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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente il secondo, il terzo e il quarto sabato del mese alle 17 e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

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Il sito della parrocchia:

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domenica 27 ottobre 2019

Note per un tirocinio di democrazia - Introduzione


Note per un tirocinio di democrazia
di Mario Ardigò
(2019/2020)

0. Introduzione

0.1 La democrazia richiede un tirocinio perché è essenzialmente prassi, vale a dire azione, e, in particolare, un modo di entrare in relazione con la società nella quale si è immersi. E’ tirocinio di democrazia, non solo tirocinio democratico, perché non è solo il tirocinio che deve essere organizzato su basi democratiche, quindi con una collaborazione partecipe di tutti coloro che si esercitano per sperimentare e trovare, ma si tratta di mettere in scena una comunità decidente che conosce, valuta, sceglie, progetta e attua in modo democratico. E’ tirocinio perché la democrazia è una costruzione sociale su basi culturali e le sue basi e risorse mutano con il trascorrere dei tempi e il cambiare delle società: va quindi sempre riscoperta e inscenata in modi nuovi, non  è mai data una volta per tutte. Tirocinio significa, imparare a mettere in pratica: in democrazia si è sempre tirocinanti, appunto per il costante mutare delle condizioni sociali alle quali viene applicata. Lo distinguo dalla pura e semplice conoscenza, in particolare da quella letteraria, che si acquisisce sui libri, anche se, effettivamente, facendo pratica  si impara e, in particolare, si acquisiscono ulteriori informazioni sulla società con la quale ci si relaziona mettendo in pratica la democrazia. In democrazia, chi non ne ha fatto tirocinio non la conosce veramente e quindi, non conoscendola a sufficienza, non ne può nemmeno parlare in modo affidabile e tantomeno insegnarla. Questa è la ragione per la quale nelle nostre comunità di fede non si fa formazione democratica. I maestri istituiti, preti e religiosi, ai tempi nostri non ne hanno fatto sufficiente tirocinio, o  addirittura non ne hanno fatto per nulla (non è sempre andata così, la democrazia italiana ha avuto tra i suoi protagonisti preti e religiosi e, addirittura, il partito che ha egemonizzato la politica italiana per cinquant’anni ebbe tra i suoi fondatori un prete, e parlo di Luigi Sturzo). Ma perché si dovrebbe fare formazione democratica in una comunità religiosa? “La Chiesa non è una democrazia”, si sente talvolta ancora proclamare sbrigativamente. Ed effettivamente la nostra organizzazione ecclesiastica è prevalentemente non democratica, risale ad un sistema autocratico progettato e attuato dall’Undicesimo secolo e riformato nel Sedicesimo, ulteriormente riformato come burocrazia del clero accentrata sul Papato romano dal Diciannovesimo e, infine, permeato da incipienti conati democratici dalla metà del Ventesimo. Di questi ultimi è stata precorritrice la nostra Azione Cattolica: istituita nel 1906 in esecuzione di una deliberazione papale dell’anno precedente per essere una forza di pressione politica di massa  contro il nuovo regno unitario italiano egemonizzato dal liberalismo, con limitatissima autonomia dal Papato romano, essa divenne una delle principali agenzie italiane di assimilazione e diffusione di massa dei principi democratici. Dal 1941, su richiesta del Papato romano, in essa si progettò una nuova democrazia di popolo, piena di valori con radici cristiane tradotti in regole pubbliche, che poi fu attuata a partire dal 1944, durante la guerra di Resistenza italiana contro la manifestazione terminale del fascismo mussoliniano e contro le armate tedesche che occupavano parte dell’Italia sotto la guida del nazismo hitleriano.
  Ecco una prima ragione che deve giustificare una formazione democratica in ambito religioso: le democrazie popolari contemporanee, in particolare quella italiana, sono piene di valori  nei quali possono riconoscersi anche  valori cristiani e, in questo senso radici  nella nostra fede. La nostra Chiesa, in particolare dopo il 1931, con l’enciclica Il Quantennale - Quadragesimo anno del papa Achille Ratti - Pio 11° nei quarant’anni dalla prima enciclica della dottrina sociale moderna, la Le Novità - Rerum Novarum  del papa Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13° (1891),  e in modo molto più deciso e chiaro con il Concilio Vaticano (1962-1965), ha spinto i laici all’impegno nel governo delle società, quindi nella politica, campo principale dello svolgimento dei processi democratici, e questo per affermarvi e sostenervi quei valori.  Poiché l’Italia è attualmente una democrazia di popolo questo richiede di sapere  di democrazia e, anche, di saperla fare. Non basta quindi presentarsi in una qualsiasi assemblea democratica per proclamare  quei valori, occorre saperli mediare, in particolare inculturare, in modo da convincerne, nel dialogo democratico, anche gli altri che alla democrazia partecipano, in modo che le decisione sulle questioni concrete in esame ne siano permeate.  
  Da dove cominciare? Di solito, si inizia da un manuale. Ma non ve ne sono per un tirocinio di democrazia. In particolare nella nostra Chiesa. I libri che sono stati scritti per divulgare  la democrazia di solito la presentano come un sistema di regole  e non chiariscono bene la questione dei valori e, soprattutto, che regole e valori sono prodotto sociale, fanno parte della cultura di una società, e che, dunque, non si tratta solo di applicare,  come quando si imparano le regole del codice della strada, ma è richiesto anche di assimilare e condividere i valori di riferimento, che però, badate bene, proprio perché prodotto culturale, non sono come tali eterni, sono necessariamente mutevoli, secondo l’evoluzione delle società di riferimento,  come lo studio della storia fatto senza paraocchi ideologici chiaramente dimostra. Si tratta, in fin dei conti, di qualcosa che potremmo descrivere come una vera e propria  conversione  alla democrazia, la pratica democratica richiede e comporta un profondo mutamento interiore, come sempre accade quando sono in questione valori. Questa conversione è attualmente in corso nella nostra Chiesa, che storicamente è stata tra i più accesi nemici delle democrazie come si sono evolute dalla fine del Settecento, arrivando nel migliore dei casi a una posizione di indifferenza. Per dirne una: il prete Romolo Murri (1870-1944), che fu tra i primi a teorizzare una  democrazia cristiana, quindi una democrazia di popolo piena di valori  con origine nella nostra fede, fu scomunicato nel 1909 regnando il  papa Giuseppe Melchiorre Sarto - Pio 10°. La scomunica fu revocata nel 1943, l’anno prima della sua morte, regnando il  papa Eugenio  Pacelli - Pio 12°, il quale dal 1941 aveva dato avvio a processi di ideazione di democrazia politica in Italia, in particolare attivando l’Azione Cattolica.  
  Questo lavoro di formazione alla democrazia è tanto più necessario perché nell’Europa contemporanea le democrazia di popolo manifestano importanti segni di crisi, in particolare perché, al nuovo manifestarsi di forze esplicitamente anti-democratiche, non viene espressa una sufficiente resistenza di massa sulla base di una assimilazione e condivisione dei valori  della democrazia. Si prende atto di non aver lavorato  a sufficienza in questo campo. In religione si comincia anche ad avere consapevolezza che le insufficienze della nostra Chiesa nell’affrontare i processi democratici sono state concausa di quella crisi e che, tenendo conto delle sofferenze umane che sarebbero coinvolte in un’eclissi delle conquiste sociali consentite dalle democrazia, si tratta di tragedia  e  fallimento. Di seguito trascrivo il testo in un intervento molto significativo svolto il 29 settembre 2019 dal card.Walter Kasper alla scuola di politica organizzata a Camaldoli dalla rivista Il Regno  e dalla comunità monastica camaldolese.
   Nella nostra parrocchia vi sono diversi gruppi di giovani in formazione. La formazione alla democrazia mediante specifici tirocini dovrebbe iniziare dai più piccoli, ma queste  note  sono dedicate gli studenti delle scuole superiori e agli adulti che abbiano frequentato le scuole superiori: sono loro che dovrebbero poi farsi formatori degli altri, a partire dai compagni, figli, nipoti e, per quelli che sono coinvolti nella catechesi dei più piccoli, anche verso questi ultimi. Le  mie note  vorrebbero essere quel manuale per un tirocinio di democrazia  che manca. Le ho iniziate nell’ottobre 2019, in un epoca di grandi cambiamenti per me, che mi lasciano qualche ora in più per leggere e scrivere:  il progetto è aperto, seguirà il corso delle mie letture e l’osservazione degli eventi storici che vivremo insieme, vedremo dove porterà, spero che possa contribuire alla resistenza e nuova affermazione delle democrazie piene di valori, in particolare nella nostra Italia. Cercherò di mantenere uno stile colloquiale, per rendere queste note utilizzabili nel corso di riunioni di approfondimento comunitario, non appesantendole con citazioni di letteratura, secondo l’uso dei trattati scientifici.
 Il mio limite  è nella formazione prevalentemente giuridica e pratica. Per tutto il resto, in particolare sugli argomenti teologici, storici, economici, sociologici e antropologici sono solo un ignorante colto e ciò che scrivo va quindi  sottoposto ad attenta verifica sulla base di altre fonti, in particolare del parere degli esperti del campo specialistico di riferimento. Anche questa è pratica  democratica: la sfida è   quella di cercare di capire, collaborando, dialogando, anche oltre  il proprio campo specifico di propria competenza con l’aiuto dei competenti del ramo. Il governo delle complesse società del nostro tempo, quindi la politica, è fatto appunto di questo. Scrisse la filosofa Hanna Arendt (1906-1975)
  Nessuno senza compagni può comprendere adeguatamente nella sua piena realtà tutto ciò che è obiettivo, in quanto gli si mostra e gli si rivela sempre in un’unica prospettiva, conforme e intrinseca alla sua posizione nel mondo. Se si vuole vedere ed esperire il mondo così come è realmente si può farlo solo considerando una cosa che è comune a molti, che sta tra loro, che li separa e unisce, che si mostra a ognuno in modo diverso, e dunque diventa comprensibile solo se molti ne parlano insieme e si scambiano e confrontano le loro opinioni e prospettive. Solo nella libertà di dialogare il mondo appare quello di cui si parla, nella sua obiettività visibile da ogni lato”.
[da: Hannah Arendt, Che cos’è la politica, Einaudi, 2006]
0.2
Estratto dell’intervento del card. Walter Kasper [presidente emerito del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani]  alla Scuola di formazione e cultura politica organizzata dalla rivista Il Regno  e dalla  Comunità di Camaldoli presso il monastero di Camaldoli, nel casentinese, pubblicato il 29-9-19 da Avvenire.

Le difficoltà della Chiesa di riconoscersi nelle democrazie moderne hanno prodotto un Occidente secolarizzato. Ma la crisi democratica può trovare una soluzione attraverso la missione della Chiesa

Dopo il crollo del muro di Berlino e della Cortina di ferro lo sguardo si è aperto ben oltre l’Europa, e si è sviluppato il sogno di un mondo unito. Si è sviluppata una "globalizzazione", cioè una rete internazionale mondiale a livello economico, finanziario, dei mezzi di comunicazione, della tecnologia e del turismo. Ma questo nuovo universalismo è rimasto a livello materiale, funzionale, economico, tecnico; è mancato un universalismo più profondo, spirituale e solidale. Così la vittoria della libertà è divenuta una vittoria della mentalità dello sviluppo economico e del capitalismo talvolta feroce e aggressivo nell’emisfero Sud, che ha portato come reazione a movimenti di antiglobalizzazione, anch’essi talvolta violenti.
La globalizzazione è una realtà complessa e ambigua. Da un lato porta nuovi vantaggi economici e di comunicazione, ma dall’altro la nuova libertà ha creato anche nuove interdipendenze politiche ed economiche complesse, che la gente “normale” fatica a cogliere. Poiché ora le decisioni si prendono a livelli internazionali lontani dal normale cittadino, l’uomo medio non si sente più a casa in un modo globalizzato, dove tutto cambia in modo sempre più accelerato. Ma è soprattutto nel movimento migratorio, oggi un segno dei tempi universale, che si mostra il lato negativo dell’universalismo globalizzato. La gente vi ravvede il pericolo di una perdita della propria patria e dell’identità ereditata dalla propria storia e cultura. Vede nei migranti una crisi dell’Europa come l’hanno conosciuta finora.
Tale situazione crea lo spazio per un populismo che dà risposte facili a domande estremamente difficili e complesse. Questo populismo non è un’ideologia coerente, ma è frutto della paura e della strumentalizzazione della paura. Le sue risposte spesso sono verità parziali, se non vere e proprie fake news.
Per tutelarsi da questo mondo nuovo, molti si ritirano o desiderano farlo nel mondo passato e così conservare la propria identità. Ma un’identità chiusa ed esclusiva, avversa a tutto ciò che è straniero, un’identità identitaria e xenofoba che conduca a un nuovo nazionalismo e sovranismo, nel mondo globalizzato non solo è illusoria, ma anche pericolosissima per la pace. L’uomo è per sua natura un essere sociale. Pertanto un’identità racchiusa è un’identità debole e malata. Un’identità forte è un’identità aperta, un’identità in scambio, che si lascia arricchire nell’incontro con altre identità.
Per la Bibbia tutta l’umanità è una grande unità, è il genere umano, una grande famiglia, una fratellanza. Il cristianesimo dunque non è mai un’identità chiusa in se stessa, ma un’identità universalmente aperta verso gli altri e per gli altri, soprattutto per i poveri e bisognosi e per profughi e perseguitati da altri Paesi e culture. Pertanto bisogna essere consapevoli che l’antiglobalizzazione e l’antieuropeismo sono solo un movimento antiuniversale, e in questo senso un movimento antimoderno e antilluminista, ma che si presenta con la maschera conservatrice del cristianesimo.
L’antiglobalizzazione, che si propone come tutela e difesa del cristianesimo, è in realtà un cristianesimo divenuto ideologia. Il vero cristianesimo non costruisce muri, ma ponti.
Questa identità è stata ed è la grandezza d’Europa, che in tutta la sua storia non è mai stata una realtà unitaria e identitaria: dal suo inizio e in tutta la sua storia l’Europa è stata un crocevia, uno spazio e un processo d’incontri e di mutua penetrazione di culture diverse (nel passato le culture ebraica, greca, romana, celtica, germanica, slava, normanna, senza dimenticare la cultura araba musulmana e dell’illuminismo moderno). L’Europa non è mai stata monoetnica; l’impero medioevale non fu sicuramente una realtà pluralista nel senso moderno, tuttavia costituì un’unità composta da popoli, principati e regni diversi, città imperiali e monasteri indipendenti.
Lo stato nazionale e soprattutto il nazionalismo sono nati solo in tempi relativamente recenti nel Sette e Ottocento, e poi nel Novecento nei sistemi fascisti e nazionalsocialisti sono divenuti la rovina dell’Europa e ci hanno portato alla catastrofe della Seconda guerra mondiale e alla Shoah.
Certo, dopo tutte queste crisi e disastri non possiamo ricostruire l’unità spirituale medioevale. Oggi in modo nuovo siamo di fronte alla necessità di mantenere e arricchire l’identità dell’Europa attraverso un incontro tra le diverse civiltà non europee, che non diventi uno «scontro di civiltà» (S. Huntington).
La nostra sfida è conservare e rinnovare i valori fondamentali che hanno fatto grande l’Europa e realizzare questi valori nella nuova situazione della globalizzazione, con lo stesso coraggio che hanno mostrato i nostri antenati. Certo è un compito molto complesso, nel quale non si può accontentare tutti, ma a cui bisogna invitare la grande maggioranza della gente di buona volontà; un compito la cui realizzazione richiede l’arte politica, una politica che è l’arte del possibile (O. von Bismarck). (Purtroppo, talvolta anche l’arte di fare l’impossibile). C’è il famoso detto di Wolfgang Böckenförde, stimato giurista e già presidente della Corte costituzionale tedesca: «Lo stato liberale secolarizzato si fonda su presupposti che esso stesso non è in grado di garantire». Non li può estorcere, se non vuole abdicare al suo carattere di stato libero, che rispetta la libertà e riconosce la libertà religiosa. In tal senso lo stato democratico non è uno stato neutro riguardo ai valori fondamentali, che esso presuppone e di cui vive.
Così la democrazia presuppone che la stragrande maggioranza della popolazione riconosca i valori costitutivi della democrazia, cioè la dignità della persona a prescindere dalla cultura, dalla religione, dalla provenienza, dalla nazionalità, dal sesso e dal colore della pelle; riconosca la libertà di coscienza e di parola, la libertà dell’altro, la giustizia non solo commutativa ma anche sociale, la tolleranza, soprattutto la tolleranza religiosa e per altre visioni del mondo. Il riconoscimento maggioritario di tali valori è il sine qua non della democrazia.
Questi valori fondamentali sono valori che risalgono alla tradizione cristiana e alla sua sintesi con i valori fondamentali della cultura grecoromana. In ultima analisi questi valori sono fondati nella creazione dell’uomo a immagine di Dio (Gen 1,27).
Già dopo la svolta di Costantino nel monachesimo in reazione contro una concezione imperiale della Chiesa si trovano forme democratiche (per esempio nella forma della partecipazione della comunità alle decisioni dell’abate, dell’elezione dei superiori a tempo ecc.). I teologi dell’Università di Salamanca all’inizio del Seicento (quasi duecento anni prima della Rivoluzione francese!) furono i primi a sviluppare sulla base della teologia di Tommaso d’Aquino il diritto dei popoli (Völkerrecht) e il fondamento dei diritti dell’uomo, anche degli indigeni nelle colonie, un’idea che la Rivoluzione francese ha risolutamente negato. I monaci e i teologi erano più avanti!
Ma la tragedia della storia moderna è che la Chiesa in Europa (anche le Chiese luterane) per lungo tempo non è stata in grado di riconoscere i suoi propri valori e idee nella democrazia moderna. A lungo ha sollevato critiche sui diritti umani e la democrazia. Così i moderni diritti dell’uomo sono stati sviluppati contro la Chiesa in un modo secolarizzato. Solo e molto tardi il Concilio Vaticano II, dopo lunghe controversie, è stato in grado di riconoscere i diritti dell’uomo e il diritto alla libertà religiosa. A causa di questo fallimento, la Chiesa e le Chiese luterane sono divenute corresponsabili della secolarizzazione della civiltà europea moderna.
D’altra parte a causa della secolarizzazione i diritti dell’uomo, e insieme a essi il fondamento della democrazia, sono stati staccati dalle loro radici cristiane, e staccati dalle radici - come ogni pianta - si sono indeboliti, e ora sono in crisi. Tale indebolimento e crisi hanno aperto la porta ai populisti e alla loro propaganda antidemocratica, antimoderna e anticristiana.
Durante gran parte dell’Ottocento e nella prima parte del Novecento, l’argomento sostenuto dalla Chiesa era che l’autorità dello stato è derivata da Dio. E questo escludeva il riconoscimento della democrazia, in cui tutta l’autorità deriva dal popolo. Oggi questa argomentazione è superata. Già papa Pio XII, nel suo messaggio per il Natale 1942, riconosceva che la democrazia come struttura statale era un sistema oggigiorno adeguato.
Il Concilio Vaticano II si è espresso definitivamente in questo senso. Secondo il Concilio l’autorità secolare dello Stato deriva da Dio, ma l’ordinamento concreto dello Stato, che sia democratico o monarchico, va affidato alla decisione del popolo. Pertanto il Concilio non esprime alcuna opzione in favore né della monarchia, né della democrazia o di un altro ordinamento dello Stato. Il criterio del riconoscimento non pertiene alla struttura, ma se in qualsiasi struttura democratica siano rispettati i diritti umani fondamentali, soprattutto il diritto fondamentale della libertà religiosa e la giustizia sociale. Teonomia [=l’etica di origine divina - nota mia] del mondo e dello stato da un lato e autonomia della libertà umana e politica d’altra non sono contrastanti, ma vanno insieme. Di più, la teonomia non solo non esclude i diritti dell’uomo, ma li garantisce e li difende.
In conclusione, poiché la democrazia vive di valori, che originariamente sono valori cristiani, la crisi d’Europa è molto più di una crisi istituzionale strutturale: è crisi dei valori costitutivi per l’Europa e per la sua democrazia per effetto della secolarizzazione, anche a causa della Chiesa. O l’Europa scoprirà di nuovo le sue radici cristiane, o l’Europa e la sua cultura non saranno più l’Europa e la cultura dell’Europa come le abbiamo conosciute finora. Il futuro della democrazia dipende molto dalla formazione delle nuove generazioni, ma dipende soprattutto dalla presenza pastorale e dalla missione della Chiesa.