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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente il secondo, il terzo e il quarto sabato del mese alle 17 e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

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Il sito della parrocchia:

https://www.parrocchiasanclementepaparoma.com/

lunedì 1 aprile 2019

Sensibilità democratica / Democratic sensibility


Sensibilità democratica / Democratic sensibility

Note: after the Italian text there is the translation in English, done with the help of Google Translator. I tried to correct, within the limits of my knowledge of English, some inaccuracies that automatic translation still inevitably entails. I have experimented that even with these inaccuracies the translation allows us to be understood by those who speak English, in the many national versions of the world, or who use it as a second or third language. It is the function that in ancient times carried out the Greek. Trying to be understood by other peoples corresponds to an ancient vocation of the Church of Rome, which is still current.


La democrazia repubblicana è stata costruita in Italia con il contributo determinante di cattolici orientati dalla dottrina sociale e capaci di pensiero sociale. L’ambiente sociale che ne è derivato non ha avuto tuttavia un’impronta confessionale, non è stato modellato solo per i cattolici, ma per tutti. Questo ha consentito di correggere ciò che di confessionale si è cercato di arbitrariamente di introdurre o vi si era insinuato fin dagli inizi.
  Indubbiamente la questione dell’influenza, molto rilevante, esercitata dal potente apparato politico della gerarchia cattolica si è fatta sentire e ha condizionato la storia della Repubblica democratica, come era avvenuto fin dall’inizio dell’unità nazionale, ma anche durante le guerre e i moti per realizzarla, e, ancor prima, nella storia politica dei popoli italiani dal Quarto secolo.
  Durante la fase della democrazia repubblica la gerarchia cattolica ha sempre cercato un rapporto politico privilegiato con quello che Gianni Baget Bozzo definì il partito cristiano, la Democrazia Cristiana, ma che, per la sua genesi, per la provenienza dei suoi principali esponenti, per l’origine del suo pensiero sociale e, infine, per il suo prevalente elettorale, più propriamente si sarebbe dovuto definire partito cattolico.
  La Democrazia Cristiana,  dal canto suo, cercò, soprattutto dagli anni ’80, di sviluppare maggiormente la propria autonomia politica dai vescovi italiani e dal Papato romano, a quei tempi impegnato su tutt’altro fronte, nella transizione dell’Europa orientale dai regimi comunisti. Questo al fine di indurre anche in Italia una transizione politica, verso un sistema democratico non centrato su un unico partito politico, appunto la Democrazia Cristiana, ma sull’alternanza dialettica tra coalizioni organizzate da quella forze ed altre di ispirazione socialista, nel quadro di una vasta condivisioni di valori nel quadro del sistema dello stato di diritto, quindi di un sistema di limiti che preservasse dal dispotismo.
  La storia poi evolse in modo molto diverso da quello che si immaginava. L’influenza molto rilevante che nel dopoguerra fu esercitata dagli Stati Uniti d’America, che era politica ma anche culturale, portò all’emergere anche in Italia di una mentalità che vedeva nel liberismo economico e nelle conseguenti politiche per realizzarlo la via per guarire la società dalla pesante pressione che il sistema dei partiti di governo esercitava sull’economia, mediante l’imposizione tributaria e il debito pubblico. Essa era indispensabile   per  assicurarsi il mantenimento di una sufficiente  base elettorale mediante un programma di elargizioni pubbliche a varie categorie, nel quadro di quello che venne chiamato  consociativismo, e che significava che ciascuna forza condizionava il proprio appoggio all’ottenimento di risorse pubbliche. Il sistema consociativo diventava sempre più costoso.
  Si pensò che, lasciando libero corso alle forze dell’economia, facendo arretrare l’intervento pubblico e  deregolando  i mercati, si sarebbero eliminate le inefficienze di gestione, sarebbero prevalsi i migliori mediante la selezione esercitata al mercato libero,  e ciascun attore economico, mirando al proprio esclusivo interesse e arricchendosi sfruttando le opportunità del liberismo, avrebbe fatto sgocciolare  benessere anche nella società in generale, facendone beneficiare tutti (oggi, avendo sperimentato quel modello, sappiamo che le cose vanno diversamente: si produce solo una concentrazione progressiva della ricchezza a beneficio di pochi).
 Quell’orientamento prevalse in Europa negli anni ’90, sfruttando opportunisticamente la crisi terminale dei socialismi europei, seguita alle  loro veloci metamorfosi subite nel decennio precedente per uscire dal tipo di organizzazione politica del partito e dello stato del marxismo-leninismo di scuola staliniana (da Iosif Stalin - 1878/1953 - dal 1926 alla morte  despota assoluto dell’Unione Sovietica, succeduta all’impero zarista nel 1917).
  La dialettica politica italiana di governo fu quindi, fino al 2013, tra forze liberiste estranee al pensiero sociale cattolico, da una parte, e, dall’altra, forze contrarie a quell’impostazione, rimanendo quindi centrale la questione del liberismo economico, non più, come in passato, quella della democrazia popolare. Cominciò allora a venir meno una base culturale comune del sistema democratico, costituita dal sistema dei diritti fondamentali sociali, che sono quelli indicati nella prima parte della Costituzione repubblicana e che sono riassunti nel comma 2° dell’art. 3:
 E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
  Dal 2013 iniziò un’ulteriore veloce evoluzione, caratterizzata dal progressivo disgregarsi del tessuto sociale e politico della nazione. Un mutamento veloce e radicale con carattere propriamente rivoluzionario, come dichiarato dai suoi protagonisti, attuato tuttavia democraticamente, in un quadro di legittimità costituzionale, ma evolvendo verso un assetto diverso. 
 Se ne è trattato nel numero 5/2018 della rivista bolognese Il Mulino. Nel processo  di accumulazione generato dal liberismo economico, è scritto nell’editoriale, c’è chi ha vinto e chi ha perso, e chi ha vinto non riconosce alcuna obbligazione di giustizia nei confronti del perdenti. Questo, dopo la lunga crisi economica iniziata nel 2007, ha alimentato un sentimento di rancore in larghe parti della popolazione dei Paesi occidentali, e una corrispondente diffidenza nei confronti della democrazia, che non ha saputo creare rimedi sociali adeguati, e quindi sta generando una reazione  democratica illiberale a un liberalismo non democratico. Prevale infatti una concezione maggioritaria della democrazia, per la quale chi vince prende tutto: ciò tende ad erodere quel  terreno comune  sul qual venne fondata la nostra democrazia repubblicana e deliberata la Costituzione vigente. «Tutto, dalle politiche ambientali a quelle economiche, dalla sicurezza alla libertà di espressione, diventa oggetto di scontro  tra partiti e coalizioni  che promettono ai propri elettori di condurli in un mondo che essi possano considerare “a propria immagine e somiglianza”.» Tutti i legami sociali sono concepiti come negoziabili, al modo di ciò che avviene nelle dinamiche di mercato, e si cerca di essere più forti per prevalere nel negoziato, nell’interesse del proprio gruppo di riferimento, secondo l’ideologia espressa in Occidente dal presidente statunitense Donald Trump.
  Ne consegue, osserva Paolo Pombeni, in quel fascicolo della rivista, «che sta vendo meno  quel ruolo del governo come “governo di tutti” che è uno dei pilastri del costituzionalismo occidentale». E’ un principio che, arduo da rispettare nella prassi, si era cercato comunque di rendere almeno percepibile. «Se nello svolgimento del loro lavoro gli esecutivi avevano quasi sempre trovato il modo di avere un occhio di particolare riguardo per la coalizione che li aveva messi in carica (governi monopartitici  in senso proprio non ne sono mai esistiti nella nostra storia repubblicana)  - scrive Pombeni - si doveva difendere il principio di un esercizio del potere che puntava alla garanzia dei diritti di tutti i cittadini. Questo sta venendo meno con l’appello sempre più frequente ai “diritti della maggioranza”.»
  In questa situazione i cattolici italiani possono, e quindi debbono, svolgere un ruolo molto importante nell’indurre un recupero di basi comuni condivise per la convivenza civile e l’azione politica, per contrastare la disgregazione sociale. Essi infatti costituiscono una delle poche forze sociali, e comunque la maggiore di esse, che possiedono la base ideologica che serve. La hanno nella dottrina sociale, che di lato livello culturale,  è stata molto estesa rispetto alle sue origini e, da un certo punto di vista, può essere considerata, nel complesso, un vero e proprio manuale di costruzione sociale, continuamente aggiornato secondo i tempi. E, per di più, a livello planetario, non limitato ad una singola nazione. Un risultato che è stato possibile ottenere per la caratteristica organizzazione ecclesiale della Chiesa cattolica, che se dà molti problemi in certi campi, ad esempio per il suo eccessivo accentramento sul Papato romano e per l’accentuato clericalismo e carrierismo gerarchico, ha fornito l’opportunità di realizzare una specie di ONU religiosa in cui tutto il mondo ha in qualche maniera effettiva voce, ma molto più coesa di quella politica.  La Chiesa cattolica italiana ha altre importanti opportunità: una rete sociale capillare, resa stabile dall’azione di un clero di base totalmente ad essa dedicata; una rete di agenzie culturali di alto livello, vale a dire le Università pontificie; un sistema di finanziamento pubblico ingente e automatico, gestito autonomamente dalla Chiesa stessa.
 Il problema è che, questa volta, a differenza di ciò che accadde  dopo la caduta del fascismo mussoliniano, nel 1945, non basta che l’azione sociale sia esercitata da una classe ristretta di personale appositamente formato alla cultura democratica  e che tutti  gli altri si limitino a seguire le indicazioni di voto del Papato. Siamo infatti in un ambiente in cui quel modello di intervento sociale non fa più presa e questo, da un lato, per la forte laicizzazione della politica popolare, per cui non basta più la pretesa dell’obbedienza gerarchica a motivare la gente, e, dall’altro, perché, nel clima di laicizzazione spinta, occorrerebbe una formazione popolare alla politica democratica che è stata a lungo trascurata, salvo che nell’Azione Cattolica. Vale a dire che quella parte della dottrina morale che  è costituita dalla dottrina sociale non rientra in genere nei programmi di catechismo di base, che per molte persone rimane l’unico della loro vita. E non si tratta solo di ignorare i documenti di base di quella parte del Magistero, ma soprattutto di mancanza di un tirocinio pratico, per cui, anche leggendoli, poi non si sa come metterli in pratica, in istituzioni ecclesiali in genere improntate ad un certo clericalismo, alle quali quindi si partecipa per lo più come comparse di uno spettacolo diretto da altri, quando non proprio da semplici spettatori.
 La formazione che serve dovrebbe essere organizzata per tutte le età. Per gli adulti dovrebbe essere fatta in piccoli gruppi di approfondimento e tirocinio, perché il tirocinio è innanzi tutto tirocinio al dialogo e se si è in troppi non si riesce a farlo. Si può pensare poi che queste esperienze possano diffondersi ed essere replicate. Lo scopo del tirocinio democratico è appunto quello di rendere ciascuno capace di generare autonomamente, nei propri ambienti di riferimento, esperienze simili. In una parrocchia, un’occasione importante di tirocinio democratico possono essere proprio le varie istituzioni parrocchiali, nei vari servizi che sono attivati e nel tentativo di creare un tessuto armonioso tra i gruppi che prevalentemente si limitano ad abitare gli spazi parrocchiali come lo si fa in un condominio.
 La gente c’è, ma, come sa chiunque tenti di organizzare qualsiasi esperienza associativa, non è facile convocarla per il tempo sufficiente e, soprattutto, ottenere un impegno continuativo. Si partecipa distrattamente agli ambienti sociali in cui si vive e questo è uno dei motivi dell’incipiente disgregazione sociale. L’altro è l’insufficiente capacità di ascoltare gli altri, per cui ciascuno dice la propria ed è soddisfatto così. E non sempre ci si esprime apertamente, esponendosi al confronto dialettico. In ambiente clericale c’è il costume deleterio di criticare gli altri sussurrando nelle orecchie dei superiori. E’ la maldicenza, la lingua fatta pugnale, che spesso il Papa critica nei suoi discorsi pubblici.  Un male comune nelle parrocchie cattoliche, che travaglia la vita dei nostri bravi preti di base.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli

Democratic sensibility

  Republican democracy was built in Italy with the decisive contribution of Catholics oriented by social doctrine and capable of social thought. However, the resulting social environment did not have a confessional imprint, it was not only modeled for Catholics, but for everyone. This made it possible to correct what the confessional was tried to arbitrarily introduce or had crept in from the beginning.
  Undoubtedly the question of influence, very significant, exercised by the powerful political apparatus of the Catholic hierarchy has made itself felt and has influenced the history of the Democratic Republic, as had happened since the beginning of national unity, but also during wars and uprisings to achieve it, and, even before, in the political history of Italian peoples from the fourth century.
   During the phase of republican democracy the Catholic hierarchy has always sought a privileged political relationship with what Gianni Baget Bozzo called the Christian party, the Democrazia Cristiana (Christian democracy), but which, due to its genesis, the origin of its main exponents, for the origin of his social thought and, finally, for his prevailing electoral, more properly he would have had to define Catholic party.
The Christian Democratic Party, for its part, tried, especially since the 1980s, to develop its own political autonomy from the Italian bishops and from the Roman Papacy, which at that time was engaged on a completely different front, in the transition of Eastern Europe from the communist regimes . This in order to induce a political transition also in Italy, towards a democratic system not centered on a single political party, precisely the Christian Democrats, but on the dialectical alternation between coalitions organized by that forces and others of socialist inspiration, within the framework of a vast sharing of values ​​within the framework of the system of the rule of law, and therefore of a system of limits that preserved from despotism.
  The story then evolved very differently from what we imagined. The very significant influence that was exercised in the post-war period by the United States of America, which was political but also cultural, led to the emergence in Italy of a mentality that saw economic liberalism and the consequent policies to make it the way to heal the society from the heavy pressure that the system of government parties exerted on the economy, through taxation and public debt. It was essential to ensure the maintenance of a sufficient electoral base through a program of public donations to various categories, within the framework of what was called consociativismo, and that meant that each force conditioned its support to obtaining public resources. The consociational system became increasingly expensive.
  It was thought that, by freeing up the forces of the economy, by moving back the public intervention and deregulating the markets, management inefficiencies would be eliminated, the best would have prevailed through the selection exercised on the free market, and each economic actor, aiming at at his own exclusive interest and enriching himself by taking advantage of the opportunities of liberalism, he would have let wellbeing drip even in society in general, making everyone benefit (today, having experienced that model, we know that things go differently: only a progressive concentration of wealth is produced for the benefit of a few).
  That orientation prevailed in Europe in the 1990s, opportunistically exploiting the terminal crisis of European socialisms, followed by their rapid metamorphoses suffered in the previous decade to exit from the type of political organization of the party and the state of Marxism-Leninism of the Stalinist school (from Iosif Stalin - 1878/1953 - from 1926 to the absolute despot death of the Soviet Union, succeeding the tsarist empire in 1917).
  The Italian political dialectic of government was therefore, until 2013, between liberal forces alien to Catholic social thought, on the one hand, and, on the other, forces contrary to that approach, thus remaining central to the issue of economic liberalism, no longer , as in the past, that of popular democracy. A common cultural basis of the democratic system, constituted by the system of fundamental social rights, which are those indicated in the first part of the Republican Constitution and which are summarized in the second paragraph of the art. 3:
 It is the task of the Republic to remove the obstacles of an economic and social nature, which, by limiting the freedom and equality of citizens, prevent the full development of the human person and the effective participation of all workers in the political and economic organization and social life of the country.
  From 2013 a further rapid evolution began, characterized by the progressive disintegration of the social and political fabric of the nation. A rapid and radical change with a truly revolutionary character, as declared by its protagonists, however implemented democratically, within a framework of constitutional legitimacy, but evolving towards a different structure.

  This was dealt with in the number 5/2018 of the Bolognese magazine Il Mulino. In the process of accumulation generated by economic liberalism, it is written in the editorial, there are those who have won and those who have lost, and those who have won do not recognize any obligation of justice towards the losers. This, after the long economic crisis that began in 2007, has fueled a feeling of resentment in large parts of the population of Western countries, and a corresponding mistrust of democracy, which has failed to create adequate social remedies, and is therefore generating a reaction democratic illiberal to a non-democratic liberalism. In fact, a majority view of democracy prevails, for which the winner takes everything: this tends to erode that common ground on which our republican democracy was founded and the current Constitution was deliberated. "Everything from environmental policies to economic policies, from security to freedom of expression, becomes the object of confrontation between parties and coalitions that promise their voters to lead them into a world that they can consider" in their own image and likeness. " social ties are conceived as negotiable, in the manner of what happens in the market dynamics, and we try to be stronger to prevail in the negotiation, in the interest of our reference group, according to the ideology expressed in the West by US President Donald Trump.
  It follows, observes Paolo Pombeni, in that issue of the magazine, "that the role of government as" government of all "that is one of the pillars of Western constitutionalism is being sold less". It is a principle that, difficult to observe in practice, had tried to make at least perceptible. "If in the course of their work the executives had almost always found a way to have a particular eye for the coalition that had put them in charge (one-party governments in the strict sense never existed in our republican history) - Pombeni writes - the principle of an exercise of power that aimed at guaranteeing the rights of all citizens had to be defended. This is failing with the increasingly frequent appeal to "majority rights". "
  In this situation Italian Catholics can, and therefore must, play a very important role in inducing a recovery of shared common bases for civil coexistence and political action, to counter social disintegration. In fact, they constitute one of the few social forces, and in any case the largest of them, which possess the ideological base it serves. They have it in social doctrine, which on the cultural level, has been very extensive compared to its origins and, from a certain point of view, can be considered, on the whole, a real manual of social construction, continually updated according to the times . And, moreover, on a planetary level, not limited to a single nation. A result that it was possible to obtain for the characteristic ecclesial organization of the Catholic Church, which if it gives many problems in certain fields, for example for its excessive centralization on the Roman Papacy and for the accentuated clericalism and hierarchical careerism, has provided the opportunity to realize a kind of religious UN in which the whole world has in some way an effective voice, but much more cohesive than the political one. The Italian Catholic Church has other important opportunities: a widespread social network, made stable by the action of a basic clergy totally dedicated to it; a network of high-level cultural agencies, namely the Pontifical Universities; a huge and automatic public financing system, independently managed by the Church itself.
  The problem is that, this time, unlike what happened after the fall of Mussolini's fascism, in 1945, it is not enough that the social action is exercised by a restricted class of personnel specially trained in democratic culture and that all the others just follow the papal voting instructions. Indeed, we are in an environment in which that model of social intervention no longer takes hold, and this, on the one hand, due to the strong secularization of popular politics, for which the claim of hierarchical obedience to motivate people is no longer enough, and, from the another, because, in the climate of high secularization, a popular formation for democratic politics would have been long neglected, except in Catholic Action. That is to say that that part of the moral doctrine that is constituted by the social doctrine does not generally fall within the basic catechism programs, which for many people remains the only one of their life. And it is not just a question of ignoring the basic documents of that part of the Magisterium, but above all of the lack of a practical training, so, even reading them, then we do not know how to put them into practice, in ecclesial institutions generally based on a certain clericalism, to which therefore we mostly participate as extras of a show directed by others, when not really by simple spectators.
 The training needed should be organized for all ages. For adults it should be done in small groups of in-depth study and training, because the internship is first and foremost training in dialogue and if you are too many you cannot do it. We can then think that these experiences can spread and be replicated. The aim of the democratic internship is precisely to make everyone capable of generating similar experiences independently in their reference environments. In a parish, an important occasion for democratic training can be precisely the various parish institutions, in the various services that are activated and in an attempt to create a harmonious fabric among the groups that mainly limit themselves to living in the parish spaces as it is done in a condominium building.
  People are there, but as anyone who tries to organize any associative experience knows, it is not easy to summon them for sufficient time and, above all, to obtain a continuous commitment. He absent-mindedly participates in the social environments in which we live and this is one of the reasons for the incipient social disintegration. The other is the insufficient ability to listen to others, so everyone says his own and is satisfied like this. And we do not always express ourselves openly, exposing ourselves to dialectical confrontation. In a clerical environment there is the deleterious custom of criticizing others by whispering in the ears of superiors. It is the slander, the dagger-made language, which the Pope often criticizes in his public speeches. A common evil in Catholic parishes, which troubles the lives of our good basic priests.
Mario Ardigò - Catholic Action in the Catholic parish of San Clemente Pope - Rome, Monte Sacro, Valli district