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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

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Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

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domenica 3 novembre 2019

Ardigò Achille, “Notte in sottopalco” / “Night in the under-stage”, in L’Appello/ The Appeal, 1-11-1945 / November 1, 1945


Ardigò Achille, “Notte in sottopalco” / “Night in the under-stage”, in L’Appello/ The Appeal, 1-11-1945 / November 1, 1945

[nota biografica e storica: Achille Ardigò (1921-2008), cristiano cattolico e cattolico democratico al seguito di Giuseppe Dossetti,  fu partigiano nella Bologna occupata dall’armata tedesca guidata dai nazisti, al tempo in cui la città nell'Emilia fu sottoposta al dominio della fascista Repubblica sociale mussoliniana detta  di Salò, dal borgo sul lago di Garda dove avevano sede i suoi uffici di governo, giornalista, politico nella Democrazia Cristiana, per la quale fu consigliere comunale a Bologna e membro del Consiglio Nazionale, professore universitario di sociologia a Bologna, dove gli è stato intitolato il Dipartimento di sociologia.
  La guerra partigiana di Resistenza iniziò in Italia nel settembre 1943, dopo l’arresto di Benito Mussolini (25-7-1943) e l’armistizio del Regno d’Italia con gli Alleati (8-9-43), e terminò nell’aprile 1945. Dal 25-7-1943 il Governo del Regno d’Italia fu presieduto dal generale maresciallo d’Italia  Pietro Badoglio. La famiglia reale Savoia e il Governo decisero di abbandonare Roma e di riparare a Brindisi il 9-9-1943, in Puglia, nell’Italia meridionale occupata dalle Forze degli alleati: questa venne considerata una fuga disonorevole.
  Bologna fu liberata dalle forze partigiane e dalle Forze Alleate, il 21-4-1945; Milano, a seguito dell’insurrezione generale proclamate dal Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, il 25-4-1945. Nel Nord Italia la guerra continuò ancora per qualche giorno, nella ritirata delle forze tedesche che continuò a fare  morti e feriti e distruzioni. La resa delle Forze armate tedesche in Italia e dalla Repubblica sociale italiana fu firmata il 2-5-1945.
 Nel febbraio ’44 si era nei mesi della più dura repressione politica dei nazisti e dei loro alleati fascisti. Nella città operavano formazioni partigiane, come pure sui monti intorno. Nell’estate di quell’anno, tra il 17 giugno e il 1 agosto, le forze partigiane riuscirono a istituire e difendere, sulle montagne vicino alla città di Modena, sull’Appennino emiliano, a Montefiorino ed alcuni altri paesi vicino,  una Repubblica  democratica, che precorse quella proclamata  il 18 giugno 1946, all’esito del referendum istituzionale che si era svolto il precedente 2 giugno per decidere se l’Italia dovesse essere monarchia o repubblica.
 Il brano che trascrivo qui sotto  è tratto da al periodico settimanale L’Appello, diretto da Raimondo Manzini, pubblicato in Bologna dal 1 novembre 1945. Una mia parente ne ha ritrovato e fotografato una copia]
Mario Ardigò


[biographical and historical note: Achille Ardigò (1921-2008), a Christian Catholic and democratic Catholic in the wake of Giuseppe Dossetti, was a partisan in Bologna occupied by the German army led by the Nazis, when  the city in Emilia was subjected  to the domain of the fascist Mussolini Social Republic called of Salò, from the village on Lake Garda where its government offices, journalist, politician in the Christian Democratic Party was based, for which he was a town councilor in Bologna and a member of the National Council, a university professor of sociology in Bologna, where the Sociology department is named after him.
The Resistance partisan war began in Italy in September 1943, after the arrest of Benito Mussolini (25-7-1943) and the armistice of the Kingdom of Italy with the Allies (8-9-43), and ended in April 1945. From 25-7-1943 the Government of the Kingdom of Italy was presided over by the general Marshal of Italy Pietro Badoglio. The Savoy royal family and the Government decided to leave Rome and to make up for Brindisi in 9-9-1943, in Puglia, in southern Italy occupied by the Allied Forces: this was considered a dishonorable escape.
  Bologna was liberated by the partisan forces and the Allied Forces, on 21.4.1945; Milan, following the general uprising proclaimed by the National Liberation Committee of Upper Italy, on 25.4.1945. In northern Italy the war continued for a few more days, in the retreat of the German forces which continued to cause deaths and injuries and destruction. The surrender of the German Armed Forces in Italy and by the Italian Social Republic was signed on 2-5-1945.
  In February of the 1944, the Nazis and their fascist allies had the hardest political repression. Partisan formations operated in the city, as well as on the surrounding mountains. In the summer of that year, between June 17 and August 1, the partisan forces succeeded in establishing and defending, in the mountains near the city of Modena, in the Emilian Apennines, in Montefiorino and some other neighboring countries, a Democratic Republic , which preceded the one proclaimed June 18, 1946, following the institutional referendum that took place on June 2 to decide whether Italy should be a monarchy or a republic.
  The song I transcribe below is taken from the weekly magazine L’Appello/ The Appeal, directed by Raimondo Manzini, published in Bologna from  November 1, 1945. A relative of mine has found and photographed a copy of the publication]

Notte in sottopalco
di Achille Ardigò

[After the text in Italian, I public the text in English. The translation was done with the help of Google Translator]


 Pomeriggio d’un giorno velato di pioggia del febbraio ’44. La solita tristezza della città in attesa, mentre le granate scoppiano a tratti, lassù, fra quelle colline buie, da cui sembra debbano sorgere d’un tratto e poi rovinare a valle le infrante schiere dei barbari.
  I nostri animi sono induriti e chiusi, come in un pugno, contro l’insulto tirannico e contro il freddo.
 Arrivano certi momenti che occorre premere forte sulla bocca per non urlare… urlare quelle parole di libertà e riscossa, che domani suoneranno false di nuova retorica, ma che oggi ci fanno piangere di non letteraria ebbrezza. E intanto lo sdegno s’appesantisce ogni giorno più, sopra quest’irti pensieri e nei battiti di questo sangue malato di esasperazione.
  E’ venuto da me, improvvisamente, Roberto, il comandante del battaglione.
  Le S.S. [Schutzstaffeln - Squadre di sicurezza - corpo militare tedesco composto di volontari nazisti; in Italia e altrove fu prevalentemente  impiegato nella repressione politica] hanno arrestato Egisto - mi ha detto con la sua calma meditata che i dolori e gli entusiasmi non turbano. - Forse lo pedinavano da qualche giorno, dopo l’affare del «mitra».
 - Temo ci abbiano scoperti tutti, del centro; conviene cambiar aria, prima che sia troppo tardi.
 - Andremo da Gianni.
  Poche parole di saluto in casa; dico alla mamma che mi porti da mangiare domani, in piazza C., a mezzogiorno, e me ne vado prima di scorgere la commozione contenuta e profonda di quel volto segnato da tutte le sofferenze. Mi turba il pensiero d’apparire ai suoi occhi e al suo cuore, che sente i miei stessi palpiti, qualcosa di romantico; no, sono un povero diavolo che non sa neppure sparare un colpo di pistola. Porto via il libri e i fogli proibiti, un pezzo di pane e una mela, la stilografica piena e un po’ di carta bianca. caso mai dovessi rimanere l0ontano a scrivere il nostro piccolo giornale di battaglia «La Punta».
  Si va per l’umile strada, verso quartieri devastati dalle bombe, mentre ci penetra in corpo qualcosa, che non sai se pioggia o nebbia, e mette un brivido sottile di malinconia.
 Coi nostri passi cammina la sera, pallidi s’accendo in chiarori dei negozi e dei caffè e la gente pare indugi con piacere nell’ultime vie luminose, prima di entrare in periferia, senza illuminazione elettrica e senza vita.
 - Sarà bene prendere un punch, dato che stanotte patiremo il freddo - dice Roberto.
  Il calore della bevanda risveglia in me zampilli di euforia estetica che sembra decisa a non separarsi mai neppure dalle mie più scavate e disperate meditazioni. Mi sento camminare, m’inquadro in una sequenza finale d’un film di rievocazioni risorgimentali, godo della luce di un lampione che ci investe all’improvviso e rende incerti i contorni delle persone vicine.
 Intono, con la voce interna, una sinfonia che accompagni il nostro passo trionfale, una sinfonia sempre più ampia col motivo iniziale preso e rilanciato con forza montante, faccio intervenire tutta l’orchestra, solenne ed eroicamente tumultuosa, con le vibrazioni che si ripercuotono nel petto e sembra farlo scoppiare.
 Mi sovviene dell’unico pezzo wagneriano che conosco.
  Se dovessi morire, vorrei morire così - penso- avvolto da questa commozione di grandezza trasumana. Sono certo che allora pronuncerei una frase di quelle che restano, che fanno epoca, che sono scritte nei libri delle elementari. Penso ancora che se mi mettessero in qualche prigione, da solo, pregherei Iddio per avere, ogni sera, questi attimi di fermento epico, per scrivere le pagine più ispirate della mia opera nova su «L’avvenire della democrazia» - o forse mi contenterei di fissare con mano tremante le parole d’una dolce lettera all’amico dell’anima.
 «Ti scrivo da una cella del carcere di …. tormentato dal freddo e dall’arida solitudine…».
***
  Ma l’oscurità della via, dove abita Gianni, si getta d’improvviso contro questo colpevole fantasticare. Impreco all’evasione furtiva dei sentimenti svagati che  sabotano  ogni dolore; non voglio dimenticarmi di lui,  della prima sera di carcerato del nostro giovane amico, delle sue vere sofferenze.
  Roberto si preoccupa del perduto collegamento con la squadra di Egisto.
  - Però, se torna fuori gliene dico quattro…
  - Non ha mai voluto farmi conoscere uno dei suoi. Ora se ne accorge!
 -  gli sta bene, se la scampa…
   Prima di suonare da Gianni, al terzo piano d’una delle ultime case della via, ci fermiamo ad una finestra della scala, che guarda, fra una selva di comignoli, laggiù i nostri colli. Ci si accorge all’ora dell’insolito fracasso delle granate. E’ un temporale di colpi, un sibilare rabbioso e più vicino che mai, e poi scoppi, così forti che ci allagano il respiro.
  - Hanno iniziato l’attacco, - dico - potrebbe essere la volta buona.
 - E’ probabile - mi risponde, piano, Roberto dopo aver fatto il conto delle batterie in azione.
  E rimane lì, con le braccia sul davanzale, ad ascoltarsi il canto ritmico dei cannoni, lui, allievo ufficiale di complemento che ricorda il suo «pezzo» di quando era in Croazia [regione dei Balcani invasa dagli italiani durante la Seconda Guerra Mondiale] con lo stesso amore con cui parla degli studi di medicina.
  - Se mi arruolo con gli Inglesi, torno in artiglieria…
  Ci fanno attendere Gianni nella sua stanza.
  Roberto si ferma a guardare la copertina d’un romanzo, dove un impiccato pende da un ferro sporgente da un’alta casa.
  Gli è entrato in faccia un improvviso turbamento, così strano per lui, il più coraggioso dei nostri. E’ come se avesse ricevuto uno di quei misteriosi preannunci di morte, di cui spesso abbiamo discusso; ma è forse la pioggia, la solita pioggia di fine inverno, che addensa tristezze in  fondo all’anima.
***
 Il saluto di Gianni è un risveglio; contro la sicurezza del suo entusiasmo non c’è malaugurio che tenga. Siamo venuti da lui per nasconderci. Egli è visibilmente contento di questo; di offrirci ospitalità, finalmente, nel suo decantato rifugio - «che neppure un reggimento di brigate nere [è la denominazione di un reparto militare di volontari fascisti - nota mia] potrebbe scoprire». La «formidabile organizzazione Gianni» si mette in moto.
  Ci conduce fuori; entriamo in un sentiero con attorno solo macerie e un ponticello nebbioso. Apre la porta di una casa che  è invece il teatrino parrocchiale, tutto danneggiato, tutto danneggiato dall’esplosioni. Ci conduce in palcoscenico, toglie alcune assi mobili al centro e s’apre quella buca da cui sorgono, incerte terribili rappresentazioni delle compagnie drammatiche della parrocchia, le anime in pena, avvolte nel lenzuolo, o qualche fata - di quelle col cono in testa, che brilla per la stagnola dorata - o la morte, fra vampate di magnesio.
  Il sottopalco non ha tuttavia fiamme e demoni ma tanta polvere e lana sporca frammista a vetri rotti. Mi sembra  d’iniziare una di quelle audaci avventure di ragazzi, alla ricerca di un posto segreto per il tesoro, fatto di spade, d’archi, di lance di legno. Gianni raccoglie la lana, stacca due porte e le mette sopra di quella, come lenzuolo, come lenzuolo, scompare ritorna con tante coperte, l’accompagna un nostro iscritto del luogo, portando cuscini troppo belli, del piano troppo bianco, delle grosse mele e del salamino di maiale autentico. Accediamo due candelotti da chiesa. L’amico dalla splendida anima d’apostolo, se ne va con rimpianto. Restiamo noi tre, sotto, a guardarci infantilmente felici. Si ricalano le assi sopra le teste. Attimi di polvere e di soddisfazione: siamo soli. Spartite le provviste, comincio a masticare il pane bianco e il salame vero,  con la lentezza golosa che rigusta i profumi e sapori da gran tempo scordati. Poi, ognuno si stende, si ricopre, s’acqueta, sotto la legnosa volta. Riprendiamo a parlare, piano, quasi qualcuno stesse in ascolto, per scoprirci.  Gianni racconta come riuscì a non andare in Germania.
  preso che veniva giù dalla «banda», con la rivoltella in tasca.
 - Ci condussero in un paese di qua dal Po. Prima di entrare alla visita, ho aperto l’«Imitazione di Cristo». Il versetto parlava della fiducia in Dio. Ho avuto la certezza di essere salvo. Il medico che visitava era un mio conoscente.
 - Inabile, n.3. Foglio di viaggio per il ritorno.
 Quel pomeriggio ho fatto più di 40 Km, a piedi, per tornare. Ne avrei fatti anche 80. Il Signore mi ha nelle sue mani.
  Pensiamo tutti e tre alle stesse cose, ai nostri compagni dell’Appennino, a quelli che sono in prigione, a Zagnini che soffre a Mauthausen, ad Egisto, al nostro movimento che vorremmo sempre puro e deciso  come oggi, ad Angelo.
  Pensiamo alle ingiustizie del mondo, alle colpe antiche e recenti dei ricchi; ad un Cristianesimo d’avanguardia. Sento venirmi alla bocca amare parole di condanne che domani lancerò sul volto dei ricchi insensibili che si dichiarano cristiani.
  Si muovono i topi attorno a noi, ora che i candelotti sono spenti.
  Mi nasce, all’improvviso, il desiderio di piangere, su questo mondo così strano, sul cuore mio giovane, che solo ora par comprenda la vita. Ho voglia di piangere, come uno di quei bambini scalzi e abbandonati, che dormirono accanto a Gavroche, nel ventre dell’elefante (1)
                                                                                                                                  Achille Ardigò

(1) Gavroche: è un personaggio del romanzo I Miserabili  di Victor Hugo. E’ un monello di strada.L’elefante  a cui si accenna nell’articolo è un statua a forma di elefante utilizzata da Gavroche come rifugio.

Night in the under-stage
by Achille Ardigò

  Afternoon rain veiled in February of 1944. The usual sadness of the waiting city, while the grenades burst at times, up there, among those dark hills, from which it seems they should rise suddenly and then ruin downstream the broken ranks of the barbarians.
   Our souls are hardened and closed, as in a fist, against the tyrannical insult and against the cold.
  Certain moments arrive when it is necessary to press hard on the mouth not to scream ... to shout those words of freedom and liberation, which tomorrow will sound false of new rhetoric, but which today make us cry of not literary intoxication. And in the meantime the indignation gets more heavy every day, over these thoughts and in the beating of this sick blood of exasperation.
   Suddenly Roberto, the battalion commander, came to me.
  The S.S. [Schutzstaffeln - Security teams - German military corps composed of Nazi volunteers; in Italy and elsewhere he was mainly employed in political repression] they arrested Aegisthus - he told me with his calm thought that the pains and enthusiasms do not upset. - Perhaps they followed him for a few days, after the "miter" affair.
  - I'm afraid they all discovered us, from the center; it's better to change the air before it's too late.
  - We'll go to Gianni.
   A few words of greeting at home; I say to my mother that you bring me food tomorrow, in Piazza C., at noon, and I leave before I see the contained and profound emotion of that face marked by all suffering. I am troubled by the thought of appearing to his eyes and his heart, which feels my own heartbeats, something romantic; no, I'm a poor devil who can't even shoot a gunshot. I take away the banned books and sheets, a piece of bread and an apple, the full fountain pen and a bit of white paper. in case you ever have to stay away to write our little newspaper "La Punta / The Tip".
   We go to the humble street, to districts devastated by bombs, while something penetrates us, which you don't know if it is rain or fog, and puts a subtle shudder of melancholy.
  With our steps, we walk in the evening, pale in the clarity of shops and cafes, and people seem to linger with pleasure in the last luminous streets, before entering the suburbs, without electric lighting and without life.
  - It will be good to take a punch, since we will suffer the cold tonight - says Roberto.
   The heat of the drink awakens in me spurts of aesthetic euphoria that seems determined never to be separated even from my most desperate and desperate meditations. I feel myself walking, framed in a final sequence of a movie of re-enactment re-enactments, I enjoy the light of a lamppost that suddenly hits us and makes the contours of people close to us uncertain.
  With the internal voice, I strike up a symphony that accompanies our triumphant step, an ever wider symphony with the initial motif taken and raised with upright force, I make the whole orchestra intervene, solemn and heroically tumultuous, with the vibrations that affect the chest and seems to make it burst.
  I remember the only Wagnerian piece I know.
   If I were to die, I would like to die like this - I think - wrapped in this emotion of transhuman greatness. I am sure that then I would pronounce a sentence of those that remain, that make epoch, that are written in the books of the elementary ones. I still think that if they put me in some prison, alone, I would pray to God to have, every evening, these moments of epic ferment, to write the most inspired pages of my work on "The future of democracy" - or maybe I would be happy to fix the words of a sweet letter to the soul's friend with a trembling hand.
 "I'm writing to you from a cell in the prison of ... tormented by cold and barren solitude ... ».
***
  But the darkness of the street, where Gianni lives, suddenly throws itself against this guilty daydreaming. Imprecise at the furtive evasion of distracted feelings that sabotage every pain; I don't want to forget about him, about the first night of our young friend's prison, his real sufferings.
  Roberto worries about the lost connection with Egisto's team.
  - But if he comes back, I'll tell him four ...
  - He never wanted to introduce me to one of his. Now you realize it!
 - it suits him, if he survives...
   Before playing at Gianni's, on the third floor of one of the last houses in the street, we stop at a window on the staircase, which looks down our hills from a forest of chimneys. One notices at the time of the unusual grenade crash. It is a thunderstorm of blows, an angry hissing and closer than ever, and then bursts, so strong that they flood our breath.
They started the attack, - I say - it could be the right time.
  - It is probable - he answers, slowly, Roberto after having done the count of the batteries in action.
   And he remains there, with his arms on the windowsill, listening to the rhythmic song of the cannons, he, an official student of the piece that remembers his "artillery piece" of when he was in Croazi a[Balkan region invaded by Italians during the Second World War] with the same love with which he speaks about his medical studies.
   - If I enlist with the English, I'll be back in the artillery ...
   They make us wait for Gianni in his room.
   Roberto stops to look at the cover of a novel, where a hanged man hangs from an iron protruding from a high house.
   A sudden upset came into his face, so strange for him, the bravest of ours. It is as if he had received one of those mysterious announcements of death, which we have often discussed; but it is perhaps the rain, the usual rain at the end of winter, which thickens sadness at the bottom of the soul.
***
  Gianni's greeting is a revival; against the security of his enthusiasm there is no ill omen to take. We came to him to hide. He is visibly happy with this; to offer us hospitality, finally, in his vaunted refuge - "that not even a regiment of black brigades [is the name of a military unit of fascist volunteers - my note] could discover". The "formidable organization of Gianni" is set in motion.
  Leads us out; we enter a path with only rubble around and a foggy bridge. It opens the door of a house that is instead the parochial theater, all damaged, all damaged by explosions. He takes us to the stage, removes some moving axes in the center and opens the hole from which they arise, uncertain terrible representations of the dramatic companies of the parish, the souls in pain, wrapped in the sheet, or some fairy - of those with the cone on their head, which shines with the golden foil - or death, between magnesium flushes.
 However, the under-stage does not have flames and demons but a lot of dust and dirty wool mixed with broken glass. I seem to start one of those daring adventures of boys, looking for a secret place for the treasure, made of swords, bows, wooden spears. Gianni picks up the wool, takes off two doors and puts them on top of it, like a sheet, like a sheet, disappears and comes back with lots of blankets, accompanied by one of our local writers, carrying cushions that are too beautiful, too white, big apples and authentic pork sausage. We access two church candles. The friend with the splendid soul of an apostle leaves with regret. The three of us remain below, looking at each other childishly happy. The boards are set above the heads. Moments of dust and satisfaction: we are alone. Share the provisions, I begin to chew the white bread and the real salami, with the greedy slowness that stokes the scents and flavors long forgotten. Then, each one stretches out, covers himself, subdued, under the woody vault. We continue to talk, slowly, almost as if someone were listening, to discover us. Gianni tells how he managed not to go to Germany.
  They had caught him coming down from the "band", with the revolver in his pocket.
  - They took us to a village on the other side of the Po. Before entering the visit, I opened the "Imitation of Christ". The verse spoke of trust in God. I was certain that I was safe. The doctor he was visiting was an acquaintance of mine.
  - Disabled, No. 3 Return journey sheet.
  That afternoon I did more than 40 km, on foot, to return. I would have done 80 as well. The Lord has me in his hands.
   We all think of the same things, our comrades from the Apennines, those in prison, Zagnini who suffers at Mauthausen, Egisto, our movement, which we would always like to have as pure and resolute as today, to Angelo.
  We think of the injustices of the world, of the ancient and recent faults of the rich; to an avant-garde Christianity. I feel myself coming to my mouth bitter words of condemnations that tomorrow I will cast on the faces of the insensitive rich who declare themselves Christians.
   The mice move around us now that the sticks are off.
   Suddenly, the desire to cry is born to me, on this world so strange, on my heart my young man, that only now he understands life. I want to cry, like one of those barefoot and abandoned children, who slept next to Gavroche, in the belly of the elephant (1)
                                                                                                                                   Achille Ardigò

(1) Gavroche: is a character in the novel I Miserabili by Victor Hugo. He is a street brat. The elephant mentioned in the article is an elephant-shaped statue used by Gavroche as a refuge.