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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente il secondo, il terzo e il quarto sabato del mese alle 17 e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

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Il sito della parrocchia:

https://www.parrocchiasanclementepaparoma.com/

domenica 21 giugno 2015

3. Laudato si’. Amore civile e politico

3. Laudato si’. Amore civile e politico

Chiavenna - Giuseppe Nuvolone: Sant'Antonio da Padova predica ai pesci nel porto di Rimini (foto da Web)


[dall’Enciclica di papa Francesco Laudato si’, 24-5-15, diffusa il 18-6-15]

Politica ed economia in dialogo per la pienezza umana
189. La politica non deve sottomettersi all’eco­nomia e questa non deve sottomettersi ai detta­mi e al paradigma efficientista della tecnocrazia. Oggi, pensando al bene comune, abbiamo biso­gno in modo ineludibile che la politica e l’econo­mia, in dialogo, si pongano decisamente al ser­vizio della vita, specialmente della vita umana.
[…]
190. […]Ancora una volta, conviene evitare una concezione magica del mercato, che tende a pensare che i problemi si risolvano solo con la crescita dei profitti delle imprese o degli indivi­dui. È realistico aspettarsi che chi è ossessionato dalla massimizzazione dei profitti si fermi a pen­sare agli effetti ambientali che lascerà alle pros­sime generazioni?
[…]
193. In ogni modo, se in alcuni casi lo svilup­po sostenibile comporterà nuove modalità per crescere, in altri casi, di fronte alla crescita avida e irresponsabile che si è prodotta per molti de­cenni, occorre pensare pure a rallentare un po’ il passo, a porre alcuni limiti ragionevoli e anche a ritornare indietro prima che sia tardi. Sappia­mo che è insostenibile il comportamento di co­loro che consumano e distruggono sempre più, mentre altri ancora non riescono a vivere in con­formità alla propria dignità umana.
[…]
194. Affinché sorgano nuovi modelli di pro­gresso abbiamo bisogno di « cambiare il modello di sviluppo globale »,[dal  Messaggio per la Giornata mondiale della Pace 2010, del papa Benedetto 16°]  la qual cosa implica riflet­tere responsabilmente « sul senso dell’economia e sulla sua finalità, per correggere le sue disfun­zioni e distorsioni ». [dal  Messaggio per la Giornata mondiale della Pace 2010, del papa Benedetto 16°]   Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la ren­dita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. Sempli­cemente si tratta di ridefinire il progresso.
[…]
Educazione e spiritualità ecologica
202. Molte cose devono riorientare la propria rotta, ma prima di tutto è l’umanità che ha biso­gno di cambiare. Manca la coscienza di un’origi­ne comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti. Questa consapevolez­za di base permetterebbe lo sviluppo di nuove convinzioni, nuovi atteggiamenti e stili di vita. Emerge così una grande sfida culturale, spirituale e educativa che implicherà lunghi processi di ri­generazione.
[…]

La conversione ecologica

216. La grande ricchezza della spiritualità cri­stiana, generata da venti secoli di esperienze personali e comunitarie, costituisce un magnifi­co contributo da offrire allo sforzo di rinnovare l’umanità.
[…]
Amore civile e politico
228.  La cura per la natura è parte di uno stile di vita che implica capacità di vivere insieme e di co­munione. Gesù ci ha ricordato che abbiamo Dio come nostro Padre comune e che questo ci rende fratelli. L’amore fraterno può solo essere gratui­to, non può mai essere un compenso per ciò che un altro realizza, né un anticipo per quanto spe­riamo che faccia. Per questo è possibile amare i nemici. Questa stessa gratuità ci porta ad amare e accettare il vento, il sole o le nubi, benché non si sottomettano al nostro controllo. Per questo possiamo parlare di una fraternità universale.
[…]
229. Occorre sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una re­sponsabilità verso gli altri e verso il mondo, che vale la pena di essere buoni e onesti. Già troppo a lungo siamo stati nel degrado morale, pren­dendoci gioco dell’etica, della bontà, della fede, dell’onestà, ed è arrivato il momento di ricono­scere che questa allegra superficialità ci è servi­ta a poco. Tale distruzione di ogni fondamento  della vita sociale finisce col metterci l’uno contro l’altro per difendere i propri interessi, provoca il sorgere di nuove forme di violenza e crudeltà e impedisce lo sviluppo di una vera cultura della cura dell’ambiente.
230. L’esempio di santa Teresa di Lisieux ci in­vita alla pratica della piccola via dell’amore, a non perdere l’opportunità di una parola gentile, di un sorriso, di qualsiasi piccolo gesto che semini pace e amicizia. Un’ecologia integrale è fatta anche di semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’e­goismo. Viceversa, il mondo del consumo esa­sperato è al tempo stesso il mondo del maltratta­mento della vita in ogni sua forma.
231. L’amore, pieno di piccoli gesti di cura re­ciproca, è anche civile e politico, e si manifesta in tutte le azioni che cercano di costruire un mon­do migliore. L’amore per la società e l’impegno per il bene comune sono una forma eminente di carità, che riguarda non solo le relazioni tra gli individui, ma anche « macro-relazioni, rappor­ti sociali, economici, politici » [dall’enciclica Caritas in Veritate (=l’amore nella verità) del papa Benedetto 16°, 2009]. Per questo la Chiesa ha proposto al mondo l’ideale di una « ci­viltà dell’amore ». L’amore sociale è la chiave di un autentico sviluppo: « Per rendere la società più umana, più degna della persona, occorre rivalu­tare l’amore nella vita sociale – a livello, politico, economico, culturale - facendone la norma co­stante e suprema dell’agire ». [citazione dal Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1977 del papa Paolo 6°].  In questo quadro, insieme all’importanza dei piccoli gesti quotidia­ni, l’amore sociale ci spinge a pensare a grandi strategie che arrestino efficacemente il degrado ambientale e incoraggino una cultura della cura che impregni tutta la società. Quando qualcuno rico­nosce la vocazione di Dio a intervenire insieme con gli altri in queste dinamiche sociali, deve ri­cordare che ciò fa parte della sua spiritualità, che è esercizio della carità, e che in tal modo matura e si santifica.
232. Non tutti sono chiamati a lavorare in ma­niera diretta nella politica, ma in seno alla società fiorisce una innumerevole varietà di associazio­ni che intervengono a favore del bene comune, difendendo l’ambiente naturale e urbano. Per esempio, si preoccupano di un luogo pubblico (un edificio, una fontana, un monumento abban­donato, un paesaggio, una piazza), per protegge­re, risanare, migliorare o abbellire qualcosa che è di tutti. Intorno a loro si sviluppano o si recupe­rano legami e sorge un nuovo tessuto sociale lo­cale. Così una comunità si libera dall’indifferenza consumistica. Questo vuol dire anche coltivare un’identità comune, una storia che si conserva e si trasmette. In tal modo ci si prende cura del mondo e della qualità della vita dei più poveri, con un senso di solidarietà che è allo stesso tem­po consapevolezza di abitare una casa comune che Dio ci ha affidato. Queste azioni comunitarie, quando esprimono un amore che si dona, posso­no trasformarsi in intense esperienze spirituali.


Mie osservazioni


Non sarà facile per le nostre collettività religiose, la cui ottica politica è da molti anni immiserita intorno ai temi dei valori non negoziabili (sostanzialmente l’ideologia della nostra gerarchia del clero in materia di aborto e prevenzione di gravidanze indesiderate, eutanasia, procreazione assistita, unioni civili, omosessualità, finanziamenti alla scuola privata, insegnamento della religione nelle scuole pubbliche, tassazione dei redditi delle organizzazioni religiose), assuefarsi alla grandiosa visione politica della prima enciclica di papa Francesco. Essa fa del Papa una delle persone più a rischio nel mondo, in quanto, con la sua ancora grande autorità di capo religioso di circa ottocento milioni di fedeli nel mondo, ha osato prospettare una rivoluzione per opporsi alle dispotiche dinamiche dell’economia, finanza e tecnocrazia contemporanee, per condurle sotto il dominio di una politica che si proponga di realizzare un’unione fraterna di tutto il genere umano, una fraternità universale, in armonia con tutti i viventi non umani e gli ambienti naturali del pianeta. Per quanto l’enciclica si ponga sulla via della precedente Caritas in veritate (=l’amore nella verità) del papa Benedetto 16°, del 2009, sia nelle argomentazioni, sia nello stile letterario, semplice, piano, alieno da sottigliezze del gergo teologico, essa va molto oltre negli obbiettivi e si muove nel solco dell’enciclica Populorum progressio  (=lo sviluppo dei popoli), del papa Paolo 6°, del 1967, quando invoca, esige, un impegno di popolo per realizzarli, a partire dalla vita personale e familiare di ciascuno fino ad estendersi alla politica nazionale e mondiale.
Papa Francesco in particolare è molto più radicale del suo predecessore, proclamando l’insufficienza di vie di mezzo:
Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la ren­dita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. Sempli­cemente si tratta di ridefinire il progresso. (194)
Noi dobbiamo temere, ora, per il Papa, che si è molto esposto ed è solo, veramente solo, dentro le mura vaticane, ma anche fuori, in particolare nell’Italia di oggi. Si sa, lo si è sentito, che in certi ambienti, anche religiosi (!), ci si augura che egli passi presto. Dobbiamo sperare che non gli si faccia fare la fine dell’indiano Ghandi, Mahatma, grande anima come lui.
Una grande novità dell’enciclica Laudato si’, rispetto agli altri documenti del genere del passato, è il numero di citazioni da documenti di consigli episcopali mondiali.
Vengono citati nell’ordine documenti prodotti da:
Conferenza dei Vescovi Cattolici dell’Africa del Sud: Pastoral Statement on the environmental crisis -1999;
5° Conferenza Generale dell’Episcopato Latino Americano e dei Caraibi: Documento di Aparecìda - 2007;
Conferenza dei Vescovi Cattolici delle Filippine, Lettera pastorale What is happening to our beautiful land - 1988;
Conferenza Episcopale Boliviana - lettera pastorale sull’ambiente e lo sviluppo umano in Bolivia: El universo, don de Dios para la vida - 2012;
Conferenza Episcopale Tedesca. Commissione per gli Affari social: Der Klimawandel: Brennpunkt globaler, intergenerationeller und okologischer Gerechtigkeit - 2006;
Vescovi della Regione Patagonia - Comahue (Argentina): Mensaje de Nadividad - 2009;
Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti: Global Climate Change: a plea for dialogue, prudence and the common good - 2001;
Conferenza episcopale tendesca: Zukunft der Shopfung - Zukunft del Menschheit. Erklarung der Deutschen Bischofskonferenz zu Frage der Umwelt und der Energieversorgung  - 1980;
Conferenza dei vescovi cattolici del Canada. Commissione  Affari Sociali, lettera pastorale “You love all that exists … All things are yours, God, Lover of Life” - 2003;
Conferenza dei vescovi cattolici del Giappone: Reverence  for life. A message for the Twenty-first Century  - 2001;
Conferenza Nazionale dei vescovi del Brasile, A Igreja e a questao ecòlogica - 1992;
Conferenza dell’Episcopato Domenicano, lettera pastorale Sobre la relaciòn del hombre con la naturaleza - 1987;
Conferenza episcopale Parguayana, lettera pastorale El campesino paraguayo y la tierra  - 1983;
Conferenza episcopale della Nuova Zelanda, Statement on Environmental Issues - 2006;
Dichiarazione Love for Creation. An  Asian Response to the Ecological Crisis,  Colloquio promosso dalla federazione delle Conferenze dei Vescovi dell’Asia - 1993;
Commissione episcopale di pastorale sociale dell’Argentina:  Una tierra por todos - 2005;
Conferenza Episcopale Portoghese, lettera pastorale Responsabilidade solidària pelo bem comum - 2003;
Conferenza Episcopale Boliviana, lettera pastorale sull’ambiente e lo sviluppo umano in Bolivia: El universo, don de Dios para la Vida  - 2012;
Conferenza Episcopale Messicana, Commissione Episcopale per la Pastorale sociale: Jesucristo, vida y esperanza de los indìgenas y campesinos - 2008;
Conferenza dei Vescovi Cattolici dell’Australia:  A New Earth. The Enviromental Challenge - 2002.
E’ come se gli autori dell’enciclica, la quale, come accade  dal tempo dal primo documento del genere in materia di temi sociali, la Rerum Novarum  (=sulle novità) del papa Leone 13°, del 1891,  è senz’altro frutto di un lavoro collettivo e pluridisciplinare sebbene si avverta molto sensibilmente l’apporto caratteristico di papa Francesco nella sua stesura oltre che nell’ispirazione, avessero voluto avvertirci che le idee e i propositi espressi nel documento corrispondono agli auspici e agli impegni di molti e autorevoli capi religiosi e delle  comunità da essi rappresentate in tutto il mondo. Il Papa e i suoi più stretti collaboratori non vogliono essere lasciati soli nel lavoro che c’è da fare. E’ anche espressione di quello stile sinodale invocato nel corso del Concilio Vaticano 2° e mai realizzato effettivamente, in particolare nel lungo papato imperiale di Giovanni Paolo 2°.
Un’altra significativa caratteristica dell’enciclica è il volersi collegare a una storia di fede durata venti secoli, dalla quale dichiara che si possono imparare molte cose per pensare il futuro:
“216 La grande ricchezza della spiritualità cri­stiana, generata da venti secoli di esperienze personali e comunitarie, costituisce un magnifi­co contributo da offrire allo sforzo di rinnovare l’umanità.”
E’ una storia che in genere è completamente ignorata nella formazione religiosa di base, di secondo livello e in quella permanente, per gli adulti. A volte sembra che, per i nostri formatori, l’ideale sarebbe per noi vivere nel primo secolo della nostra era. Tutto ciò che è seguito è sentito come corruzione e tradimento, ma non è così. Certo, è stata una storia tragica, in molte parti tremenda e insopportabile, ma è stata la nostra  storia, quella da cui dobbiamo imparare per migliorare nel futuro. E invece, eccoci qui a ripetere, sempre, all’infinito, gli errori di sempre.
 L’esigenza politica  e religiosa di un’ecologia integrale, come la si intende nell’enciclica Laudato si’, che comprenda viventi umani e non umani e ogni aspetto della vita umana, personale e sociale, fino a richiedere un nuovo modello di sviluppo e, di conseguenza, un nuovo ordine mondiale, è piuttosto recente, risale agli scorsi anni ’70. E invano ne cercheremmo basi culturali nella letteratura precedente il Novecento.  Anche le scritture sacre originarono in un contesto umano e ambientale molto diverso da quello enormemente antropizzato e soggetto alla tecnocrazia  come quello che si è realizzato a partire dal secolo scorso.  Noi oggi capiamo di dover essere custodi  amorevoli della casa comune, intendendo con essa l’intero pianeta, ma nella scritture questo è un compito che mi pare essenzialmente affidato  al Creatore. Nelle scritture, in contatto con la natura troviamo figure di agricoltori, pescatori, pastori, e ad esse ci si ispira per idealizzare capi politici e religiosi: si tratta sempre di funzioni di sfruttamento economico della natura.  Ora invece capiamo l’esigenza di farci collaboratori nell’opera della Creazione, ispirandoci al Creatore. E’ una tematica che, per quanto ricordo, compare nella nostra confessione religiosa a partire dall’enciclica Redemptor Hominis  (=il Redentore dell’umanità), del papa Giovanni Paolo 2°, del 1979, e che poi venne sviluppata nella successiva Centesimus Annus (=il Centenario [dall’enciclica Rerum Novarum]), del medesimo papa, del 1991, quest’ultima citata nella Laudato si’, al n.117:
“Invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio nell’opera della creazione, l’uomo si sostituisce a Dio e così finisce col provocare la ribellione della natura”
 Dunque, senza conoscere la storia recente, non possiamo avere le basi per la teologia dell’ecologia integrale, la via indicata dal papa Francesco per cambiare radicalmente il mondo.
  Anche il pensiero di Francesco d’Assisi, evocato nell’enciclica di papa Francesco, si muoveva in un’ottica molto diversa da quella contemporanea.  Nella natura si vedeva la manifestazione di un’armonia originaria, progettata dal Creatore, dalla quale gli esseri umani, nella loro vita sociale, si erano distaccati e a cui occorreva ritornare. La Creazione come manifestazione della volontà del Creatore, come Bibbia della natura, secondo l’ordine di idee che nel Seicento fu poi espresso, non senza problemi ad opera della gerarchia religiosa, da Galileo Galilei. In ciò Francesco fu un mistico. E, da questo punto di vista, si può anche pensare di predicare ai pesci, come si racconta abbia fatto Sant’Antonio a Rimini (qui sopra ho inserito l’immagine di un dipinto di quell’episodio; altro dipinto sullo stesso tema si trova nella basilica di Santa Cristina a Bolsena). Ma a noi necessita una visione più realistica della natura.
  Con Francesco d’Assisi, ci proponiamo di amare d’un amore fraterno la natura, anche se non ci obbedisce, se non riusciamo sempre a sottometterla, a farle fare ciò che vogliamo. Nello stesso modo amiamo i nemici.
“L’amore fraterno può solo essere gratui­to, non può mai essere un compenso per ciò che un altro realizza, né un anticipo per quanto spe­riamo che faccia. Per questo è possibile amare i nemici. Questa stessa gratuità ci porta ad amare e accettare il vento, il sole o le nubi, benché non si sottomettano al nostro controllo. Per questo possiamo parlare di una fraternità universale (n.228).”
 Nel Ventesimo Secolo abbiamo raggiunto la consapevolezza che la sopravvivenza dell’umanità  è condizionata al considerare l’intero pianeta come un unico ecosistema di cui prendersi amorevolmente cura e che ciò richiede profondi mutamenti delle nostre organizzazioni sociali e anche dei personali stili di vita, in un’esperienza che finisce per essere anche propriamente spirituale, come tutte quelle veramente umane. Un esercizio, questo del prendersi cura fin nei piccoli gesti quotidiani che ci matura e ci santifica (231).
 Sulla linea del papa Paolo 6°, anche papa Francesco afferma che l’attività sociale e politica, nel senso di quell’ecologia integrale da lui auspicata, è amore. Forse l’enciclica potrebbe avere uno sviluppo, una seconda puntata, per trattare il tema delle relazioni tra fede e democrazia: quest’ultima è la forma che la politica ha assunto al tempo del dominio delle masse.  E’ un argomento che per la nostra gerarchia è stato sempre piuttosto critico, per i riflessi che potrebbe comportare per la stessa sua organizzazione interna, improntata a un antico modello feudale.  Per ora, comunque, mi pare che ci sia molto lavoro da fare per noi laici. Innanzi tutto per convincerci della fondatezza della prospettazione della situazione mondiale fatta nell’enciclica, nella quale sono recepiti modelli culturali che in parte sono controversi, e poi per dare concretezza alla politica e ai modelli sociali personali di vita in essa indicati solo a grandi linee.

Mario Ardigò  - Azione Cattolica in San Clemente Papa - Roma, Monte Sacro, Valli