mettiamo in atto ha una precisa origine: l’ascolto e l’accoglienza del Vangelo. Ma vuol dire anche che ci dev’essere un legame forte tra ciò che si ascolta e ciò che si vive. Vivere la Parola e proclamare la Parola [connessa] alla vita. Vi invito allora a far sì che la ricerca di una sintesi tra Parola e vita, che rende la fede un’esperienza incarnata, continui a caratterizzare i percorsi formativi dell’Azione Cattolica.

  E parlando dello Spirito, che è quello che ci porta avanti, e parlando del Signore che agiva, che ci accompagna, che è con noi, dobbiamo essere molto attenti a non cadere nell’illusione del funzionalismo. I programmi, gli organigrammi servono, ma come punto di partenza, come ispirazione; quello che porta avanti il Regno di Dio è la docilità allo Spirito, è lo Spirito, la nostra docilità e la presenza del Signore. La libertà del Vangelo. È triste vedere quante organizzazioni sono cadute nel tranello degli organigrammi: tutto perfetto, tutte istituzioni perfette, tutti i soldi necessari, tutto perfetto… Ma dimmi: la fede dov’è? Lo Spirito dov’è? “No, lo stiamo cercando insieme, sì, secondo l’organigramma che stiamo facendo”. State attenti ai funzionalismi. State attenti a non cadere nella schiavitù degli organigrammi, delle cose “perfette”… Il Vangelo è disordine perché lo Spirito, quando arriva, fa chiasso al punto che l’azione degli Apostoli sembra azione di ubriachi; così dicevano: “Sono ubriachi!” (cfr At 2,13).     La docilità allo Spirito è rivoluzionaria, perché è rivoluzionario Gesù Cristo, perché è rivoluzionaria l’Incarnazione, perché è rivoluzionaria la Risurrezione. Anche il vostro invio dev’essere con questa caratteristica rivoluzionaria.

  Quali caratteristiche deve avere l’azione, l’opera dell’Azione Cattolica? Direi prima di tutto la gratuità. La spinta missionaria non si colloca nella logica della conquista ma in quella del dono. La gratuità, frutto maturo del dono di sé, vi chiede di dedicarvi alle vostre comunità locali, assumendo la responsabilità dell’annuncio; vi domanda di ascoltare i vostri territori, sentendone i bisogni, intrecciando relazioni fraterne. La storia della vostra Associazione è fatta di tanti “santi della porta accanto” – tanti! –, ed è una storia che deve continuare: la santità è eredità da custodire e vocazione da accogliere.

  Una seconda caratteristica del vostro agire che vorrei sottolineare è quella dell’umiltà, della mitezza. La Chiesa è grata all’Associazione a cui appartenete, perché la vostra presenza spesso non fa rumore – lasciate che il rumore lo faccia lo Spirito, voi non fate rumore –, ma è una presenza fedele, generosa, responsabile. Umiltà e mitezza sono le chiavi per vivere il servizio, non per occupare spazi ma per avviare processi. Sono contento perché in questi anni avete preso sul serio la strada indicata da Evangelii gaudium. Continuate lungo questa strada: c’è tanto cammino da fare! Questo, per quanto riguarda l’azione.

2. Cattolica – seconda parola.

  La parola “cattolica”, che qualifica la vostra identità, dice che la missione della Chiesa non ha confini. Gesù ha chiamato i discepoli a un’esperienza di forte condivisione di vita con Lui, ma li ha raggiunti là dove vivevano e lavoravano. E li ha chiamati così com’erano. Anche a voi è chiesto di prendere sempre più coscienza che essere “con tutti e per tutti” (cfr Evangelii gaudium, 273) non significa “diluire” la missione, “annacquarla”, ma tenerla ben legata alla vita concreta, alla gente con cui vivete.

  La parola “cattolica” si può dunque tradurre con l’espressione “farsi prossimo”, perché è universale, “farsi prossimo”, ma di tutti. Il tempo della pandemia, che ha chiesto e tuttora domanda di accettare forme di distanziamento, ha reso ancora più evidente il valore della vicinanza fraterna: tra le persone, tra le generazioni, tra i territori. Essere associazione è proprio un modo per esprimere questo desiderio di vivere e di credere insieme. Attraverso il vostro essere associazione, oggi testimoniate che la distanza non può mai diventare indifferenza, non può mai tradursi in estraneità. C’è la cattiva distanza, quella di guardare da un’altra parte, l’indifferenza, la freddezza: io ho il mio, non ho bisogno di…, io vado avanti.

Potete fare molto in questo campo, proprio perché siete un’associazione di laici. Il pericolo è la clericalizzazione dell’Azione Cattolica, ma di questo parleremo un’altra volta, perché sarà troppo lungo… È una tentazione di tutti i giorni. È ancora diffusa la tentazione di pensare che la promozione del laicato – davanti a tante necessità ecclesiali – passi per un maggiore coinvolgimento dei laici nelle “cose dei preti”, nella clericalizzazione. Con il rischio che si finisca per clericalizzare i laici. Ma voi, per essere valorizzati, non avete bisogno di diventare qualcosa di diverso da quello che siete per il Battesimo. La vostra laicità è ricchezza per la cattolicità della Chiesa, che vuole essere lievito, “sale della terra e luce del mondo”.

In particolare, voi laici di Azione Cattolica potete aiutare la Chiesa tutta e la società a ripensare insieme quale tipo di umanità vogliamo essere, quale terra vogliamo abitare, quale mondo vogliamo costruire. Anche voi siete chiamati a portare un contributo originale alla realizzazione di una nuova “ecologia integrale”: con le vostre competenze, la vostra passione, la vostra responsabilità.

  La grande sofferenza umana e sociale generata dalla pandemia rischia di diventare catastrofe educativa ed emergenza economica. Coltiviamo un atteggiamento sapiente, come ha fatto Gesù, il quale «imparò l’obbedienza dalle cose che patì» (Eb 5,8). Dobbiamo chiederci anche noi: cosa possiamo imparare da questo tempo e da questa sofferenza? “Imparò l’obbedienza”, dice la Lettera agli Ebrei, ovvero imparò una forma alta ed esigente di ascolto, capace di permeare l’azione. Metterci in ascolto di questo tempo è un esercizio di fedeltà al quale non possiamo sottrarci. Vi affido soprattutto chi è stato più colpito dalla pandemia e chi rischia di pagarne il prezzo più alto: i piccoli, i giovani, gli anziani, quanti hanno sperimentato la fragilità e la solitudine.

  E non dimentichiamo che la vostra esperienza associativa è “cattolica” perché coinvolge ragazzi, giovani, adulti, anziani, studenti, lavoratori: un’esperienza di popolo. La cattolicità è proprio l’esperienza del santo popolo fedele di Dio: non perdete mai il carattere popolare! In questo senso, di essere popolo di Dio.

3. Terza parola: Italiana

  Il terzo termine è “italiana”. La vostra Associazione è sempre stata inserita nella storia italiana e aiuta la Chiesa in Italia ad essere generatrice di speranza per tutto il vostro Paese. Voi potete aiutare la comunità ecclesiale ad essere fermento di dialogo nella società, nello stile che ho indicato al Convegno di Firenze. E la Chiesa italiana riprenderà, in questa Assemblea [dei Vescovi] di maggio, il Convegno di Firenze, per toglierlo dalla tentazione di archiviarlo, e lo farà alla luce del cammino sinodale che incomincerà la Chiesa italiana, che non sappiamo come finirà e non sappiamo le cose che verranno fuori. Il cammino sinodale, che incomincerà da ogni comunità cristiana, dal basso, dal basso, dal basso fino all’alto. E la luce, dall’alto al basso, sarà il Convegno di Firenze.

  Una Chiesa del dialogo è una Chiesa sinodale, che si pone insieme in ascolto dello Spirito e di quella voce di Dio che ci raggiunge attraverso il grido dei poveri e della terra. In effetti, quello sinodale non è tanto un piano da programmare e da realizzare, ma anzitutto uno stile da incarnare. E dobbiamo essere precisi, quando parliamo di sinodalità, di cammino sinodale, di esperienza sinodale. Non è un parlamento, la sinodalità non è fare il parlamento. La sinodalità non è la sola discussione dei problemi, di diverse cose che ci sono nella società... È oltre. La sinodalità non è cercare una maggioranza, un accordo sopra soluzioni pastorali che dobbiamo fare. Solo questo non è sinodalità; questo è un bel “parlamento cattolico”, va bene, ma non è sinodalità. Perché manca lo Spirito. Quello che fa che la discussione, il “parlamento”, la ricerca delle cose diventino sinodalità è la presenza dello Spirito: la preghiera, il silenzio, il discernimento di tutto quello che noi condividiamo. Non può esistere sinodalità senza lo Spirito, e non esiste lo Spirito senza la preghiera. Questo è molto importante.

  La Chiesa del dialogo è una Chiesa sinodale, che si pone insieme in ascolto dello Spirito e di quella voce di Dio che ci raggiunge attraverso il grido dei poveri e della terra. In genere, anche i peccatori sono i poveri della terra. In effetti, quello sinodale non è tanto un piano da programmare e da realizzare, una decisione pastorale da prendere, ma anzitutto uno stile da incarnare.

  In questo senso la vostra Associazione costituisce una “palestra” di sinodalità, e questa vostra attitudine è stata e potrà continuare ad essere un’importante risorsa per la Chiesa italiana, che si sta interrogando su come maturare questo stile in tutti i suoi livelli. Dialogo, discussione, ricerche, ma con lo Spirito Santo.

  Il vostro contributo più prezioso potrà giungere, ancora una volta, dalla vostra laicità, che è un antidoto all’autoreferenzialità. È curioso: quando non si vive la laicità vera nella Chiesa, si cade nell’autoreferenzialità. Fare sinodo non è guardarsi allo specchio, neppure guardare la diocesi o la Conferenza episcopale, no, non è questo. È camminare insieme dietro al Signore e verso la gente, sotto la guida dello Spirito Santo. Laicità è anche un antidoto all’astrattezza: un percorso sinodale deve condurre a fare delle scelte. E queste scelte, per essere praticabili, devono partire dalla realtà, non dalle tre o quattro idee che sono alla moda o che sono uscite nella discussione. Non per lasciarla così com’è, la realtà, no, evidentemente, ma per provare a incidere in essa, per farla crescere nella linea dello Spirito Santo, per trasformarla secondo il progetto del Regno di Dio.

  Fratelli e sorelle, auguro buon lavoro alla vostra Assemblea. Possa contribuire a far maturare la consapevolezza che, nella Chiesa, la voce dei laici non dev’essere ascoltata “per concessione”, no. A volte la voce dei preti, o dei vescovi, dev’essere ascoltata, e in alcuni momenti “per concessione”; sempre dev’essere “per diritto”. Ma anche quella dei laici “per diritto”, non “per concessione”. Ambedue. Dev’essere ascoltata per convinzione, per diritto, perché tutto il popolo di Dio è “infallibile in credendo”. E benedico di cuore voi e tutte le vostre associazioni territoriali. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me, perché questo lavoro non è per niente facile! Grazie.

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ADDRESS OF THE HOLY FATHER FRANCIS

TO THE MEMBERS OF THE NATIONAL COUNCIL OF ITALIAN CATHOLIC ACTION

Clementina room

Friday, April 30, 2021

 

Dear brothers and sisters,

  I greet you with affection, happy to meet you in the days of your seventeenth National Assembly, and I thank the National President and the General Ecclesiastical Assistant for their introductory words. I would like to offer you some ideas to return to reflect on the task of a reality such as Italian Catholic Action, especially in a time like the one we are experiencing. I will follow the three words action, Catholic and Italian.

1. Action

  We can ask ourselves what this word "action" means, and above all whose action is it. The last chapter of the Gospel of Mark, after recounting the apparition of Jesus to the Apostles and the invitation that He addressed to them to go into the whole world and proclaim the Gospel to every creature, ends with this affirmation: "The Lord he acted together with them and confirmed the Word with the signs that accompanied it "(16:20). Whose action is it then? The Gospel assures us that action belongs to the Lord: it is He who has the exclusive right, walking "incognito" in the history we live in.

  Remembering this does not take our responsibility away, but brings us back to our identity as missionary disciples. In fact, Mark's account adds immediately after the disciples "departed" promptly "and preached everywhere" (ibid.). The Lord acted and they left. Remembering that action belongs to the Lord, however, allows us to never lose sight of the fact that the Spirit is the source of the mission: his presence is the cause - and not the effect - of the mission. It allows us to always keep in mind that "our ability comes from God" (2 Cor 3: 5); that history is guided by the love of the Lord and we are co-protagonists of it. Your programs, therefore, also aim to rediscover and announce the signs of the Lord's goodness in history.

  The pandemic has blown many projects, it has asked everyone to deal with the unexpected. Welcoming the unexpected, instead of ignoring or rejecting it, means remaining docile to the Spirit and, above all, faithful to the life of the men and women of our time.

 The evangelist emphasizes that Jesus "confirmed the Word with signs". What does it mean? That what we do has a precise origin: listening to and welcoming the Gospel. But it also means that there must be a strong link between what you hear and what you experience. Live the Word and proclaim the Word [connected] to life. I therefore invite you to ensure that the search for a synthesis between Word and life, which makes faith an embodied experience, continues to characterize the formative paths of Catholic Action.

  And speaking of the Spirit, which is what carries us forward, and speaking of the Lord who acted, who accompanies us, who is with us, we must be very careful not to fall into the illusion of functionalism. The programs, the organization charts serve, but as a starting point, as an inspiration; what brings forth the Kingdom of God is docility to the Spirit, it is the Spirit, our docility and the presence of the Lord. The freedom of the Gospel. It is sad to see how many organizations have fallen into the trap of organization charts: all perfect, all perfect institutions, all the necessary money, all perfect ... But tell me: where is faith? Where is the Spirit? "No, we are looking for it together, yes, according to the organization chart we are doing". Beware of functionalisms. Be careful not to fall into the slavery of organization charts, of "perfect" things ... The Gospel is disorder because the Spirit, when it arrives, makes a noise to the point that the action of the Apostles seems like the action of drunks; so they said: "They're drunk!" (cf.Acts 2:13). Docility to the Spirit is revolutionary, because Jesus Christ is revolutionary, because the Incarnation is revolutionary, because the Resurrection is revolutionary. Your mailing must also be with this revolutionary feature.

  What characteristics must the action, the work of Catholic Action have? I would say first of all free of charge. The missionary thrust does not lie in the logic of conquest but in that of the gift. Gratuitousness, the mature fruit of the gift of self, asks you to dedicate yourselves to your local communities, assuming the responsibility of proclamation; it asks you to listen to your territories, feeling their needs, weaving fraternal relationships. The history of your Association is made up of many “saints next door” - many! -, and it is a story that must continue: holiness is an inheritance to be preserved and a vocation to be welcomed.

  A second characteristic of your actions that I would like to emphasize is that of humility, meekness. The Church is grateful to the Association to which you belong, because your presence often makes no noise - let the Spirit make the noise, you don't make noise - but it is a faithful, generous, responsible presence. Humility and meekness are the keys to living the service, not to occupy spaces but to start processes. I am happy because in recent years you have taken seriously the path indicated by Evangelii Gaudium. Continue along this road: there is a long way to go! This, as far as the action is concerned.

2. Catholic - second word.

  The word "catholic", which qualifies your identity, says that the mission of the Church has no boundaries. Jesus called the disciples to an experience of strong sharing of life with him, but he reached them where they lived and worked. And he called them as they were. You too are asked to become ever more aware that being "with everyone and for everyone" (cf. Evangelii gaudium, 273) does not mean "diluting" the mission, "watering it down", but keeping it well linked to concrete life, to the people with whom live.

  The word "Catholic" can therefore be translated with the expression "make yourself a neighbor", because it is universal, "make yourself a neighbor", but of all. The time of the pandemic, which has asked and still asks to accept forms of distancing, has made the value of fraternal closeness even more evident: between people, between generations, between territories. Being an association is precisely a way to express this desire to live and believe together. Through your being an association, today you are witnessing that distance can never become indifference, it can never translate into strangeness. There is bad distance, that of looking the other way, indifference, coldness: I have mine, I don't need ..., I go forward.

You can do a lot in this area, precisely because you are a lay association. The danger is the clericalization of Catholic Action, but we will talk about this another time, because it will take too long ... It is an everyday temptation. There is still a widespread temptation to think that the promotion of the laity - in the face of so many ecclesial needs - involves a greater involvement of the laity in the "things of the priests", in clericalization. With the risk that we end up clericalizing the laity. But you, in order to be valued, do not need to become something other than what you are by Baptism. Your secularity is richness for the catholicity of the Church, which wants to be leaven, "salt of the earth and light of the world".

In particular, you lay people of Catholic Action can help the whole Church and society to rethink together what kind of humanity we want to be, what land we want to inhabit, what world we want to build. You too are called to make an original contribution to the realization of a new "integral ecology": with your skills, your passion, your responsibility.

  The great human and social suffering generated by the pandemic risks becoming an educational catastrophe and an economic emergency. We cultivate a wise attitude, as did Jesus, who "learned obedience from the things he suffered" (Heb 5: 8). We too must ask ourselves: what can we learn from this time and suffering? "He learned obedience", says the Letter to the Hebrews, that is, he learned a high and demanding form of listening, capable of permeating action. Listening to this time is an exercise in fidelity which we cannot escape from. Above all, I entrust to you those who have been most affected by the pandemic and those who risk paying the highest price: the little ones, the young, the elderly, those who have experienced fragility and loneliness.

  And let's not forget that your associative experience is "Catholic" because it involves children, young people, adults, the elderly, students, workers: an experience of the people. Catholicity is precisely the experience of the holy faithful people of God: never lose your popular character! In this sense, to be God's people.

 

3. Third word: Italian

  The third term is "Italian". Your Association has always been inserted in Italian history and helps the Church in Italy to be a generator of hope for your whole country. You can help the ecclesial community to be a leaven of dialogue in society, in the style I indicated at the Florence Convention. And the Italian Church will resume, in this Assembly [of Bishops] in May, the Florence Convention, to remove it from the temptation to archive it, and it will do so in the light of the synodal journey that the Italian Church will begin, which we do not know how it will end and we do not know the things that will come out. The synodal journey, which will begin from every Christian community, from below, from below, from below to above. And the light, from top to bottom, will be the Florence Convention.

  A Church of dialogue is a synodal Church, which listens to the Spirit and to that voice of God who reaches us through the cry of the poor and of the earth. In fact, the synodal plan is not so much a plan to be programmed and implemented, but above all a style to be embodied. And we must be precise when we speak of synodality, of a synodal journey, of synodal experience. It is not a parliament, synodality is not a parliament. Synodality is not the only discussion of problems, of various things that exist in society ... It is beyond. Synodality is not looking for a majority, an agreement on pastoral solutions that we have to make. Only this is not synodality; this is a nice "Catholic parliament", okay, but it is not synodality. Because the Spirit is missing. What makes the discussion, the "parliament", the search for things become synodality is the presence of the Spirit: prayer, silence, discernment of all that we share. There can be no synodality without the Spirit, and there is no Spirit without prayer. This is very important.

  The Church of dialogue is a synodal Church, which listens to the Spirit and to that voice of God who reaches us through the cry of the poor and of the earth. Generally, even sinners are the poor of the earth. In fact, the synodal plan is not so much a plan to be programmed and implemented, a pastoral decision to be taken, but above all a style to be embodied.

  In this sense, your Association constitutes a "training ground" of synodality, and this attitude of yours has been and will continue to be an important resource for the Italian Church, which is wondering how to develop this style in all its levels. Dialogue, discussion, research, but with the Holy Spirit.

  Your most precious contribution can come, once again, from your secularism, which is an antidote to self-referentiality. It is curious: when true secularism is not lived in the Church, one falls into self-referentiality. Making a synod is not looking in the mirror, not even looking at the diocese or the Episcopal Conference, no, that's not it. It is walking together behind the Lord and towards the people, under the guidance of the Holy Spirit. Secularism is also an antidote to abstractness: a synodal path must lead to making choices. And these choices, to be practicable, must start from reality, not from the three or four ideas that are fashionable or that have come up in the discussion. Not to leave reality as it is, no, evidently, but to try to affect it, to make it grow in the line of the Holy Spirit, to transform it according to the plan of the Kingdom of God.

  Brothers and sisters, I wish your Assembly good work. May it help to develop the awareness that, in the Church, the voice of the laity must not be listened to "by concession", no. Sometimes the voice of priests, or bishops, must be heard, and in some moments "by concession"; always must be "by right". But also that of the laity "by right", not "by concession". Both. It must be listened to out of conviction, by right, because all the people of God are "infallible in believing". And I cordially bless you and all your territorial associations. And please don't forget to pray for me, because this job is not easy at all! Thank you.