INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

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Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

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giovedì 10 luglio 2014

Vivere una nuova cultura religiosa


Vivere una nuova cultura religiosa

 

  Il lavoro della mediazione culturale consiste nel mettere in comunicazione due poli: la fede e la cultura in cui si è immersi.  Di solito si pensa che la fede sia sempre la stessa e che a cambiare siano  solo le culture che storicamente si manifestano, intese, secondo che troviamo al numero 53 della costituzione Gaudium et Spes  (= la gioia e la speranza), del Concilio Vaticano 2° (1962-1965), come
"Con il termine generico di «cultura» si vogliono indicare tutti quei mezzi       con i quali l'uomo affina ed esplicita le molteplici sue doti di anima e corpo; procura di ridurre in suo potere il cosmo stesso con la conoscenza ed il lavoro; rende più umana la vita sociale sia nella   famiglia che nella società civile,mediante il progresso del costume e delle    istituzioni; infine, con l'andare del tempo, esprime, comunica e conserva nelle sue opere le grandi esperienze ed aspirazioni spirituali, affinché          possano servire al progresso di molti, anzi di tutto il genere umano. Di conseguenza la cultura presenta necessariamente un aspetto          storico e sociale, e la voce «cultura» esprime spesso un significato         sociologico ed etnologico. In questo        senso parla di pluralità delle culture. Infatti  dal diverso modo di far uso delle cose, di lavorare, di esprimersi, di praticare la religione e di formare i costumi, di fare le leggi, di creare gli istituti giuridici, di sviluppare le scienze e le arti e di coltivare il bello, hanno origine le diverse condizioni comuni di vita e le diverse maniere di organizzare i beni della vita. Così pure si costruisce l'ambiente storicamente  definito, in cui ogni uomo, di qualsiasi stirpe ed epoca, si inserisce, e da cui attinge i beni che gli consentono di promuovere la civiltà."
 In quest'ottica a preservare la fede dai mutamenti che coinvolgono tutte le cose umano è l'azione dell'autorità religiosa, della nostra gerarchia del clero, ubbidendo  alla quale, vale a dire pensando ciò che essa prescrive di pensare, ci si manterrebbe  in linea con gli insegnamenti del nostro primo Maestro.
 In realtà, uno sguardo veritiero sulla storia della nostra confessione religiosa mostra con chiarezza che nei due millenni della nostra esperienza religiosa i cambiamenti hanno coinvolto entrambi i poli da mettere in comunicazione e ciò in particolare negli ultimi due secoli. Non solo quindi la fede ha improntato diverse culture umane che si sono succedute nel tempo o che si sono manifestate in un'unica epoca in diversi contesti geografici e sociali, ma la nostra fede collettiva ne è stata anche fortemente influenzata, per cui gran parte della sistemazione concettuale con cui oggi la esprimiamo non risale più alle origini, ma è frutto di una evoluzione culturale. L'esercizio di poteri autoritari di polizia ideologica ha solo rallentato, e travagliato dolorosamente, questo processo che appare talmente in linea con ciò che accade nelle società umane da poter essere considerato connaturato alla nostra natura. Negli ultimi due secoli l'evoluzione culturale ha coinvolto maggiormente masse consapevoli e istruite, elevate dai sistemi democratici a un livello di partecipazione all'esercizio del potere che mai era stato storicamente raggiunto, e ciò ha reso più difficile contrastarlo e anche solo governarlo. In genere la nostra gerarchia religiosa ha comunque tentato di farlo, venendo a costituire nelle nostre società una potente componente reazionaria, motivo per il quale, ancora oggi, quando si parla del tema fede e cultura nell'ottica della nostra collettività religiosa il problema principale appare essere quello dell'aggiornamento, che significa recuperare dei ritardi culturali, la nostra fede apparendo in più campi come arretrata.
 Il radicale contrasto tra le concezioni scientifiche moderne e quelle teologiche cristallizzatesi e formalizzate nei primi tre secoli del secondo millennio, ai quali risale anche la struttura organizzativa gerarchica della nostra collettività religiosa, e imposte ai fedeli come obbligatorie, sotto pena di sconfessione, risale grosso modo al Seicento, quando, come ricorda nell'articolo Ludovico Galleni, nell'articolo Dall'Universo ordinato alla Terra da costruire, pubblicato sul n.6/2013 di Coscienza, la rivista del M.E.I.C.  - Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale, entrò in crisi la cosmologia, di derivazione aristotelica (dalla filosofia del greco Aristotele - vissuto nel 4° secolo dell'era antica) collegata a quelle teologie normative.  Dall'idea di un universo statico e stabile nel tempo, la cui armonia è rotta solo dal peccato degli esseri umani, istituito e governato da un disegno soprannaturale e pertanto visibile manifestazione (prova) di esso, si passò gradualmente all'idea di un universo dinamico, non più centrato sulle cose umane e sulle loro relazioni con il soprannaturale e  in cui quello degli esseri umani era solo uno dei punti di vista possibili, dovendo il suo ordine essere faticosamente ricostruito non sulla base degli assunti della teologia normativa ibridata con concezioni scientifiche di antichi filosofi, ma alle osservazioni scientifiche che si venivano facendo sulla natura. Dall'astronomia questa evoluzione si estese a tutti i campi della scienza, dando luogo alle scienze come noi oggi le concepiamo. Essa ha richiesto di riconoscere l'autonomia, innanzi tutto dalla teologia normativa, di ciascuna scienza, vale a dire la libertà di organizzare il proprio pensiero e il proprio metodo secondo criteri suoi propri, principio a lungo vanamente contrastato dalla nostra gerarchia religiosa, anche con atti di estrema violenza politica (si ricorda in merito l'abiura a cui nel Seicento fu costretto lo scienziato Galileo Galilei), riconosciuto pienamente solo negli scorsi anni Sessanta (!), durante il Concilio Vaticano 2°.
 Questo tipo di contrasto si è in gran parte risolto, come ricorda Galleni nell'articolo che ho citato, e ha determinato lo sviluppo di teologie compatibili con le nuove acquisizioni scientifiche, a se permangono alcuni problemi, in particolare, come segnalato da Galleni, con riferimento ad alcune argomentazioni a sfondo teologico che riguardano il cosiddetto disegno intelligente che, secondo alcuni, dovrebbe essere riconoscibile con chiarezza nei fatti della natura, fornendo in tal  modo la prova di un suo governo soprannaturale.
 Non sono state invece superate le ideologie politiche  che quel contrasto hanno storicamente determinato, vale a dire quelle che ritengono indispensabile per la sopravvivenza della nostra fede l'esistenza di un'autorità gerarchica reazionaria che svolga un lavoro sostanzialmente di polizia ideologica anticulturale per  contrastare e rallentare l'evoluzione culturale  nelle cose religiose. La sopravvivenza di queste concezioni si è fatta più problematica nell'era delle democrazie di massa e oggi ha comportato quello che da parte gerarchica viene vista come una scisma pratico, vale a dire l'allontanamento di massa del popolo dei fedeli da concezioni religiose da essa ritenute insuperabili culturalmente,  ma che obiettivamente è solo il rifiuto, possibile grazie alla libertà di pensiero e di azione garantita dalla costituzioni democratiche, di sottostare all'imposizione di poteri reazionari, e ciò non solo nelle questioni scientifiche, alle quali le masse rimangono sostanzialmente estranee, ma in altre che riguardano la vita di tutti i giorni, ad esempio la vita in famiglia  e altre forme di relazioni sociali.
 La nostra collettività religiosa non ha, nella sua attuale organizzazione, gli strumenti per sanare il contrasto politico  che si è manifestato. Essa ha cercato, con successo, di cristallizzarlo, congelandolo, durante l'era che ho definito della grande glaciazione, ma lo scorso anno esso, rimasto latente, ha raggiunto il vertice supremo della nostra organizzazione religiosa, la fortezza romana entro la quale esso si era arroccato. L'appello che ora ci giunge da lì è di sperimentare nuove forme per vivere collettivamente la fede, distaccandoci marcatamente dal passato. Ma dove e come farlo, se gran parte delle strutture sociali in cui quel tipo di rinnovamento era stato iniziato sono state smantellate  o ridotte ai minimi termini? La nostra Azione Cattolica, che ha fatto dell'ideologia del Concilio Vaticano 2° la sua principale ragione di essere, può essere un buon punto di partenza. E' riuscita infatti a custodire la memoria di una tradizione e la pratica di un metodo, quello democratico, che possono costituire la base culturale per sperimentare il rinnovamento. Mancano però in molti gruppi, come nel nostro, le energie umani per cominciare. Finora il problema era stato solo quello di sopravvivere.
 
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli

 

 

martedì 8 luglio 2014

Rinnovamento difficile


Rinnovamento difficile

 
 

  In Italia mancano le energia per il rinnovamento religioso: è questa la dura realtà che si teme di dover intuire dalle vicende di quest'ultimo anno.
 Negli anni della grande glaciazione si eravamo forse illusi che tutto potesse riprendere da dove ci si era interrotti, all'inizio degli anni '80, solo che cambiasse l'orientamento del capo supremo della nostra gerarchia religiosa. Ora che ciò, inaspettatamente, è accaduto, fondamentalmente  per l'azione di capi religiosi estranei alla situazione italiana e per questo motivo forse più consapevoli delle sfide che alla nostra fede e al nostro impegno vengono dal mondo contemporaneo nonché del degrado italiano, nulla sembra cambiare da noi, e ciò sia da parte del clero che da parte di noi laici. Tutto, in fondo, continua come prima. La nostra vita collettiva di fede continua ad essere scandita come in passato quasi solo dalle uscite pubbliche del nostro padre universale, sia come discorsi con vasta risonanza mediatica sia  come eventi creati intorno alla sua figura, gli unici che appaiono ancora in grado di radunare folle di gente, a parte quelli organizzati, sulla base di attese miracolistiche, intorno a certi santuari.
  E' un fatto che sperimentiamo direttamente anche nella nostra Azione Cattolica parrocchiale, che è la struttura sociale d'elezione per rispondere all'appello al rinnovamento audace che, improvvisamente, ci sta venendo dall'alto. E' che noi dell'Azione Cattolica non facciamo propaganda in chiesa, ma questo dipende dal nostro obiettivo principale, che è quello di favorire il ritorno di gente di fuori, che negli anni del grande inverno si è allontanata dagli spazi liturgici. E anche di raggiuntere gente che nella vita collettiva di fede non è ma stata coinvolta direttamente e personalmente, se non per un vago sentimento religioso respirato nell'aria, negli ambienti sociali prevalentemente frequentati, quella cosa per cui uno ad un certo punto accetta di definirsi appartenente alla nostra confessione religiosa quando un intervistatore in un'inchiesta statistica gli fa un domanda in merito, ma senza saperne molto di più.  Pensavamo che ci fosse nella società intorno a noi, anche e innanzi tutto nel nostro quartiere, dove la chiesa parrocchiale è presente sin dalle origini, un interesse latente per le questioni religiose. In realtà capiamo ora, ammaestrati dall'esperienza, che quella visione era molto legata a quella dell'ideologia dominante nel lungo inverno che abbiamo vissuto, secondo la quale la nostra collettività è come un gregge di pecore, che si raduna per l'azione del pastore, riconoscendo la sua voce. Essa non corrisponde alla realtà: un popolo che voglia essere veramente tale, come noi a partire dagli scorsi anni '60 immaginiamo di esser, non è assimilabile a un gregge di pecore. E negli anni passati l'azione dei nostri pastori non è consistita tanto nel radunare il gregge, ma nel selezionarlo, proprio come si fa, in fondo, nella pastorizia. Si sono così tirati su un gregge a loro gradito, ma ora scoprono che esso non ha più quelle qualità alle quali ora essi fanno appello, proprio quelle che all'inizio degli anni '80 facevano paura perché introducevano una certa turbolenza. La gente di fede è diventata clero-dipendente, nel esso che non sembra manifestare più, se non in esigue minoranze emarginate, una capacità collettiva di pensiero e di azione autonomi. Attende che gli si dica che fare e che pensare. Si persa la tradizione dell'autonomia, un lavoro difficile perché incompreso e poco apprezzato da chi comanda tiranno, che aveva determinato l'evoluzione delle cose religiose dalla fine del Settecento agli scorsi anni Settanta.
 E' stato troppo lungo il tempo in cui tutti gli sforzi di pensiero sono stati spesi nello studiare e interpretare la copiosissima letteratura normativa che ci veniva da Roma.  Attendevamo sempre l'ultima uscita, così come anche ora, in fondo, aspettiamo la prossima, dopo quella strepitosa dello scorso novembre.
 I segni dei tempi sono questi.
 Ma non bisogna perdersi d'animo.  Solo, il lavoro da fare sarà più complesso di come ce lo eravamo immaginato.  Fortunatamente ci sono state agenzie culturali che hanno mantenuto la memoria storica di un diverso modo di vivere collettivamente la fede, e una di esse è proprio la nostra Azione Cattolica.
 Ma chiediamoci perché, nei lunghi anni passati, abbiamo accettato di tacere quando che l'hanno chiesto, abbiamo accettato talvolta anche di lasciarci ridurre, noi Azione Cattolica con la nostra grande tradizione della quale giustamente potevamo andare orgogliosi!, ad una sorta di esperienza ad esaurimento, destinata ai più anziani per i quali non si riteneva di dover sprecare energie per cambiar loro la testa, che facessero un po' quello che volevano finché ce la facevano. Forse, ragioniamoci francamente su, non siamo stati abbastanza attivi, in Azione Cattolica. Forse, anche, abbiamo trovato comodo farci gregge come di dicevano che dovevamo essere; forse abbiamo pensato che selezionare il gregge con certi criteri ci avrebbe risparmiato la fatica di doversi confrontare dialetticamente con posizioni scomodo, sconvenienti, con obiezioni fastidiose. Come quando, anni fa, durante una liturgia nella vicina parrocchia degli Angeli Custodi alla presenza del supremo nostro sovrano religioso di allora, che quest'anno abbiamo riconosciuto come figura esemplare a livello universale, un giovane, incaricato di recitare la preghiera dei fedeli, uscì dal seminato, dal testo che qualcuno gli aveva messo tra le mani,  e criticò il favore con cui una figura politica veniva ancora accolta in Vaticano, nonostante fosse sospettata di relazioni con la mafia siciliana: non è vero che ci scandalizzammo per il comportamento di quel giovane e non per quello di chi ancora accoglieva benevolmente politici di quel tipo?
 Forse abbiamo trovato rassicurante una certa uniformità, anche se ora comprendiamo che essa è stato un surrogato insufficiente della vera unità e ha fatto male alla nostra vita collettiva di fede. In nome dell'uniformità sono state sprecate tante vite, tante energie. Quante persone si sono allontanate e ora non riusciamo più a coinvolgerle nuovamente!
 Direi che è da queste cose che dobbiamo proporsi di ripartire, nel cercare di riallacciare legami con la gente intorno a noi. L'obiettivo deve essere  quel rinnovamento della vita collettiva di fede  a cui, oggi, ci esorta anche il nostro nuovo vescovo e padre universale, ma della cui necessità avremmo dovuto renderci conto, autonomamente, a molto tempo.
 
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli

lunedì 7 luglio 2014

Che cos'è e come si fa la mediazione culturale - 23


Che cos'è e come si fa la mediazione culturale

Miei appunti di lettura del saggio di Bruno Secondin "Messaggio evangelico e culture - problemi e dinamiche della mediazione culturale", Edizioni Paoline, 1982


23

 Il tempo nel quale la chiesa e la società vivevano una integrazione profonda è quasi solo un ricordo; la forza di socializzazione è diminuita. Eppure occorre visibilizzare  l'unione di tutti coloro che ubbidiscono all'imperativo divino della fraternità e della speranza. Affinché anche l'ordine materiale e le strutture temporali portino traccia del rinnovamento evangelico. La comunione di fede e di carità impedisce di chiudersi nel ghetto e nel particolarismo.
 [Ci] è chiesto di fare attenzione all'uomo concreto attraverso una comunità concreta. La chiesa cattolica è la chiesa che si mostra in realizzazione, che passa dagli universali oggettivi agli eventi soggettivi. Ciò comporta una valorizzazione delle specificità.
 A volte ci  manca la pazienza e il rispetto. [Cerchiamo] schemi di uniformità  e di perfezione puramente teorici.
 Ogni cultura ha bisogno di redenzione. E' vero:  non esiste una cultura totalmente cristiana. Ma non  è meno vero che è necessario accettare di passare da una presenza istituzionale alla presenza personale e per piccoli gruppi. Bisogna arrivare alla presenza totale per un cammino di presenze parziali. Per fare una ecclesiologia che non si impantani nel formalismo, ma sappia stare attenta al concreto, la via   è quella di porre "al centro, prima di tutto, l'evento originario che fa la chiesa, il fatto, cioè, che esistono due o tre persone, riunite nel nome di Gesù, che credono e comunicano nella fede" (cita il teologo Severino Danich).
 Siamo gente troppo abituata al centralismo e all'uniformità, non sappiamo gestire in modo costruttivo il ruolo delle autonomie locali, né quello di minoranza, né la presenza policentrica, né un sano pluralismo  nel pregare e nel celebrare, nell'amare e servire, nel vivere e nell'attendere. L'identità cristiana è anche identità in via, e allora "senza spazio concesso alla critica, alla sperimentazione, all'opinione … la chiesa rischia di ridursi a museo di esperienze del passato e di non aprire speranza per il futuro" [cita il teologo Luigi Sartori].
 
Mie considerazioni
 
  A conclusione del suo libro, Mondin segnalò problemi che ad oggi non sono stati superati, anzi semmai si sono aggravati. La critica alla chiesa-museo si ritrova anche nelle parole del nostro nuovo vescovo e padre universale. Ma ormai ci siamo abituati ad attendere dall'alto le parole d'ordine, le soluzioni; troviamo difficoltà a sperimentarle, provando ad attuarle lì dove concretamente abbiamo possibilità di operare, di influire. Il lavoro in un gruppo di Azione Cattolica è l'occasione per farlo, il luogo in cui si possono sperimentare nuove mediazioni culturali a partire dalle proprie concrete esperienza di vita. Chi  vi cercasse schemi per irreggimentare la propria vita di fede, rimarrebbe deluso. Non così chi, nell'era che sembra stia per concludersi di questi tempi, venne allontanato da una vita collettiva di fede perché insofferente dell'uniformità e degli schematismi che parevano doverla necessariamente  caratterizzare. Per queste persone l'impegno in Azione Cattolica potrebbe offrire l'opportunità per riprendere a vivere e a manifestare la fede in una comunità concreta, viva, e come parte viva di essa.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli

domenica 6 luglio 2014

Domenica 6-7-14 – 14° Domenica del Tempo Ordinario - Letture e sintesi dell’omelia della Messa delle nove


Domenica 6-7-14 – Lezionario dell’anno A per le domeniche e le solennità - 14° Domenica del Tempo Ordinario - salterio: seconda settimana – colore liturgico: verde - Letture e sintesi dell’omelia della Messa delle nove
 
Osservazioni ambientali: temperatura  28 C°; clima un po' afoso; cielo: sereno: è una bella giornata dell'estate romana, da godersi nei molti parchi della città. Canti: ingresso, Vi darò un cuore nuovo;  Offertorio: Sei grande Dio; Comunione, Preghiera semplice. Il gruppo di AC era nei banchi a sinistra dell'altare, guardando l'abside.
 
Buona Domenica a tutti i lettori!
 
 
Prima lettura
Dal libro del profeta Zaccaria (Zc 9,9-10)
 
 Così dice il Signore: "Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d'asina. Farà sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, l'arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni, il suo dominio sarà da mare a mare e dal Fiume fino ai confini della terra"

 

Salmo responsoriale (Sal 144 (145))

  

Ritornello:

Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.

 

O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.

 

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all'ira e grande nell'amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

 

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.

 

Fedele è il Signore in tutte le sue parole
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto.

 

 

Seconda lettura
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 8,9.11-13)
 
 Fratelli, voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, al momento che lo Spirito di Dio  abita in voi. Se qualcuno  non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete.
 
 
 
Vangelo
Dal Vangelo  secondo Matteo (Mt 11,25-30)
 
 In quel tempo Gesù disse: "Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché ai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre m io; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppresso, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero".
 
 
Sintesi dell'omelia della Messa delle nove
 
 
Il brano evangelico di oggi ci racconta di una lode di Gesù al Padre. Essa venne espressa dopo un insuccesso. Gesù aveva predicato, in particolare con le parabole,  ma il suo insegnamento non era stato accolto dai sapienti, dagli intelligenti: dagli scribi, dai farisei e dai sacerdoti, vale a dire  dalla gente considerata migliore.  Gesù rende lode al padre perché riconosce che questo fa parte di un disegno divino, di rivelare quelle cose ai piccoli, vale a dire ai semplici, agli umili. L'orgoglio infatti impedisce di accettare certi insegnamenti.
 Gesù poi si rivolge a tutti, anche a noi, a tutti coloro che sono stanchi e oppressi e dice che dar ristoro. Invita tutti a prendere il suo giogo. Ma come: si rivolge a persone stanche e oppresse per mettere loro un ulteriore giogo? Ma il suo giogo, dice Gesù, è dolce e il suo peso è leggero, perché egli stesso che ce lo impone è mite e umile di cuore. Quel giogo è quindi il giogo dell'amore ed è per questo che è dolce e leggero.
 Nella prima lettura c'è un collegamento con il brano evangelico. Veniva atteso un re potente, ma il profeto lo presenta a cavallo di un asino, un animale pacifico, non di un cavallo, utilizzato dai guerrieri. Ci viene quindi presentato in atteggiamento umile e come colui che annuncerà la pace alle nazioni.
 Nella seconda lettura san Paolo dice che chi non ha lo Spirito di Cristo non gli appartiene. Lo Spirito di Cristo e lo Spirito Santo che ci conduce a vivere secondo gli insegnamenti e l'esempio di Gesù. Da questo verrà per noi la vita. La resurrezione non va vista come un fatto esteriore, ma interiore, che è determinato dall'azione dello Spirito Santo in noi. È lo Spirito Santo che ci fa vivere nell'amore, contro i desideri carnali che portano verso la morte.
 Seguiamo quindi, tutti noi, l'insegnamento di Gesù di vivere nell'amore, seguendo lo Spirito Santo in noi. per avere la pace.
 
Sintesi di Mario Ardigò, per come ha inteso le parole del celebrante – Azione Cattolica in San Clemente Papa– Roma, Monte Sacro Valli
 
 

Avvisi parrocchiali:

-si segnala il sito WEB della parrocchia:
- oggi è la prima domenica del mese: le offerte raccolte nel corso delle Messe saranno destinate a sostenere le famiglie in difficoltà della parrocchia.
 
Avvisi di A.C.:
- le riunioni infrasettimanali del gruppo parrocchiale di AC riprenderanno nel prossimo ottobre. Il gruppo continuerà ad animare la Messa domenicale delle ore 9;
-le letture della Messa di domenica prossima 13-7-14, 15° Domenica del Tempo ordinario,  sono: Is 55,10-11; Sal 64 (65); Rm 8,18-23; Mt 13, 1-23.
- si segnala il nuovo sito WEB dall'AC diocesana: www.acroma.it
- si segnala il sito WEB www.parolealtre.it , il nuovo portale di Azione Cattolica sulla formazione;
- si segnala il sito WEB Viva il Concilio http://www.vivailconcilio.it/
iniziativa attuata per conoscere la storia, lo spirito e i documenti del Concilio Vaticano 2° (1962-1965) e per scoprirne e promuoverne nella società di oggi tutte le potenzialità.
-si segnala il blog curato dal presidente http://blogcamminarenellastoria.wordpress.com/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sabato 5 luglio 2014

Noi e l'autorità


Noi e l'autorità

 

 In una lettera all'arcivescovo di Perugia scritta negli scorsi anni Cinquanta, il filosofo Aldo Capitini, benché profondamente religioso, chiese all'arcivescovo di essere sottratto alla giurisdizione dei gerarchi cattolici  che egli, benché battezzato poco dopo la nascita senza un suo assenso consapevole, non poteva in coscienza accettare. Scrisse in quella lettera:
 
E a me, mai iscritto al fascismo per fedeltà alla nonviolenza, alla libertà di tutti e alla giustizia nella struttura sociale, la conciliazione tra il Vaticano e il tiranno, accompagnata da un opulento scambio per anni di favori e di elogi, chiarí per sempre che non si poteva aspettare dalla Chiesa di Roma né lo sviluppo dello spirito cristiano, né la difesa della libertà, della giustizia, della pace.
E’ insostenibile ciò che ora si tenta di fare attraverso citazioni di frasi generiche, per ricoprire che il Vaticano aiutò per anni il regime fascista in modo decisivo; ed assomiglia ai pietosi racconti di certe private persone che ci è accaduto di incontrare negli anni successivi al '44 e '45.
L'attuale potenza poi, e le moltiplicate espressioni dottrinarie e la ancor piú accresciuta attività pratica, hanno, secondo me, il solo vantaggio (a parte gli utili che ne traggono i devoti conformisti) di confermare ciò che alcuni di noi pensarono nel trentennio passato, dover lavorare intensamente per una riforma religiosa: quando i piú si sveglieranno, saranno portati, come accade nelle reazioni, a travolgere lo strapotere politico-economico e le posizioni religiose, sí che cadranno tante parti vecchie di queste; allora ci vorranno posizioni, idee, persone, centri, iniziative, all'altezza di una rinascita religiosa, certamente non piú papista, ma tale da accomunare Occidente ed Oriente: rinascita e nuova vita religiosa che urge, e che l'animo di tutti, malgrado tutto, chiede e invoca.
A questo io vorrei pensare e lavorare, e non da solo, ma con tanti, liberi cristiani, liberi religiosi, gandhiani.
 
 Il problema posto da Capitini, in anni in cui si posero le basi culturali e sociali di tanti cambiamenti che si produssero in religione nel decennio successivo, è reale e interpella ancora le coscienze. Esso riguarda la compatibilità di una concezione che assegna a un'organizzazione feudale del clero il monopolio della definizione dei principi di fede, compresi quelli riguardanti l'azione sociale, con quelle caratterizzanti la nostra collettività religiosa secondo le norme promulgate nel Concilio Vaticano 2, che Battista Mondin, nel libro Nuove ecclesiologie, del 1980, riassume, sulla scorta del pensiero del teologo Georges Dejaifve nei seguenti punti:
"distinzione tra regno di Dio e chiesa; la chiesa è soltanto l'inizio 'il germe' e non ancora la piena realizzazione del regno; comunionalità: c'è parità essenzial tra tutti i membri della chiesa, in quanto godono tutti delle stesse grazie fondamentali e degli stessi doveri; in tal modo «non è temerarietà parlare qui d'un'autentica 'democrazia' soprannaturale di cui lo Spirito Santo, in ognuno, è garante, nonostante la diversità dei compiti»[cita Dejaifve, "L'ecclesiologia del Vaticano II" 1973]; sacramentalità: il mistero della chiesa è caratterizzato come il sacramento dell'unione con Dio e dell'unità dell'intero genere umano: «Tale aspetto sacramentale caratterizzerà tutti gli elementi di questa comunione ecclesiale e le conferirà la sua struttura ontologica, prima di ogni considerazione giuridica ivi predominante» [cita Dejaifve, opera sopra menzionata]; cattolicità: intesa non tanto in senso quantitativo bensì qualitativo, ossia come attitudine ad abbracciare il molteplice e a far spazio al diverso: «per essere veramente il segno di salvezza nell'universo, il popolo di Dio deve essere insieme uno e diverso, secondo la diversità dei popoli»[cita Dejaifve, opera sopra menzionata]; politicità ossia attenzione per i problemi socio-politici che interessano l'umanità: «la chiesa prende coscienza della propria missione  temporale nel mondo come condizione della salvezza totale e della unità del genere umano[cita Dejaifve, opera sopra menzionata]".
 
 Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli

mercoledì 2 luglio 2014

Sviluppi storici


Sviluppi storici

 
 
  In religione, quando ci occupiamo della storia che ci riguarda più da vicino abbiamo di solito qualche difficoltà ad accettare quello che è accaduto e dunque a rappresentarcelo realisticamente. Il desiderio di continuità ci porta a proiettare sul passato forme culturali che sono proprie solo dei nostri tempi e quindi poi a scoprire nel passato anticipazioni dell'era nostra contemporanea. Inoltre nelle ricostruzioni storiche destinate al grande pubblico, quindi divulgative, di solito le narrazioni degli eventi che hanno visto coinvolte le nostre genti di fede in maniera disdicevole secondo i criteri che oggi utilizziamo per stabilire ciò che è bene e ciò che è male vengono presentate con la scusa incorporata. Vale a dire che cerchiamo di trovare sempre una qualche giustificazione al male che s'è fatto e ciò seguendo vari metodi, da quello che ricorda che all'epoca tutti facevano così a quello di presentarlo come una reazione a ingiustizie altrui. Insomma quelli della nostra parte, Papi, vescovi, preti, religiosi e il resto del popolo, li vediamo sempre dalla parte dei buoni. Purtroppo non è stato e ancora non è sempre così. Questo però non ci deve scoraggiare. In realtà la lezione che possiamo trarre dalla storia è che cambiare in meglio è possibile e di fatto ciò è avvenuto. Per quanto noi si voglia stabilire una continuità con le esperienze di fede delle origini, ciò non ci obbliga ad accettare tutto il  male che in religione è stato storicamente commesso; del resto la nostra fede è caratterizzata fortemente da un'esigenza di conversione, che significa anche correggere costantemente la propria mentalità alla luce di certi principi. Negli ultimi due secoli siamo cambiati molto, collettivamente. Questo è costato molta fatica, molto impegno, uno sforzo per riflettere su ciò che storicamente era accaduto, in mezzo a molti dubbi ed esitazioni. Ci sono state anche molte dure divergenze, ci si è fatti del male, e anche molto, gli uni gli altri, tutti animati dalle migliori intenzioni, e poi di questo male a volte ci si è pentiti.  
  A scuola studiai la storia sui libri di Gabriele De Rosa, che fu persona della nostra fede, partecipe del nostro movimento collettivo laicale in diversi campi. Da universitario approfondii certi temi sul suo libro "Il Movimento cattolico in Italia - Dalla restaurazione all'età giolittiana", edito da Laterza nel 1979, ormai reperibile solo in biblioteca. All'epoca ci fu una certa effervescenza degli studi su quegli argomenti, perché si vivevano tempi che si pensava dovessero portare a significative trasformazioni. Questa attesa andò poi delusa per un tempo lunghissimo. Solo recentemente essa è ripresa e infatti sono uscite diverse nuove opere su quei temi.
  Di solito si situano i precursori dell'esperienza di Azione Cattolica nell'anno 1867, a Bologna, con la costituzione delle Società della gioventù cattolica italiana  da parte del viterbese Mario Fani e del bolognese Giovanni Acquaderni (così ad esempio  nella Piccola storia di una grande associazione - L'Azione Cattolica in Italia, di Ernesto Preziosi, A.V.E. editrice, €12,00, attualmente in commercio).
 Tuttavia è possibile individuare società laicali con caratteristiche che poi si ritroveranno nell'Azione Cattolica, nelle sue varie manifestazioni, fin dalla fine del Settecento, in Piemonte, sotto il regno di Vittorio Amedeo III (1773-1796), con le Amicizie Cristiane. Esse, costituite di elementi della nobiltà, laici, avevano caratteristiche di particolare riservatezza, quasi al modo dei gruppi massonici la cui ideologia intendevano combattere. I loro statuti e norme erano conosciuti solo dagli iscritti.
 Scrive De Rosa, nell'opera citata (pag.12):
 
"Gli aspiranti, dopo aver dato prova di una vera pietà e pratica dei doveri cristiani e di frequenza dei sacramenti, erano ammessi ai seguenti voti: non leggere per un anno alcun libro proibito (erano dispensati da questo voto coloro che erano capaci di scrivere in favore della religione); dedicare un'ora ogni settimana alle lettura di un libro di formazione religiosa, indicato dall'associazione stessa; obbedire ai superiori in ciò che riguardava l'attività della società. Nel terzo di questi voti era compreso l'obbligo di osservare le seguenti regole dell'associazione: la frequenza ai sacramenti almeno due volte al mese; mezz'ora di lettura spirituale; ogni anno, otto giorni, o, se non fosse possibile, tre, di ritiro spirituale; alcuni giorni speciali di digiuno e quattro, all'anno, a pane e acqua; propaganda di carità spirituale, diffusione e impegno di trovare nuovi Amici e «ricercatori di anime».
 La società si riuniva due volte alla settimana per due ore, dalla festa dei Santi a tutto giugno. L'adunanza cominciava con una lettura edificante, di formazione religiosa;seguivano le preghiere, quindi le discussioni sull'attività dell'associazione e sui mezzi per far progredire l'Amicizia. L'adunanza si chiudeva con mezz'ora di circolo familiare e di conversazione attorno alle notizie importanti del giorno,sulla base dei  giornali del tempo, alla cui lettura e discussione veniva data la più grande importanza".
  
Le Amicizie Cristiane  nacquero, fondate da Nicolaus Joseph Albert von Diessach, calvinista convertito al cattolicesimo e poi fattosi gesuita, in reazione alle ideologie rivoluzionarie francesi  e alle correnti spirituali, diffuse in Francia, di impronta giansenistica (fondate su costumi molto rigorosi e su un generale pessimismo sulla capacità umana di fare il bene) fortemente antiromane e anticuriali. L'azione  sociale di questi gruppi era centrata sullo sviluppo della pietà religiosa e sulla propaganda religiosa attuata con i mezzi moderni di diffusione delle idee, innanzi tutto mediante libri che richiamassero alla memoria le grandi verità della religione. Mentre la prima caratteristica, secondo De Rosa, avvicina questa esperienza religiosa a quella delle società promosse dai gesuiti nel periodo di soppressione dell'ordine (1773-1814), la seconda l'avvicina alle attività di un circolo moderno di azione cattolica.
 In Italia la polemica antiromana, sviluppata nella  Francia del Settecento, assunse caratteristiche più ecclesiastico-politiche che teologiche, a causa della presenza dello Stato della Chiesa, che aveva come monarca assoluto il Papa, e della sua influenza sulle questioni politiche italiane.
 Ciò che distinse le Amicizie Cristiane  dall'esperienza successiva (di un più di un secolo) dell’Azione Cattolica, nelle sue varie manifestazioni storiche, fu il carattere elitario, non di massa, che esse avevano, e la grande riservatezza. Del resto, osserva De Rosa, questo "spirito di segretezza era un po' la moda del secolo 18°, così incredibilmente rigurgitante di sette di tutte le specie". Ma quelle prime esperienze laicali di attivismo sociale in senso moderno non erano certamente denotate da una fuga dal mondo, come dimostra la consuetudine della lettura collettiva dei giornali, quanto piuttosto da una polemica verso il mondo, che fu in fondo la nota dominante delle esperienze associative laicali in Italia fino alla fine dell'Ottocento e che fino al Concilio Vaticano 2° (1962-1965) fu la linea prevalente della nostra gerarchia, con l'eccezione dell'atteggiamento verso il regime fascista dal 1929 al 1942.
 Data la scarsa alfabetizzazione delle popolazioni dell'epoca l'attivismo delle Amicizie Cristiane  centrato sulla diffusione dei buoni libri si rivolgeva a persone dei ceti più elevati, numericamente minoritari, ai quali del resto appartenevano gli stessi fondatori di quei gruppi. Quello caratterizzato da una più intensa pietà religiosa, devozionale, ebbe più ampia diffusione, collegandosi al movimento spirituale promosso dal napoletano Alfonso Maria de Liguori(1697-1787). Scrive De Rosa:
 
"…tra la fine del Settecento e la prima parte dell'Ottocento, avvampato da violente polemiche religiose, mise sulle labbra delle plebi cristiane più inerudite le parole di san Giovanni della Croce e di Santa Teresa d'Avila, scoprendo una spiritualità popolare di ricco contenuto devozionale".
 
 Era del tutto assente l'attivismo sociale in favore delle plebi lavoratrici che caratterizzò il movimento cattolico italiano a partire dalla seconda metà dell'Ottocento. Fu solo a partire da esse che cominciarono ad essere superati gli atteggiamenti paternalistici e reazionari che avevano animato fino ad allora la polemica cattolica verso il mondo. Gradualmente l'accento dell'attivismo laicale si spostò allora dalla rinascita etica, la "corruzione del cuore" da combattersi con la "buona stampa"  e le organizzazioni di devoti, alla riforma sociale, che fu al centro del pensiero e dell'azione di Giuseppe Toniolo.
 
 
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli

martedì 1 luglio 2014

Praticanti


Praticanti

 

  Di solito nelle statistiche che riguardano i fatti religiosi vengono considerati "praticanti" quelli che vanno regolarmente a Messa la domenica. A volte si integra questo dato aggiungendo i valori di condivisione dei principi morali insegnati dai nostri capi religiosi. Ma tutto questo in realtà indica solamente in che misura la gente segue le prescrizioni del clero e corrisponde al punto di vista di quest'ultimo, secondo il quale per Chiesa deve intendersi il clero inquadrato gerarchicamente, esclusi quindi i dissenzienti, e i laici che  ad esso sono soggetti, anche qui esclusi i dissenzienti. Essere "praticanti"  è molto più di questo, significa sostanzialmente prendere la fede religiosa come orientamento pratico per le scelte da fare nelle propria vita e, quindi,  di questa fede essere interpreti vivi. Viene qui in rilievo una sapienza che in parte è appresa, in parte condivisa, in parte originata dalle proprie originali esperienze di vita. E' un lavoro che è molto di più di un eseguire, attuare, decisioni altrui. Come ogni vita personale è diversa dalle altri, così anche le fedi personali lo sono, e in varia misura, in quanto le si condivida con gli altri, rifluiscono nella collettività dove i principi di fede sono stati appresi. Questo determina una evoluzione vitale della fede collettiva, che non è mai tutta riassunta nelle nostre scritture sacre o nella tradizione religiosa, per quanto esse ne siano insostituibili punti di riferimento. Di questo talvolta si stenta a prendere atto, anche se è un fatto piuttosto eclatante. Così non di rado, quando si vuole criticare l'esistente religioso, si pensa di trovare soluzioni nel ritorno al passato, alle origini, pensando che i problemi derivino dalle molte ideologie che si sono storicamente sovrapposte al nucleo originario della  nostra fede. In questo modo però si rischia di perdere, con quelle negative, anche le acquisizioni positive che derivano dalla vita di fede collettiva, attraverso i secoli. Infatti la "pratica" di fede non è senza conseguenze sull'ideologia della fede, su come la fede viene compresa. E ai tempi nostri la comprendiamo sicuramente in modo molto diverso che alle origini.
  Così non vorrei sicuramente tornare alla Chiesa primitiva come dice uno dei canti che usiamo in parrocchia durante la Messa, per poi dover rifare tutti gli errori che sono stati storicamente commessi nell'evoluzione culturale della nostra fede, in due millenni. In particolare, ad esempio, di quell'esperienza collettiva ho ripudiato senz'altro il marcato antigiudaismo che emerge con toni che oggi sentiamo come sconvolgenti fin dagli inizi della tradizione patristica, ma anche in scritti più autorevoli, che riflettono le concezioni di fede delle nostre collettività del primo secolo della nostra era.
  Oggi le nostre società in Occidente prendono ancora come riferimento ideologie a sfondo religioso, anche se esse non sono più esplicitamente presentate come tali. L'ideologia dei diritti umani fondamentali, che è il cardine delle Costituzioni contemporanee in Occidente e nelle nazioni che l'Occidente prendono come riferimento e modello, ha questa natura. Essere praticanti  nella nostra fede consente di capirne l'origine e di svolgere poi un ruolo attivo nell'evoluzione culturale di quei grandi fatti sociali, che hanno veramente cambiato, velocemente, il mondo intorno a noi. C'è un marcata cesura tra la storia prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale, quindi tra la prima e la seconda metà del Novecento. Essa è stata determinata dall'affermarsi di concezioni istituzionali, sociali e politiche che trovano nella nostra fede la loro origine. Ma ai tempi nostri si è persa memoria e dunque consapevolezza di quest'ultima. Perché, ad esempio, dobbiamo rispettare la dignità e la vita di ogni persona umana a prescindere dalla sua condizione di cittadinanza? E' una cosa che viene in rilievo in questi giorni di fronte alla questione dell'atteggiamento da prendere nei confronti dei migranti dalle vicine coste africane. Perché non lasciarli affogare in mare, loro che, violando le nostre leggi, cercano di raggiungere l'Italia? E infatti la proposta blasfema di lasciarli affogare è stata fatta, ma essa  in genere non  è percepita come tale. E' dovuto intervenire il nostro vescovo e padre universale per ricordarlo pubblicamente. Questo autorevole presa di posizione ha modificato la linea politica del nostro governo, che ha approntato un dispositivo militare di emergenza che ha condotto a mettere in salvo decine di migliaia di persone (ormai intorno alle centomila). Soldati che non fanno la guerra, ma salvano persone! Una cosa raramente vista nella storia. Ecco dimostrato quindi che la nostra fede sta ancora cambiando il mondo. Nei futuri libri di storia questo sarà imputato collettivamente  a nostro merito e forse in parte ci riscatterà, collettivamente, dal  molto male che abbiamo fatto in Africa, avendo di mira prevalentemente lo sfruttamento delle risorse naturali di quel continente. Sarà qualcosa di analogo a quello che  è successo durante l'ultimo fascismo, in cui una parte significativa dei cattolici italiani, dopo gli anni della vergognosa condivisione delle politiche di discriminazione, cercò di aiutare gli ebrei perseguitati dal regime e dagli occupanti nazisti. Ma le rabbiose critiche che sono state rivolte a questa linea politica, e non di rado esplicitamente al suo ispiratore ("Se li prenda in Vaticano!"), dimostrano come vi sia necessità di sostenerla attivamente nella società. Ma solo ricorrendo alla nostra fede religiosa comune e costruendovi sopra una adeguata mediazione culturale è possibile farlo con efficacia. Altrimenti, in fondo, si fa la figura degli atei devoti, di quelli che dicono di non essere persuasi delle verità di fede ma di voler seguire le indicazioni dei nostri capi religiosi, come maestri di vita. Ad alcuni può bastare.
 
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli