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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente il secondo, il terzo e il quarto sabato del mese alle 17 e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

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Il sito della parrocchia:

https://www.parrocchiasanclementepaparoma.com/

sabato 2 novembre 2019

Note per un tirocinio di democrazia 10.3.


Note per un tirocinio di democrazia  10.3.

  Ho trattato di valori  e regole  e definito la democrazia  un sistema di valori  che produce anche regole, che valgono finché corrispondono ai valori di riferimento, che cambiano con il cambiare della società perché sono elementi culturali. Come l’essere umano cambia aspetto e mentalità nel corso della sua vita, pur venendo riconosciuto come la medesima persona, così anche i suoi valori. E questo può dirsi anche per i valori sociali. I valori individuali e  sociali, in quanto elementi del patrimonio culturale sociale, possono essere trasmessi, da individuo a individuo, all’interno di gruppi sociali e tra gruppi sociali diversi, da società in società, e nella tradizione mutano. Può, infine, accadere che un valore sia dismesso, abbandonato, per la fine di individui, gruppi sociali, società senza tradizione o perché non corrisponde più alle cognizioni o esigenze sociali. Tradizione significa trasmettere parti di un patrimonio culturale. E’ un processo che ha necessità di un agente di tradizione, un soggetto che trasmette, e un ambiente sociale ricettivo, un soggetto che riceve. Il processo di tradizione comporta sempre una inculturazione  per la quale ciò che viene trasmesso viene accolto secondo la cultura del ricevente. E’ un principio di tradizione sociale del quale si ebbe antica consapevolezza e del quale trattò anche il teologo medievale Tommaso D’Aquino, vissuto nel Duecento,  nella sua grande opera Somma Teologica:

Le persone non possono conoscere se non ciò per cui sono predisposte, o per conoscenze precedenti, o per qualche interesse personale, o per attitudine naturale, o per volontà  divina, perché, tutto ciò che si riceve, si riceve secondo le capacità di chi riceve.
 Animae vero separatae non possunt cognoscere per huiusmodi species, nisi  solum singularia illa ad quae quodammodo determinatur, vel per precedentem cognitionem, vel per aliquam affectionem, vel per naturalem abitudinem, vel per divinam ordinatione, quia omne quod recipituri in aliquo, determinatur in eo secundum modum recipentis.
[Summa Theologiae, 1° p., q.89, a.4  - brano reperito mediante ricerca sul WEB – traduzione libera mia]

 Perché ho inserito questa citazione, non certo compresa nelle mie competenze specifiche? Perché questo principio, intuitivo, vale a dire rientrante nell’esperienza di ciascuno e di tutti, che i lasciti culturali sono recepiti secondo le culture proprie delle società che li recepiscono, avendo come conseguenza che tradizione  significa  inculturazione  e quindi, inevitabilmente, nel processo di mediazione culturale,  modifica, è particolarmente spinoso nella teologia cattolica, e in particolare in quella normativa, in cui si fa questione di regole   e quindi di  disciplina  ecclesiastica (con riferimento a vescovi, preti e religiosi) ed ecclesiale (che riguarda tutti), che tende a considerare eresia  ogni modifica nel processo di tradizione ed inculturazione, in definitiva come se quest’ultima fosse peccato e colpisse la Chiesa, dividendola, allontanandone le sue componenti. Ma la dottrina di Tommaso d’Aquino e della scuola dei pensatori che a lui si ispirarono è considerata ancora particolarmente autorevole fra i cattolici, tanto che nell’Ottocento, con l’enciclica Aeternis Patris, diffusa il 4 agosto 1879, il papa Vincenzo Gioacchino Pecci – Leone 13°, regnante in religione tra il 1873  e il 1903, lo stesso che nel 1891 diffuse la prima enciclica della dottrina sociale moderna, la Le Novità – Rerum Novarum, deliberò:

  Noi dunque, mentre dichiariamo che si deve accogliere con aperto e grato animo tutto ciò che sapientemente è stato detto e che è stato inventato ed escogitato utilmente da chicchessia, esortiamo Voi tutti, Venerabili Fratelli, a rimettere in uso la sacra dottrina di San Tommaso e a propagarla il più largamente possibile, a tutela e ad onore della fede cattolica, per il bene della società, e ad incremento di tutte le scienze. Diciamo la dottrina di San Tommaso. Infatti, se qualche cosa fu cercata dagli Scolastici con eccessiva semplicità o insegnata con poca ponderazione; se ve n’è qualche altra che non si accordi pienamente con gl’insegnamenti certi dei tempi più recenti, o infine se ve n’è qualcuna che in qualunque modo non merita di essere accettata, non intendiamo che sia proposta all’età presente, perché la segua.
   Per il resto, i maestri scelti da Voi con saggio discernimento cerchino di far penetrare negli animi dei discepoli la dottrina di San Tommaso d’Aquino, e mettano in luce lo spessore e l’eccellenza di essa a preferenza di tutte le altre. Le Accademie da Voi fondate o che si fonderanno la illustrino e la difendano, e se ne valgano per confutare gli errori correnti. Affinché poi non si abbia ad attingere la dottrina supposta invece della genuina, né la corrotta invece della pura, fate in modo che la sapienza di San Tommaso sia prelevata dalle sue proprie fonti, o per lo meno da quei rivi che, usciti dallo stesso fonte, scorrono ancora puri e limpidissimi, secondo il sicuro e concorde giudizio dei dotti. Da quei ruscelli, poi, che pur si dicono sgorgati di là, ma di fatto crebbero da acque estranee e per niente salubri, procurate di tener lontani gli animi dei giovani.

in quanto, e citò il suo predecessore Innocenzo 6°, regnante tra il 1352 e il 1362,«La dottrina di questo (di Tommaso) possiede sopra tutte le altre, eccettuata la canonica, la proprietà delle parole, la forma del dire, la verità delle sentenze; così che non è mai capitato che abbiano deviato dalla verità quelli che l’hanno professata, e sempre sono stati sospetti circa la verità quelli che l’hanno impugnata». e ciò venne inteso nel senso che il pensiero di Tommaso d’Aquino, esposto nei suoi molti scritti, fosse quello da tener presente nel distinguere, in teologia e in filosofia, il vero dal falso. Insomma, nell’incalzare dei mutamenti dei tempi si cercò in definitiva di far retrocedere il processo di inculturazione, accreditando una dottrina del Duecento e un metodo, quelli degli Scolastici, quindi della filosofia cristiana medievale, molto centrato sul tentativo di difendere con l’uso della ragione le verità di fede consacrate nella dogmatica cristiana, e divenute quindi  anche regole, leggi del Papato per i cattolici,  essenzialmente confrontandosi con le concezioni sulla natura fisica e vivente degli antichi maestri, in particolare del greco Aristotele (vissuto nel 4° secolo dell’era antica) facendone il discrimine per decidere se accettare le  novità (e la seconda metà dell’Ottocento fu un tempo a partire dal quale le novità in tutti i campi delle società umane divennero travolgenti, e anche nel campo delle filosofie).  Questo armamentario ideologico fu purtroppo usato nell’ultima grande persecuzione ideologica attuata dal Papato nei tempi moderni, quella che travagliò duramente i primi vent’anni circa del Novecento, e che ebbe come vittime non tanto innovatori teologici, ma riformatori sociali e culturali, ad esempio come coloro che pensavano di poter progettare una  democrazia cristiana. Tempi passati,  nei quali , ad esempio, si contrastò duramente l’idea che in religione si potesse invocare la libertà di coscienza e nei quali, di conseguenza, si pose come valore l’obbedienza alle superiori autorità religiose anche contro  la propria coscienza.
 Nell’elenco di proposizioni erronee allegato all’enciclica Con quanta cura - Quanta Cura diffusa nel 1864 dal papa Giovanni Maria Mastai Ferretti – Pio 9°, denominato Sillabo [=elenco],  vennero condannate le seguenti affermazioni:

XIII. Il metodo e i principi, coi quali gli antichi Dottori scolastici coltivarono la teologia, non si confanno alle necessità dei nostri tempi e al progresso delle scienze.
XV. È libero ciascun uomo di abbracciare e professare quella religione che, sulla scorta del lume della ragione, avrà reputato essere vera.

 Nell’enclicica si cita la precedente Voi vi meravigliate - Mirari  vos con la quale nel 1832 il papa  Gregorio 16° aveva dichiarato  delirio l’idea che «la libertà di coscienza e dei culti essere un diritto proprio di ciascun uomo che si deve proclamare e stabilire per legge in ogni ben ordinata società ed i cittadini avere diritto ad una totale libertà che non deve essere ristretta da nessuna autorità ecclesiastica o civile, in forza della quale possano palesemente e pubblicamente manifestare e dichiarare i loro concetti, quali che siano, sia con la parola, sia con la stampa, sia in altra maniere

 In realtà la possibilità, e anche la doverosità, di opporre una obiezione di coscienza in nome dei valori  faceva parte del deposito di fede evangelico, come del resto  è stato poi riconosciuto, cambiati i tempi, nel corso del Concilio Vaticano 2° (1962-1965), nel quale, ad esempio nel decreto  Della dignità umana – Dignitatis humanae  si legge:

Libertà religiosa e rapporto dell'uomo con Dio
3. Quanto sopra esposto appare con maggiore chiarezza qualora si consideri che norma suprema della vita umana è la legge divina, eterna, oggettiva e universale, per mezzo della quale Dio con sapienza e amore ordina, dirige e governa l'universo e le vie della comunità umana. E Dio rende partecipe l'essere umano della sua legge, cosicché l'uomo, sotto la sua guida soavemente provvida, possa sempre meglio conoscere l'immutabile verità. Perciò ognuno ha il dovere e quindi il diritto di cercare la verità in materia religiosa, utilizzando mezzi idonei per formarsi giudizi di coscienza retti e veri secondo prudenza.
  La verità, però, va cercata in modo rispondente alla dignità della persona umana e alla sua natura sociale: e cioè con una ricerca condotta liberamente, con l'aiuto dell'insegnamento o dell'educazione, per mezzo dello scambio e del dialogo con cui, allo scopo di aiutarsi vicendevolmente nella ricerca, gli uni rivelano agli altri la verità che hanno scoperta o che ritengono di avere scoperta; inoltre, una volta conosciuta la verità, occorre aderirvi fermamente con assenso personale.
L'uomo coglie e riconosce gli imperativi della legge divina attraverso la sua coscienza, che è tenuto a seguire fedelmente in ogni sua attività per raggiungere il suo fine che è Dio. Non si deve quindi costringerlo ad agire contro la sua coscienza.   
  E non si deve neppure impedirgli di agire in conformità ad essa, soprattutto in campo religioso. Infatti l'esercizio della religione, per sua stessa natura, consiste anzitutto in atti interni volontari e liberi, con i quali l'essere umano si dirige immediatamente verso Dio: e tali atti da un'autorità meramente umana non possono essere né comandati, né proibiti. Però la stessa natura sociale dell'essere umano esige che egli esprima esternamente gli atti interni di religione, comunichi con altri in materia religiosa e professi la propria religione in modo comunitario.
 Si fa quindi ingiuria alla persona umana e allo stesso ordine stabilito da Dio per gli esseri umani, quando si nega ad essi il libero esercizio della religione nella società, una volta rispettato l'ordine pubblico informato a giustizia.
In oltre gli atti religiosi, con i quali in forma privata e pubblica gli esseri umani con decisione interiore si dirigono a Dio, trascendono per loro natura l'ordine terrestre e temporale delle cose. Quindi la potestà civile, il cui fine proprio è di attuare il bene comune temporale, deve certamente rispettare e favorire la vita religiosa dei cittadini, però evade dal campo della sua competenza se presume di dirigere o di impedire gli atti religiosi.
[…]
Libertà dell'atto di fede
10. Un elemento fondamentale della dottrina cattolica, contenuto nella parola di Dio e costantemente predicato dai Padri, è che gli esseri umani sono tenuti a rispondere a Dio credendo volontariamente; nessuno, quindi, può essere costretto ad abbracciare la fede contro la sua volontà. Infatti, l'atto di fede è per sua stessa natura un atto volontario, giacché gli essere umani, redenti da Cristo Salvatore e chiamati  in Cristo Gesù ad essere figli adottivi, non possono aderire a Dio che ad essi si rivela, se il Padre non li trae  e se non prestano a Dio un ossequio di fede ragionevole e libero. È quindi pienamente rispondente alla natura della fede che in materia religiosa si escluda ogni forma di coercizione da parte degli esseri umani. E perciò un regime di libertà religiosa contribuisce non poco a creare quell'ambiente sociale nel quale gli esseri umani possono essere invitati senza alcuna difficoltà alla fede cristiana, e possono abbracciarla liberamente e professarla con vigore in tutte le manifestazioni della vita.
Modo di agire di Cristo e degli apostoli
11. Dio chiama gli esseri umani al suo servizio in spirito e verità; per cui essi sono vincolati in coscienza a rispondere alla loro vocazione, ma non coartati. Egli, infatti, ha riguardo della dignità della persona umana da lui creata, che deve godere di libertà e agire con responsabilità. Ciò è apparso in grado sommo in Cristo Gesù, nel quale Dio ha manifestato se stesso e le sue vie in modo perfetto. Infatti Cristo, che è Maestro e Signore nostro, mite ed umile di cuore  ha invitato e attratto i discepoli pazientemente. Certo, ha sostenuto e confermato la sua predicazione con i miracoli per suscitare e confortare la fede negli uditori, ma senza esercitare su di essi alcuna coercizione. Ha pure rimproverato l'incredulità degli uditori, lasciando però la punizione a Dio nel giorno del giudizio. Mandando gli apostoli nel mondo, disse loro: « Chi avrà creduto e sarà battezzato, sarà salvo. Chi invece non avrà creduto sarà condannato » (Mc 16,16), ma conoscendo che la zizzania è stata seminata con il grano, comandò di lasciarli crescere tutti e due fino alla mietitura che avverrà alla fine del tempo. Non volendo essere un messia politico e dominatore con la forza  preferì essere chiamato Figlio dell'uomo che viene « per servire e dare la sua vita in redenzione di molti » (Mc 10,45). Si presentò come il perfetto servo di Dio (19) che « non rompe la canna incrinata e non smorza il lucignolo che fuma » (Mt 12,20). Riconobbe la potestà civile e i suoi diritti, comandando di versare il tributo a Cesare, ammonì però chiaramente di rispettare i superiori diritti di Dio: « Rendete a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio » (Mt 22,21). Finalmente ha ultimato la sua rivelazione compiendo nella croce l'opera della redenzione, con cui ha acquistato agli esseri umani la salvezza e la vera libertà. Infatti rese testimonianza alla verità, però non volle imporla con la forza a coloro che la respingevano. Il suo regno non si erige con la spada  ma si costituisce ascoltando la verità e rendendo ad essa testimonianza, e cresce in virtù dell'amore con il quale Cristo esaltato in croce trae a sé gli esseri umani.
  Gli apostoli, istruiti dalla parola e dall'esempio di Cristo, hanno seguito la stessa via. Fin dal primo costituirsi della Chiesa i discepoli di Cristo si sono adoperati per convertire gli esseri umani a confessare Cristo Signore, non però con un'azione coercitiva né con artifizi indegni del Vangelo, ma anzitutto con la forza della parola di Dio, Con coraggio annunziavano a tutti il proposito di Dio salvatore, « il quale vuole che tutti gli uomini si salvino ed arrivino alla conoscenza della verità » (1 Tm 2,4); nello stesso tempo, però, avevano riguardo per i deboli, sebbene fossero nell'errore, mostrando in tal modo come «ognuno di noi renderà conto di sé a Dio» (Rm 14,12) (24) e sia tenuto ad obbedire soltanto alla propria coscienza. Come Cristo, gli apostoli hanno sempre cercato di rendere testimonianza alla verità di Dio, arditamente osando dinanzi al popolo e ai principi di « annunziare con fiducia la parola di Dio » (At 4,31) (25). Con ferma fede ritenevano che lo stesso Vangelo fosse realmente la forza di Dio per la salvezza di ogni credente (26). Sprezzando quindi tutte « le armi carnali »  seguendo l'esempio di mansuetudine e di modestia di Cristo, hanno predicato la parola di Dio (28) pienamente fiduciosi nella divina virtù di tale parola del distruggere le forze avverse a Dio e nell'avviare gli esseri umani alla fede e all'ossequio di Cristo (29), Come il Maestro, così anche gli apostoli hanno riconosciuto la legittima autorità civile: « Non vi è infatti potestà se non da Dio », insegna l'Apostolo, il quale perciò comanda: « Ognuno sia soggetto alle autorità in carica... Chi si oppone alla potestà, resiste all'ordine stabilito da Dio » (Rm 13,1-5) (30). Nello stesso tempo, però, non hanno avuto timore di resistere al pubblico potere che si opponeva alla santa volontà di Dio: « È necessario obbedire a Dio prima che agli uomini » (At 5,29) (31). La stessa via hanno seguito innumerevoli martiri e fedeli attraverso i secoli e in tutta la terra.
La Chiesa segue le tracce di Cristo e degli apostoli
12. La Chiesa pertanto, fedele alla verità evangelica, segue la via di Cristo e degli apostoli quando riconosce come rispondente alla dignità dell'uomo e alla rivelazione di Dio il principio della libertà religiosa e la favorisce. Essa ha custodito e tramandato nel decorso dei secoli la dottrina ricevuta da Cristo e dagli apostoli. E quantunque nella vita del popolo di Dio, pellegrinante attraverso le vicissitudini della storia umana, di quando in quando si siano avuti modi di agire meno conformi allo spirito evangelico, anzi ad esso contrari, tuttavia la dottrina della Chiesa, secondo la quale nessuno può essere costretto con la forza ad abbracciare la fede, non è mai venuta meno.
  Il fermento evangelico ha pure lungamente operato nell'animo degli esseri umani e molto ha contribuito perché gli uomini lungo i tempi riconoscessero più largamente e meglio la dignità della propria persona e maturasse la convinzione che la persona nella società deve essere immune da ogni umana coercizione in materia religiosa.

  C’è stato sicuramente, tra il 1832, quando il Papato considerò delirio  la libertà di coscienza in materia religiosa, e il 1965, quando il Concilio Vaticano 2° in unione con il Papato la dichiarò invece rispondente alla dignità dell'uomo e alla rivelazione di Dio, un evoluzione delle regole,  perché tutti i documenti ecclesiastici che ho citato sono principalmente leggi  della Chiesa cattolica, anche se hanno interesse anche in vari altri ambiti come quello prettamente culturale, storico, sociologico, politico. Nel prenderli in considerazione è emerso un valore sicuramente evangelico, in base al quale in definitiva si sono adeguate, riscritte, e in qualche modo rovesciate,  le vecchie regole,  vale a dire quello della  dignità umana, dalla quale scaturisce quello della libertà di coscienza, sicuramente praticato fin dalle origini, dallo stesso Maestro che la esercitò ad esempio sulla questione del rispetto del precetto religioso ebraico del riposo sabatico, e dai suoi primi seguaci, ad esempio quando l’apostolo Pietro così si espresse rivolgendosi alle autorità religiose che l’accusavano:

26 l comandante delle guardie partì subito con i suoi uomini per arrestare di nuovo gli apostoli, ma senza violenza, perché temevano di essere presi a sassate dalla gente. 27  Li portarono via e li fecero comparire davanti al tribunale. Il sommo sacerdote cominciò ad accusarli:  «Noi vi avevamo severamente proibito di insegnare nel nome di quell’uomo, e voi invece avete diffuso il vostro insegnamento per tutta Gerusalemme. Per di più, volete far cadere su di noi la responsabilità della sua morte».  Ma Pietro e gli apostoli risposero: «Si deve ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini.  Ora, il Dio dei nostri padri ha fatto risorgere Gesù, quello che voi avete fatto morire inchiodandolo a una croce.  Dio lo ha innalzato accanto a sé, come nostro capo e Salvatore per offrire al popolo d’Israele l’occasione di cambiare vita e di ricevere il perdono dei peccati.  «Noi siamo testimoni di questi fatti: noi e lo *Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli ubbidiscono».  I giudici del tribunale ebraico, sentendo queste cose, furibondi volevano eliminare gli apostoli.
[Atti degli apostoli, 5, 26-33 – Traduzione interconfessionale in lingua corrente ABU-LDC]

  Questo comporta che nell’evangelizzazione e nel tentativo di trasformare la società perché sia ordinata in linea con valori evangelici,  colui che riceve  è importante, non è solo materia trasformabile arbitrariamente da chi tramanda, e va rispettato nella sua cultura, perché ad ogni persona va riconosciuta, e questo è un principio di fede, una dignità inviolabile.
 Ebbene, il valore della dignità inviolabile della persona umana è anche uno dei principali valori della democrazia come attualmente la si intende, trova fondamento nelle prime  dichiarazioni dei diritti  risalenti al Settecento e al movimento dell’Illuminismo,  ma è il risultato anche di una inculturazione di un valore evangelico nella cultura democratica che, nella sua attuale estensione che comprende anche l’ideale di una realizzazione concreta di un ordine internazionale pacifico,  è piuttosto recente, e in particolare risale agli anni successivi alla Seconda Guerra mondiale (1939-1945) e ha visto la più spettacolare attuazione storica nel processo di costruzione dell’unità europea su scala continentale, nel quale i cristiano democratici, in particolare quelli italiani fortemente ispirati dalla dottrina sociale, ebbero un ruolo determinante. Questo sviluppo politico è connotato da una forte accentuazione dell’elemento della solidarietà  sociale all’interno e tra i popoli, rispetto alle più risalenti  dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Molto significativa è stata la  concreta realizzazione  di principi che, anche se solennemente in precedenza proclamati in atti ufficiali, non avevano impedito discriminazioni sociali e mortifere evoluzioni politiche, come, ad esempio, quella che caratterizzò il breve  e cruento corso della rivoluzione politica democratica nella Francia di fine Settecento, sfociata poi, in definitiva, nel breve volgere di  sedici anni in un impero assoluto e in ulteriori stragi belliche, conservando poi più che altro valore sociale, di riforma di costumi e mentalità, in particolare anche nelle questioni religiose e nell’atteggiamento verso le Chiese.
 Di questo valore, insieme evangelico e democratico, si dovrebbe insegnare a fare tirocinio fin dalla prima infanzia, prima ancora di avere la capacità di intenderne l’espressione culturale, religiosa e politica, e molto prima di poter esercitare i diritti di elettorato politico, ma anche al di fuori dell’ambiente politico di governo centrale o locale. In ogni comunità, anche la più piccola, anche ad esempio nella famiglia, bisognerebbe provarsi a impersonare il valore della dignità umana, provando e riprovando, correggendosi in ciò che si vede che non va. A maggior ragione in ogni occasione sociale di una parrocchia. Questo valore è qualcosa che si inizia a sperimentare, del resto, fin da bimbi molto piccoli, nell’amorevole accudimento che si riceve da chi svolge il ruolo di genitore nella famiglia in cui ci si trova inseriti, una dedizione senza alcun altro contraccambio che la nostra vita, dove si  gioisce quindi della vita di un altro puramente e semplicemente, tenendolo accanto a sé, proteggendolo: è ciò che, imparato ancor prima di iniziare a parlare, si è poi potenzialmente capaci di attuare nei rapporti con gli altri. Questa gioia, in questo tipo di relazioni benevolenti, è una manifestazione dell’agàpe, il massimo valore in un fede in cui è scritto che O Theòs agàpe estìn. Anche questo valore dell’agàpe   è insieme evangelico e democratico, nelle concezioni democratiche profondamente inculturate dalla nostra fede nei suoi sviluppi più recenti. Anche le concezioni democratiche hanno subito quindi una veloce evoluzione, animate in particolare da componenti cristiane: è ciò che, appunto, ai tempi nostri manifesta una sorta di eclissi  che giustamente preoccupa.
Mario Ardigò – Azione Cattolica  in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli