INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

*************************

L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

**********************************

  Questo blog è un'iniziativa di laici aderenti all'Azione Cattolica della parrocchia di San Clemente papa e manifesta idee ed opinioni espresse sotto la personale responsabilità di chi scrive. Esso non è un organo informativo della parrocchia né dell'Azione Cattolica e, in particolare, non è espressione delle opinioni del parroco e dei sacerdoti suoi collaboratori, anche se i laici di Azione Cattolica che lo animano le tengono in grande considerazione.

  Chi voglia pubblicare un contenuto (al di là dei semplici commenti ai "post", che possono essere lasciati cliccando su "commenti" ma solo da chi abbia un’identità Google), può inviarlo a Mario Ardigò all'indirizzo di posta elettronica marioardigo@acsanclemente.net all'interno di una e-mail o come allegato Word a una e-email.

  I contenuti pubblicati su questo blog possono essere visualizzati senza restrizioni da utenti di tutto il mondo e possono essere elaborati da motori di ricerca; dato il tema del blog essi potrebbero anche rivelare un'appartenenza religiosa. Nel richiederne e autorizzarne la pubblicazione si rifletta bene se inserirvi dati che consentano un'identificazione personale o, comunque, dati di contatto, come indirizzo email o numeri telefonici.

  Non è necessario, per leggere i contenuti pubblicati sul blog, iscriversi ai "lettori fissi".

  L'elenco dei contenuti pubblicati si trova sulla destra dello schermo, nel settore archivio blog, in ordine cronologico. Per visualizzare un contenuto pubblicato basta cliccare sul titolo del contenuto. Per visualizzare i post archiviati nelle cartelle per mese o per anno, si deve cliccare prima sul triangolino a sinistra dell'indicazione del mese o dell'anno.

  Dal gennaio del 2012, su questo blog sono stati pubblicati oltre 3.200 interventi (post) su vari argomenti. Per ricercare quelli su un determinato tema, impostare su GOOGLE una ricerca inserendo "acvivearomavalli.blogspot.it" + una parola chiave che riguarda il tema di interesse (ad esempio "democrazia").

GOOGLE INSERISCE DEI COOKIE NEL CORSO DELLA VISUALIZZAZIONE DEL BLOG. SI TRATTA DI PROGRAMMI COMUNEMENTE UTILIZZATI PER MIGLIORARE E RENDERE PIU' VELOCE LA LETTURA. INTERAGENDO CON IL BLOG LI SI ACCETTA. I BROWSER DI NAVIGAZIONE SUL WEB POSSONO ESSERE IMPOSTATI PER NON AMMETTERLI: IN TAL CASO, PERO', POTREBBE ESSERE IMPOSSIBILE VISUALIZZARE I CONTENUTI DEL BLOG.

  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

ON THE WEBSITE www.bibbiaedu.it THE ITALIAN TRANSLATIONS OF THE BIBLE CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONAL IN CURRENT LANGUAGE AND THE BIBLICAL TEXTS IN ANCIENT GREEK AND ANCIENT JEWISH MAY BE CONSULTED. WITH A FUNCTIONALITY OF THE WEBSITE THE VARIOUS TEXTS MAY BE COMPARED.

sabato 19 luglio 2014

Il partito guelfo


Il partito guelfo

 
 

 La gran parte dei problemi sociali che ci troviamo ad affrontare ai tempi nostri nelle questioni di fede non risalgono alle origini, ma ad epoche molto più recenti e, in particolare, agli inizi dell'Ottocento.
  Dopo la caduta dell'impero francese di Napoleone Bonaparte, che aveva costituito un potente fattore di diffusione delle idee di riforma sociale e istituzionale dell'Illuminismo in Europa, si tentò di ricostituire quell'ordine culturale, ideologico,  politico e sociale che aveva preceduto la tempesta napoleonica, del quale  aveva fatto parte anche l'impero religioso costituito dall'organizzazione gerarchica del nostro clero, monarchia assoluta tra le altre monarchie assolute. Si situa storicamente l'inizio di questa fase nel 1814, con quel grande incontro internazionale che fu il Congresso di Vienna. A questo convegno di plenipotenziari di alto livello degli stati che avevano conseguito la vittoria sul Bonaparte parteciparono anche rappresentanti dello Stato pontificio, sul quale aveva recuperato il dominio, proprio nel 1814, la nostra gerarchia del clero, e, in particolare, il monarca religioso Pio 7°. Nel quadro della Restaurazione, quel sovrano religioso e il sistema feudale da esso dipendente si posero generalmente in posizione duramente reazionaria, non solo nel senso di voler tornare al passato, ma anche nel senso di reagire, contrastandola, a ogni innovazione sociale e politica basata sull'idea di progresso progettato sfruttando le risorse della ragione umana. Questa linea, con varie accentuazioni e in varie versioni, ha caratterizzato le strategie dei nostri sovrani religiosi romani fino a Joseph Ratzinger. Essa si basa sulla convinzione che i nostri capi religiosi siano gli esclusivi detentori della sapienza che serve per progettare una civiltà  conforme ai nostri ideali religiosi e ciò in quanto interpreti esclusivi, operanti in una sorta di regime di monopolio, delle verità di fede desunte dai nostri Scritti sacri e dalla Tradizione normativa di fede. Prendendo atto dell'importanza che aveva assunto, appunto dall'Ottocento, il dibattito pubblico sulle questioni della civiltà e su quelle connesse relative alle riforme sociali e politiche, i nostri sovrani religiosi, mediante una capillare e pervicace opera di propaganda tra i laici, tentarono di suscitare un movimento politico guelfo, vale a dire a loro politicamente favorevole e da loro culturalmente e strettamente dipendente, con fedeltà di tipo feudale.
 Il termine guelfo, per definire una corrente politica in linea con i nostri sovrani religiosi romani, risale al Duecento, al tempo dei liberi Comuni italiani. All'epoca si stava vivendo un conflitto tra due imperi che concepivano sé medesimi come universali: quello religioso romano e quello civile germanico. Erano guelfi i Comuni che si schieravano per il primo.
 Dall'Ottocento furono guelfi quei movimenti i quali ritennero che il mantenimento di un impero religioso assoluto nella nuova Europa scaturita dalla tempesta napoleonica fosse giustificato per il fatto che i nostri sovrani religiosi romani detenevano in esclusiva  le fonti culturali per costruire una civiltà conforme alla nostra fede e  dunque alla realtà profonda degli esseri umani.
 Guido Formigoni, nel suo  libro Alla prova della democrazia. Chiesa, cattolici e modernità nell'Italia del '900, Il Margine, 2008, € 15,00, disponibile in commercio, vede nel neoguelfismo una delle chiavi per interpretare la storia sociale della nostra fede in Italia dall'Ottocento:
 
"Studiando l'approccio del mondo cattolico italiano all'idea di nazione e ai miti nazionali tra Otto e Novecento, colpisce una sorta di straordinaria prevalenza più che secolare e quasi onnivora di una cultura «guelfa», che valorizzava fortemente l'idea  e il mito nazionale alla luce delle sue radici «cattoliche». Esistenza e sviluppo della nazione italiana venivano infatti largamente interpretati, per un lungo periodo di tempo, mettendo l'accento sui legami costituivi tra fede e civiltà.  L'Italia era «nazione cattolica» per eccellenza: questo elemento culturale e naturalmente anche «ideologico» (in quanto si trattava di una interpretazione della realtà con caratteri prescrittivi e operativi) correva in modo amplissimo lungo tutta questa storia".
  
L'ultima eclatante manifestazione storica di partito guelfo avvenne in Italia nel 2005, in occasione della drammatica campagna elettorale per  i referendum sulla procreazione assistita, durante la quale la nostra gerarchia religiosa attivò implicitamente la richiesta di obbedienza canonica su temi riguardanti questioni di civiltà.
 
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli

 

 

venerdì 18 luglio 2014

Progettare e sperimentare il cambiamento


Progettare e sperimentare il cambiamento

 
 

 Negli oltre seicento interventi su questo blog dal 1-1-12, tutti disponibili e accessibili cliccando sull'indice dei contenuti qui a fianco sulla destra, si è cercato di dare le coordinate fondamentali del problema dell'attuale stagione della nostra collettività religiosa, che è quello di progettare e sperimentare dei cambiamenti nel modo di vivere socialmente la nostra fede comune. Si tratta di un lavoro che ora siamo stati chiamati a fare anche nelle esperienze che potremmo definire di base, e ciò a partire dal magistero del nostro nuovo vescovo e padre universale. Ma, anche a prescindere da questa autorizzazione  dal vertice, dovevamo e dovremmo sentirci impegnati a svolgerlo, per la semplice ragione che esso rientra in ciò che ci attende da una persona di fede, chiamata ad essere attiva nella società e a farlo rendendo ragione  del suo attivismo. La società cambia  e noi in essa: si tratta di un fenomeno inevitabile. Ciò incide anche sull'aspetto religioso della nostra vita, pone delle sfide, crea problemi, offre opportunità. Storicamente i cambiamenti sociali hanno condotto a significativi mutamenti delle ideologie religiose delle nostre collettività di fede. Di questo però non sempre vi è consapevolezza tra i fedeli. In effetti in genere i cambiamenti sono stati accreditati presentandoli come una sorta di ritorno al passato, di recupero dell'originale purezza, ma in realtà essi, per quanto spesso abbiano comportato un riflettere sulla fede delle origini, sono sempre stati molto più di questo. Infatti le soluzioni alle questioni che i cambiamenti sociali  fanno sorgere non si trovano in un qualche passato e tantomeno in un passato veramente molto lontano come quello delle origini della  nostra fede.
  E' chiaro che i temi che ai tempi nostri si impongono all'attenzione delle persone di fede sono molti e non tutti direttamente alla portata del fedele che non svolge particolari funzioni nella nostra collettività religiosa, come capo religioso o suo consulente. C'è ad esempio quello dei rapporti tra il nostro sovrano religioso romano e gli altri capi religiosi espressi dal clero: su di esso possiamo formarci una opinione comune, ma, per lo statuto della nostra organizzazione di fede, ci è preclusa ogni diretta attività di riforma. Si stanno ristrutturando istituzioni centrali del nostro vertice religioso romano e del simulacro di stato nel quale esso si è come arroccato: anche su questa attività il fedele di base può solo farsi una opinione, ad esempio per ragionare se sia proprio indispensabile disporre a Roma di una banca abilitata ad operare sui mercati finanziari e sottratta alla vigilanza delle autorità di controllo della Repubblica italiana e, più radicalmente, se sia veramente necessario per il nostro capo religioso supremo mantenere una specie di icona di potere temporale assoluto nel quartiere Vaticano. Poiché quelle istituzioni sono strutturate all'interno di un anacronistico (e a volte pittoresco)  regime monarchico assolutistico, i cambiamenti potranno essere disposti solo dall'alto.
 Ma su molte altre questioni tutti possono incidere, determinare cambiamenti. Ad esempio nel modo in cui, collettivamente, ci si relaziona con la gente del quartiere in cui viviamo, e più in generale con la società in cui siamo immersi. Siamo stati invitati ad aprirci collettivamente verso chi sta fuori. Ma bisogna capire innanzi tutto perché farlo e con quali scopi.
 C'è chi ritiene che nel nostro mondo religioso abbiamo elaborato la giusta ricetta per la migliore organizzazione della società in cui viviamo. Questa è, in fondo, l'opinione che sta dietro ad ogni pronuncia di quell'ormai vastissimo (e non sempre coerente) corpo di insegnamenti che chiamiamo dottrina sociale della Chiesa. Una delle finalità con cui si può vivere questa apertura è quella di portare la luce di quella dottrina a chi non viene in chiesa. Questa modalità di azione, però, più che una vera apertura è finalizzata in realtà alla conquista  del mondo intorno a noi. I fatti degli ultimi due anni dovrebbero forse disilluderci sulla possibilità di attuare questo programma.  Del resto non è stato questo l'ideale prevalente durante quel grande conciliabolo di nostri capi religiosi svoltosi all'inizio degli scorsi anni Sessanta e che ha dato l'impulso a un moto di rinnovamento che oggi si pensa di riprendere. La parola che ha caratterizzato maggiormente quest'ultimo lavoro è stata  infatti  aggiornamento.  Chi sente il bisogno di aggiornarsi è rimasto indietro ed infatti la nostra collettività religiosa, all'epoca, si sentiva così.  E oggi?
  In realtà vedo intorno a me ancora poca voglia di cambiare. In genere si diffida del mondo intorno a noi, del quale si vedono prevalentemente gli aspetti negativi. Ci si sentirebbe più tranquilli nel continuare ad essere come siamo stati da tanto tempo. Questa situazione si differenzia molto da quella che la nostra collettività religiosa visse tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta del secolo scorso.
  Negli ultimi trentacinque anni è rimasto legato alle nostre collettività religiose chi ha accettato di sottomettersi al regime autoritario e fondamentalmente quietista che l'ha governata. Si è cercato, in questi anni di chetare il dissenso e anche solo le esperienze nuove, proponendo una unità intorno alla personalità dei nostri sovrani religiosi, fidelizzando la gente di fede intorno a loro. Noi che siamo rimasti dentro capiamo bene di essere diventati minoranza nella società,  e su questo penso che tutto sommato abbiamo ragione, ma tendiamo anche a pensare che nella maggioranza che sta fuori, vale a dire che non viene più in chiesa, non vi siano persone di fede, e su questo aspetto penso che ci dovremmo ricredere. Ma vi  è di più: pensiamo che in realtà il rapporto con ciò che sta fuori non possa essere in fondo altro che uno scontro, o noi o loro. Predomina la visione fortemente pessimistica sulla società che fu propria dell'ultimo magistero del papa Montini, negli anni Settanta, del papa Wojtyla  dopo il 2000 e del papa Ratzinger. Visione di persone molto anziane, le quali, come accade in genere ai meno giovani, tendono molto ad idealizzare il proprio passato, il tempo in cui si è stati più vitali.  Questo atteggiamento è complicato dalle difficoltà che storicamente sono derivate dal fatto che lo stato italiano, nella fase della democrazia liberale e in quella della democrazia di popolo, è stato costruito contro  i nostri sovrani religiosi romani e l'organizzazione feudale da essi dipendente. Per cui ogni affermazione di autonomia collettiva del nostro popolo è stata vista, e ancora in fondo viene vista, come un attentato alla loro sovranità. Una manifestazione eclatante di questa ideologia reazionaria si è vista nel 2005 ai tempi dei referendum sulla legge in materia di procreazione assistita, quando la nostra gerarchia religiosa, attraverso organizzazioni laicali ad essa coordinate, chiese ai fedeli di astenersi dal voto, in questo modo tra l'altro rendendo visibile, e quindi pubblicamente esecrabile, il dissenso di chi, come me, a votare ci andò. L'idea che il voto popolare tenda a produrre decisioni moralmente sbagliate è frutto della convinzione che la società intorno a noi lavori contro  la fede, perché vi è una maggioranza  di infedeli. In realtà le cose, almeno fino ad ora, stanno molto diversamente.
 L'idea di ciò che ci si deve attendere da una società giusta è ancora, nell'Italia di oggi, fortemente dipendente da ideali a sfondo religioso originati da nostre esperienze di fede, vale a dire da quello che è stato definito come pensiero sociale cristiano. E' ciò che ho cercato di dimostrare in molti interventi su questo blog. Sono invece minoranza quelli che in qualche modo si sono adattati, spesso non condividendola ma semplicemente sopportandola per evitare dolorose fratture, all'ideologia autoritaria di cui dicevo, che impone, in materia sociale, scelte senz'altro discutibili, nel senso che non sarebbe tempo perso ragionarci sopra un altro po'. Tra di esse, ad esempio,  anche orientamenti in materia di famiglia, di relazioni tra i sessi  e di procreazione sui quali come laici di fede senz'altro abbiamo la competenza e la possibilità per proporre e sperimentare cambiamenti. Ma, ancora, orientamenti su come debba essere esercitata la sovranità di un popolo, vale  a dire  il potere di assumere le decisioni supreme. Fondamentalmente è proprio dei laici di fede contemporanei rifiutare il mero appello all'obbedienza all'autorità religiosa sui temi sociali. Essi infatti non accettano di essere inquadrati in un sistema feudale di potere religioso che, fra l'altro, oltre che fortemente anacronistico non è nemmeno originario nella nostra fede, risalendo integralmente, come ideologia e norme, al secondo millennio della nostra era. E in questo non accettano più di essere definiti apostati. E nemmeno di essere insultati in altro modo. Pretendono, come nella società civile, il rispetto della loro dignità personale, valore che ha fondamento religioso nella nostra fede ma che proprio nella nostra fede è stato storicamente spesso disconosciuto fino ad epoca molto recente.  Cambiare, in questo atteggiamento di fondo di fronte all'autorità religiosa, non solo si può  e si deve, ma lo si  è anche cominciato a fare, benché spesso non se ne abbia piena consapevolezza. In realtà il modello autoritario della nostra organizzazione religiosa è già stato sottoposto al vaglio popolare, in una sorta di scrutinio di fatto, e lo si è sfiduciato. Noi tutti che siamo ancora integrati in quel sistema di potere, noi tutti che siamo rimasti dentro, laici e clero, capi e fedeli, ne stiamo prendendo dolorosamente atto, anche se, mi pare, abbiamo difficoltà a pensare come si possa essere diversi. A ben pensarci è strano per chi, come noi, pensa di essere dentro  una fede che si aspetta che siano fatte nuove tutte le cose.
 
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli

lunedì 14 luglio 2014

Chiudere il mondo fuori delle chiese


Chiudere il mondo fuori delle chiese

 
 

  Alla fine degli anni '70 le nostre collettività di fede erano presenti nel mondo intorno a loro in modi che ai tempi nostri non riusciamo nemmeno a immaginare. Molti di coloro che vissero consapevolmente quell'epoca forse non ne hanno più presente il ricordo. C'era uno scambio vitale tra le nostre esperienze collettive di fede e la società in cui esse erano immerse. La società ne risultava influenzata, ma anche le nostre collettività. Sembrò ad un certo punto che ciò avrebbe messo in crisi l'organizzazione della nostra collettività religiosa, in particolare nella sua struttura di impero assoluto religioso che aveva assunto nel secondo millennio della nostra era e che era stata molto accentuata in senso ideologico nel corso del drammatico Concilio Vaticano 1°, i cui lavori erano stati interrotti dalla conquista militare di Roma  da parte del Regno d'Italia, nel settembre del 1870. Separati da un secolo di storia, gli anni '70 dell'Ottocento e quelli del Novecento furono accomunati da paure analoghe, di dissoluzione della nostra esperienza religiosa. La reazione in entrambi i casi fu tremenda. In sostanza si chiuse il mondo fuori delle porte delle nostre chiese e si cercò di tacitare il dissenso interno con una pervicace azione di polizia ideologica. Si trattò in entrambe i casi di grandi glaciazioni. La differenza tra la situazione ottocentesca e quella novecentesca va vista in questo: nell'Ottocento le nuove idee coinvolgevano strati minoritari del clero e del laicato, nel Novecento erano diventate una esperienza di massa. In quest'ultimo caso la chiusura non si sarebbe potuta realizzare senza la rinuncia di una parte consistente del laicato più impegnato ad ogni manifestazione di dissenso, quindi senza una sua acquiescenza al nuovo corso. E' ciò che si produsse durante il regno del papa Giovanni Paolo 2°, sotto l'influsso della sua carismatica personalità. Intorno a lui, visto anche nella veste inedita di maestro di vita e di spiritualità, un'esperienza mai vissuta prima di allora  e centrata sula sua particolare biografia, sembrò potersi nuovamente coalizzare l'unità che pareva andare perdendosi nell'accentuato pluralismo che aveva caratterizzato i conati di rinnovamento nel corso degli anni '70. Si trattò di un regno religioso che fece dell'aprire le porte il suo motto, ma che sostanzialmente produsse l'effetto opposto. E' appunto ciò che ha constatato l'anno scorso il nostro nuovo sovrano religioso, assumendo il suo ministero. La situazione che si  è venuta a creare è vista da lui come negativa e viene richiesto un  cambiamento audace. Esso però non sembra prodursi. In realtà noi in Italia stiamo ancora vivendo, collettivamente, la passata esperienza  e  non sembra che ci sia voglia di uscirne. Non c'è da parte di noi che siamo rimasti dentro, ma non c'è neanche tra quelli che sono stati chiusi fuori. Questo differenzia molto i tempi nostri dal disgelo che si visse a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento, epoca caratterizzata da un'effervescenza ideologica del nostro laicato di fede che corrispondeva a nuove prassi attuate nella società a cui si voleva dare anche una conseguenza politica. A quei tempi la vita di fede collettiva espresse anche varie concezioni di riforma sociale, rispetto alle quali l'organizzazione sociale di stato liberale del Regno d'Italia appariva arretrata. Nulla di tutto questo sembra ancora accadere ai tempi nostri.
 Mi chiedo: siamo veramente convinti che occorra cambiare?
 
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli

Sfiducia nel mondo


Sfiducia nel mondo
 
 Scrivono Gian Luca Potestà e Giovanni Vian nel loro Storia del Cristianesimo, Il Mulino, 2010, €28,00, disponibile tuttora in libreria:
 
"La nuova vitalità delle istituzioni ecclesiastiche sulla scena pubblica che ha seguito la crisi degli ultimi anni Sessanta e del decennio successivo è … stata accompagnata da un distacco notevole della prassi dei cattolici, soprattutto nei paesi più secolarizzati, rispetto a una parte significativa dell'insegnamento della Chiesa. Si è insomma sviluppato in modo consistente un abbandono silenzioso di fronte alla restrizione degli spazi per l'esperienza cristiana che il pontificato wojtyliano ha imposto e all'inadeguatezza di varie formulazioni magisteri rispetto alle istanze  della società contemporanea.
  La Chiesa di Giovanni Paolo 2° ha provato a reagire a questo processo sollecitando una maggiore unità e uniformità sul piano della dottrina  e su quello della prassi, stringendo le maglie dell'obbedienza alle gerarchie ecclesiastiche, e tornando a dilatare il raggio delle competenze sulla vita individuale e collettiva rivendicate all'insegnamento ecclesiastico.
  L'immagine che emerge è quella di una Chiesa che sotto la guida di Giovanni Paolo 2° ha inteso la storia contemporanea come prevalentemente ostile al messaggio religioso, e in particolare al cristianesimo: una storia dalla quale la Chiesa ha ritenuto necessario difendersi, per tutelare la fede cattolica e il ruolo pubblico  delle istituzioni ecclesiastiche, contro la pretesa della civiltà occidentale di fondarsi sull'autodeterminazione dell'uomo piuttosto che sugli immutabili principi affermati dalla Chiesa cattolica" [pagg.452-453].
 
 Nei Vangeli troviamo in diversi passi una polemica contro il mondo, inteso come quella parte di società che si oppone   al Regno,  la collettività nuova animata e trasformata profondamente dai principi della fede religiosa, realtà che, già presente oggi al modo di fermento, verrà pienamente manifestata alla fine del tempi. Si vive nel mondo, ma come cittadini del cielo (questa l'espressione che si legge in uno scritto patristico molto noto e che si stima risalire alla fine  del secondo secolo della nostra era, la Lettera a Diogneto). E, ancora, sempre dal medesimo scritto: "[I cristiani] obbediscono alle leggi stabilite, eppure con la loro vita superano le leggi". Questo uno dei sensi profondi attribuiti all'espressione evangelica "Dare a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare". Alle persone religiose non basta la legalità formale, quella imposta dalle istituzioni per garantire la sopravvivenza di una società animata anche da pulsioni criminali e dissolute.
 Lo schema concettuale dell'opposizione mondo/Regno è statao adattato, in particolare a partire dalla fine del Settecento, per fronteggiare, vanamente possiamo riconoscere con il senno del poi, lo sviluppo delle filosofie e ideologie riconducibili al movimento dell'Illuminismo, centrato sulla finalità di fare luce, nelle materie in cui, in particolare a causa dell'oscurantismo imposto ai fedeli, secondo gli illuministi, essenzialmente  per ragioni politiche, di mantenimento del proprio potere terreno, dalla gerarchia cattolica, la realtà era ignorata, oscurata, in particolare con riferimento ai fatti della natura e della società.  Successivamente esso è stato ulteriormente adattato per opporsi, anche in questo caso vanamente con il senno del poi, allo sviluppo delle democrazie di massa e a  varie conquiste sociali.  Benché ci si sia riportati esplicitamente allo schema evangelico, tuttavia questi adattamenti hanno riguardato una situazione profondamente diversa da quella per la quale quello schema fu formulato. Questo è stato particolarmente evidente in Italia, dove, parlando di Regno, si intese sostanzialmente, dal Settecento e fino alla fine dello Stato pontificio, quello del Papa romano. Esso aveva, sì, una dimensione territoriale nel centro Italia, dove era propriamente un stato, un piccolo stato,  ma contemporaneamente era anche un importante impero religioso ad organizzazione feudale, storicamente confederato, anche se con vicende spesso travagliate, con le altre dinastie sovrane europee, quelle che furono colpite, e spesso spodestate, dai moti europei innescati dalla Rivoluzione francese (1789/1799). Nella Francia del Settecento il clero cattolico, e in particolare l'alto clero, quello detentore del potere gerarchico, era pesantemente infeudato con la monarchia assoluta borbonica, venendo a costituire uno degli stati, dei settori,  in cui si articolava la società da essa dominata, con un proprio statuto e privilegi sociali ed economici. Questa condizione dipendeva da accordi storicamente raggiunti con il sovrano religioso romano. I rivoluzionari, pretendendo di istituire una costituzione civile del clero, quindi un regolamento per legge popolare della condizione del clero, con abolizione di quei privilegi sostanzialmente di natura feudali, vennero presto a collisione con la gerarchia del clero e con il sovrano religioso romano, che chiamarono i fedeli alla non collaborazione, all'opposizione e anche alla rivolta. La reazione fu tremenda e sanguinosa e si espresse anche in forme non solo anticlericali, ma propriamente antireligiose, con l'istituzione di una specie di culto religioso alternativo (di effimero radicamento sociale e di breve durata). Questo segnò profondamente l'atteggiamento cattolico romano  verso la modernità e ciò in particolare in Italia, con riflessi che si prolungano fino ai nostri giorni. Bisogna infatti tener conto che le democrazie di massa contemporanee si basano sui principi di  libertà, uguaglianza, fraternità, proclamati dai rivoluzionari francesi. Essi hanno natura religiosa, nel senso che non derivano dall'osservazione delle società umane come si presentano e sono auspici per un mondo nuovo fondato su principi umanitari, un lavoro in corso d'opera, e hanno precisi fondamenti nella nostra fede, esplicitati in particolare nel corso della Rivoluzione statunitense americana (1776-1783).  Essi qualche volta sono stati riconosciuti come tali anche dal nostro magistero, sia pure con la precisazione che vanno intesi solo nel senso prescritto e nei limiti imposti dalle nostre autorità religiose. Si ricorda ad esempio  la seguente frase, pronunciata dal papa Giovanni Paolo 2° al termine di un suo viaggio in Francia nel 1996:
 
"Signor Primo Ministro, attraverso la sua persona, saluto tutti i Francesi, e offro loro i miei ferventi voti di prosperità in una intesa fraterna. Che la vostra nazione rimanga accogliente, che continui a far condividere la sua cultura, che contribuisca a far progredire incessantemente gli ideali di libertà, di uguaglianza e di fraternità che essa ha saputo presentare al mondo!"
http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/speeches/1996/september/documents/hf_jp-ii_spe_19960922_congedo-francia_it.html
 
 Dal punto di vista istituzionale le democrazie di massa contemporanee non derivano però dall'esperienza della Rivoluzione francese di fine Settecento, ma dalla Rivoluzione americana e questo ha limitato storicamente i contrasti ideologici. La rivoluzione statunitense fu infatti illuminista, democratica ma non  antireligiosa. La differenza su questo tema tra la situazione europea e quella americana fu determinata fondamentalmente dalla presenza in Europa di una gerarchia cattolica con struttura feudale strettamente collegata con il sovrano religioso romano, il quale all'epoca era un principe tra i principi,  e dotata di ampi poteri pubblici e notevoli privilegi.
 Finita l'epoca della repressione religiosa, in Francia e negli stati che i francesi egemonizzarono durante la monarchia napoleonica rimasero i contrasti di natura politica con il sovrano religioso romano e i suoi feudatari. Dal 1809 al 1814 il papa Pio 7° fu prigioniero degli  imperiali francesi napoleonici.
  Il Piemonte fu annesso alla Francia nel 1799. La Società degli Amici Cristiani, fondata dal gesuita Nicolaus Joseph Albert Von Diessebach in Piemonte poco dopo il 1775, che si considera come l'archetipo dell'Azione Cattolica, divenne, sotto il suo nuovo direttore Pio Bruno Lanteri (1759-1830), un centro di resistenza antinapoleonica.
  Scrive Giuseppe De Rosa nel suo Il movimento cattolico in Italia dalla Restaurazione all'età giolittiana, Laterza, 1979, non più in commercio:
 
"Nonostante il Papa fosse tenuto in segregazione a Savona, il Lanteri riuscì a comunicare con lui e a fornirgli elementi per affermare i diritti papali sulla questione della elezione dei vescovi. Il Lanteri fu sottoposto a sorveglianza e a perquisizione dalla polizia e gli fu ingiunto di ritirarsi nella casa di campagna di Bardassano.
 Si era al 29 marzo 1811. L'Amicizia cessò praticamente di esistere, per risorgere solo il 3 marzo 1817, in pieno clima della Restaurazione".
 
  La ripresa delle attività laicali di quel gruppo, ridenominatosi Amicizia Cattolica,  fu caratterizzata da un'impostazione fortemente reazionaria e papista, fondamentalmente difensiva verso la modernità. Questo atteggiamento, in varie forme e accentuazioni si è prolungato in ampi settori del mondo cattolico italiano fino ai tempi nostri. Il nuovo nome del gruppo fu suggerito da Joseph De Maistre (1753-1821), considerato uno dei suoi membri più significativi.
 
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte  Sacro, Valli
 

domenica 13 luglio 2014

Domenica 13-7-14 – - 15° Domenica del Tempo Ordinario - Letture e sintesi dell’omelia della Messa delle nove


Domenica 13-7-14 – Lezionario dell’anno A per le domeniche e le solennità - 15° Domenica del Tempo Ordinario - salterio: terza settimana – colore liturgico: verde - Letture e sintesi dell’omelia della Messa delle nove
 
Osservazioni ambientali: temperatura 22C°; cielo: coperto, piovoso. Canti: ingresso, Beati quelli che ascoltano;  Offertorio: Ti offro Signor; Comunione, Il Signore ha messo un seme. Il gruppo di AC era nei banchi a sinistra dell'altare, guardando l'abside.
 
Buona Domenica a tutti i lettori!
 
 
Prima lettura
Dal libro del profeta Isaia (Is 55,10-11)
 
 Così dice il Signore: "Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandato".

 

Salmo responsoriale (Sal 64 (65) )

 

 

Ritornello:
Tu visiti la terra, Signore,
e benedici i suoi germogli

 

Tu visiti la terra e la disseti,
la ricolmi di ricchezze.
Il fiume di Dio è gonfio di acque;
tu prepari il frumento per gli uomini.

 

Così prepari la terra:
ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle,
la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli.
 

Coroni l'anno con i tuoi benefici,
i tuoi solchi stillano l'abbondanza.
Stillano i pascoli del deserto
e le colline si cingono di esultanza.

 

I prati si coprono di greggi,
le valli si ammantano di messi:
gridano e cantano di gioia!

 

 

 

Seconda lettura
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 8,18-23)
 
 Fratelli, ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L'ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità -non per sua volontà, ma per volontà di colui che l'ha sottoposta- nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione  geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.
 
 
Vangelo
Dal Vangelo  secondo  Matteo (Mt 13,1-23)
 
  Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: "Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un'altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era molto profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un'altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un'altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti". Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: "Perché a loro parli con parabole?". Egli disse loro: "Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice: «Udrete sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!». Beati invece i vostri occhi perché vedono e  i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti  hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!. Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta ch uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel cuore: questo è il  seme seminato lungo la strada. Quello che  è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l'accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del modo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato  sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno".
 
 
 
Sintesi dell'omelia della Messa delle nove
 
 Con le letture bibliche di oggi la Chiesa madre di nutre.
 La parabola narrata nel brano evangelico non richiede spiegazione, perché è contenuta nel brano stesso. La Parola in esso contenuta parla anche a noi oggi, si compie anche in noi. Può accaderci infatti di venire a Messa ma di non prestarle attenzione. Allora, usciti dalla chiesa, non ricordiamo ciò che abbiamo ascoltato. Oppure ci può accadere di ascoltarla, ma poi i problemi della vita ce la fanno mettere in secondo piano. Ci preoccupiamo innanzi tutto di trovare da mangiare e di tutto il resto che serve per vivere. L'efficacia della Parola dipende quindi dal terreno in cui cade, vale a dire da noi. Bisogna innanzi tutto capire chi siamo noi. Se noi veramente crediamo che Dio ci sia Padre, perché preoccuparsi dei problemi della vita?
 Nel brano evangelico si narra che Gesù, per parlare, si distanziò dalla folla. Egli non vuole incontrarci come folla, vuole un rapporto intimo con ciascuno di noi. Per avere questo tipo di rapporto con Gesù dobbiamo capire noi chi siamo, a che cosa attribuiamo importanza, a che cosa crediamo.
 Si presta attenzione a ciò in cui si crede. Quindi ascoltiamo la Parola nella misura in cui crediamo che sia importante per la nostra vita.
 La Parola di Dio si può riassumere in "amore", perché è l'amore che essa ci chiede. L'amore accolto dà frutto, come si legge nella parabola, "il cento, il sessanta, il trenta per uno".
 Nella misura in cui le crediamo la Parola ci cambia, si fa carne in noi.  Lasciamoci dunque cambiare dalla Parola, perché compia in noi ciò per cui è stata mandata, perché, come si legge nella prima lettura, dia frutto in noi, secondo la volontà del Padre.
 
 
Sintesi di Mario Ardigò, per come ha inteso le parole del celebrante – Azione Cattolica in San Clemente Papa– Roma, Monte Sacro Valli
 
 

Avvisi parrocchiali:

-si segnala il sito WEB della parrocchia:
 
 
Avvisi di A.C.:
- le riunioni infrasettimanali del gruppo parrocchiale di AC riprenderanno nel prossimo ottobre. Il gruppo continuerà ad animare la Messa domenicale delle ore 9;
-le letture della Messa di domenica prossima 20-7-14, 16° Domenica del Tempo ordinario,  sono: Sap 12,13.16-19; Sal 85 (86); Rm 8,26-27; Mt 13,24-43.
- si segnala il nuovo sito WEB dall'AC diocesana: www.acroma.it
- si segnala il sito WEB www.parolealtre.it , il nuovo portale di Azione Cattolica sulla formazione;
- si segnala il sito WEB Viva il Concilio http://www.vivailconcilio.it/
iniziativa attuata per conoscere la storia, lo spirito e i documenti del Concilio Vaticano 2° (1962-1965) e per scoprirne e promuoverne nella società di oggi tutte le potenzialità.
-si segnala il blog curato dal presidente http://blogcamminarenellastoria.wordpress.com/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sabato 12 luglio 2014

Una guerra secolare


Una  guerra secolare

 

Tutti noi siamo nati e cresciuti nella fede nel contesto di una guerra civile secolare di natura ideologica che ha fortemente condizionato la nostra religiosità collettiva e di cui non ci si può rendere conto se non sforzandosi di raggiungere una sufficiente consapevolezza storica, obiettivo che non è assolutamente perseguito nella formazione religiosa di base. Non facendolo, si combatte comunque quella guerra da pedine ignare del significato di ciò che sta accadendo, manovrate da chi quella consapevolezza ha acquisito ed ha il potere di dirigere le operazioni. Come succede in ogni guerra, si fa anche del male agli altri, a coloro contro cui si combatte, ma senza la consapevolezza di farlo. Ma come si può fare del male essendo persone di fede? Si può farlo e lo si è fatto in molti modi. Storicamente la nostra confessione religiosa  è stata mortifera in diverse stagioni  e, anche senza arrivare a quegli eccessi, ancora colpisce duramente coloro che considera i suoi avversari, in particolare con la pena dell'emarginazione, dell'esclusione sociale. Ne hanno fatto le spese diverse categorie di persone. Tra esse possiamo ricordare, ad esempio,  le donne, tutti coloro che hanno avuto problemi nel mantenere l'impegno religioso nel matrimonio, tutti coloro che hanno avuto la necessità di un aiuto sanitario nella procreazione, gli omosessuali, i preti e i religiosi che hanno voluto sposarsi, molti di coloro che erano impegnati religiosamente nel sociale, molti di coloro che hanno vissuto la politica come forma di carità in senso religioso, molti di coloro che hanno voluto sperimentare nuove prassi sociali in materia di fede, teologi e intellettuali che non erano i linea con l'ideologia religiosa prescritta dalla gerarchia della nostra confessione religiosa e, in genere, tutti i dissenzienti rispetto a tale ideologia e alle conseguenti prassi. Non possiamo addebitare questo problema solo alla nostra gerarchia religiosa. La responsabilità è stata diffusa, sia pure a diversi livelli di consapevolezza. Uno degli obiettivi che si può porre in un'esperienza associativa di fede è quello di porre fine a quella guerra.
  Abbiamo visto che le esperienze associative laicali che in qualche modo possiamo considerare all'origine dell'impegno di azione cattolica risalgono, in Italia, alla fine del Settecento, con le amicizie cristiane. Di esse erano protagonisti esponenti della nobiltà, che avevano nei riguardi del popolo un atteggiamento fortemente paternalistico. Esse erano in forte polemica da un lato con le filosofie dell'illuminismo francese e dall'altro con l'assolutismo statale che pretendeva di disciplinare l'organizzazione religiosa, della quale il vertice romano della nostra confessione religiosa rivendicava il monopolio. Durante l'egemonia napoleonica sull'Italia quelle esperienze tacquero, per riprendere solo dopo la caduta del Napoleone, con una forte accentuazione di quei caratteri che le distinguevano. Questa rinascita fu alla base della corrente ideologica a sfondo religioso che venne definita intransigentismo, che significava non voler venire a nessun compromesso con la modernità e ritenere che la fede, nella versione proclamata dal sovrano religioso assoluto della nostra confessione religiosa, avesse la ricetta perfetta per l'organizzazione sociale.
 Gli storici tuttavia ricordano che vi fu, in Francia, una presenza attiva di cattolici nel movimento rivoluzionario. Quei gruppi di cattolici si definivano cattolici democratici. Complessivamente però la rivoluzione francese, che inizialmente combatté i privilegi dell'alto clero (vescovi e abati), che costituiva una componente istituzionalmente riconosciuta nell'organizzazione statale della monarchia assoluta prerivoluzionaria, diventò presto non solo anticlericale, ma anche antireligiosa, fino a proporre, anzi a imporre, una religiosità alternativa a quella della nostra fede. Divenuto imperatore Napoleone Bonaparte la situazione cambiò molto, anche se da quell'esperienza derivò, in Francia e poi in tutte le esperienze politiche derivate dall'esperienza francese, l'ideale della laicità dello stato, intesa come non discriminazione dei cittadini sulla base delle loro fedi religiose e come il rifiuto di un'influenza della gerarchia del clero sulle cose pubbliche.
 Bisogna però ricordare che negli Stati Uniti d'America, protagonisti della rivoluzione dalla quale derivò la democrazia come noi oggi ancora la intendiamo, le cose andarono molto diversamente. Quell'esperienza politica non fu infatti antireligiosa, ma, anzi, esplicitamente religiosa. Il moto di quella rivoluzione fu "In God we trust", confidiamo in Dio. Il principio della laicità  dello stato fu quindi declinato, soprattutto agli inizi, in modo molto diverso che nella Francia rivoluzionaria. Ma nelle colonie inglesi che a fine Settecento decisero la secessione dalla madrepatria non prevalevano i cattolici e la loro organizzazione feudale. Può essere stato questo un fattore determinante dell'evoluzione di quell'esperienza politica in senso non antireligioso?
 
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli

 

 

venerdì 11 luglio 2014

Difficile libertà


Difficile libertà

 
 

 Come compito per le vacanze dovremmo proporci di ragionare sul tema della libertà nelle cose di fede. Esso è centrale per capire l'evoluzione delle nostre concezioni collettive in materia religiosa nel secondo millennio della nostra era. Bisogna infatti capire che la gran parte di problemi che oggi incontriamo nella vita collettiva di fede riguarda proprio quella materia. Il che significa riconoscere la natura politica  di quei problemi.
 Quando affrontiamo la materia della libertà incontriamo subito molti ostacoli, fateci caso. Infatti, di solito, quando i nostri maestri di fede e capi religiosi ce ne parlano iniziano subito a spiegarci i limiti della nostra libertà e del perché essi sono non solo ragionevoli, ma anche indispensabili per tenere insieme le nostre collettività di fede. Questo accade perché essi sono stati formati in un contesto culturale fortemente reazionario in cui la libertà delle persone era vista come pericolosa e collegata con il peccato in senso religioso. Secondo questa concezione gli esseri umani peccano in quanto liberi. Essa contrasta fortemente con quell'altra che vede nella vita di fede una manifestazione di libertà, per cui una persona religiosa dovrebbe essere anche libera. Il conflitto di solito viene risolto nel senso di vedere la libertà che dà la fede come quella di figli in una famiglia autoritaria e paternalistica, dominata da una volontà paterna  e insindacabile in quanto di origine soprannaturale, trasmessa tra i viventi sulla terra, qui e ora, da una gerarchia a ciò delegata. Quindi poi l'unica libertà consentita al fedele sarebbe quella di obbedire  a quella gerarchia, anche quando essa manifestamente sbaglia, in quest'ultimo caso come esercizio di umiltà. Si dovrebbero accettare limitazioni ingiuste e irragionevoli, punizioni e sconfessioni, per amore. Questa è la visione che dovremmo impegnarci a superare. Infatti, come scrisse Lorenzo Milani, l'obbedienza non è più una virtù. In particolare non lo è quando consiste nell'accettare il male che c'è e si è fatto nella nostra collettività religiosa. Obbedire sembra un modo per liberarsi dalla responsabilità personale per quel male collettivo. Questa fu la tesi difensiva proposta da molti dei gerarchi nazisti processati a Norimberga, dopo la Seconda guerra mondiale. Lorenzo Milano invitò invece i suoi giovani allievi a sentirsi responsabili di tutto.
 
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli