INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

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giovedì 14 agosto 2025

Sull’intervista di Giacomo Galeazzi a Giovanni Maria Vian, pubblicata con il titolo “Giovanni Maria Vian - Cento giorni da Leone XIV il papa normale” su La Stampa del 14 agosto 2025

 

Sull’intervista di Giacomo Galeazzi a Giovanni Maria Vian, pubblicata con il titolo “Giovanni Maria Vian  -  Cento giorni da Leone XIV il papa normale” su La Stampa  del 14 agosto 2025

 

   Giovanni Maria Vian, storico del cristianesimo,  ci informa l’articolo, insegna da trent’anni presso l’Università La Sapienza  di Roma e  fino al 2018 è stato direttore del quotidiano vaticano l’Osservatore romano. Dobbiamo pensare quindi che sia un osservatore qualificato e molto ben informato  delle vicende della Santa Sede.

   Nell’articolo, che riguarda il nuovo pontificato del papa statunitense  Francis Robert Prevost, si danno alcune informazioni che ritengo molto importanti.

  La prima:

«La sua elezione lampo quasi plebiscitaria è stata preparata da cardinali statunitensi

come già aveva annotato Alberto Melloni durante il Conclave.

  La seconda:

«Prevost è stato eletto prima del conclave. L’8 maggio, giorno della prima fumata bianca, già all’ora di pranzo ha iniziato a scrivere il suo discorso perché sapeva che sarebbe stato eletto».

La terza: con l’elezione di Prevost si è voluto correggere lo  stile di governo assolutistico, autocratico, personalistico, impigliato in stereotipi mediatici, insufficiente nella gestione degli affari di papa Bergoglio, che ha finito per dividere e polarizzare la Chiesa  e ha lasciato malconcia la Curia vaticana assorbendo il Papato su di sé. Quindi papa Prevost si concentrerà su questo e, secondo Vian, realizzerà una riforma del Papato attesa da mezzo secolo. Procederà con un profilo basso, per questo nell’articolo se ne parla come di un papa normale.

  E’ possibile trarre argomenti per prevedere gli orientamenti dell’attuale Papato dalla scelta del nome da regnante, “Leone”? Vian ricorda che Leone XIII, il Papa della prima enciclica sociale della modernità, la Delle novità – Rerum novarum, del 1891, aprì ad una nuova sensibilità sociale, ma che fu anche un nostalgico del potere temporale, rivendicandolo contro un’Italia finalmente unita, subendo l’ostilità dei governi del nuovo Regno d’Italia. Però proclamò cardinale l’inglese John Henry Newman (1801-1890), convertitosi al cattolicesimo dall’anglicanesimo, sostenitore della necessità di una maggiore partecipazione delle persone laiche alla vita della Chiesa, ecclesiastico per il quale papa Prevost il 31 luglio scorso ha dato parere favorevole perché sia dichiarato Dottore della Chiesa universale.  

  Vian ricorda che Prevost venne segnalato a papa Francesco dal canadese Marc Quellet,  Prefetto per i vescovi. Da altre fonti si sa che Bergoglio nel 2014 lo nominò vescovo in Perù e, da lì, nel 2023 lo portò a Roma come Prefetto del Dicastero per i vescovi, carica che gli consentì di farsi conoscere in tutto il mondo. Dopo il 2023 papa Francesco lo volle vicino a sé durante gli ultimi viaggi apostolici. Da questi elementi si può concludere che la candidatura di Prevost come Papa è stata preparata da papa Francesco. Tuttavia Prevost, appoggiato dai cardinali statunitensi, capi di una Chiesa piuttosto reazionaria rispetto al Concilio Vaticano 2° e nella quale si era polemizzato con Bergoglio, è stato eletto Papa con la  missione di correggere ciò che Bergoglio aveva fatto e lo stesso suo stile di governo.  Tra i principali obiettivi del Papato di Bergoglio vi è stata la riforma sinodale della Chiesa, avviata dall’ottobre 2021 e giunta di recente ad un nulla di fatto pratico.  Secondo Vian, si procederà piuttosto a sviluppare la collegialità episcopale, secondo gli indirizzi del Concilio Vaticano 2°, e, osservo io, questo significherà archiviare la sinodalità ecclesiale che coinvolge anche chi non è vescovo. Bisogna vedere se la gente di fede accetterà di sottostare  a questo indirizzo, se effettivamente caratterizzerà il nuovo governo al vertice. Vian ricorda le molte umiliazioni subite dai gerarchi di curia ad opera di papa Bergoglio, ma molto maggiori sono quelle subite dal cosiddetto laicato ad opera di gerarchia, clero, religiosi (Prevost proviene da questi ultimi).

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 

martedì 12 agosto 2025

Anarchia cristiana. Una via evangelica che libera e riforma

Anarchia cristiana. Una via evangelica che libera e riforma

 

  Accostando una figura come quella di Lorenzo Milani ci si può convincere che abbia ancora un senso seguire una via cristiana, nonostante le tremende controindicazioni che vengono dalle storie delle Chiese cristiane, piene di efferate violenze, prevaricazioni in danno degli umili, strumentalizzazioni teologiche a fini di mero potere. E quel senso può trovarsi in una certa virtuosa anarchia sociale che vi si può fondare sopra e soprattutto praticare e che può produrre un notevole potenziale di liberazione sociale da regole che generano umiliazione e sofferenza e la ricomposizione della convivenza su altre basi. In tutto questo la gran parte della religione come viene di solito organizzata, predicata e vissuta non c’è e questo non perché là si debba ignorare o perché non svolga una funzione sociale, ma perché è ciò che passa in quando inevitabilmente è destinato a passare. 

  Ad uno sguardo superficiale, molto diffuso anche tra chi accosta le fedi cristiane dall’esterno, nei cristianesimi risaltano le Chiese e, in particolare, la nostra, quella che ad un certo punto ha voluto riconoscersi particolarmente nel proposito di cattolicità, e questo paradossalmente nel mentre creava il presupposto per la divisione, per la sua antichità e per le sue immaginifiche liturgie che a quell’antichità costantemente si richiamano. E tuttavia, ad una considerazione più approfondita, è l’elemento del costante rinnovamento ecclesiale, indicato specificamente come riforma, è ciò che veramente connota la loro storia, ed esso è stato possibile proprio per la persistenza, a livello popolare e diffuso, di quell’elemento anarchico.

  Non bisogna pensare però che il fare tutto da sé  in religione sia sempre una via virtuosa, e questo risalta proprio nell’esperienza di riforma sociale ed ecclesiale praticata da Milani, il quale certamente praticò una nuova via, ma volle farlo da prete cattolico, quindi non tutto da sé,e questo gli fu concesso da una gerarchia ecclesiastica che nel complesso nei suoi confronti si dimostrò tanto poco lungimirante e cristiana. Non si arrivò a distruggerlo, come accaduto a tante anime nobili del cristianesimo, e questo non perché nella gerarchia ecclesiastica vi sia in fondo qualcosa che possa sottrarsi alla riforma, ma proprio perché l’esperienza di Milani fu praticata in tempi che stavano cambiando.

  La nostra Chiesa fu pesantemente riformata agli inizi del Novecento, durante il regno del papa Giuseppe Sarto, Pio 10º, dal 1903 al 1914,  centrandola sull’idea del Cristo come una sorta di imperatore universale, con evidenti riflessi sulla posizione politica del Papa di Roma, che dal Secondo millennio rivendicò di esserne l’unico “Vicario”. Negli scorsi anni Cinquanta, quando Milani, ordinato prete nel ’47, cominciò le sue sperimentazioni pastorali, sulle quali scrisse nel libro Esperienze pastorali, del 1958, nella Chiesa cattolica iniziò a manifestarsi un movimento di riforma che condusse al Concilio Vaticano 2º e caratterizzato da una nuova concezione delle regalità di Cristo e, conseguentemente del ruolo del Papa e di tutta la gerarchia ecclesiastica, così come del ruolo del prete e, in genere, di ogni persona cristiana. Questo movimento è tuttora in corso.

  Certo una persona religiosa può del tutto legittimamente abbandonarsi alla pratica della nostra fede che è più comune e anche raccomandata. La via di Milani è ardua e, tra l’altro, richiede una consapevolezza storica e, in genere, culturale che non è comune, anche perché non se ne tratta nella formazione religiosa della maggior parte delle persone.

  Ma può accadere che, di fronte alla terribile storia della nostra Chiesa, ci sia chi sta per decidere di chiudere con la religione e i cristiani, e certamente ragioni non mancano a sostegno di questa scelta. Si tenga conto, allora, che vi è anche la via di Milani, del cristianesimo come via di liberazione ed elevazione dei miseri, rendendoli capaci di consapevolezza e di critica sociale in ogni direzione. Una via evangelica che libera anche da molte delle imposture storicamente escogitate per ragioni politiche dalla teologia, ma anche da altre ideologie politiche.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 

   


lunedì 11 agosto 2025

Santə giovanə Don Milani e la santità giovanile: dal mosaico di Barbiana sul “santo scolaro” alle scelte del Vaticano

 Santə giovanə

Don Milani e la santità giovanile: dal mosaico di Barbiana sul “santo scolaro” alle scelte del Vaticano







Per il ramo della burocrazia vaticana che se ne occupa, la persona giovane da fare santa è quella che è morta giovane. Deve poi essere stata perfettamente in linea con il profilo di religiosità che il clero propone per quell’età, dal quale però quasi tutta la gente che rimane religiosa cerca in un modo o nell’altro di affrancarsi perché umiliante oltre che insostenibile. Così la proclamazione di santi o di sante giovani appare sempre un po’ in polemica con la gioventù com’è realmente.

  Ci avviciniamo ad un evento del genere, il prossimo 7 settembre, quando si cercherà di ripetere un raduni di massa simile alla cosiddetta Giornata mondiale della gioventù, quando si è riusciti a concentrare circa un milione di infratrentenni a fare da comparse plaudenti alla glorificazione del nuovo Papa di Roma, rosolandosi e soffrendo nel nulla di Tor Vergata.

   Sembra che non ci si possa fare nulla. Tutto procede come deve andare, come vuole il clero, arbitro di decidere chi fare santo. La decisione finale è politica ed è del Papa: la santificazione è uni strumento di governo ecclesiastico. Per questo non credo che, nel residuo tempo della mia vita, si avvierà mai un processo per la beatificazione di Lorenzo Milani, una figura di prete di eccezionale valore pedagogico, etico, politico e religioso, quindi secondo la tradizione di sempre perseguitato dalla gerarchia cattolica da vivo e da morto. Il 20 giugno 2017 papa Francesco andò in pellegrinaggio nella chiesetta di Barbiana dove Milani era stato confinato per il delitto di lesa maestà ecclesiastica. Ma, secondo le cronache di allora, l’arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori, interpellato da un giornalista sulla possibilità di un processo di beatificazione di Milani, tenne a precisare «non ci sarà alcun processo canonico. Assolutamente no, almeno fino a quando ci sarò io», e non mi pare che quel Papa, con le parole o con i fatti abbia corretto quell’impostazione.

 Milani fu un grande formatore di giovani, che si proponeva di seguire con continuità dall’età delle medie e per tutta l’adolescenza e anche oltre. Idealizzò la figura del “santo scolaro”, ritratta nel dipinto qui sopra, collocato nella chiesetta della parrocchia rurale di Sant’Andrea a Barbiana, dove Milani fu comandato nel dicembre 1954.

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[notizie mediante ChatGpt 5 di OpenAi – ricerca dell’11SETT25]

Ecco un’immagine del celebre mosaico “Il Santo Scolaro”, realizzato nella chiesa parrocchiale di Sant’Andrea a Barbiana.


Il Santo Scolaro: storia e significato

  • Origine e tecnica: Nel 1961, i ragazzi della scuola di Barbiana, guidati dall’impegno creativo di don Lorenzo Milani, realizzarono un mosaico decorativo utilizzando pezzetti di vetro. L’idea e la tecnica vennero loro illustrate durante un viaggio studio in Germania, dopo il quale misero in pratica quanto imparato applicandolo alla loro chiesa locale. 
  • Il soggetto e il contesto: Il mosaico raffigura una figura di un “monaco scolaro”, simbolo dei giovani allievi silenziosi ma tenaci della sua scuola. L’immagine fu scelta per sostituire un precedente dipinto (il Sacro Cuore di Gesù), che incuteva timore nei ragazzi. Così, quel volto diventò una presenza amica e rassicurante nell’ambiente sacro. 
  • Il ruolo educativo e simbolico: Il “Santo Scolaro” rappresenta l’omaggio di don Milani ai suoi “piccoli monaci” — i ragazzi che, con dedizione e senza lamentarsi, affrontavano quotidianamente lunghe ore di studio, festivi inclusi. Come racconta Valentina Alberici: era il suo ultimo lavoro artistico e testimonia l’unione tra arte, pedagogia e pietà, raccontata anche come il riconoscimento dei ragazzi che condividevano l’impegno della scuola. 


In sintesi

 

Il “Santo Scolaro” non è soltanto una decorazione visiva, ma un simbolo potente della pedagogia e della fede di don Lorenzo Milani: un gesto concreto che unisce bellezza artistica, spiritualità e diritto alla dignità educativa. È oggi una delle testimonianze più intense e visibili del legame tra arte e scuola nella memoria di Barbiana.

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   Sono stati pubblicati molti bei libri su Lorenzo Milani e sulla sua scuola e anche raccolte dei suoi scritti, in particolare di quelli sull’obiezione di coscienza al servizio militare, scaturiti da una iniziale polemica con i cappellani militari, che gli valsero un processo penale. Il pensiero, l’esempio e la metodologia pedagogica di Lorenzo Milani ebbero una eccezionale eco negli anni ’60 e ’70, nell’effervescente clima ecclesiale del tentativo di attuazione dei nuovi principi del Concilio Vaticano 2º concluso a Roma nel 1965, fermenti stroncati dagli anni ’90 per volontà del Papa Giovanni Paolo 2º.

  Ricordo, per accostare questo grande cristiano, Esperienze pastorali, costantemente ripubblicato dalla Libreria Editrice Fiorentina.

 Da pochi giorni è uscito postumo un libro con scritti di Adele Corradi, la principale collaboratrice di Milani nella scuola di Barbiana, Don Lorenzo, qualcosa da ridire, Edizioni Clichy 2025, anche in eBook e Kindle.

 Con l’ausilio di ChatGPT 5 riporto di seguito gli indirizzi di alcuni siti Web dedicati a Lorenzo Milani, al suo pensiero, al suo metodo pedagogico:

Ecco gli indirizzi web dei siti principali dedicati a don Lorenzo Milani:

1.   Fondazione don Lorenzo Milani

🌐 https://www.donlorenzomilani.it

2.   Istituzione culturale “Centro documentazione don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana”

🌐 https://www.istituzionedonmilani.org

3.   Voce Wikipedia – Scuola di Barbiana

🌐 https://it.wikipedia.org/wiki/Scuola_di_Barbiana

4.   Articolo su Intoscana.it – Centro di Documentazione Generativa “Don Milani e Scuola di Barbiana”

🌐 https://www.intoscana.it/it/centro-documentazione-online-don-milani

5.   Percorso Rai Scuola – 100 anni di educazione all’accoglienza

🌐 https://www.raiscuola.rai.it/percorsi/donlorenzomilani100annidieducazioneallaccoglienza

 Accostando la figura di Milani da persone cristiane prende un peso sul cuore perché ne emerge la concreta possibilità e al contempo la difficoltà di vivere un cristianesimo evangelico e non meramente clericale. Egli vedeva lo sviluppo della santità giovanile nel percorso di vita volto a sviluppare uno spirito critico che valesse ad essere attivi in società da adulti, in modo da cambiarla in senso evangelico. Farsi massa plaudente agli ordini di una clericocrazia è l’esatto contrario.

  Milani raccomandò di farlo presente ai vescovi, perché a volte sembrano vivere in un mondo autoreferenziale e se li si lascia lì senza occuparsene poi ci crescono su male.

Mario Ardigò -  Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 




giovedì 7 agosto 2025

Giubileo dei giovani a Roma: tanta folla, poca sinodalità. Un’altra occasione mancata per la Chiesa cattolica?

 

Giubileo dei giovani a Roma: tanta folla, poca sinodalità. Un’altra occasione mancata per la Chiesa cattolica?

 

 Nei giorni scorsi si sono celebrati a Roma i riti del cosiddetto Giubileo dei giovani. Si è calcolato che vi abbia presenziato circa un milione di persone di età comprese tra l’adolescenza e la prima età adulta, che approssimativamente viene prolungata fino ai trent’anni.

  Scrivo presenziato, perché di reale partecipazione non  mi pare vi sia stata traccia. E questo è un dato estremamente negativo, soprattutto perché riferito a persone giovani alle quali si vorrebbe trasferire una certa tradizione religiosa.

  E’ del tutto mancato, mi è parso, in quel contesto, una riflessione comunitaria per acquisire consapevolezza storica del significato politico delle  celebrazioni   e della sottostante teologia del Giubileo cattolico, istituito dal Papato in tempi tremendi, sfociati poi nell’efferata violenza stragista delle Crociate (non solo in Palestina). La teologia dell’indulgenza fu tra i principali motivi del distacco, nel Cinquecento, delle Chiese protestanti. Nel 1999, cattolici e luterani hanno convenuto, pur nel paludato lessico curiale, che l’obiezione dei protestanti era del tutto fondata: gran parte delle altre Chiese protestanti hanno poi aderito a quella Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione sottoscritta ad Ausburg (l’antica Augusta).

  Le persone giovani hanno partecipato a riti di massa al centro dei quali è stata posta la glorificazione del Papato e del Papa regnante. Di quest’ultimo  sulla stampa se ne sono magnificate le predicazioni, che a me sono parse piuttosto banali.

  Si è sottolineata la ripresa della spiritualità tra le giovani generazioni in base al rito della confessione di massa al Circo massimo, al centro del quale è stato il clero. Il rito si svolge a tu per tu tra una persona penitente e un sacerdote e tutto rimane confinato tra loro. Manca del tutto la dimensione comunitaria, per la quale non basta il convenire in massa in un certo sito, scelto per il rito.

 Mi pare che sia mancata del tutto ogni traccia di sinodalità, del resto assai difficoltosa in quelle condizioni.

  Negli anni passati le statistiche più affidabili, come la ricerca guidata da Roberto Cipriani ed esposta nel volume L’incerta fede, Franco Angeli 2021, che non sembra aver incontrato il favore della gerarchia ecclesiastica, dimostrano che, nonostante la politica dei grandi eventi  organizzati dalla Santa Sede, il coinvolgimento della gente nella nostra Chiesa è in caduta libera, negli ultimi anni in particolare tra le donne.

   Quella centrata sui grandi eventi è una via sbagliata.

  Ma la gerarchia ecclesiastica, tutta, appare piuttosto autoreferenziale e vi insiste pervicacemente. Diffida della gente e l’approva solo se si manifesta come docile gregge plaudente. In Italia, la riforma del Concordato lateranense del 1984 l’ha resa indipendente economicamente dalle persone di fede (si è osservato che i contribuenti che scelgono la Chiesa cattolica come destinataria del sostegno fiscale dell’8 per mille sono significativamente diminuiti, ma,  per il sistema di ripartizione che conta solo chi ha fatto una scelta e non chi si è astenuto dal farla, ancora l’importo annuale versato alla Conferenza Episcopale Italiana è di quasi un miliardo di euro).

  Dalla massa giovanile convenuta a Roma per quei riti non è giunto alcun apporto sinodale, né tra chi vi ha presenziato né per il resto della Chiesa. Se ne sono contati i numeri, ma non le idee. E’ stata ripresa l’umiliante definizione di papaboys, per riferirsi a quella gente, tutta: vi erano però anche molte girls, che ne pensano di essere state completamente oscurate? Nel processo di sinodalità  che tra mille difficoltà  (prevalentemente gerarchiche e clericali) si è cercato di portare avanti dall’ottobre 2021, ci si era proposti di coinvolgere maggiormente le donne nella vita della Chiesa, e non solo sotto l’aspetto devozionale, ma su questa strada mi pare che si sia fatto veramente poco, a parte l’attribuzione di qualche posto di seconda fila nei gangli istituzionali della Santa Sede.  

  Che traccia lascerà quell’evento?

  Nella Chiesa italiana credo nessuna. Nelle persone che vi hanno presenziato il ricordo di una vacanza romana insieme a tanta gente coetanea e penso  si sia trattato, nel complesso, di un’occasione festosa, anche perché ci si era impegnati a evitare gli eccessi che di solito caratterizzano certi raduni di massa e, almeno per qualche ora, l’esperienza della religiosità in gruppi così numerosi può aver sorretto l’emotività personale.

  Temo il riflesso che questa politica ecclesiastica verso le masse può avere a riguardo dello sviluppo dei processi sinodali che, negli ultimi mesi di papa Francesco che li aveva avviati, già languivano. Quando ci si incontra veramente, emergono i problemi, ma essi sono vissuti dal clero prevalentemente come indisciplina e quindi poco positivamente.

  Sulla nostra storia passata, così tragica e tremenda, si sorvola superficialmente. E’ assente dalla formazione di base dei più, che è ancora prevalentemente devozionale.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli.

 

martedì 15 luglio 2025

Numi. Cristianesimi tra il numinoso e l’agàpe

 

Numi. Cristianesimi tra il numinoso e l’agàpe

 

  Per tradizione familiare mi mandarono al liceo classico e vi studiai un po’ di greco, che poi mi è sempre tornato utile. Entrai in contatto con la religiosità di quel popolo, che era molto profonda e alla quale la nostra, di gente cristiana, è tuttora molto legata. Le idee della nostra fede furono organizzate, alle origini, in comunità che si esprimevano in greco.  Gesù il Nazareno, i suoi primi discepoli e i suoi apostoli appartenevano ad un’altra cultura.

  Le immagini correnti sulla divinità e il mondo superno sono modellate sulla religiosità degli antichi greci, che concepivano l’azione e la presenza di molti dei, nessuno dei quali onnipotente. In questa prospettiva, anche un sovrano terreno poteva essere visto come un dio, quindi come un personaggio straordinario, capace di modellare la storia. Idee più realistiche sul mondo rispetto a quelle, fondamentaliste, del giudaismo del Primo secolo, e degli ebraismi di ogni tempo.  In questi ultimi prese piede l’idea che il favore divino dipenda dall’agire morale. Molto più che da solenni azioni liturgiche accompagnate da sacrifici rituali. Anche noi la pensiamo così. In questo i cristianesimi sono uno sviluppo del giudaismo del Primo secolo, una cultura non limitata alla Palestina, ma già molto diffusa nel Vicino Oriente. Dalla comunità dei giudei stanziati ad Alessandria d’Egitto, uno dei più importanti centri culturali del mondo antico, avemmo la versione della Bibbia ebraica detta Settanta, elaborata, tra il Terzo e il Secondo secolo dell’era antica, da giudei che non erano stati cacciati dalla Palestina, ma che erano migrati in Egitto volontariamente, attirati dalla sua civiltà e prosperità, insediandovisi. Le citazioni  dei Vangeli dai testi della Bibbia giudaica, che nella cultura cristiana vengono indicati come Antico Testamento, sono in genere fatte secondo la versione in greco Settanta, anche se con una certa libertà.

  Definiamo numinosa  una concezione o un’immagine della divinità che  incorpora elementi degli antichi culti politeisti diffusi nelle culture greco-romane.  Ad esempio, il crocifisso non lo è. La statua della  madonna di Fatima che teniamo nella chiesa parrocchiale invece lo è.

 In una visione numinosa si è nelle mani di divinità che chiedono sottomissione e sacrifici per accordarci il loro favore prodigioso. Gli antichi dei venivano immaginati come persone bizzarre e volubili, con tutti i difetti e i vizi dei potenti umani. Capaci di innamorarsi di noi, ma anche veloci all’ira, a mutare idea, e allora erano dolori. Qual era il modello di divinità insegnato dal Maestro? E’ un argomento vastissimo, che richiederebbe una sapienza biblica  e teologica molto superiore alle mie povere competenze in materia. C’è la complicazione che nei Vangeli c’è traccia di diverse concezioni in materia. Al fondo c’è l’idea di una divinità che vuole fare agàpe con noi, in una relazione viva in cui si è solleciti perché si tiene all’altro e si è pronti anche a passar sopra ai torti. Un po’ come avviene in famiglia, quando le cose vanno bene.

  Una concezione numinosa c’è nelle cosiddette apocalissi, cioè di quei brani in cui si parla della fine della storia e del giudizio sul mondo che verrà celebrato in quel momento. In certi tempi sono state prese molto alla lettera, oggi di solito nella predicazione si avverte che si tratta di narrazioni mitiche ed evocative e che non sappiamo precisamente come andrà, anche se il senso sarà quello: la pietà verso i sofferenti avrà grande valore. E, per quanto si inorgogliscano, le potenze della storia saranno ridotte a nulla. Questo ha un riscontro nell’esperienza concreta: le società umane cambiano costantemente e le potenze che esprimono sono sostituite da altre.

  Far tornare i conti con le immaginazioni numinose è facile, appunto perché sono immaginazioni e l’immaginario è nelle nostre mani. Si possono rigirare le cose come si crede, a seconda delle esigenze del momento. La storia dei cristianesimi è piena di questo.

 Quando ci si confronta con il centro del messaggio cristiano, con l’agàpe, è diverso. Perché l’agàpe  è collocata interamente nel mondo reale, così o si realizza o non si realizza, e allora ci si divide e ci si allontana e chi ha la meglio ad un certo punto respinge chi ha avuto la peggio e preme. E’ quello che accade nelle faccende che riguardano l’immigrazione verso di noi.

 Quanto di numinoso si può tollerare a scapito dell’agàpe senza che non ci si possa più dire persone cristiane, vale a dire seguaci di Gesù il Cristo dei cristianesimi? In alcune religiosità, molto, veramente molto. Praticamente tutto, allora, è numinosità. Non  mi scandalizzo, perché siamo povere creature, deboli, e affidarsi al nume consola. Ma non è la mia via. Non mi appassiona.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 

 

 

 

 

domenica 13 luglio 2025

Buon Samaritano e agàpe: come farsi vicini a Dio e alle altre persone

 

Buon Samaritano e agàpe: come farsi vicini a Dio e alle altre persone

ὁ δὲ ἀποκριθεὶς εἶπεν· Ἀγαπήσεις κύριον τὸν θεόν σου ἐξ ὅλης τῆς καρδίας σου καὶ ἐν ὅλῃ τῇ ψυχῇ σου καὶ ἐν ὅλῃ τῇ ἰσχύϊ σου καὶ ἐν ὅλῃ τῇ διανοίᾳ σου, καὶ τὸν πλησίον σου ὡς σεαυτόν

 

o [egli] de apocrithèis [risposto] èipen [disse] [: agapèseis [farai agàpe con il] kùrion [Signore] ton theòn [il Dio] su ex òles [tutto] tes kardìas [cuore] sou [tua] kài [e]  òle ten psuchè [soffio di vita] sou kài en ole tè ischùi [forza] sou kài en òle te dianòia [mente] sou, kài ton plesìon [colui che è vicino] sou òs seautòn [te stesso]

 

Egli  per rispondere disse: “Farai agàpe con il Signore il  Dio con tutto il tuo cuore, con tutta il tuo soffio vitale, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e colui che ti è vicino come te stesso". 

 

 Nella messa di oggi, domenica 13 luglio 2025 si è proclamato questo brano evangelico, tratto dal Vangelo secondo Luca, capitolo 10, versetti da 25 a 37 – Lc 10, 25-37, che qui sotto trascrivo nella versione in italiano secondo Cei 2008

 

  In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». [27] Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

  Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

 

  All’inizio ho trascritto il testo nel greco evangelico del versetto 27, la pronuncia in italiano e una mia traduzione testuale. Vorrei richiamare la vostra attenzione sul verbo Ἀγαπήσεις  - agapèseis. E’ la seconda persona singolare dell’indicativo futuro del verbo ἀγαπάω – agapào  - faccio agàpe. E’ l’esortazione a fare agàpe  con Dio: Ἀγαπήσεις κύριον τὸν θεόν σου - agapèseis [amerai] kùrion [Signore] ton theòn [il Dio].

  Il brano evangelico prosegue con la parabola del Samaritano compassionevole.

 I predicatori fanno di solito notare che venne narrata per rispondere alla domanda “chi è  colui che mi sta vicino? - τίς ἐστίν μου πλησίον;” , ma che spiega come ci si deve far vicini  alle altre persone, in modo compassionevole e sollecito. Questo è il centro dell’agàpe cristiana.

  Ma, e questo è sorprendente, dobbiamo fare agàpe  anche con Dio:  Ἀγαπήσεις κύριον τὸν θεόν σου - agapèseis [farai agàpe con il] kùrion [Signore] ton theòn [il Dio], in definitiva facendoci vicini a lui. Nel brano evangelico, importantissimo per la vita di fede [Papa Francesco nel 2020 ci ha costruito sopra l’enciclica Fratelli tutti] c’è un parallelismo tra il fare agàpe  con Dio e con le altre persone intorno a noi, facendoci vicini in modo sollecito e compassionevole.

  La parabola scombina il discorso delle priorità nelle  cerchie dell’agàpe, prima la famiglia, poi la comunità di prossimità, la nazione e più in là, il mondo, secondo la predicazione di qualche tempo fa del vicepresidente degli Stati Uniti d’America  James David Vance. Il Samaritano si fa vicino agàpico  di uno sconosciuto incontrato ferito per la via di Gerico, uno non solo non della sua cerchia di immediata prossimità ma probabilmente addirittura un nemico, come Samaritani e Giudei di quel tempo si consideravano reciprocamente,  e questo farsi vicini  universale è la legge dell’agàpe cristiana.

 Vance ha fatto un azzardato riferimento all’ordo amoris menzionato da Agostino d’Ippona nell’opera Della Città di Dio – De Civitate Dei, libro 15°, in cui si legge, al paragrafo 22: «Ordo est amoris, ut diligantur homines: alii plus, alii minus; sed omnes diligendi»,  che viene tradotto con «Vi è un ordine nell'amore: gli uomini devono essere amati, alcuni più, altri meno, ma tutti devono essere amati». Nel latino di Agostino, l’agàpe diventa amore  e prediligere. Si perde molto, perché amore  e prediligere  evocano un sentimento, come anche nell’italiano. Non è questo il senso dell’agàpe evangelica. Certo che il sentimento personale è più forte in famiglia che verso gente di altre nazioni, ma anche di altre parti della stessa città in cui viviamo. Ma la legge evangelica è farsi vicini agapici  con tutte le persone che di questo hanno bisogno.

  Il detto riportato nel versetto 27 fu tratto dalle Scritture sacre dell’antico giudaismo. Rispetto ad esso la predicazione evangelica basata sulla parabola del Samaritano compassionevole inserisce un apporto notevole.

  Nel film Crimini e Misfatti,  del regista Woody Allen,  del 1989, in cui, nonostante il tono da commedia scherzosa si fa riferimento a temi spirituali della letteratura del grande scrittore russo  Dostoevskij,  il protagonista è Cliff Stern, un regista che sta realizzando un documentario su un filosofo esistenzialista immaginario, il professor Louis Levy. In una sequenza, Stern presenta a  una produttrice di un altro documentario che sta girando alcune riprese in cui Levy parla dell’amore di Dio.

  Ecco le battute di Levy:

La cosa straordinaria che accadde agli antichi israeliti fu che concepirono un Dio sollecito. Lo è, però nel medesimo tempo egli pretende che ti comporti moralmente. Ma qui viene il paradosso. Qual è la prima cosa che quel Dio chiede? Dio chiede ad Abramo di sacrificare il suo unico figlio, il suo figlio diletto, a lui. In altre parole, a dispetto dei millenni di sforzi, noi non siamo riusciti a creare l’immagine di un Dio che fosse veramente mite ed amoroso. Questo ha trasceso la nostra capacità di immaginazione.

  Ebbene nell’agàpe evangelica si coglie qualcosa di nuovo su questo tema.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 

 

 

sabato 12 luglio 2025

Rammendare la società: una via spirituale oltre la crisi della Chiesa

 

Rammendare la società: una via spirituale oltre la crisi della Chiesa

 

  Lo scrivo spesso: quello che di solito si predica nelle parrocchie è inutile per la maggior parte delle persone e, in particolare, per quelle più giovani. Non sto, però, a rigirare il coltello nella piaga: basta che si abbia la consapevolezza che è così, ed è evidente che è così, perché tanta gente non ci frequenta più e non è perché è cattiva, è che il tempo che si passa in chiesa e dintorni è inutile per molte persone. Non è colpa dei nostri preti, naturalmente: fanno tanto e con molta buona volontà e anche con competenza. Sono gente che studia o ha studiato. Dipende dal fatto che si vuole che tutto faccia capo o esca da loro e questo non va bene, perché la società di oggi è troppo complessa perché loro arrivino a tutto. Se ne manifestò consapevolezza durante il Concilio Vaticano 2°, negli scorsi anni Sessanta, ma poi se ne fece poco o nulla e tutto continuò più o meno come prima.

  Allora è colpa dei vescovi o addirittura del Papa? Poveretti, anche loro fanno quello che possono. Sono incastrati in un ingranaggio burocratico\teologico micidiale che ci deriva dai secoli passati e, in particolare, quanto all’assolutismo papale, dal tremendo Ottocento europeo,  nel corso del quale furono poste le fondamenta delle atrocità della prima metà del secolo seguente. Come si è visto chiaramente, anche un Papa, e anche uno molto volenteroso, ben disposto e volitivo, può fare poco e, alla fine, finisce per ricadere nelle consuetudini dalle quali progettava di staccarsi. Al dunque, le modifiche più significative si sono rivelate la dismissione della pesantissima corona tre strati da imperatore del mondo e della cosiddetta sedia gestatoria, portata a spalla da appositi addetti detti sediari. Nelle occasioni solenni si vedono un po’ meno pennacchi e patacche brillanti, la corte  è stata ridenominata famiglia  e la nobiltà pontificia, detta nera  e si capisce perché, ne è stata tenuta ai margini.

  Nelle Diocesi è più  o meno lo stesso. Naturalmente un vescovo non è del tutto prigioniero del suo ruolo come un Papa. Ma comunque mi pare che abbia scarso spazio di manovra, tra le calunnie che, secondo antiche consuetudini, gli vengono scagliate contro (e questa è cosa che riguarda tutto il clero) e l’inquisizione organizzata nella Santa Sede, che a quelle calunnie si appiglia. Non importa in quale parte del mondo si è vescovo, da una denuncia ti si può rovesciare il mondo addosso e ti puoi trovare  costretto a giustificarti con gli inquisitori romani, eredi di un triste e tremendo passato.

  Così i suggerimenti per le virtù sociali che si danno nella predicazione lasciano il tempo che trovano. C’è una vera ossessione sulle questioni riproduttive, che veramente non si spiega tenuto conto della scarsissima importanza che ad esse viene data nei Vangeli. Questo già rovina i rapporti con le persone adolescenti. Una grande anima come Carlo Maria Martini consigliava di non insistervi troppo, di lasciare certe cose alla coscienza: ma in questo, come in molto altro, rimase inascoltato.

  Sembra che i predicatori ritengano che, se si è buoni, secondo i canoni ecclesiastici, la società non può che migliorare, ma una consapevolezza realistica della società non conforta questa opinione.  C’è chi dice di attendere un intervento celeste, nel frattempo cercando di propiziarselo pregando, pregando e pregando. Ma anche su questo l’esperienza non conforta. Non basta essere buoni  al modo in cui i predicatori, in genere (ci sono eccezioni),  insegnano ad esserlo.

  Bisogna  interagire in società con le altre persone. Ma sembra che questo non debba rientrare nella formazione religiosa per la maggior parte della gente. Anzi, si consiglia spesso di separarsi, di stare tra noi, perché poi le altre persone, vedendo come sappiamo volerci bene, si aggregheranno. Ma questo non succede. E non ci vogliamo nemmeno tanto bene, anzi c’è il costume di sparlarsi sempre addosso. Tutti poi sparlano dei preti e scrivono al vescovo. Non sappiamo vivere bene tra noi e la religione in sé non aiuta, anzi le Scritture che narrano delle collettività cristiane delle origini  ci attestano chiaramente che nemmeno allora ci si riusciva.

  Non bisogna però perdersi d’animo. In realtà viviamo in società estremamente complesse, che legano ormai tutta l’umanità a livello globale, e, nonostante quello che di solito si dice e si pensa, molto meno bellicose del passato, a partire dalla nostra Chiesa, che non è più quel mostro stragista e genocida che la storia ci rimanda in diverse epoche. Come si  è riusciti a questo? Ecco questa è la domanda fondamentale.

  Se vogliamo fare un lavoro in società che sia di una qualche efficacia, bisogna capire come ci si è riusciti, e ancora ci si riesce, e questo nonostante che gente malvagia ci sia ancora e anche ai supremi vertici politici.

 E’ stato un lavoro che ha coinvolto, non del tutto consapevolmente, praticamente tutta l’umanità, che sembra non appassionarsi più all’ammazzare, come avveniva un tempo. In questo il pensiero sociale cristiano dagli scorsi anni ’30 ha avuto un ruolo importante: la nostra democrazia europea ne è il frutto, come anche di altre componenti, certo, ma tra le quali quella cristiana è stata fondamentale.

  In tanti anni di professione nel foro, so bene che, individualmente, un certo gusto nel massacrare gli altri rimane sempre. Del resto discendiamo da antiche belve e l’hardware fisiologico e mentale non è poi tanto mutato. Ma non ci si appassiona più tanto alla guerra, se non al cinema e ai videogiochi. Ad esempio, agli inizi del Novecento, quando in Italia si dovette decidere se aggregarsi al massacro europeo che era iniziato nel 1914, molta gente reclamò gioiosamente la guerra e tanti partirono volontari. La cultura popolare spinse in quel senso. Anche nel secolo precedente era andata così, anche se ad infiammarsi erano stati prevalentemente i ceti colti e abbienti, mentre contadini e operai mica tanto. Il nostro cosiddetto Risorgimento, dal quale scaturì l’unità nazionale, fu un seguito impressionante di guerre, nelle quale finì in mezzo anche il Papato (del resto secondo i costumi di sempre).

  Su questa nuova sensibilità popolare si può costruire. Occorre darle voce, sorreggerla, crearvi una cultura intorno.

  La predicazione su questo è molto cauta, e come potrebbe non esserlo? E’ tutta una tradizione fin dalle origini che spinge a non contrastare le guerre se non quelle sgradite alla gerarchia ecclesiastica, dette  ingiuste. Non furono molti i pacifisti a sfondo cristiano prima degli anni Cinquanta e sicuramente non lo furono né il Papato romano né il resto della gerarchia. Ancor oggi negano alle singole persone la libertà di determinarsi in coscienza se obbedire o non ad un ordine di mobilitazione bellica, per decidere se la guerra che viene ordinata è giusta  o non, secondo la propria fede. Secondo la dottrina corrente solo un governo legittimo può deciderlo, ma negli ultimi decenni è andata maturando una sensibilità che resiste a questa idea. Questo, ad esempio, nella grande epopea che dagli anni Sessanta portò, spinta da un movimento popolare in cui tanti giovani furono protagonisti, alla legge italiana sull’obiezione di coscienza, del 1972. Ora il servizio militare maschile obbligatorio non c’è nemmeno più, dal 2005. Dal  1991 era finita la cosiddetta guerra fredda.

 Creare una società è come tessere una tela. E’ un’idea che ci viene dalla filosofia antica. Ma non si parte mai da zero. Si interviene sempre su una storia che è in corso, così quel lavoro assomiglia più a un rammendo.

 E come la mettiamo con il detto evangelico che fa così:

 

Nessuno mette una pezza di stoffa nuova sopra un vestito vecchio: perché il tessuto nuovo strappa il vecchio, e il danno diventa peggiore. [Dal Vangelo secondo Matteo, capitolo 9, versetto 16 – Mt 9, 16 – versione in italiano TILC Traduzione interconfessionale in lingua corrente]

 

e che sembra scoraggiare dal rammendo?

  Lascio a voi ragionarci sopra.

  Ci sono state, nella storia, delle fasi in cui si è preferito tentare di ripartire da capo (anche se nelle culture umane non è mai possibile farlo del tutto su grande scala), ma bisogna essere consapevoli che da ciò inevitabilmente  scaturisce la violenza. Successe,  nel giro di pochi decenni,  nei rapporti tra i seguaci degli insegnamenti del Maestro e il coevo giudaismo e poi in quelli con le altre tradizioni religiose.

  Ai tempi del Maestro, dunque nel primo secolo della nostra era, si stima che, in tutto il mondo, ci fossero non più di trecento milioni di persone, divise in società che, in diversi casi, nemmeno si conoscevano. Tra un insediamento abitativo e un altro c’era tanto territorio disabitato, in cui regnavano le fiere. Ogni città poteva fare da sé, anche se si praticava il commercio, e la potenza della tecnologia era assai limitata. Oggi la situazione  è totalmente diversa. Siamo oltre otto miliardi, nonostante tutte le lamentele europee sulla denatalità, non c’è mai stata tanta gente sulla Terra, e le organizzazioni politiche che regolano il vivere civile in modo da consentire la pace sociale sono strettamente interconnesse. Ad esempio, praticamente tutti gli oggetti di nostro uso quotidiano, compreso il pc su cui sto scrivendo e i vestiti che sto indossando ci vengono dall’Asia, da molto lontano. Non è più possibile ripartire da capo. Bisogna allora impratichirsi del rammendo sociale e conoscere le altre persone e le loro culture.

  Ne sono  ora convinti anche i nostri gerarchi religiosi, che ad esempio non ordinano più di sterminare le collettività che non seguono la nostra religione, o almeno di discriminarle, come a lungo ordinarono che si facesse con le popolazioni ebraiche.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli