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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente il secondo, il terzo e il quarto sabato del mese alle 17 e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

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Il sito della parrocchia:

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domenica 20 dicembre 2020

Resoconto della riunione di AcSanclemente! del 19DIC20 in Google Meet

 

Resoconto della riunione di AcSanclemente! del 19DIC20 in Google Meet

 

 Il 19 dicembre 2020 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet per discutere sui temi dell’enciclica Fratelli tutti,  di papa Francesco, in particolare sul quinto capitolo, dedicato alla migliore politica.

  Eravamo in 15. C’era anche il nostro assistente ecclesiastico, don Emanuele. Ha partecipato anche mio cugino Sergio, della parrocchia di Santa Maria della misericordia di Bologna, economista, dirigente bancario. Nella sua parrocchia un gruppo sta confrontandosi sull’enciclica in riunioni in videoconferenza. Pensiamo di approfittarne proponendo di frequentare reciprocamente  le riunioni di Roma e Bologna.

 Ha introdotto Giulia, ricordando che l’enciclica è dedicata alla fraternità  e all’amicizia sociale che si rivolge a tutti e che, quindi, ha una dimensione universale. L’enciclica è stata pubblicata in un tempo difficile, per l’ emergenza sanitaria della pandemia da Covid19, nel quale si stanno diffondendo nuove forme di chiusura. L’enciclica, invece, ci spinge ad andare verso gli altri. Nella scorsa riunione abbiamo esaminato la parte dell’enciclica che prende spunto dalla parabola dei Buon Samaritano.  Abbiamo proseguito con il capitolo quinto, dedicato alla politica.

   Giulia ha poi condiviso un video in cui papa Francesco parlava all’Azione Cattolica, in occasione dei 150 anni dalla fondazione, esortando alla politica con la “P” maiuscola.

 

Discorso di papa Francesco. Sintesi.

 L’appartenenza all’Azione cattolica deve incarnarsi nella città, come è accaduto nei passati 150 anni. Bisogna sentire forte la responsabilità di gettare il seme buono del Vangelo nella vita del mondo, attraverso il servizio della carità, anche mediante l’impegno politico. “Mettetevi in politica!” ci ha esortato il Papa, “Ma, per favore, nella grande politica! Nella politica con la ‘P’ maiuscola. Attraverso anche la passione educativa e la partecipazione al confronto culturale. Allargate il vostro cuore per allargare il cuore delle vostre parrocchie! Siate viandanti della fede! Per incontrare tutti, per accogliere tutti, per ascoltare tutti, abbracciare tutti”.  Il Papa ha continuato dicendo che ogni vita è amata dal Signore e che ogni volto ci mostra il volto di Cristo, specialmente quello del povero, di chi è ferito dalla vita, di chi si sente abbandonato, di chi fugge dalla morte e cerca riparo tra le nostre case, nelle nostre città. Nessuno può sentirsi esonerato dalla preoccupazione per i poveri e per la giustizia sociale.

  Ho poi presentato brevemente il 5° capitolo dell’enciclica

 

 Mario. Sintesi.

La proposta politica contenuta nell’enciclica Fratelli tutti, i  di papa Francesco, pubblicata il 3-10-20,  è veramente  nuova, rispetto alla dottrina sociale tra il  1891 (enciclica Le novità di papa Leone 13°)  e il  2009 (enciclica Carità nella verità di papa Benedetto 16°).

  Il documento non appare essere frutto di un lavoro collettivo di un gruppo di specialisti in varie discipline, come la precedente enciclica Laudato si’ pubblicata sotto l’autorità dello stesso Papa, del 2015.

  Appare legata ad  una concezione della politica maturata nell’esperienza dell’America Latina, in particolare nella teologia sviluppata nei lavori della Consiglio Episcopale Latino-americana.  Deriva dall’esperienza culturale del sub-continente dell’America meridionale, caratterizzato da molte differenza ma anche da una forte convergenza culturale determinato dal fatto di essere stato assimilato da due culture di base, quella ispanica e quella portoghese, molto vicine tra loro, anche geograficamente in Europa, confinate nella penisola iberica.

Al centro della proposta politica dell’enciclica vi è la categoria (così definita nel documento) di popolo. Non in senso etnico, né storico,  né mistico, ma   mitico. Non vengono date ulteriori spiegazioni sul punto, che probabilmente nella realtà sociale latino-americano non sono necessarie. Si precisa solo che è una realtà viva, dinamica, aperta, capace di includere le differenze.

 Il popolo tenderebbe al bene per virtù propria di fraternità, ma è vessato dalle concezioni liberali e dal consumismo che tendono a disgregarlo, sviandolo nell’individualismo. Però da esso emergono movimenti  capaci di essere seminatori di cambiamento: aggregano disoccupati, lavoratori precari e informali e tanti altri che non rientrano facilmente nei canali già stabiliti; quindi i settori periferici della società. Indicano la via della riforma. Dovrebbero incontrarsi e coordinarsi per contare di più in società.

  La cultura liberale e consumistica spinge all’individualismo e quindi alla disgregazione del popolo. Secondo il Papa questo è all’origine del male sociale contemporaneo, in particolare della tecnocrazia  che ha assoggettato il popolo.

  Si è persona solo in quanto popolo. Ognuno è pienamente persona, si legge nell’enciclica, quando appartiene a un popolo, e al tempo stesso non c’è vero popolo senza rispetto per il volto di ogni persona. Popolo e persona sono dunque termini correlativi. Disgregando il popolo ne  risente quindi la dignità della persona umana.

  Il popolo saprebbe anche per virtù propria riconoscere la verità, vale a dire i principi fondamentali che non mutano nello sviluppo storico, la base per il dialogo sociale, la pace, il progresso. Nel dialogo saprebbe distinguerli dalle manipolazioni. Nel dialogo possono conciliarsi convenienza sociale, consenso e verità obiettiva. L’importante è rinunciare ad un’idea monolitica di verità. Bisogna attivare processi  di incontro in cui essere anche capaci di rinunciare a qualcosa per ottenere l’accordo. Si legge nell’enciclica:

 

Specialmente chi ha la responsabilità di governare, è chiamato a rinunce che rendano possibile l’incontro, e cerca la convergenza almeno su alcuni temi. Sa ascoltare il punto di vista dell’altro consentendo che tutti abbiano un loro spazio. Con rinunce e pazienza un governante può favorire la creazione di quel bel poliedro dove tutti trovano un posto.

 

 Il Papa indica la via della gentilezza  in quelle relazioni umane:

 

 E’ possibile ancora esercitare la gentilezza: San Paolo ne parla come di un frutto dello Spirito Santo. Significa aiutare gli altri perché la loro esistenza sia più sopportabile. È liberazione dalla crudeltà delle relazioni umane.

 

Si legge anche

 

Quando ci si riunisce per] dare vita a processi sociali di fraternità e di giustizia per tutti si entra nel campo della più vasta carità, della carità politica, una vocazione altissima, una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune.

 

 Occorre operare sapientemente, perché bisogna essere efficaci, facendo anche ricorso con intelligenza alle scienze e alla tecnologia.

 

È un atto di carità indispensabile anche  l’impegno finalizzato ad organizzare e strutturare la società in modo che il prossimo non abbia a trovarsi nella miseria. È carità stare vicino a una persona che soffre, ed è pure carità tutto ciò che si fa, anche senza avere un contatto diretto con quella persona, per modificare le condizioni sociali che provocano la sua sofferenza.

 

 

  Anche nella prima dottrina sociale si avvertiva la contrapposizione tra popolo  e liberalismo. La Chiesa, all’epoca, volle schierarsi in difesa del primo. Ma quel popolo era il popolo-gregge  unificato dal far riferimento ad un Buon Pastore. Nella visione dell’enciclica, esso è popolo per virtù propria.

  Come già presentando i primi quattro capitoli dell’enciclica, nella precedente riunione su di essa,  ho ricordato che nel documento  la democrazia, nell’enciclica il cui cuore è la migliore politica, è citata solo quattro volte, e sempre per segnalarne lo svuotamento, la perdita di senso, la manipolazione, il suo puro formalismo e nominalismo.

 

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Beatrice è intervenuta sottolineando due punti dell’enciclica che le sono piaciuti.

 Uno è la critica del liberismo economico, in particolare nel paragrafo 168:

 

168. Il mercato da solo non risolve tutto, benché a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale. Si tratta di un pensiero povero, ripetitivo, che propone sempre le stesse ricette di fronte a qualunque sfida si presenti. Il neoliberismo riproduce sé stesso tale e quale, ricorrendo alla magica teoria del “traboccamento” o del “gocciolamento” – senza nominarla – come unica via per risolvere i problemi sociali. Non ci si accorge che il presunto traboccamento non risolve l’inequità, la quale è fonte di nuove forme di violenza che minacciano il tessuto sociale. Da una parte è indispensabile una politica economica attiva, orientata a «promuovere un’economia che favorisca la diversificazione produttiva e la creatività imprenditoriale», perché sia possibile aumentare i posti di lavoro invece di ridurli. La speculazione finanziaria con il guadagno facile come scopo fondamentale continua a fare strage. D’altra parte, «senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica.Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare». La fine della storia non è stata tale, e le ricette dogmatiche della teoria economica imperante hanno dimostrato di non essere infallibili. La fragilità dei sistemi mondiali di fronte alla pandemia ha evidenziato che non tutto si risolve con la libertà di mercato e che, oltre a riabilitare una politica sana non sottomessa al dettato della finanza, «dobbiamo rimettere la dignità umana al centro e su quel pilastro vanno costruite le strutture sociali alternative di cui abbiamo bisogno».

 

 Il Papa critica la buona novella del liberismo economico, secondo la quale il mercato da solo sarebbe in grado di risolvere tutto, per cui lasciando il mercato libero tutta l’umanità andrebbe incontro ad un progressivo benessere, che traboccherebbe  o sgocciolerebbe  verso le fasce più svantaggiate della popolazione. La realtà ha dimostrato la falsità di questa tesi. Si sono avute diseguaglianze ingiuste, inequità, che poi hanno suscitato anche violenze.

  Il mercato non si autoregola. Se si autoregolasse non avremmo avuto mascherine vendute a duecento euro nella prima fase critica del lockdown nella pandemia!

  E’ apprezzabile la proposta di rafforzare le Nazioni Unite. Non per farne un impero mondiale. Le Nazioni Unite hanno portato a un lungo periodo di pace, ma spesso sono state ostaggio dei membri permanenti nel Consiglio di sicurezza con diritto di veto, che hanno bloccato risoluzioni utili per portare la pace. E’ effettivamente necessaria una riforma delle Nazioni Unite.

 

Carlo ha osservato che il Papa si rivolge direttamente ai politici, alle persone dei politici, dando una definizione non astratta, teorica, ma praticissima, del lavoro del politico, nel paragrafo 186:

 

186. C’è un cosiddetto amore “elicito”, vale a dire gli atti che procedono direttamente dalla virtù della carità, diretti a persone e a popoli. C’è poi un amore “imperato”: quegli atti della carità che spingono a creare istituzioni più sane, ordinamenti più giusti, strutture più solidali. Ne consegue che è «un atto di carità altrettanto indispensabile l’impegno finalizzato ad organizzare e strutturare la società in modo che il prossimo non abbia a trovarsi nella miseria». È carità stare vicino a una persona che soffre, ed è pure carità tutto ciò che si fa, anche senza avere un contatto diretto con quella persona, per modificare le condizioni sociali che provocano la sua sofferenza. Se qualcuno aiuta un anziano ad attraversare un fiume – e questo è squisita carità –, il politico gli costruisce un ponte, e anche questo è carità. Se qualcuno aiuta un altro dandogli da mangiare, il politico crea per lui un posto di lavoro, ed esercita una forma altissima di carità che nobilita la sua azione politica.

 

 Di questo insegnamento si tirano le somme nel paragrafo 197:

 

197. Vista in questo modo, la politica è più nobile dell’apparire, del marketing, di varie forme di maquillage mediatico. Tutto ciò non semina altro che divisione, inimicizia e uno scetticismo desolante incapace di appellarsi a un progetto comune. Pensando al futuro, in certi giorni le domande devono essere: “A che scopo? Verso dove sto puntando realmente?”. Perché, dopo alcuni anni, riflettendo sul proprio passato, la domanda non sarà: “Quanti mi hanno approvato, quanti mi hanno votato, quanti hanno avuto un’immagine positiva di me?”. Le domande, forse dolorose, saranno: “Quanto amore ho messo nel mio lavoro? In che cosa ho fatto progredire il popolo? Che impronta ho lasciato nella vita della società? Quali legami reali ho costruito? Quali forze positive ho liberato? Quanta pace sociale ho seminato? Che cosa ho prodotto nel posto che mi è stato affidato?”.

 

 Un vero e proprio esame di coscienza per chi fa politica. Però sono poche le iniziative della comunità cristiana per  i politici. Converrebbe pensare a qualcosa di concreto per  i politici, per tutti i politici, non solo quelli che si richiamano alla dottrina sociale della Chiesa.

 Anni fa c’era un’associazione denominata “della carità poltica”, fra diplomatici, i quali si riunivano per capire come il pensiero cristiano  sociale potesse innervare le relazioni diplomatiche internazionali.

 Quello che una volta si chiamava il pontificio Consiglio Iustitia et pax  una volta riunì i cappellani parlamentari per discutere di pastorale rivolta ai politici.

 Carlo ha ricordato che, parlando con alcuni parlamentari che provenivano dall’Azione cattolica, gli fu detto che essi si sentivano abbandonati dal punto di vista spirituale, in perfetta solitudine, senza alcun sostegno dal reticolo ecclesiale che li aveva appoggiati.

 Ci sono incontri tra politici e amministratori tra enti locali, ma potrebbe essere ampliata per farne una espressione di tutto il mondo cattolico.

 

 Gloriana.

  Ha confermato che gli incontri tra politici e amministratori di cui ha parlato Carlo sono stati accolti con un grande entusiasmo. Si vuole ora organizzarli anche nelle singole Regioni, coinvolgendo le Diocesi.  anche se la pandemia ha per ora ostacolato questo programma.

 I politici sentono il bisogno di un sostegno spirituale.

 

Sergio.

Al par. 158 dell’enciclica il Papa sottolinea che la categoria di popolo, che è centrale in questo capitolo, non è una categoria angelicata.

 

158. Esiste infatti un malinteso. «Popolo non è una categoria logica, né è una categoria mistica, se la intendiamo nel senso che tutto quello che fa il popolo sia buono, o nel senso che il popolo sia una categoria angelicata. Ma no! È una categoria mitica […] Quando spieghi che cos’è un popolo usi categorie logiche perché lo devi spiegare: ci vogliono, certo. Ma non spieghi così il senso dell’appartenenza al popolo. La parola popolo ha qualcosa di più che non può essere spiegato in maniera logica. Essere parte del popolo è far parte di un’identità comune fatta di legami sociali e culturali. E questa non è una cosa automatica, anzi: è un processo lento, difficile… verso un progetto comune».

 

  Il popolo non ha sempre ragione.

  Come la cattiva moneta caccia la buona moneta, la cattiva politica caccia la buona politica. Purtroppo è più comodo fare cattiva politica.

  La categoria di popolo viene osteggiata, dai neo-liberisti. E’ vero. Però essere popolo non è uno status  che si raggiunge sempre e non tutti i popoli sono uguali. Il vero popolo è quello che riesce a includere, che riesce a dare possibilità a tutti, al meglio. E questo non è qualcosa che si raggiunga e si mantenga per sempre.

  E’ vero: il successo delle politiche liberali e del meccanismo di mercato è sotto gli occhi di tutti. E’ un successo terribile perché si basa su una grossa ingiustizia. Vi sono sette miliardi e mezzo di persone sulla terra: sei mangiano, uno e mezzo non mangia abbastanza. E questo è impressionante.

  E’ anche vero che non esiste ancora un sistema che possa sostituirlo. Questa è una grossa responsabilità, che abbiamo tutti noi. Si fanno molti sforzi per una diversa economia, ma c’è ancora molto da fare, rispetto all’elaborazione solida, strutturata, che in circa tre secoli hanno prodotto economisti liberali. Se si vuole competere con l’economia liberista, occorre essere un pochino più attrezzati.  Questo dipende tutto da noi.

 

Angela.

Il Papa non è solo nel mondo.

 Angela ha ricordato l’agenda 2030 delle Nazioni Unite, che si propone l’abolizione  della povertà e della fame. Non si tratta più di lottare contro la povertà, ma di fare in modo che i poveri non ci siano più. E questo per dare una nuova dignità all’umanità.  Deve essere eliminato lo squilibrio tra il Nord e il Sud del mondo. Il 20% dell’umanità che vive prevalentemente nel Nord del mondo utilizza l’80% delle risorse mondiali. E’ importante il richiamo del Papa a una politica espressa da  un popolo che condivide quegli obiettivi e valori.

 Le organizzazioni internazionali servono e prefigurano un nuovo modello di umanità.

 Ha proposto, sul tema dell’indifferenza alla politica,  un video con un discorso tenuto dal giurista Piero Calamandrei, nel 1955, a studenti universitari milanesi.

 

Sintesi del discorso di Calamandrei.

 La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va via da sola. La Costituzione è un pezzo di carta, non si muove. Perché si muova, occorre ogni giorno metterci dentro il combustibile. Bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità.

 Per questo una delle offese che si fa alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. Un po’ una malattia dei giovani. L’indifferentismo.

“La politica è una brutta cosa. Che me ne importa della politica?”: io, quando sento fare questo discorso, ricordo sempre quella vecchia storiellina, che qualcuno di voi conoscerà. Di quei due migranti, due contadini, che traversavano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva. L’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca, con delle onde altissime; il piroscafo oscillava.  Allora questo contadino, impaurito, domanda a un marinaio: “Siamo in pericolo?”. Quello dice: “Se continua questo mare, tra mezz’ora il bastimento affonda”.  Allora il contadino corre nella stiva, a svegliare il compagno, e gli dice “Se continua questo mare, il bastimento affonda!”. E quell’altro risponde:  “Che me ne importa? Non è mica mio!”. Questo è l’indifferentismo alla politica!

 La libertà c’è:  è così bello, è così comodo! Si vive in regime di libertà. Si altre cose da fare che interessarsi di politica. Ci sono tante altre cose belle da vedere, da godere, piuttosto che occuparsi di politica. Questa politica non è una piacevole cosa! Però la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia, che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni. E che auguro a voi giovani di non sentire mai. Vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare, voi, le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai. Ricordandovi che ogni giorno sulla libertà bisogna vigilare, dando il proprio contributo alla vita politica.

  Quindi voi giovani alla  Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come cosa vostra, metterci dentro il senso civico, la coscienza civica, rendersi conto, e questa è una delle gioie della vita, che ognuno di noi nel mondo non è solo, che siamo in più, che siamo parti di un tutto.

 

 Ritorna nel discorso di Calamandrei  il discorso della buona politica che non è indifferenza, ma è impegno, partecipazione, condivisione dell’impegno con gli altri, per la costruzione di un mondo in cui l’iniquità cessi o comunque diminuisca. Non si può pensare di essere cittadini senza impegnarsi nella buona politica.

 

Daniele

 Il suo intervento si basa sull’esperienza fatta quale candidato alle elezioni regionali.

 Il Papa insiste sulla richiesta di impegno politico.

  Però poi chi ce la fa viene abbandonato a se stesso, come è stato detto.

  Ma c’è un problema a monte. Spesso ci si limita a fare prediche sulla politica per dire che occorre impegnarsi in politica, ma questo non basta. Il mondo cattolico ha tante idee, ha una visione. Ma in politica la visione non basta. In politica serve il consenso, servono i voti. Una cosa molto concreta.

 Occorre metodo e organizzazione per avere quel consenso elettorale. Altrimenti non si riuscirà mai a contare in politica.

 I nostri pastori dovrebbero superare la sindrome della neutralità. La neutralità non esiste. Bisogna sapersi schierare, pubblicamente. La politica chiede di schierarsi.

  Nel passato schierarsi ha provocato anche conseguenze non positive, ma è ora di chiudere con il passato, quello della Democrazia Cristiana, e aprire una nuova stagione in cui non ci si limiti solo a parlare di contenuti. Il rischio è quello di bruciare intere generazioni che si affacciano all’impegno politico. Bisogna cominciare a muoversi, a livello locale, in maniera un po’ più organizzata.  

 

Elisa

 Se si sogna da soli, rimane un sogno; se sogniamo tutti insieme è la realtà che si mette in movimento. Secondo me questo è uno dei messaggi del Papa: svegliare il popolo, oltre ai politici. Il politico, come ha detto Daniele, senza chi lo sostiene non conta niente. In realtà chi conta siamo noi, che dovremmo combattere per fare le cose più giuste. Ora la pandemia ci ha dato un’occasione. La coglieremo? Speriamo di sì. Il Signore ci aiuterà.

 

 

Don Emanuele

 Bisognerebbe recuperare il motto di don Milani I care - mi interessa -  me ne prendo cura. Il contrario del motto fascista  me ne frego.

  A volta la politica è troppo astratta. Bisogna andare al nocciolo delle situazioni, ricordandosi dell’importanza della carità e della tenerezza.

  E’ facile, nei confronti della politica, lamentarsi e giudicare. Bisogna comprendere la complessità dei problemi politici e mettersi al servizio di tutti. La formazione è importante per tutti. Gli intellettuali devono fare la loro parte.

  Bisogna che, dal basso, si acquisisca la capacità di ragionare in termini di bene comune. Tenendo in conto la giustizia e il problema della povertà. E, così facendo, realizzare quel sogno della pace che non è solo della Chiesa, ma  è di tutte le persone di buona volontà. E’ un impegno di tutti, anche dei preti, anche se non si schiereranno mai nelle competizioni politiche.

 

Le riunioni in Google Meet proseguiranno a gennaio, il 16  e il 30 con il dialogo sulla tappa Sfiorare  del percorso formativo dell’Azione Cattolica “Da corpo a corpo” e il 23 proseguendo la riflessione comune sui temi dell’enciclica Fratelli tutti, in  particolare sul capitolo 6 dedicato al dialogo e all’amicizia sociale.

 

 Mario Ardigò - Azione Cattolica in san Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli