INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

Il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9.

Dall’anno associativo 2025\2026 sono in programma:

  • condivisione di brevi podcast informativi sul Catechismo per gli adulti e sul Compendio della dottrina sociale della Chiesa;
  • un gruppo di lettura e dialogo in videoconferenza, utilizzando anche contenuti pubblicati sul quotidiano Avvenire;

Per partecipare alle riunioni in videoconferenza sulla piattaforma Zoom verrà inviato via email o whatsapp il link di accesso. Delle riunioni in videoconferenza verrà data notizia sul blog e le persone interessate potranno chiedere quel link inviando una email a ardigo.mario@virgilio.it ,comunicando il loro nome, l’indirizzo email a cui desiderano ricevere il link, la parrocchia di residenza e i temi di interesse.

La riunione in videoconferenza t sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

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AT https://www.educat.it/ YOU CAN READ THE CATECHISM PROPOSED BY THE ITALIAN EPISCOPAL CONFERENCE AND THE CATECHISM OF THE CATHOLIC CHURCH.

sabato 1 novembre 2025

La riforma costituzionale della magistratura. 10 domande e 10 risposte

La riforma costituzionale della magistratura. 10 domande e 10 risposte

 

Riccardo Ionta – Giustizia insieme (rivista on line)

https://www.giustiziainsieme.it/it/costituzione-e-carta-dei-diritti-fondamentali/3670-la-riforma-costituzionale-della-magistratura-10-domande-e-10-risposte-riccardo-ionta

Il 30 ottobre 2025 il Senato ha approvato in ultima lettura, a maggioranza assoluta, il disegno di Legge costituzionale di proposta governativa - "Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare" – e nel 2026 ci sarà così il referendum, che non prevede quorum, per dire sì o dire no alla modifica della Costituzione del 1948.

10 domande e 10 risposte per fare chiarezza sulla riforma costituzionale della magistratura.

 

1. COSA PREVEDE LA RIFORMA COSTITUZIONALE?

La riforma frammenta in tre organi l’attuale CSM - ovvero l’organo di “autogoverno” volto a garantire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura - ed elimina il sistema elettivo dei suoi componenti.

 

2. LA RIFORMA MIGLIORERÀ L’EFFICIENZA DELLA GIUSTIZIA E DEI PROCESSI?

No. La riforma riguarda la magistratura, non riguarda la giustizia.

La riforma mina e compromette esclusivamente la struttura costituzionale che garantisce l’autonomia e l’indipendenza della magistratura ordinaria e quindi l’autonomia e indipendenza dei singoli giudici e PM.

 

3. LA RIFORMA INCIDE SULLA VITA DEI CITTADINI?

Sì, perché indebolisce l’autonomia e l’indipendenza della magistratura e quindi indebolisce il cittadino, fiacca la giustizia.

La riforma rende il giudice più fragile e isolato e spinge il PM verso l’assoggettamento ai partiti che di volta in volta guideranno il potere esecutivo.

La riforma rompe alcuni argini della Costituzione sino ad ora considerati inscalfibili: rompe il divieto di istituzione di giudici speciali; elimina un sistema di elezione e quindi il voto. Una volta passato il limite per una categoria di soggetti, i magistrati, perché non rifarlo per altre?

 

4. LA COSTITUZIONE OGGI COME GARANTISCE L’AUTONOMIA E L’INDIPENDENZA DELLA MAGISTRATURA?

La Costituzione affida al C.S.M. l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Il C.S.M. attualmente è un organo di rilevanza costituzionale:

1. Unitario nella composizione e nelle competenze. La Costituzione prevede un unico CSM, composto per 2/3 da giudici e PM e per 1/3 da avvocati e professori in materie giuridiche, dotato di tre principali poteri: normativo, amministrativo, disciplinare di primo grado.

2. Elettivo, rappresentativo e pluralista. La Costituzione prevede che i componenti magistrati del C.S.M. siano eletti dai magistrati stessi e che avvocati e professori siano eletti dal Parlamento in seduta comune (come avviene per il Presidente della Repubblica). Gli avvocati e i professori vengono eletti dal Parlamento, con voto a maggioranza qualificata, cercando un equilibrio utile a soddisfare le forze di maggioranza e quelle di minoranza. I magistrati sono tendenzialmente eletti tra gli appartenenti ai diversi gruppi associativi – le c.d. “correnti”, espressione delle differenti idee su come debba atteggiarsi l’indipendenza e l’autonomia della magistratura - interni all’Associazione Nazionale Magistrati (A.N.M. che riunisce quasi tutti i PM e giudici, nata nel 1945 dopo lo scioglimento ad opera del fascismo dell’Associazione generale fra i magistrati d’Italia).

3. Inclusivo delle diverse professionalità della giustizia. La Costituzione prevede la partecipazione nell’unico C.S.M. delle maggiori professionalità e competenze della giustizia: giudici di merito (tribunale, corte d’appello), magistrati di legittimità (Cassazione), avvocati, professori di materie giuridiche, pubblici ministeri.

 

5. LA RIFORMA COME INDEBOLISCE L’AUTONOMIA E L’INDIPENDENZA DEI GIUDICI E DEI PM ORDINARI?

La riforma svilisce l’autonomia e l’indipendenza della magistratura spezzettando l’autogoverno e privandolo delle sue caratteristiche fondamentali.

1. Frammentazione della composizione e delle competenze. La riforma “spezzetta” il C.S.M. in tre distinti organi: 1) un C.S.M. per i giudici; 2) un C.S.M. per i pubblici ministeri; 3) una Alta Corte disciplinare che sottrae ai C.S.M. il potere disciplinare di primo grado e che acquista anche il potere disciplinare di secondo grado.

2. Eliminazione delle elezioni, della rappresentatività e del pluralismo. La riforma prevede la abrogazione del sistema elettivo e la sua sostituzione con un sistema d’estrazione a sorte che affida al puro caso l’individuazione dei componenti dei C.S.M. L’estrazione a sorte, nel paradosso, potrebbe condurre al sorteggio di tutti o quasi tutti giudici/p.m. vicini o iscritti ad una singola corrente oppure quasi tutti giudici/p.m. provenienti dallo stesso territorio o da uno stesso ufficio (1/6 dei PM sono ad esempio in servizio in 3 uffici: Roma, Milano, Napoli). Potranno esser sorteggiati tutti avvocati e professori vicini alla medesima idea e area culturale.

3. Esclusione delle competenze. La riforma esclude soltanto la professionalità dei giudici dal C.S.M. dei PM e la professionalità dei PM dal C.S.M. dei giudici mentre in entrambi resteranno gli avvocati e i professori.

 

6. È VERO CHE IL SORTEGGIO GIÀ ESISTE?

Non per un organo importante come il C.S.M. Il C.S.M. è organo di rilevanza costituzionale ed è dotato di uno speciale potere normativo volto a garantire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura.

 

Il potere di emanare le regole per il funzionamento concreto della magistratura è così importante che la Costituzione lo protegge con una riserva di legge relativa che impedisce allo stesso legislatore di invadere l’autonomia e l’indipendenza della magistratura espressa con gli atti normativi del C.S.M. Questi non deve fare solo nomine ed emanare atti amministrativi ma scrivere le regole che tutelano l’autonomia e l’indipendenza della magistratura.

 

Il sorteggio esiste per alcune corti giudicanti (ad esempio i cittadini nell’Assise) o per organi semplicemente amministrativi (ad esempio le commissioni per l’abilitazione scientifica nazionale per i professori), ma non per organismi costituzionali dotati di speciali poteri normativi.

 

7. L’AUTONOMIA E INDIPENDENZA DEI GIUDICI È SVILITA ULTERIORMENTE?

. La riforma squilibra il giudizio disciplinare in sfavore dei giudici.

Oggi l’unico PM e i 2 laici rappresentano quasi il 50% della sezione disciplinare del C.S.M. e non partecipano alla decisione sull’impugnazione (il cui giudizio si svolge ad oggi davanti alle Sezioni Unite della Cassazione, quale organo supremo della giurisdizione italiana).

Con la riforma i giudici saranno sottoposti per il disciplinare ad una Corte speciale - di soli 15 componenti - che sarà composta per 2/3 da PM, avvocati e professori universitari (c.d. laici) e per 1/3 da giudici di legittimità. I PM e i laici rappresenteranno il 60% della Corte speciale disciplinare e parteciperanno anche alla decisione in sede di impugnazione, che si svolgerà dinanzi alla stessa Alta Corte.

Se rimarrà, come è probabile, l’attuale assetto, l’accusa disciplinare sarà esercitata dal vertice del potere dei PM (Procuratore generale della Cassazione) e quindi da un potere esterno ai giudici.

 

8. LA RIFORMA COME PORTA IL PM SOTTO L’ESECUTIVO?

Distaccandolo dalla figura del giudice.

L’art. 101 Cost. dice “I giudici sono soggetti soltanto alla legge” e non indica il PM. L’art. 107 Cost. dice invece che “Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario”.

Sino ad oggi la differenza letterale tra le due norme della Costituzione non ha mai avuto un peso ed il PM – in quanto magistrato al pari del giudice, sottoposto allo stesso C.S.M. del giudice e alla stessa legge dell’ordinamento giudiziario del giudice - è stato sempre considerato soggetto soltanto alla legge e non al potere esecutivo.

Con la riforma la differenza letterale diventerà differenza sostanziale perché il PM sarà un magistrato costituzionalmente diverso dal giudice, sottoposto ad un C.S.M. diverso da quello del giudice e ad una legge dell’ordinamento giudiziario diversa da quella del giudice. Il PM quindi non sarà più “soggetto soltanto alla legge” come il giudice ma potrà essere assoggettato anche alle regole imposte dall’esecutivo.

 

9. IN CHE MODO LA RIFORMA TOCCA LE FONDAMENTA DELLA COSTITUZIONE?

La riforma incide sulla magistratura e incide per la prima volta la Costituzione in almeno quattro punti sino ad ora inviolati.

1. Divieto di istituzione di giudici speciali. In contrasto con il divieto espresso previsto dall’art. 102 Cost., la riforma istituisce per la prima volta nella storia costituzionale un giudice speciale, l’Alta Corte, destinato a giudicare una categoria specifica di soggetti (PM e giudici ordinari).

2. Abrogazione del sistema elettivo e del voto. In contrasto con i principi della democrazia, per la prima volta nella storia costituzionale è prevista l’abrogazione del sistema elettorale (e quindi del diritto di voto) per un importantissimo organo di rilevanza costituzionale avente funzioni normative e di “governo” e la sua sostituzione con un sistema di estrazione a sorte.

3. Divisione e moltiplicazione degli organi costituzionali. Per la prima volta viene diviso un organo di rilevanza costituzionale. In discontinuità con passati tentativi di riforma costituzionale, in parte naufragati, volti alla riduzione degli organi costituzionali o di rilievo costituzionale, la riforma prevede una moltiplicazione degli organi di rilievo costituzionale con tutte le conseguenze in tema di costi e di complessità dei rapporti.

4. Disuguaglianze tra magistrature. La riforma prevede una insolita “autonomia e indipendenza differenziata” tra le magistrature. Quale è quella autentica? Le magistrature amministrativa, contabile, militare e tributaria non sono incise dalla riforma e mantengono le loro caratteristiche di unitarietà, elettività e inclusività. L’Alta Corte, nonostante il nome altisonante, sarà destinata a giudicare solo giudici e PM ordinari. La Corte dei conti è comunque interessata da una riforma di legge ordinaria volta ad un suo indebolimento.

 

10. LA RIFORMA SEPARA LE CARRIERE DI PM E GIUDICI?

Attenzione: nessuna disposizione della riforma vieta il passaggio dalla magistratura requirente alla magistratura giudicante e viceversa.

La riforma dell’art. 106 Cost. prevede, al contrario, la possibilità per i PM di diventare giudici di Cassazione e quindi di passare alla magistratura giudicante e l’art. 104 continuerà a riferirsi alla magistratura ordinaria come ad un ordine unico.

La legge ordinaria in vigore già limita i passaggi da una funziona

E all’altra (è concesso solo una volta in carriera) e già prevede percorsi professionali distinti per PM e giudici. Meno dello 0,5 % dei diecimila magistrati ha infatti effettuato il passaggio di funzioni negli ultimi anni.

 

 


giovedì 30 ottobre 2025

Richiesta Satterthwaite 23OTT25 di chiarimenti sulla legge di riforma costituzionale italiana riguardante la magistratura ordinaria approvata oggi in quarta lettura dal Parlamento

 Traduzione in italiano corrente, effettuata dall’algoritmo ChatGPT il 30-10-25, del testo ufficiale della richiesta di chiarimenti al Governo italiano, in persona della Presidente del Consiglio dei ministri,  del Relatore Speciale delle Nazioni Unite sull’indipendenza dei giudici e degli avvocati (Margaret Satterthwaite), datato 23 ottobre 2025, riguardante il disegno di legge costituzionale italiano del 2024:



PALAIS DES NATIONS • 1211 GINEVRA 10, SVIZZERA
Mandato del Relatore Speciale sull’indipendenza dei giudici e degli avvocati
Rif.: OL ITA 7/2025

23 ottobre 2025

Eccellenza,

Ho l’onore di rivolgermi a Lei nella mia veste di Relatore Speciale delle Nazioni Unite sull’indipendenza dei giudici e degli avvocati, secondo quanto previsto dalla risoluzione 53/12 del Consiglio dei Diritti Umani.

Mi è stato segnalato che, in data 29 maggio 2024, è stato presentato un disegno di legge costituzionale per modificare gli articoli 102, 104 e 105 della Costituzione italiana, relativi all’autonomia e all’organizzazione della magistratura. In questo contesto, poiché le modifiche proposte rappresentano un’opportunità per rafforzare la tutela dei diritti umani, desidero offrire un’analisi dal punto di vista degli standard internazionali in materia di indipendenza del potere giudiziario.

Questa lettera non intende essere un’analisi esaustiva di tutti gli aspetti delle modifiche costituzionali, ma si limita a fornire alcuni commenti nella speranza che la riforma possa avvicinare il sistema legale italiano agli obblighi del Governo italiano secondo il diritto internazionale in materia di diritti umani. In particolare, faccio riferimento al diritto a un processo equo e all’indipendenza della magistratura, entrambi tutelati sia dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (DUDU) sia dal Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (PIDCP), ratificato dall’Italia il 15 settembre 1978.

L’articolo 10 della DUDU garantisce a tutti il diritto a un’udienza equa e pubblica davanti a un tribunale indipendente e imparziale. L’articolo 14 del PIDCP stabilisce che: “Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente e pubblicamente da un tribunale competente, indipendente e imparziale, stabilito dalla legge”. Inoltre, nel Commento generale n. 32 (2007) sull’articolo 14, il Comitato per i Diritti Umani ha sottolineato che il diritto all’uguaglianza davanti ai tribunali e a un giusto processo è fondamentale per la protezione dei diritti umani e per il rispetto dello Stato di diritto. Il ruolo e lo status dei giudici e dei pubblici ministeri sono strettamente legati a questi diritti.

Attualmente, secondo la Costituzione italiana e il principio dell’unità della magistratura, giudici e pubblici ministeri sono tutti magistrati, seguono lo stesso percorso professionale e sono governati dal Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), che esercita l’autogoverno dell’intera magistratura. Questo assetto prevede un consiglio unico per giudici e pubblici ministeri, con una maggioranza di componenti togati eletti dai magistrati. Il CSM è incaricato anche della gestione delle carriere e dei procedimenti disciplinari.


Accolgo con favore gli obiettivi dichiarati dal Governo italiano, volti a rafforzare l’imparzialità giudiziaria, prevenire conflitti di interesse e aumentare la fiducia pubblica nel sistema giudiziario attraverso questa riforma. Tuttavia, desidero sottolineare alcuni aspetti da considerare alla luce degli standard internazionali.


Separazione delle carriere e Consigli Superiori distinti

Il disegno di legge prevede una separazione formale tra la carriera dei giudici e quella dei pubblici ministeri, ponendo fine alla prassi attuale in cui un magistrato può passare da una funzione all’altra. L’obiettivo dichiarato è ridurre il rischio di parzialità o influenza indebita, impedendo che chi giudica sia stato prima parte accusatoria.

La riforma propone anche la creazione di due Consigli Superiori distinti, uno per i giudici e uno per i pubblici ministeri, mantenendo la Presidenza della Repubblica come figura garante in entrambi. Questi organismi avrebbero il compito di occuparsi delle nomine, delle carriere e dei procedimenti disciplinari.

Tali proposte, che incidono profondamente sulla struttura della magistratura e sulle sue procedure, devono essere valutate con attenzione per garantire il rispetto degli standard internazionali. La separazione proposta potrebbe indebolire lo status di indipendenza esterna del pubblico ministero, attualmente tutelato proprio dal principio dell’unità della magistratura, che assicura garanzie comuni a giudici e pubblici ministeri attraverso un unico Consiglio Superiore.


Indipendenza e tutela da pressioni

L’articolo 14 del PIDCP e i Principi Base sull’Indipendenza della Magistratura stabiliscono che gli Stati devono garantire che i giudici siano liberi da interferenze e intimidazioni. Analogamente, le norme internazionali sui pubblici ministeri sottolineano che essi svolgono un ruolo fondamentale e devono essere protetti da influenze esterne.

In caso di creazione di Consigli separati, sarà fondamentale garantire che essi siano indipendenti dal potere politico e liberi da pressioni. Le loro funzioni, incluse nomine e procedimenti disciplinari, devono rispettare gli standard internazionali.


Nomine e sorteggio

Una parte importante della riforma riguarda la nomina dei membri dei nuovi Consigli, che avverrebbe in parte tramite sorteggio. La proposta non chiarisce tutti i dettagli, ma prevede che un terzo dei membri sia selezionato a caso tra professori ordinari di diritto e avvocati con almeno 15 anni di esperienza. Gli altri due terzi sarebbero selezionati tra magistrati, secondo modalità da definire.

È essenziale che i membri siano scelti in base al merito, alla competenza e all’integrità, per garantire l’indipendenza dei Consigli. Gli standard internazionali suggeriscono che la maggioranza dei componenti di un consiglio giudiziario dovrebbe essere formata da giudici eletti dai colleghi, per evitare indebite ingerenze politiche.


Nuovo Tribunale Disciplinare

La proposta prevede la creazione di un Alto Tribunale Disciplinare, separato dal CSM, per occuparsi dei procedimenti disciplinari. Esso sarebbe composto da 15 membri nominati per un mandato non rinnovabile di 4 anni, sei dei quali “laici” e nove magistrati. Le sentenze sarebbero impugnabili non più davanti alla Cassazione, ma allo stesso Tribunale Disciplinare.

Questo aspetto è particolarmente preoccupante, perché mina il diritto a un ricorso imparziale. Gli standard internazionali e regionali (come quelli del Consiglio d’Europa) riconoscono il diritto del giudice a impugnare i provvedimenti disciplinari presso un organismo indipendente.


Disposizioni per i pubblici ministeri

Anche per i PM, le sanzioni disciplinari devono essere previste per legge e rispettare il diritto a un equo processo. Gli organi incaricati della selezione e della disciplina devono essere competenti e imparziali, con composizione a prevalenza interna alla professione, per evitare influenze esterne.


Conclusioni

L’ex Relatrice Gabriela Knaul ha sottolineato che i PM dovrebbero godere di sicurezza del posto di lavoro, retribuzioni adeguate e garanzie di carriera, e che il loro licenziamento dovrebbe essere soggetto a criteri rigorosi. In ogni caso, dovrebbero avere il diritto di ricorrere in giudizio contro le decisioni che li riguardano.


Domande e richiesta di chiarimenti

Nel mio ruolo di Relatore Speciale, desidero ricevere osservazioni su:

1.  Eventuali informazioni aggiuntive o commenti sull’analisi sopra esposta.

2.  Chiarimenti su come queste modifiche costituzionali siano compatibili con gli obblighi internazionali dell’Italia, in particolare per quanto riguarda il giusto processo e l’indipendenza giudiziaria.

3.  Informazioni sulle misure adottate dal Governo per riesaminare la riforma alla luce delle osservazioni condivise.


Appello finale

Invito a una revisione attenta della riforma per garantire che essa rafforzi davvero l’indipendenza della magistratura e il diritto a un processo equo dinanzi a un tribunale indipendente e imparziale, come garantito dall’articolo 14 del PIDCP.

Rimango a disposizione per un dialogo con il Governo italiano su questa importante questione e per fornire assistenza tecnica, qualora richiesta, per assicurare la conformità della riforma con gli obblighi internazionali.


Questa comunicazione, in quanto commento a legislazione o politiche in fase di adozione, sarà resa pubblica sul sito ufficiale delle comunicazioni dopo 48 ore e inclusa nel consueto rapporto al Consiglio dei Diritti Umani.

Le porgo, Eccellenza, l’assicurazione della mia più alta considerazione.

Margaret Satterthwaite
Relatrice Speciale sull’indipendenza dei giudici e degli avvocati

 


martedì 28 ottobre 2025

Pellegrinaggi, gite e sinodalità

 

Pellegrinaggi, gite e sinodalità

 

  Nel nostro gruppo parrocchiale di Azione Cattolica cerchiamo di praticare la sinodalità ecclesiale.

  Nell’ultima riunione abbiamo trattato con quel metodo un caso spiacevole che era capitato.

  Una socia e il marito, due persone piuttosto avanti con gli anni, non avevano potuto partecipare ad un pellegrinaggio a Loreto perché il pullman era partito senza di loro. Erano arrivati con un po’ di ritardo, probabilmente una decina di minuti o poco più. Si era deciso di partire senza aspettarli perché il programma era molto intenso e il viaggio di andata e ritorno piuttosto lungo. Si era anche deciso di fare una tappa non programmata, al ritorno, al santuario dello Splendore di Giulianova, in Abruzzo, paese che conosco bene perché vi sono stato pretore per circa tre anni. Lì è nata la mia primogenita.

  Il caso è stato presentato al nostro piccolo sinodo associativo, che era veramente tale poiché c’era anche il nostro caro assistente ecclesiastico.

  Mi piace affrontare le questioni con il metodo della gente di legge, quindi partendo da una vicenda della vita concreta, per stabilire quale sia la via giusta, anche per il futuro.

  I due soci lasciati a terra si lamentavano di come erano stati trattati. Hanno difficoltà nel cammino e i marciapiede, da casa loro alla parrocchia, a volte sono sconnessi, quindi avanzano piano piano, con circospezione. Perché, almeno, non li si era chiamati al telefono, per sapere la ragione della loro assenza? E’ emerso che chi guidava il pellegrinaggio non aveva  disposizione il loro numero. Non era stato annotato al momento della prenotazione. C’era chi lo aveva tra coloro che erano sul pullman, ma aveva avuto remore perché si era all’alba e temeva di disturbare persone che, magari, per qualche motivo, avevano dovuto rinunciare a partecipare e ancora dormivano.

  Aspettando ancora si rischiava poi di far troppo tardi la sera e partecipavano molte persone anziane.

  La signora che non aveva potuto partire aveva poi fatto con un certo calore le sue rimostranze in parrocchia, ma lì non l’avevano presa molto  bene. Quindi le aveva riproposte nel nostro gruppo di Azione Cattolica.

  Dopo averne discusso, non abbiamo preso una decisione se non quella di chiedere all’assistente ecclesiastico di segnalare il caso ai suoi confratelli del presbiterio. Però sono emersi alcuni orientamenti.

  Io ho fatto notare che non si era trattato di una gita, ma di un pellegrinaggio ad un santuario mariano. Nello spirito dei pellegrini, si sarebbe dovuto aspettare chi mancava e accertarsi della ragione della sua assenza. E’ come quando anticamente si partiva in gruppo come pellegrini verso un luogo santo: non si lasciava nessuno indietro, tra l’altro perché il viaggio era in genere irto di pericoli e c’era il caso di dover soccorrere chi non c’era.

  Mi sono anche lasciato andare ad un po’ di retorica spiritualistica, e non è mio costume, ma è qualcosa che mi è uscito dentro d’impeto. Come l’avrà presa la Madonna di Loreto non vedendo arrivare i due che aspettava? Appunto perché era un pellegrinaggio, in cui chi si mette in viaggio è aspettato lì dove si propone religiosamente di andare. E’ laggiù nelle Marche c’era la Madre ad aspettare.

  Quante volte ho portato là mia madre, devota mariana! Veramente mia madre trasformava il viaggio in un pellegrinaggio, spiegandomi tutto bene e aiutandomi a pregare!

  Osservo che la questione si sarebbe potuta affrontare sinodalmente già sul pullman. La gente del pellegrinaggio avrebbe potuto aver voce, e invece non l’ha avuta. E, se avesse potuto aver voce, avrebbe potuto decidere religiosamente di attendere chi  mancava, appunto perché si trattava di un pellegrinaggio e non di una gita. Ricordiamo il principio guida della sinodalità: non senza di noi, non solo da noi. In questo caso ha deciso, in solitudine, la persona che guidava il pellegrinaggio. E se il caso fosse stato portato alla decisione sinodale si sarebbe potuto utilmente mettere in pratica il principio di agàpe, che significa non voler fare a meno di nessuno, non lasciare indietro nessuno.

  Nella decisione avrebbe potuto pesare questa considerazione: si era programmato un pellegrinaggio a Loreto e poi, senza comunicarlo a chi si era iscritto, si era deciso di allungarsi fino a Giulianova, almeno due ore in più rispetto alla durata preventivata. In definitiva si poteva rinunciare a questo di più, non previsto inizialmente, per ottenere la presenza dei (moderatamente) ritardatari. Si fosse trattato di una gita sarebbe stato diverso. I partecipanti avrebbero potuto concludere di mettere il loro divertimento prima della cortesia di aspettare chi, in fin dei conti, era in difetto di puntualità.  Ma, appunto, si trattava invece di un pellegrinaggio, a cui si partecipava da sorelle e fratelli per andare dalla Madre: è  così che si fa tra sorelle e fratelli, li si lascia a terra se ritardano una decina di minuti?

  Nella nostra riunione ho proposto, se il caso si dovesse purtroppo ripetere, che le persone del nostro gruppo che si trovino a partecipare al pellegrinaggio scendano dal pullman condividendo in tal modo la condizione di chi viene lasciata a terra.

  Il caso meriterebbe di essere portato all’attenzione del Consiglio pastorale parrocchiale, per dare linee guida per il futuro. Di pellegrinaggi infatti ne organizziamo abbastanza e, per la verità, per esperienza personale so che sono organizzati molto bene. Ma dovrebbe essere posto in risalto che sono pellegrinaggi e che quindi ci si dovrebbe regolare di conseguenza.

  Nel corso della passata riunione abbiamo iniziato a prendere in esame la bella Esortazione apostolica Ti ho amato – Dilexi te, firmata lo scorso 4 ottobre, solennità di san Francesco d’Assisi, e pubblicata il successivo 9 ottobre. Verso la fine c’è un bellissimo passo che ci potrebbe essere utile nel caso di cui si discute:

 

  L’amore è soprattutto un modo di concepire la vita, un modo di viverla. Ebbene, una Chiesa che non mette limiti all’amore, che non conosce nemici da combattere, ma solo uomini e donne da amare, è la Chiesa di cui oggi il mondo ha bisogno.

 Sia attraverso il vostro lavoro, sia attraverso il vostro impegno per cambiare le strutture sociali ingiuste, sia attraverso quel gesto di aiuto semplice, molto personale e ravvicinato, sarà possibile per quel povero sentire che le parole di Gesù sono per lui: «Io ti ho amato» (Ap 3,9).

 

 Si parlava dell’amore verso i poveri.

 Fare  a meno delle altre persone, in particolare di quelle della famiglia, e la parrocchia come l’intera nostra Chiesa è una famiglia, ci rende poveri, poveri degli altri, della loro amicizia, della loro cara presenza.

  Viviamo in un mondo che sa essere spietato e superficialmente pensa di poter fare a meno di chi non produce o si attarda perché non ce la fa. Ma noi dobbiamo saper essere diversi, ce lo insegnano i nostri Papi, lo ripeteva sempre papa Francesco e ora lo insegna il nuovo Papa: un gesto di aiuto, semplice, molto personale e ravvicinato per far sentire al povero le parole di Gesù per lui, «Ti ho amato». Ad esempio attendere la persona anziana che ritarda, cercarla, provare a capire perché non c’è, che cosa le è successo. Di modo che quando giunga affannata lì dove temeva che non ci fosse più nessuno, ecco che invece ci trovi ad attenderla. Che gioia, che sollievo, per lei ma anche per chi l’attendeva. Eccoci di nuovo insieme, non abbiamo perso nessuno!

  E poi perché prendersela quando chi è stata lasciata indietro ci parla del suo dolore?  

  A volte, da persone anziane si ha l’impressione di essere diventate invisibili agli altri. Lo sto sperimentando anch’io, da recente pensionato.

   Meglio seguire il magistero del papa Giovanni Paolo 2° quando a Sarajevo, in Bosnia, il 13 aprile 1997, in una storica omelia in quella terra di feroci eccidi, da poco cessati, disse:

 

 Carissimi Fratelli e Sorelle! Quando nel 1994 desideravo intensamente venire qui tra voi, facevo riferimento ad un pensiero che s'era rivelato straordinariamente significativo in un momento cruciale della storia europea: «Perdoniamo e domandiamo perdono». Si disse allora che non era quello il tempo. Forse che quel tempo non è ormai giunto?

  Ritorno oggi dunque a questo pensiero e a queste parole, che voglio qui ripetere, affinché possano discendere nella coscienza di quanti sono uniti dalla dolorosa esperienza della vostra città e della vostra terra, di tutti i popoli e le nazioni dilaniate dalla guerra: «Perdoniamo e domandiamo perdono». Se Cristo deve essere il nostro avvocato presso il Padre, non possiamo non pronunciare queste parole. Non possiamo non intraprendere il difficile, ma necessario pellegrinaggio del perdono, che porta ad una profonda riconciliazione.

«Offri il perdono, ricevi la pace», ho ricordato nel Messaggio di quest'anno per la Giornata Mondiale della Pace; ed aggiungevo: «Il perdono, nella sua forma più vera e più alta, è un atto d'amore gratuito, come lo fu la riconciliazione offerta da Dio all'uomo mediante la croce e la morte del suo Figlio incarnato, il solo Giusto. Certo, «il perdono, lungi dall'escludere la ricerca della verità, la esige», perché «presupposto essenziale del perdono e della riconciliazione è la giustizia». Ma resta sempre vero che «chiedere e donare perdono è una via profondamente degna dell'uomo».

 

 I nostri Papi: grandi uomini. Li onoriamo, ma spesso li ascoltiamo distrattamente, come se quello che dicono non riguardasse le nostre vite, ma cose molto più  vaste. Scrivono, ma li leggono in pochi, pensando forse che si rivolgano ai potenti e ai sapienti. E, invece, parlano, scrivono, predicano, proprio per noi.

 Pratichiamo dunque il perdono, riconoscendo ciò che non è stato fatto bene e proponendoci di cambiare, perdoniamo e domandiamo perdono, invocando la pace. Sia di nuovo e sempre pace tra noi. Amen

 Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli