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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente il secondo, il terzo e il quarto sabato del mese alle 17 e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

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Il sito della parrocchia:

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giovedì 5 dicembre 2019

Consiglio di lettura: Pietro Scoppola, “Un cattolico a modo suo”, Brescia, Morcelliana, 2008, p.126, € 10,00. - Reading tip: Pietro Scoppola, "A Catholic in his own way", Brescia, published by Morcelliana, 2008, pages 126, € 10.00.

Consiglio di lettura: Pietro Scoppola, “Un cattolico a modo suo”, Brescia, Morcelliana, 2008, p.126, € 10,00.
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 Reading tip: Pietro Scoppola, "A Catholic in his own way", Brescia, published by Morcelliana, 2008, pages 126, € 10.00.

Note: after the text in Italian, I insert the translation in English, made with the help of Google Translate

  Vi consiglio di leggere di Pietro Scoppola, “Un cattolico a modo suo”, Brescia, Morcelliana, 2008, p.126, euro 10,00.
 L’autore, morto il 25 ottobre 2007, è ben noto e caro a molte persone tra i cattolici italiani, credo. Fu professore di  Storia contemporanea alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università La Sapienza di Roma. Uno dei maggiori maestri e ispiratori del cattolicesimo democratico italiano. Ebbi modo di conoscerlo personalmente nel 1981 durante alcuni incontri a casa di Paolo Giuntella, qui a Roma. Ho letto molte cose sue, recependone gli insegnamenti. Ne condivisi gli orientamenti politici e le aspirazioni, al tempo in cui operò la Lega Democratica, il movimento da lui fondato, riprendendo il nome di quello di Romolo Murri, con Achille Ardigò, Nino Andreatta, Ermanno Gorrieri, Paola Gaiotti, Paolo e Romano Prodi, Luigi Pedrazzi, Paolo Giuntella, Leonardo Benevolo, Roberto Ruffilli, Luigi Bazoli, e altri esponenti del mondo italiano dei cattolici democratici, dopo l’esperienza del Convegno ecclesiale “Evangelizzazione e promozione umana” del 1976. 
 Il libro è stato scritto nella particolare condizione della malattia grave, che mi accomuna all’autore, e in quel tempo particolare, che mi è stato per ora risparmiato grazie al dono di mio fratello Lucio, della resa, dell’avvicinarsi della fine.
   Pubblico una sintesi del libro, con  alcune citazioni letterali.

Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli
  Summary by Mario Ardigò - Catholic Action group in the Catholic parish named  "Saint Clemente pope" - Rome, Monte Sacro - Valli  district

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Riassunto da SCOPPOLA Pietro, “Un cattolico a modo suo”, Brescia, Morcelliana, 2008, p.126, euro 10,00.

 Alle pagine 46 e 47 l’autore ricorda come è nato il titolo del libro. Nel 1974 era stato chiamato a far parte del Comitato promotore del convegno ecclesiale “Evangelizzazione e Promozione Umana”, pensato dalla Conferenza Ecclesiale Italiana per porre rimedio alla lacerazione prodottasi nel mondo cattolico al tempo del referendum sul divorzio. “Coscienza”, la rivista dei Laureati Cattolici, pubblicò il testo di una conferenza tenuta da Scoppola in Germania, a Warzburg, in cui aveva criticato la posizione tenuta dalla Chiesa italiana in occasione del referendum. L’Osservatore Romano lo attaccò duramente  in un articolo dal titolo “Pluralismo senza criterio”.  Scoppola allora offrì le proprie dimissioni a mons. Enrico Bartoletti, Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana. Bartoletti sentì papa Montini, il quale rispose che Scoppola era un cattolico “un po’ a modo suo”, ma che era bene che rimanesse.
 Lo scopo dichiarato del libro è di descrivere l’itinerario che condusse l’autore, non ad abbandonare la fede della giovinezza, ma a ripensarla in maniera molto incisiva. L’autore ammette di non essere un maestro sui temi che affronta. Le sue riflessioni non vogliono essere affermazioni definitive; in molti casi sono domande più che certezze. E tuttavia sente il bisogno di scrivere, spinto soprattutto dalla sensazione condivisa di molti cattolici di un riflusso rispetto al Concilio Vaticano II.
 La convinzione dell’autore è che i cristiani non siano un realtà stabile e fissa: cambiano anch’essi e il loro modo di sentire, vivere ed esprimere l’esperienza di fede.
 Ai tempi del liceo dei gesuiti “Massimo”, a Roma, la fede gli venne presentata come un ponte a tre archi, solidissimo, fondato sulla dimostrazione razionale dell’esistenza di Dio, sulla dimostrazione storica dell’esistenza e della divinità di Cristo, sulla Chiesa indefettibile e dotata di pieni poteri. Per lui quel ponte crollò, ma non crollò a fede. C’erano evidentemente altre ragioni per credere.
 In particolare ricorda l’importanza dell’esempio materno, con la sua forza emotiva. La propria esperienza personale gli fa concludere che “la libertà vera è quella di costruire sul dato reale del proprio vissuto, da considerare non un  vincolo o una prigione ma un base per andare avanti, un’occasione da valorizzare. Ciò, per lui, vale anche per la scelta religiosa: “si costruisce nella libertà ma anche nella fedeltà al proprio passato”. E tuttavia costruire sul dato di partenza che la vita ci offre è pur sempre una grande fatica: “quello che è difficile e pienamente umano è essere liberi nella piena coscienza dei condizionamenti cui siamo soggetti”, rifiutando il cambiamento per il cambiamento.
 La maturità liceale coincise con la liberazione di Roma. Il suo disorientamento fu grande, anche per le questioni di fede. Il suo era infatti un cristianesimo privo di spessore storico, non incarnato culturalmente. Cominciò ad andare alla ricerca di una nuova dimensione culturale della sua fede. Scrive (pag.29): “Mi pare sia accaduta una cosa: logicamente avrei dovuto prima arrivare a sciogliere i miei dubbi di fede per poi cercare di dare espressione  a questa fede sul piano storico concreto in relazione ai nuovi grandi problemi del momento. E’ accaduto il contrario: i dubbi sono rimasti e sono divenuti parte del mio stesso modo di credere … sono diventati la premessa e la via per la costruzione della mia stessa identità culturale”. Anche l’impegno professionale nel campo della storia nasce come ricerca di un’identità culturale, politica, religiosa di fronte ai problemi creati dal confronto con la democrazia. Ricorda l’esperienza, dopo la laurea, come funzionario del Senato, che gli permise la frequentazione di una vasta biblioteca, dalla quale ricavò elementi utili per le ricerche su modernismo, e gli detto l’occasione di di incontrare grandi figure di politici. Dall’opera “La conoscenza storica” di Henri-Irénée Marrou trasse la prospettiva di uno storicismo umanistico aperto alla trascendenza, “l’intuizione che nella storia fossero da cercare elementi nuovi di identità e di orientamento, anche sui problemi del presente”, alla quale rimase sempre legato. Ricorda la collaborazione, negli anni ’50, alla rivista “Quaderni di storia e cultura sociale” promossa da Ettore Passerin D’Etreves, Sergio Cotta, Gianfranco Merli, la prima rivista storica di ispirazione cattolica “decisamente orientata sui temi di storia contemporanea”. Ripropone brani di una dichiarazione d’intenti, da lui scritta, che avrebbe dovuto aprire una nuova serie della rivista (di fatto poi on ripresa) e in particolare questo: “Occorre da un lato salvare l’integrità dei valori religiosi dalla contaminazione e dall’oscuramento che subiscono ogni qualvolta vengono abbassati al ruolo, che ad essi non competono, di ideologia politica; e, dall’altro, affermare e difendere la stessa integrità e autonomia delle realtà umane e storiche da confusioni troppo facili anche se generose. E questa è opera, a nostro avviso, che non può compiersi solo sul terreno delle scelte politiche: nessun cambiamento di indirizzo basterà da solo a garantire questi valori se prima un approfondito lavoro di cultura non abbia reso i cattolici più consapevoli delle loro responsabilità religiose, ma perciò anche capaci di un atteggiamento politico libero da ogni tutela”.
   Scoppola ritenne necessario superare la frattura storica tra Chiesa e libertà. Scrive l’autore: “Dunque la libertà era il passaggio obbligato per quella ricerca di identità di cui dicevo all’inizio. Di qui i temi affrontati: i rapporti tra Chiesa e Stato, la tradizione cattolico liberale e i modernismo.”  I problemi che all’epoca erano molto vivi e controversi riguardavano la possibilità per la Chiesa, che si riteneva depositaria della sola verità, di accettare un regime politico in cui a tutti fosse garantita la professione delle proprie idee e convinzioni religiose e in cui ciò che è giusto o ingiusto sul piano dei comportamenti fosse definito sulla base di un consenso liberamente espresso.
 Con l’inizio dell’attività di professore a Magistero, nell’Università La Sapienza di Roma, e con l’assunzione della direzione della rivista “Il Mulino” di Bologna, iniziò un più aperto ed esplicito impegno politico, intrapreso non come carriera, ma come ricerca di un cattolicesimo pienamente incarnato nella storia e come maturazione di una identità personale di cristiano e di cattolico. Ricorda di aver vissuto senza traumi spirituali, come scelta doverosa, normale, il sostegno al “no” al referendum sul divorzio. Inaccettabile per lui imporre a tutti con la forza della maggioranza il modello del matrimonio cristiano, così altro. Scrive: “Sì, la politica mi ha appassionato, non strumentalmente come mezzo per un fine diverso dalla politica stessa, ma come politica in sé, come disegno per il futuro, come valutazione razionale del possibile e come sofferenza per l’impossibile come chiamata ideale dei cittadini a nuovi traguardi, come aspirazione a un’uguaglianza irrealizzabile che è tuttavia tormento della storia umana. Mi ha interessato la politica per quello che non riesce ad essere molto più che per quello che è”.
 Dal punto di vista religioso questa feconda esperienza nella politica ha comportato per Scoppola prendere atto degli spazi di responsabilità personale e svincolarsi “da un pesante carico di scrupoli e di fissazioni religiose”. Ricorda, da una relazione di Tommaso Gallarati Scotti ad un convegno della Lega Democratica Cristiana di Romolo Murri l’affermazione tratta dal Concilio Lateranense IV del 1215: “Quidquid fit contra conscentiam aedificat ad gehennam" (ciò che va contro coscienza porta all’inferno). Scrive Scoppola: “La dottrina del primato della coscienza vi era chiaramente formulata: a coscienza individuale non è fonte dei valori morali, ma è lo strumento attraverso il quale i valori vengono percepiti e diventano vincolanti.” L’affermazione sopra ricordata potrebbe risalire a Papa Gelasio (492-496), nella “Epistula ad Anastasium Imperatorem”. La si ritrova nel “Liber Extra” di Gregorio IX (1234), recepita da un precedente decretale di Innocenzo III. Viene citata da San Tommaso D’Aquino e da San Bonaventura. La si ritrova nella “Lettera al Duca di Norfolk” di John H. Newman, scritta per replicare al liberale Gladstone, secondo il quale un cattolico non poteva essere un fedele suddito della Regina a motivo della proclamazione del doma dell’infallibilità pontificia.
 Scrive Scoppola: “E’ paradossale che il primato della coscienza sia stato negato e calpestato dalla Chiesa in innumerevoli circostanze storiche e comunque lasciato in ombra sul piano dottrinale sicché il principio di libertà di coscienza finisce per affermarsi in Europa non ad opera della Chiesa ma contro la Chiesa. 
 E costituisce un problema “l’imponente costruzione concettuale accumulatasi nei secoli intorno al messaggio cristiano”. Ricorda la lezione di Benedetto XVI tenuta a Ratisbona nel settembre 2006 sul legame tra fede e filosofia. Vi è una distanza tra l’aspetto teoretico e “il dato vitale della partecipazione ad una corrente di fede che attraversa i millenni e che si è espressa informe variabili”. Scrive: “Credo che questo sia il punto discriminante: la fede non è una dottrina, non è riducibile ad una dottrina, non sta dentro una dottrina…”. Per la missione della Chiesa è più importante la vita di fede che la custodia di una dottrina.
 Dopo la lettura di “L’action” di Maurice Blondel, Scoppola si pone in una prospettiva in cui non si crede più in base a prove in senso scientifico, ma ad altri motivi “decisivi”, “vitali”. Non pensa a Dio come ad un’astrazione filosofica, definita una volta per tutto, ma come il Dio vivente di cui parla la Bibbia, “di cui un popolo prende coscienza dentro una storia piena di conflitti e di contraddizioni”. Scrive Scoppola: “Di fronte al Dio della Bibbia che senso ha più porsi l problema delle ‘prove’ della sua esistenza? Il Dio della Bibbia è lì dentro una storia plurimillenaria, è lui che sfida l’uomo a una scelta radicale. Non si tratta di provare, ma di scegliere con tutta la responsabilità, il rischio che ogni scelta vitale comporta perché in ogni scelta c’è un margine ineliminabile di dubbio e quindi di scommessa…la scelta è libera perché non ci sono ‘prove’ definitive e incontrovertibili…gli spazi del credere e del non credere sono gli spazi comuni a tutti gli uomini pensanti”.
 Sulla Risurrezione ricorda il discorso di Pietro in Atti,10, 39-41: “…Dio lo ha resuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti”. Il manifestarsi solo al gruppo particolare dei credenti esclude la storicità dell’evento della risurrezione, nel senso inteso oggi dagli storici. Eppure la fede degli apostoli che rinasce è un “evento storico pienamente documentabile” e si fonda quell’evento “atipico”, eccezionale, che è la risurrezione e che “rimane ignoto e indefinibile ai nostri occhi”. La nostra fede dipende da una grande corrente che attraversa i secoli, a partire dagli apostoli, ed è il frutto di una scelta motivata e consapevole. Scrive Scoppola: “…la partecipazione all’esperienza umana di un popolo credente diventava il punto di appoggio e la garanzia della mia fede.Tutto restava valido ma perdeva rigidità..La mia fede oggi la sento legata alla Bibbia…La scoperta del Libro è stato il grande dono che ci ha fatto il Concilio Vaticano II. Questo dono non ci può essere tolto”.
 La Chiesa rende visibile lo stare insieme nella fede. Comporta un minimo di struttura, un’autorità. Ma non è concepibile alcuna forma di sudditanza passiva. In ciò bisogna essere fedeli al Concilio Vaticano II, anzi, di più, dobbiamo difendere il Concilio Vaticano II. Esso è il punto di arrivo di una storia, di uno sviluppo, che ha comportato il superamento di dichiarazioni precedenti, come il “Sillabo”. E dobbiamo rimanere aperti ad ulteriori sviluppi, perché lo Spirito continua a parlare.
 Difesa, non contestazione però. La contestazione si è rivelata dannosa. L’autore ricorda  “la bella immagine di  Fonsegrive [George Pierre Lespinasse Fonsegrive, 1852-1917 – filosofo moralista] ripresa tante volte da Mazzolari: obbedire in piedi”. Scrive Scoppola: “Fonsegrive diceva ‘obbedire in piedi per servire meglio’. Non obbedire passivamente, in ginocchio, con senso di sudditanza. Non sudditi ma cittadini della Chiesa”…significa l’appartenenza alla Chiesa come popolo di Dio, vuol dire partecipazione attiva”. Per Scoppola c’è nella Chiesa qualcosa che deve morire, in particolare un certo modo di intendere l’autorità. Eppure bisogna continuare a occuparsi anche della Chiesa intesa come gerarchia, senza scoraggiarsi, perché essa rimane un elemento portante della corrente di fede della quale siamo parte viva. E’ importante anche per lo sviluppo della democrazia, che richiede un modo di intendere la vita religiosa adeguato. Con il pontificato di Wojtyla è stata forte l’identificazione della Chiesa cattolica col Papa. Ratzinger si sta staccando da questo modello. E’ importante mantenere vivo il dialogo ecumenico, senza il quale si arresterebbe il processo di rinnovamento. Bisogna ripensare la collegialità e nella collegialità il primato petrino. Scrive Scoppola: “…non si comprende perché nella Chiesa non possano valere alcuni diritti fondamentali civili, primo fra tutti il diritto alla difesa quando si è soggetti a provvedimenti inquisitori … come è possibile che il rispetto della dignità dell’uomo sia…sacrificato a logiche istituzionali?”. L’autore lamenta l’appiattimento culturale di oggi, la mancanza o povertà delle correnti di opinione. Bisogna ricreare un clima di fiducia e di attenzione al laicato, fornire “occasioni in cu il laicato possa autenticamente e liberamente esprimersi”.
 Per Ratzinger, ispiratore dell’impianto dell’enciclica “Fides set Ratio” del 1998, la filosofia deve tornare inevitabilmente serva della teologia e la Chiesa deve tornare ad esercitare il suo diritto a intervenire nel campo della filosofia. E’  la riproposizione di una concezione passata, che “non riesce a coniugare quel passato di cui è alta espressione con il presente e le sue sfide”. La fede ha assunto forme nuove e la ragione diviene sempre più consapevole del limite delle proprie certezze. A che serve allora ricercare “un’astratta coerenza di un’inesistente Ragione con una Fede diventata dottrina e diritto naturale”? Occorrono libertà reciproca, responsabilità e prudenza, “la valorizzazione di quella soggettività tanto spessa sacrificata nel pensiero cattolico”. Di fatto, poi, nella prassi pastorale la dottrina proclamata ufficialmente viene superata, lì prevalgono il rispetto e la misericordia che sono alla base delle comunità cristiane. Bisognerebbe superare il sistema della doppia verità, ma non nel senso auspicato oggi dalla gerarchia.
 Contro le previsioni, la secolarizzazione non ha prodotto l’irrilevanza sociale della religione e, in particolare, della Chiesa cattolica. Con il pontificato di Wojtyla, la Chiesa cattolica ha avuto un ruolo determinante nella crisi del comunismo e ha indicato “alle nuove generazioni la possibilità di guardare al futuro con speranza, sulla base di una coraggiosa revisione critica degli errori del passato e di una ‘purificazione della memoria’”. Ha svolto un ruolo internazionale sempre più orientato sull’obiettivo primario della pace. Nella crisi della Jugoslavia però le religioni sono state elementi di frattura e di crisi della convivenza. Si diffondono contemporaneamente nuovi tipi di religiosità, più intesi come fatti individuali, cresce l’interesse per religioni estranee alle tradizioni dell’Occidente. Si manifestano nella Chiesa cattolica forme di radicale rifiuto delle nuove realtà, come nel caso nel movimento scismatico del vescovo Lefèbvre. La Chiesa cattolica non ha arrestato tuttavia il suo processo di integrazione nella società secolarizzata, ha risposto diversificando la sua offerta con forme quanto mai variegate e inedite, affiancando movimenti alle tradizionali strutture territoriali (ricorda il saggio “La religion à la carte” di Jean Louis Sclhlegel). Si è prodotta una presenza rinnovata “-anche se segnata da notevoli tensioni interne- nella società secolarizzata di fine millennio”. Anche nel confronto con l’Islam, preda di concezioni fondamentaliste, la Chiesa cattolica non ha seguito l’ottusa logica difensiva e identitaria suggerita da alcune forze politiche. E ciò, contrariamente alle apparenze, anche in occasione del dibattito sulle “radici cristiane dell’Europa” delle quali si discuteva se convenisse fare menzione nella nuova Costituzione dell’Unione Europea. Scrive Scoppola: “…si è trattato in realtà di una falsa contrapposizione, nominalistica più che di sostanza: l’identità dell’Europa è legata a tutta la sua storia e nella sua storia ci sono dominanti le radici cristiane ma strettamente intrecciate con quelle ebraiche e con quelle islamiche, come vi sono le radici illuministiche e laiche degli ultimi secoli; vi è nella sua storia l’aspro conflitto fra questi fattori e vi è la faticosa conquista del principio di tolleranza, di libertà religiosa e di laicità dello Stato. Riassumere tutto questo in una formula giuridica è impresa tanto difficile quanto scarsamente rilevante: in definitiva l’Europa sarà non quello che una definizione astratta della sua identità esprimerà, ma quello che saranno le sue politiche e soprattutto il suo ruolo nel mondo rispetto ai problemi della pace e del rapporto con il mondo del sottosviluppo.”
 Perché il ritorno del fattore religioso non sia elemento di lacerazione occorrono la laicità degli stati e un autentico dialogo tra le religioni.
 Inizialmente lo spirito laico si muoveva all’interno del mondo cristiano ed esprimeva la volontà dello Stato di rivendicare i suoi diritti. Poi, più recentemente, il termine “laico” è venuto a significare “esterno alla Chiesa”, a volte nel senso di neutralità, a volte nel senso di ostilità. In Italia, con lo Statuto Albertino, la progressiva laicizzazione delle istituzioni non originò da un’ideologia anticattolica, non implicò ostilità alla religione cattolica che, anzi, venne dichiarata religione di Stato. L’opposizione del movimento risorgimentale alla Chiesa Cattolica era essenzialmente contro le sue pretese temporali. La proclamazione del “Sillabo” e il diffondersi della cultura positivista approfondirono la frattura. Tuttavia, anche con il diffondersi dei movimenti socialisti, essa non raggiunse gli estremi che si ebbero in Francia, in cui ci si richiamava all’ideologia rivoluzionaria dell’89.  Essa tuttavia spinse i cattolici verso la politica clerico moderata di Giovanni Giolitti. Successivamente verso la nuova religione secolare del fascismo, del quale pochi  fra i cattolici intesero la portata anticristiana. Nel dopoguerra la Chiesa cattolica in Italia, almeno fino al ’56, guardò con favore al modello franchista. Poi viene recuperato il modello cattolico liberale che implicava reciproca autonomia ma non ostilità tra Chiesa e Stato, non indifferenza ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo culturale e religioso, secondo le espressioni usate nella sentenza n.203 del 1989 della Corte Costituzionale. E’ possibile per la religione cattolica svolgere un ruolo civile positivo, ma accettando pienamente la dimensione della laicità e praticando l’ecumenismo e il dialogo interreligioso. Scrive Scoppola: “Essere laici è un aspetto essenziale di quel modo di credere di cui abbiamo parlato; essere laici significa sentirsi partecipi di una comune umanità prima ancora di aderire [per libera scelta] a un qualsiasi credo religioso”.
 Difficoltà vengono dalla rinnovata pretesa della Chiesa cattolica di essere depositaria e garante del diritto naturale, immutabile, della quale essa vuole definire contenuti e limiti. In realtà è impossibile tradurre in un codice definito e permanente le esigenze e valori legati alla natura stessa dell’uomo: essi esistono ma sono stati variamente interpretati ed espressi nelle diverse epoche storiche. Condizione del dialogo è il rifiuto dell’integralismo, inteso come pretesa di un possesso della verità come cosa propria, negando la trascendenza. La fede rimane ricerca. L’autore cita Unamuno [Miguel de Unamuno, 1864-1936, filosofo spagnolo]: “una fede che non dubita è una fede morta”.
 L’autore si augura un’evoluzione dottrinale sul ruolo della donna  e sui costumi sessuali e matrimoniali. I partecipanti all’Ultima Cena erano tutti maschi, ma le donne non sono mai state escluse dall’Eucaristia. Il fatto che gli apostoli fossero tutti maschi non è quindi un argomento convincente per escluderle dall’ordinazione sacerdotale. Sulla sessualità bisognerebbe spostare “l’accento dall’atto sessuale in sé al contesto umano in cui si colloca”. Per quanto riguarda il matrimonio occorrerebbe ammettere la possibilità del suo fallimento, così come accade per i sacerdoti e per i religiosi, che possono nondimeno ricevere i sacramenti e sposarsi. Per i primi mille anni di storia cristiana è mancata una disciplina canonica del matrimonio. Il cristiano che divorziava commetteva peccato ma dopo un’adeguata penitenza veniva assolto, rientrava a pieno titolo nella comunità e il nuovo matrimonio contratto era valido. Non c’era peccato poi se il divorzio era stato motivato dall’adulterio del coniuge e ciò sulla base dell’eccezione menzionata in Matteo 5,32  e 19,9. Successivamente gli esegeti traducono il termine “porneia” con “concubinato” invece che con “adulterio”, per cui nel brano evangelico si direbbe che il divorzio, cioè lo scioglimento del matrimonio, sarebbe ammesso solo quando non c’è matrimonio. Per Scoppola è poco fondato parlare di principi immutabili in questa materia e la disciplina canonica, che prevede solo il caso della nullità originaria del vincolo, non regge. La prassi pastorale infatti supera la norma intransigente sui divorziati. Scrive Scoppola: “Ma è accettabile un regime di doppia verità nella Chiesa di Cristo? Occorre certo il coraggio della coerenza, ma quale coerenza? Anche quello che la pastorale chiede ha le sue esigenze di coerenza e deve diventare in qualche modo norma riconosciuta”.
 Nell’11° capitolo si parla dei problemi che derivano dalla dottrina sull’Inferno, sulla possibilità di una dannazione eterna, della possibilità che “un essere, l’uomo, creato nella sua intima essenza per un rapporto con Dio” rimanga “sussistente fuori del tempo a rappresentare il fallimento di questo rapporto”. Scrive Scoppola: “L’inferno così concepito  è la tragica sconfitta dell’uomo ma è anche la tragica sconfitta del disegno di Dio”. E’ possibile pensare, con Maurice Nèdoncelle, della facoltà di teologia dell’Università di Strasburgo, che il giudizio finale distrugga il male in ogni uomo, mantenendo però, anche nel più malvagio, una scheggia minima che valga a reggere la finalità intrinseca per cui l’uomo  è stato creato da Dio? Scoppola ritiene che la ricerca possa e debba rimanere aperta, ma nelle sue attuali condizioni preferisce non tormentarsi con problemi insolubili e si abbandona umilmente alla grande corrente della fede.
 Nel 12° capitolo si tratta della dottrina della “soddisfazione vicaria” spiegata così da Anselmo d’Aosta:”Dio nella persona del Figlio aveva bisogno di farsi uomo per pagare nella persona del Padre il peccato degli uomini”. Come si concilia questa idea con la concezione di Dio come Padre infinitamente buono? Scoppola ritiene che ci si debba liberare dalla “trappola giuridica del risarcimento”, “per approfondire tutti i possibili significati e le implicazioni di questo eccezionale evento nella storia umana che è stata la morte in croce di Cristo. Innanzi tutto l’accettazione volontaria della morte come testimonianza di un “amore capace di condividere fino alle estreme conseguenze la condizione umana” , per indicare “una volta per tutte la via della non violenza come unico strumento efficace per incidere stabilmente nella storia degli uomini”.
 Negli ultimi capitoli del libro si tratta di un tema molto presente ai malati gravi, quello della teodicea e dell’apparente assurdità di quello che succede, che ad un certo punto ci capita. Perché un Dio buono permette il male, quello volontario delle collettività e dei singoli, ma anche quello della natura e, in particolare, la malattia? Conclude Scoppola: “ Ci rendiamo conto che le categorie della nostra razionalità sono del tutto inutilizzabili e che siamo di fronte alla alternativa radicale: o accettare quel tanto (o poco) che la fede ci offre o arrivare alla negazione radicale. In quello che la fede ci offre il dato fondamentale è che il Dio incarnato partecipa al dolore e alla sofferenza del mondo: partecipa al dolore umano fino al punto di accettare liberamente la morte in croce. Dunque non siamo soli e  il fatto che Dio partecipa in maniera così intensa al dolore ha un significato e un valore che non sappiamo definire ma che intuiamo grande e profondo…Quello che è certo è che due cose dell’esperienza umana Dio ha mostrato di condividere fino in fondo: il dolore e l’amore”.

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Reading tip: Pietro Scoppola, "A Catholic in his own way", Brescia, published by Morcelliana, 2008, pages 126, € 10.00.

  I recommend you read the book written by Pietro Scoppola, "A Catholic in his own way", Brescia, published by Morcelliana, 2008, pages 126, € 10.00.
 The author, who died on October 25, 2007, is well known and dear to many people among Italian Catholics, I believe. He was professor of contemporary history at the Faculty of Political Science of the La Sapienza University of Rome. One of the greatest masters and inspirers of Italian democratic Catholicism. I got to know him personally in 1981 during some meetings at the home of Paolo Giuntella, here in Rome. I have read many of his things, including his teachings. He shared the political orientations and aspirations, at the time when the Democratic League operated, the movement he founded, taking up the name of that of Romolo Murri, with Achille Ardigò, Nino Andreatta, Ermanno Gorrieri, Paola Gaiotti, Paolo and Romano Prodi , Luigi Pedrazzi, Paolo Giuntella, Leonardo Benevolo, Roberto Ruffilli, Luigi Bazoli, and other exponents of the Italian world of democratic Catholics, after the experience of the Ecclesial Convention "Evangelization and human promotion" of 1976.
 The book was written in the particular condition of serious illness, which unites me to the author, and at that particular time, which for now has been spared thanks to the gift of my brother Lucio, of surrender, of the approaching end.
   I publish a summary of the book, with some literal quotations.

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Reading tip: Pietro Scoppola, "A Catholic in his own way", Brescia, published by Morcelliana, 2008, pages 126, € 10.00.

Book summary the book written by Pietro Scoppola, "A Catholic in his own way".

On pages 46 and 47 the author recalls how the title of the book was born. In 1974 he was called to be a member of the organizing committee of the ecclesial conference "Evangelization and Human Promotion", conceived by the Italian Ecclesial Conference to remedy the laceration in the Catholic world at the time of the referendum on divorce. "Conscience", the magazine of Catholic graduates, published the text of a lecture given by Scoppola in Germany, at Warzburg, in which he criticized the position held by the Italian Church on the occasion of the referendum. The Osservatore Romano attacked him harshly in an article entitled "Pluralism without criterion". Scoppola then offered his resignation to Msgr. Enrico Bartoletti, Secretary General of the Italian Episcopal Conference. Bartoletti heard Pope Montini, who replied that Scoppola was a Catholic "in his own way", but that it was good that he remained.
 The declared purpose of the book is to describe the itinerary that led the author, not to abandon the faith of youth, but to rethink it in a very incisive way. The author admits that he is not a master on the subjects he deals with. His reflections do not want to be definitive statements; in many cases they are questions rather than certainties. And yet he feels the need to write, driven above all by the shared feeling of many Catholics of an ebb with respect to the Second Vatican Council.
 The author's conviction is that Christians are not a stable and fixed reality: they also change their way of feeling, living and expressing the experience of faith.
  
At the time of the Jesuit high school "Massimo", in Rome, faith was presented to him as a three-arch bridge, very solid, founded on the rational demonstration of the existence of God, on the historical demonstration of the existence and divinity of Christ, on the Church unfailing and endowed with full powers. For him that bridge collapsed, but he did not collapse in faith. There were obviously other reasons to believe.
 In particular he remembers the importance of the maternal example, with his emotional strength. His personal experience makes him conclude that "true freedom is to build on the real datum of one's own experience, to be considered not a constraint or a prison but a basis for moving forward, an opportunity to be valued. This, for him, also applies to the religious choice: "it is built in freedom but also in fidelity to one's past". And yet building on the starting point that life offers us is still a great effort: "what is difficult and fully human is to be free in the full awareness of the conditioning we are subjected to", rejecting change for change.
  
High school graduation coincided with the liberation of Rome. His disorientation was great, even for questions of faith. His was in fact a Christianity without historical depth, not culturally embodied. He began to search for a new cultural dimension of his faith. He writes (page 29): "It seems to me that one thing has happened: logically I should have first come to dissolve my doubts of faith and then try to give expression to this faith on the concrete historical level in relation to the great new problems of the moment. The opposite has happened: doubts have remained and have become part of my own way of believing ... they have become the premise and the way to build my own cultural identity ". Even the professional commitment in the field of history began as a search for a cultural, political and religious identity in the face of the problems created by the confrontation with democracy. He recalls the experience, after graduation, as a Senate official, which allowed him to attend a large library, from which he obtained useful elements for research on modernism, and told him the opportunity to meet great figures of politicians. From the work "The historical knowledge" of Henri-Irénée Marrou drew the perspective of a humanistic historicism open to transcendence, "the intuition that in history new elements of identity and orientation had to be sought, even on the problems of the present", to which always remained tied. It recalls the collaboration, in the 1950s, to the magazine "Quaderni di storia e cultura sociale" promoted by Ettore Passerin D’Etreves, Sergio Cotta, Gianfranco Merli, the first historical Catholic-inspired magazine "decidedly focused on contemporary history". He reproposes excerpts from a declaration of intent, written by him, which should have opened a new series of the magazine (in fact then revived) and in particular this: "On the one hand it is necessary to save the integrity of religious values from contamination and from the the obscuration they undergo whenever they are lowered to the role, which does not belong to them, of political ideology; and, on the other hand, to affirm and defend the same integrity and autonomy of human and historical realities from confusions that are too easy, even if generous. And this is, in our opinion, a work that cannot be carried out only on the terrain of political choices: no change of address alone will be enough to guarantee these values if an in-depth cultural work has not made Catholics more aware of their religious responsibilities, but therefore also capable of a political attitude free from all protection ”.
  Scoppola thought it necessary to overcome the historical rift between the Church and freedom. The author writes: "So freedom was the obligatory passage for that search for identity I mentioned at the beginning. Hence the themes dealt with: the relations between Church and State, the liberal Catholic tradition and modernism. ”The problems that were very alive and controversial at the time concerned the possibility for the Church, which considered itself the repository of truth alone, to accept a political regime in which all were guaranteed the profession of their own religious ideas and convictions and in which what is right or wrong in terms of behavior was defined on the basis of a freely expressed consent.
 With the start of the teaching activity at the Sapienza University of Rome, and with the assumption of the direction of the magazine "Il Mulino" of Bologna, a more open and explicit political commitment began, undertaken not as a career, but as a search for a Catholicism fully embodied in history and as the maturation of a personal identity as a Christian and a Catholic. He remembers having lived without spiritual trauma, as a proper and normal choice, the support for the "no" to the referendum on divorce. Unacceptable for him to impose on everyone with the force of the majority the model of Christian marriage, and so on. He writes: "Yes, politics has fascinated me, not instrumentally as a means to an end different from politics itself, but as a politics in itself, as a design for the future, as a rational evaluation of the possible and as suffering for the impossible as an ideal call of citizens to new goals, as an aspiration to an unattainable equality that is nevertheless a torment of human history. I was interested in politics because of what it can't do much more than what it is ”.
  From a religious point of view this fruitful experience in politics has led for Scoppola to take note of the spaces of personal responsibility and to disengage "from a heavy load of scruples and religious fixations". Remember, from a report by Tommaso Gallarati Scotti at a conference of the Christian Democratic League of Romolo Murri the statement taken from the IV Lateran Council of 1215: "Quidquid fit contra conscentiam aedificat ad gehennam" (what goes against conscience leads to hell) Scoppola writes: "The doctrine of the primacy of conscience was clearly formulated: an individual conscience is not the source of moral values, but it is the instrument through which values are perceived and become binding." Pope Gelasius (492-496), in the "Epistula ad Anastasium Imperatore." It is found in the "Liber Extra" by Gregory IX (1234), incorporated in a previous decretal of Innocent III. It is mentioned by St. Thomas Aquinas and by St. Bonaventure: it is found in the "Letter to the Duke of Norfolk" by John H. Newman, written to reply to the liberal Gladstone, according to which a Catholic could not be a faith the subject of the Queen because of the proclamation of the taming of papal infallibility.
 Scoppola writes: "It is paradoxical that the primacy of conscience has been denied and trampled by the Church in innumerable historical circumstances and in any case left in the shade on the doctrinal level so that the principle of freedom of conscience ends up affirming itself in Europe not by the Church but against the church.
 And "the imposing conceptual construction accumulated over the centuries around the Christian message" constitutes a problem. Remember the lesson of Benedict XVI held in Regensburg in September 2006 on the link between faith and philosophy. There is a distance between the theoretical aspect and "the vital datum of participation in a current of faith that spans millennia and which has expressed variable formlessness". He writes: "I believe this is the discriminating point: faith is not a doctrine, it is not reducible to a doctrine, it is not in a doctrine ...". The life of faith is more important for the mission of the Church than the keeping of a doctrine.
 After reading "L'action" by Maurice Blondel, Scoppola places itself in a perspective in which we no longer believe based on evidence in a scientific sense, but on other "decisive", "vital" reasons. He does not think of God as a philosophical abstraction, defined once and for all, but as the living God of whom the Bible speaks, "of which a people becomes aware within a history full of conflicts and contradictions". Scoppola writes: "In the face of the God of the Bible, what is the point in asking the question of the" proofs "of his existence? The God of the Bible is there in a thousand-year history, it is he who challenges man to a radical choice. It is not about trying, but choosing with all the responsibility, the risk that every vital choice entails because in every choice there is an unavoidable margin of doubt and therefore of bet ... the choice is free because there are no definitive 'proofs' and incontrovertible ... the spaces of believing and not believing are the spaces common to all thinking men ".
  
  On Resurrection he recalls Peter's speech in Acts, 10, 39-41: "... God raised him on the third day and wanted him to appear, not to all the people, but to witnesses chosen by God, to us who ate and drank with him after his resurrection from the dead ”. The manifestation only to the particular group of believers excludes the historicity of the event of the resurrection, in the sense understood today by historians. Yet the faith of the reborn apostles is a "fully documentable historical event" and is based on that "atypical", exceptional event, which is the resurrection and which "remains unknown and indefinable to our eyes". Our faith depends on a great current that runs through the centuries, starting with the apostles, and is the fruit of a motivated and conscious choice. Scoppola writes: "... the participation in the human experience of a believing people became the point of support and guarantee of my faith. Everything remained valid but lost rigidity .. My faith today I feel attached to the Bible ... The discovery of the Book is it was the great gift that the Second Vatican Council gave us. This gift cannot be taken from us ".
  The Church makes visible togetherness in faith. It involves a minimum of structure, an authority. But no form of passive subjection is conceivable. In this we must be faithful to the Second Vatican Council, indeed, moreover, we must defend the Second Vatican Council. It is the point of arrival of a story, of a development, which led to the overcoming of previous declarations, such as the "Syllabus". And we must remain open to further developments, because the Spirit continues to speak.
 Defense, not contestation though. The protest turned out to be harmful. The author recalls "the beautiful image of Fonsegrive [George Pierre Lespinasse Fonsegrive, 1852-1917 - moralist philosopher] taken up many times by Mazzolari: obey standing". Scoppola writes: "Fonsegrive said" obey standing to better serve ". Do not obey passively, on your knees, with a sense of subjection. Not subjects but citizens of the Church "... means belonging to the Church as the people of God, it means active participation". For Scoppola there is something in the Church that must die, in particular a certain way of understanding authority. And yet we must continue to deal with the Church as a hierarchy, without becoming discouraged, because it remains a fundamental element of the current of faith of which we are a living part. It is also important for the development of democracy, which requires a way of understanding adequate religious life. With the pontificate of Wojtyla the identification of the Catholic Church with the Pope was strong. Ratzinger is breaking away from this model. It is important to keep ecumenical dialogue alive, without which the renewal process would stop. We need to rethink collegiality and collegiality the Petrine primacy. Scoppola writes: "... it is not clear why some fundamental civil rights cannot be applied in the Church, first of all the right to defense when subject to inquisitorial measures ... how it is possible that respect for human dignity is sacrificed to logic institutional? ". The author laments today's cultural flattening, lack or poverty of opinion currents. We need to recreate a climate of trust and attention to the laity, to provide "opportunities for the laity to authentically and freely express themselves".
 For Ratzinger, who inspired the structure of the encyclical "Fides set Ratio" of 1998, philosophy must inevitably return to be the servant of theology and the Church must return to exercising its right to intervene in the field of philosophy. It is the re-proposal of a past conception, which "fails to combine that past of which it is a high expression with the present and its challenges". Faith has taken on new forms and reason becomes increasingly aware of the limits of one's certainties. What then is the use of "an abstract coherence of an inexistent Reason with a Faith that has become doctrine and natural law"? We need reciprocal freedom, responsibility and prudence, "the appreciation of that subjectivity so often sacrificed in Catholic thought". In fact, then, in pastoral practice the doctrine officially proclaimed is outdated, and the respect and mercy that are at the base of Christian communities prevail. The system of double truth should be overcome, but not in the sense hoped for today by the hierarchy.
  Against the odds, secularization has not produced the social irrelevance of religion and, in particular, of the Catholic Church. With the pontificate of Wojtyla, the Catholic Church played a decisive role in the crisis of communism and indicated "to the new generations the possibility of looking to the future with hope, based on a courageous critical review of the mistakes of the past and of a purification of memory '". He played an international role increasingly focused on the primary goal of peace. In the crisis of Yugoslavia, however, religions have been elements of fracture and crisis of coexistence. New types of religiosity are spreading simultaneously, more understood as individual facts, interest in religions outside the traditions of the West is growing. Forms of radical rejection of the new realities manifest themselves in the Catholic Church, as in the case in the schismatic movement of Bishop Lefèbvre. However, the Catholic Church has not stopped its integration process in secularized society, has responded by diversifying its offer with extremely varied and unpublished forms, combining movements with traditional territorial structures (recalls the essay "La religion à la carte" by Jean Louis Sclhlegel). A renewed presence was produced "-although marked by considerable internal tensions - in the secularized society of the end of the millennium". Even in the confrontation with Islam, prey to fundamentalist conceptions, the Catholic Church has not followed the obtuse defensive and identity logic suggested by some political forces. And this, contrary to appearances, also on the occasion of the debate on the "Christian roots of Europe" which was discussed if it were worth mentioning in the new Constitution of the European Union. Scoppola writes: "... it was actually a false opposition, nominal rather than substantive: the identity of Europe is linked to all its history and in its history there are dominant Christian roots but closely intertwined with those of the Jews and with the Islamic ones, as there are the Enlightenment and secular roots of the last centuries; in its history there is the bitter conflict between these factors and there is the laborious conquest of the principle of tolerance, religious freedom and secularity of the State. Summarizing all this in a juridical formula is as difficult as it is scarcely relevant: ultimately Europe will not be what an abstract definition of its identity will express, but what its policies will be and above all its role in the world with respect to the problems of peace and relationship with the world of underdevelopment. "
   To ensure that the return of the religious factor is not an element of laceration, the secularity of states and an authentic dialogue between religions are needed.
 Initially the secular spirit moved within the Christian world and expressed the will of the State to claim its rights. Then, more recently, the term "lay" has come to mean "outside the Church", sometimes in the sense of neutrality, sometimes in the sense of hostility. In Italy, with the Albertine Statute, the progressive secularization of institutions did not originate from an anti-Catholic ideology, it did not imply hostility to the Catholic religion which, on the contrary, was declared a state religion. The opposition of the Risorgimento movement to the Catholic Church was essentially against its temporal claims. The proclamation of the "Syllabus" and the spread of positivist culture deepened the fracture. However, even with the spread of socialist movements, it did not reach the extremes that occurred in France, in which reference was made to the revolutionary ideology of '89. However, it pushed Catholics towards the moderate clerical policy of Giovanni Giolitti. Subsequently towards the new secular religion of fascism, of which few among the Catholics understood the anti-Christian reach. After the war the Catholic Church in Italy, at least until 1956, looked favorably on the Franco model. Then the liberal Catholic model was recovered which implied mutual autonomy but not hostility between Church and State, not indifference but a guarantee of the State for the safeguarding of religious freedom, in a regime of cultural and religious pluralism, according to the expressions used in sentence n.203 of 1989 of the Constitutional Court. It is possible for the Catholic religion to play a positive civil role, but fully accepting the dimension of secularism and practicing ecumenism and interreligious dialogue. Scoppola writes: “Being lay is an essential aspect of that way of believing that we talked about; to be lay means to feel part of a common humanity even before adhering [by free choice] to any religious belief ".
  Difficulties come from the renewed claim of the Catholic Church to be the depository and guarantor of natural, immutable law, of which it wants to define contents and limits. In reality it is impossible to translate into a definite and permanent code the needs and values linked to the very nature of man: they exist but have been variously interpreted and expressed in different historical eras. The condition of dialogue is the rejection of fundamentalism, understood as a claim of possession of truth as a thing of its own, denying transcendence. Faith remains research. The author cites Unamuno [Miguel de Unamuno, 1864-1936, Spanish philosopher]: "a faith that does not doubt is a dead faith".
  The author hopes for a doctrinal evolution on the role of women and on sexual and marriage customs. The participants in the Last Supper were all male, but women were never excluded from the Eucharist. The fact that the apostles were all male is therefore not a convincing argument to exclude them from priestly ordination. On sexuality we should move "the accent from the sexual act itself to the human context in which it is placed". As far as marriage is concerned, the possibility of its failure should be admitted, as is the case for priests and religious, who can nonetheless receive the sacraments and marry. For the first thousand years of Christian history a canonical discipline of marriage was lacking. The Christian who divorced committed sin but after adequate penance was acquitted, returned fully to the community and the new contracted marriage was valid. There was no sin then if the divorce had been motivated by the adultery of the spouse and this on the basis of the exception mentioned in Matthew 5.32 and 19.9. Subsequently the exegetes translate the term "porneia" with "concubinage" instead of "adultery", so in the Gospel passage it would be said that divorce, ie the dissolution of marriage, would be admitted only when there is no marriage. For Scoppola it is not well founded to speak of immutable principles in this matter and the canonical discipline, which only provides for the case of the original nullity of the bond, does not hold. Indeed, pastoral practice exceeds the intransigent norm on divorcees. Scoppola writes: "But is a regime of double truth acceptable in the Church of Christ? Certainly we need the courage of consistency, but what coherence? Also what the pastoral care demands has its demands of coherence and must somehow become a recognized norm”.
  In the 11th chapter we talk about the problems that derive from the doctrine on Hell, on the possibility of an eternal damnation, of the possibility that "a being, man, created in his intimate essence for a relationship with God" remains "subsisting outside of time to represent the failure of this relationship ". Scoppola writes: "The hell thus conceived is the tragic defeat of man but it is also the tragic defeat of God's plan". It is possible to think, with Maurice Nèdoncelle, of the faculty of theology of the University of Strasbourg, that the final judgment destroys the evil in every man, while maintaining, even in the most evil, a minimal splinter that holds the intrinsic purpose for which Has man been created by God? Scoppola believes that research can and should remain open, but in his current conditions he prefers not to torment himself with insoluble problems and humbly abandons himself to the great current of faith.
  n the 12th chapter it deals with the doctrine of "vicarious satisfaction" explained thus by Anselm of Aosta: "God in the person of the Son needed to make himself human in order to pay the sin of men in the person of the Father". How can this idea be reconciled with the concept of God as an infinitely good Father? Scoppola believes that we should free ourselves from the "legal trap of compensation", "to deepen all the possible meanings and implications of this exceptional event in human history which was Christ's death on the cross. First of all, the voluntary acceptance of death as a testimony of a "love capable of sharing the human condition to its extreme consequences", to indicate "once and for all the path of non-violence as the only effective instrument for making a lasting impact on the history of men" .
   In the last chapters of the book it is a very present topic for the seriously ill, that of theodicy and the apparent absurdity of what happens, which at some point happens to us. Why does a good God allow evil, the voluntary one of collectivities and individuals, but also that of nature and, in particular, illness? Scoppola concludes: "We realize that the categories of our rationality are completely useless and that we are faced with the radical alternative: either to accept that (or little) faith that offers us or to reach radical denial. In what faith offers us the fundamental fact is that the incarnate God participates in the pain and suffering of the world: he participates in human pain to the point of freely accepting death on the cross. So we are not alone and the fact that God participates so intensely in pain has a meaning and a value that we do not know how to define but which we perceive as great and profound ... What is certain is that two things about human experience God has shown to share to the end: pain and love ".
  
  Summary by Mario Ardigò - Catholic Action group in the Catholic parish named  "Saint Clemente pope" - Rome, Monte Sacro - Valli  district