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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente il secondo, il terzo e il quarto sabato del mese alle 17 e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

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Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

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mercoledì 19 agosto 2015

Testo della lectio magistralis degasperiana di mons. Nunzio Galantino - segretario generale della CEI

  Per la sua eccezionale rilevanza politico-religiosa, trascrivo di seguito il testo della lezione magistrale sul modello e sull'esempio di Alcide De Gasperi nella ricostruzione italiana del secondo dopoguerra, scritta da mons. Nunzio Galantino, segretario generale della CEI, e diffusa l'altro giorno dalla Fondazione Alcide De Gasperi di Trento in occasione del suo annuale convegno sullo statista.
  La strepitosa portata del documento va molto oltre le superficiali anticipazioni di stampa.
  Abbiate, vi prego, la pazienza di leggerlo integralmente e con attenzione.
 Il testo è stato reperito sul WEB.
Mario Ardigò  - Azione Cattolica in San Clemente Papa - Roma, Monte Sacro, Valli
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La «ricostruzione» italiana.
Il modello e lesempio di Alcide De Gasperi
(Pieve Tesino, 18 agosto 2015)

1. Premessa.
Porgo un saluto sincero a tutti voi, che avete voluto impreziosire questappuntamento annuale con la vostra presenza: saluto i familiari di Alcide De Gasperi, i numerosi cittadini, i rappresentanti delle Istituzioni le Amministrazioni, la Provincia di Trento e il Parlamento e il caro Arcivescovo di questa Chiesa.
Quando, a nome della Fondazione Trentina Alcide De Gasperi, il prof. Giuseppe Tognon mi ha proposto la Lectio su De Gasperi sono subito stato tentato di rispondere di no; mi ha trattenuto dal rifiutare il pensiero che non è mai giusto sprecare occasioni di confronto e di riflessione, specie in un tempo come il nostro, tuttaltro che incline al confronto e alla riflessione; non mi dispiaceva nemmeno il desiderio di poter rendere onore, come figlio di un antico militante democristiano nella terra di Giuseppe Di Vittorio e come Vescovo, a un cristiano così libero e coraggioso come è stato Alcide De Gasperi.
Se potete dunque perdonare la mia audacia, a maggior ragione vi chiedo di accogliere con benevolenza, sotto il nome di De Gasperi, le cose che porto nel cuore e che spero possano aiutarci a recuperare fiducia nella fede e nella politica, che è quello di cui parlerò oggi. Abbiamo bisogno di entrambe, sempre di più. Senza politica si muore. Le società si disgregherebbero e la prepotenza umana dilagherebbe. Nessuno ha inventato ancora un sostituto delle istituzioni politiche, del diritto, della democrazia. Le società hanno bisogno di essere governate; da cristiani e da cittadini consapevoli, dobbiamo aggiungere che dovrebbero essere governate prima di tutto secondo giustizia.
2, Le virtù personali e le virtù politiche di De Gasperi
Lesempio di De Gasperi è sotto questaspetto unico, dalle radici profonde. Sulla sua spiritualità ho letto nel testo di Maurizio Gentilini, lampio saggio di don Giulio Delugan, storico direttore di Vita trentina, che fu legato allo Statista da uno stretto e duraturo rapporto di amicizia. Emerge, in seguito allavvento del fascismo, il lungo periodo di umiliazione e di tribolazione a cui De Gasperi fu costretto, periodo che in certi momenti raggiunse dei toni veramente drammatici. Proprio di quel periodo Delugan può scrivere: Ho sempre trovato e ammirato in De Gasperi e lo dico non per sciocca adulazione postuma, ma per rendere omaggio alla pura verità oggettiva il cattolico guidato da una fede granitica, coerente, cristallina, di una condotta pratica esemplare e a volte veramente ammirabile. E ancora: Non ho mai notato neppure lombra del così detto sdoppiamento di coscienza, per cui nella vita privata si seguono certe norme di condotta e nella vita pubblica se ne seguono altre....  A ben vedere, ogni commento è superfluo... Si capisce, invece, come De Gasperi abbia potuto attraversare alcuni tra i più difficili passaggi della storia contemporanea conservando una straordinaria serenità danimo. Le sue virtù personali sono state anche le sue virtù politiche. Ha avuto il dono di una coerenza invidiabile: La fede e la condotta religiosa di De Gasperi è ancora Delugan che scrive non è stata una bella facciata, che nasconde il vuoto come certe facciate di palazzi in città bombardate durante la guerra; non è stata un abito da cerimonia per certe solenni occasioni, o una luce tardiva sorta nel suo spirito solo negli ultimi anni, ma qualche cosa di intimo, di profondo, di incarnato nella sua anima, di sostanziale e di genuino, che ha informato, plasmato e guidato il suo spirito fin dai suoi giovani anni e lha poi accompagnato ispirandone parole e azioni per tutta la vita.
La professione politica ha quindi condotto De Gasperi là dove non avrebbe mai pensato di arrivare. Prima suddito ai margini di un Impero, poi di un Regno che lo ha imprigionato e quindi finalmente cittadino di una Repubblica che egli ha contribuito in maniera decisiva a costruire e che, invece, non ne ha sempre riconosciuto i meriti.
3. La Ricostruzione italiana: la complessa esperienza degasperiana
  De Gasperi non è solo un esempio, ma è un modello che merita di essere studiato come elemento centrale di una storia collettiva esemplare. Lesperienza degasperiana della Ricostruzione italiana è una cosa diversa e ben più complessa della formula del Centrismo con cui gli storici definiscono gli anni dal 1948 al 1954. Essa è unesperienza popolare che va oltre le vicende politiche nazionali: è una forma alta di partecipazione e insieme una dimostrazione di ciò che si può realizzare quando la si assume davvero come una missione di servizio. Si può discutere se la Ricostruzione sia stata il compimento del Risorgimento -, ma non si può negare che ha costituito il passaggio storico in cui le donne e gli uomini italiani, popolo e Chiesa, hanno dimostrato una straordinaria capacità di resilienza, una autentica conversione alla forma democratica, a dimostrazione che la democrazia richiede sempre anche virtù eroiche perché non è mai un regime di comodo.
Durante la seconda guerra mondiale, la Chiesa, soprattutto il basso clero, ebbe la forza di schierarsi dalla parte del popolo e riuscì a non pagare prezzi troppo alti alla sua compromissione con il regime fascista. In cambio di questa benevolenza popolare (una fiducia antica che come Chiesa dobbiamo sempre nuovamente meritare) ha potuto chiamare alla politica unintera generazione di giovani, la generazione di Moro e di Fanfani, e tenere unito il mondo cattolico. Ma questa nuova leva di deputati e senatori e questunità politica che abbracciava sindacati, associazionismo, organizzazioni religiose, e che qualcuno nella Chiesa pensava di poter manovrare a piacimento, non avrebbero avuto il loro successo se non avessero incontrato un capo come De Gasperi, uomo dellOttocento, certo, ma un maestro, esigente, lungimirante, libero. Nel 1954 il ventre della DC e i giovani leoni, impazienti, vollero scrollarsi di dosso lingombrante leader: credettero di poter fare meglio e in alcuni casi, forse, vi riuscirono, ma con la fine politica di De Gasperi si chiuse davvero unepoca che ritorna attuale oggi.
Noi siamo in pieno nel passaggio verso una nuova intelligenza civile: il mondo è cambiato, nulla sembra uguale a prima, e la memoria di maestri come De Gasperi diventa ancora più attuale. Egli non volle mai essere seguace di dottrine sterili o antiliberali ed ebbe sempre la preoccupazione che i cattolici non apparissero coloro che operavano per la conservazione di una struttura sociale e statale non voluta, solo ereditata, e in molte parti ormai marcia.
I dieci anni che vanno dalla Liberazione alla morte dello statista, nel 1954, sono stati il decennio più eroico della storia politica italiana. Un decennio non idilliaco, pieno di problemi, di opere incompiute e anche di cose storte. La strategia politica degasperiana può apparire a qualcuno quasi scontata, vista la divisione del mondo in blocchi, ma non si tiene conto che nulla allora per lItalia era scontato, che il Paese era radicalmente ignorante di democrazia e, soprattutto, che il blocco moderato era profondamente conservatore. Portare i cattolici verso una democrazia governante in una alleanza strategica tra classe operaia e ceto medio è stato per De Gasperi come una traversata del deserto o del Mar Rosso. Fu un decennio di scelte decisive, sbagliando le quali si sarebbe potuto rovinare tutto..
LItalia che era entrata in guerra non esisteva più. LItalia che avrebbe dovuto essere, nessuno ne conosceva con esattezza lidentità: il fascismo aveva in qualche modo corrotto lanima di un intero Paese e le classi dirigenti antifasciste erano state messe allangolo, se non al confino. Dal 1946 si navigò invece in mare aperto, con grandi partiti di massa che erano come delle grandi navi, potenti ma zavorrate da tante attese e da correnti, e che per entrare nel porto della democrazia domandavano piloti abili e coraggiosi.
4 I cardini della Ricostruzione degasperiana
La Ricostruzione degasperiana rimane un modello perché De Gasperi lha ancorata intorno a tre cardini, che restano solidi e che hanno consentito che si aprisse la porta ad una nuova Italia.
4.1 Rispetto delle istituzioni ed esercizio di democrazia
Il primo cardine è il rispetto delle Istituzioni e, in particolare, del Parlamento.
Basterebbe riprendere in mano quanto disse in questa stessa circostanza ormai
dieci anni fa Leopoldo Elia, intervenendo su Alcide De Gasperi e lAssemblea
Costituente, per trovarvi spunti ed elementi al riguardo. De Gasperi fu segretario di partito e poi presidente del Consiglio per otto anni, ma tutte le scelte fondamentali della sua politica interna e internazionale sono state elaborate dai partiti allinterno del Parlamento, nel rispetto più assoluto delle regole e con un faticoso quanto meticoloso lavoro politico svolto in profondità. Ciò ha comportato non poche difficoltà nel gestire sia le coalizioni di governo sia le diverse e vitali correnti di partito, ma mai De Gasperi ha ceduto alla tentazione di coartare il Parlamento, che era la sede in cui egli pretendeva il rispetto e in cui poteva riconoscere alle opposizioni il ruolo che meritavano. Quando nel 1953, preoccupato degli scricchiolii della propria maggioranza, propose una nuova legge elettorale maggioritaria, contro cui si scatenò una pesante campagna denigratoria,il suo premio di maggioranza sarebbe comunque scattato solo se la coalizione avesse raggiunto la maggioranza dei voti, il 50%!
Il Parlamento era la sede della legittimazione della volontà popolare, il luogo nel quale, soprattutto, si costruivano le riforme sociali, lanima autentica di ogni democrazia, che non può ridursi a semplice politica fiscale e tanto meno a una politica economica meccanica. De Gasperi aveva ben chiaro che una crisi come quella del secondo dopoguerra non poteva essere vinta con la leva dei soli strumenti economici: era necessario che una rigorosa politica di bilancio fosse inserita in una visione politica internazionale ed europea e venisse sostenuta vorrei dire incarnata da una ferrea tempra morale. Nella relazione politica al Congresso nazionale della DC del novembre 1952 De Gasperi disse:
Lo Stato democratico deve essere forte. La forza è prima interiore, nella giustizia della legge, e poi esteriore e strumentale, nellautorità di imporre la legge e di punire i trasgressori. La forza dello Stato è nel suo diritto, nella legittimità del potere, nella razionalità delle disposizioni, nella precisione dellordine. Lo Stato è forte se il legislativo è illuminato e se è stabile e forte lesecutivo, anche per realizzare una politica di riforme sociali.
 Oggi siamo più vicini di quanto crediamo alle sfide che De Gasperi dovette affrontare, anche se esse a molti non appaiono oggi così drammatiche. Siamo di fronte alla necessità non solo di una nuova forma di convivenza fra i popoli, ma anche di un nuovo modello macro-economico, di una nuova politica industriale, di una politica dei diritti sociali più completa. Chi pensa, chi adotta, chi realizza queste riforme? Esse richiedono una democrazia costruita con un di più di ascolto, un di più di precisione e di attenzione ai dettagli, per adattare i grandi principi delluguaglianza e della solidarietà a regole sempre nuove di giustizia, che non può rimanere una questione confinata nelle aule dei tribunali.
De Gasperi è un modello. I modelli di un sarto o i prototipi di unofficina sono i materiali più preziosi di ogni impresa, sono semi dintelligenza e desperienza, ed è su di essi che si fonda linnovazione. Una politica senza memoria, che pretenda di ricominciare da zero, non ha futuro e rischia, nel migliore dei casi, di essere velleitaria. La politica, come le Istituzioni che ne sono il fondamento, ha bisogno di tempi e di spazi di manovra, soprattutto in democrazia, dove lequilibrio tra i poteri non può ridursi al rispetto formale di regole. La democrazia non è soltanto una forma di governo, ma la condizione necessaria per esercitare in positivo le libertà individuali, civili e sociali. La democrazia è un metodo di vita, unaspirazione al riconoscimento della dignità delle persone e dei popoli.
4.2. Il bene comune: ispirazione della politica e della religione
Il secondo cardine della Ricostruzione degasperiana è quello dellispirazione ideale della politica e della religione al bene comune. Oggi ci appare una cosa lontana, ma la politica che De Gasperi ha praticato era ben lontana dalla presunzione che la politica fosse tutto e che ad essa potesse essere chiesto ciò che invece non può dare: forza interiore, resistenza al male, disposizione interiore alla solidarietà. Dirsi cristiani nel settore dellattività politica disse De Gasperi nel 1950 non significa aver diritto di menar vanto di privilegi in confronto di altri, ma implica il dovere di sentirsi vincolati in modo più particolare da un profondo senso di fraternità civica, di moralità e di giustizia verso i deboli e i più poveri.
 Il progetto attuale di un umanesimo autosufficiente e di una società senza regole e senza limiti non appartiene alla visione degasperiana. Lumanesimo presuntuoso e insieme superficiale che ben conosciamo è fallito o, meglio, sopravvive in una meccanica politica che non si preoccupa di distinguere tra ciò che ha unanima e ciò che non ce lha e non sa riconoscere dove cè ancora vitalità. Certo, non è ancora tempo di cure palliative luomo e il creato non sono moribondi ma nemmeno è tempo di cullarsi in false illusioni.
  Recuperare la passione per la Ricostruzione di un popolo e di un mondo non è impresa facile, anche se necessaria. Pascal ma lo farà in maniera illuminata anche Rosmini in uno dei suoi frammenti più belli ha descritto un terzo ordine della realtà, quello della carità, che rispetto a quello dellintelletto e delle cose materiali o dei corpi, ha una potenza soprannaturale che non conosce eguali.
Gesù Cristo scrisse Pascal senza ricchezza e senza nessuna ostentazione esteriore di scienza, sta nel proprio ordine di santità. Non ha fatto invenzioni, non ha regnato; ma è stato umile, paziente, santo a Dio, terribile per i demoni, senza alcun peccato. [...] Tutti i corpi insieme e tutti gli spiriti insieme, tutte le loro produzioni, non valgono il minimo moto di carità.Questo è un ordine infinitamente più elevato. Da tutti i corpi insieme non si potrebbe far scaturire un piccolo pensiero: ciò è impossibile, è di un altro ordine. Da tutti i corpi e gli spiriti insieme, non sarebbe possibile trarre un moto di vera carità: ciò è impossibile perché è di un altro ordine, di un ordine soprannaturale7.
Questo terzo «ordine della carità» non è effimero o invisibile perché anima ogni fibra del creato. E la politica può esserne la più alta traduzione nelle cose degli uomini. La politica come ordine supremo della carità: questa io credo dovrebbe essere la grande avventura per chi ne sente la missione. A questo penso si riferisse Paolo VI quando parlava della politica come della forma più alta della carità”.
Credetemi, è questo che mi ha spinto a essere fin troppo chiaro (qualcuno ha scritto rude) negli interventi di questi ultimi giorni almeno quelli non inventati sui drammi dei profughi e dei rifugiati: nessun politico dovrebbe mai cercare voti sulla pelle degli altri e nessun problema sociale di mancanza di lavoro e di paura per il futuro può far venir meno la pietà, la carità e la pazienza. LEuropa che De Gasperi ha contribuito a fondare era più generosa di quella di oggi e i suoi capi politici farebbero bene a ricordarsi da dove gli europei sono venuti e dopo quali terribili prove. LEuropa non può diventare una maledizione; è un progetto politico indispensabile per il mondo, a cui la Chiesa guarda con trepidazione, come un esempio, un dono del Signore.
 Rispetto allordine politico della carità o, se volete, del bene comune, è chiaro che il riformismo di cui tanto si parla anche in questo tempo non basta, o, almeno non può essere fine a se stesso, quasi potesse risolversi in un esempio di movimento per il movimento. Esso è sempre necessario, è cura del quotidiano o pena per il presente, ma appartiene, come categoria, a una stagione della politica che è ormai superata, nella quale si avevano troppe speranze di progresso e si dava importanza ai ruoli, anche tra il clero.
Ricostruire, invece, è cosa diversa. È un evento che si realizza sulla spinta di una concentrazione di virtù, di passioni e di intelligenza che va preparata e che si manifesta solo a certe condizioni. Soprattutto è un passaggio che richiede sempre grandi uomini, figure capaci di interpretare il proprio tempo con quella tenacia che non proviene dallaver frequentato le migliori scuole, le migliori sagrestie o dallaver imparato tutte le astuzie della politica nelle segreterie dei partiti. Ci vuole altro... La politica come ordine della carità è unimpresa difficile eppure necessaria, unesperienza del limite che il cristiano può comprendere come anticamera della salvezza. Ho letto nel testamento spirituale di uno storico importante, Pietro Scoppola, il primo dei miei illustri predecessori in questa tribuna degasperiana, una definizione della politica che a mio parere è molto degasperiana: La politica mi ha appassionato, non strumentalmente come mezzo per un fine diverso dalla politica stessa, ma come politica in sé, come disegno per il futuro, come valutazione razionale del possibile, e come sofferenza per limpossibile, come chiamata ideale dei cittadini a nuovi traguardi, come aspirazione a unuguaglianza irrealizzabile che è tuttavia il tormento della storia umana. Mi ha interessato la politica per quello che non riesce a essere molto di più che per quello che è”.
4.3. Una sana laicità ... oltre il fanatismo e lo smarrimento dei valori
Il terzo cardine della ricostruzione degasperiana è quello della laicità, tema che ancora infiamma il dibattito in Europa e nei Paesi democratici, alle prese da un lato con fenomeni terribili di fanatismo e dintolleranza ne sono stato testimone diretto nei giorni scorsi, durante una visita compiuta in alcuni campi di profughi iracheni e, dallaltro, con uno smarrimento generale di valori, una mancanza di virtù che è più insidiosa di ogni laicismo.
 LItalia degasperiana è stata unItalia diversa anche sul piano dellesperienza religiosa. De Gasperi ha dato una dignità diversa al laicato cattolico lo ha reso adulto, protagonista e, pur rispettando la Chiesa e il papato, ha capito di che cosa era capace il popolo italiano e in particolare i laici cattolici. «Il credente -disse il 20 marzo 1954 - agisce come cittadino nello spirito e nella lettera della Costituzione e impegna se stesso, la sua categoria, la sua classe, il suo partito, non la chiesa». Pio XII fu molto scontento di quel discorso e ordinò alla «Civiltà cattolica» di criticare e correggere De Gasperi, che per lennesima volta soffrì in silenzio. Daltra parte due anni prima Nenni aveva annotato nel diario queste parole di De Gasperi: «Sono il Primo Presidente del Consiglio cattolico. Credo di aver fatto verso la chiesa tutto il mio dovere. Eppure sono appena tollerato».
 E giusto dire ad alta voce, almeno oggi, come è stato fatto con Rosmini, che De Gasperi non è stato del tutto compreso dalla Chiesa e che ha patito più di quanto avrebbe dovuto. Nessuno è profeta in patria, e a De Gasperi, che tra i politici cattolici dellOccidente è stato forse il più capace, ma che ha dovuto subire il condizionamento pesante da parte dei conservatorismi politici ed ecclesiastici, è toccato il destino di aver ragione anche davanti al sospetto e, per certi versi, alla resistenza di Papa Pio XII e di molti suoi consiglieri. Aveva ragione De Gasperi. La sua pazienza e il suo coraggio nella ricostruzione politica, economica e civile dellItalia sconfitta fu il miglior regalo alla storia del cattolicesimo politico italiano: portare la Chiesa a confrontarsi con la democrazia e fare dei cattolici italiani il pilastro di questultima. LItalia, con De Gasperi, passò da essere «il giardino del papa» a uno dei Paesi fondatori dellEuropa unita. Non è poco, anche se a noi oggi appare quasi scontato.
5. De Gasperi: punti fermi contro altari vuoti e poteri assoluti
 De Gasperi veniva lontano. Aveva vissuto in prima linea il risveglio del cattolicesimo sociale e la stagione delle opere. Veniva da un Trentino che era stato un laboratorio per lintera Europa di operosità cattolica, ma anche del rinnovamento della coscienza cattolica che, come in De Gasperi, si costruì intorno a pochi punti fermi: la preghiera personale, la Bibbia, la comunità. De Gasperi fu un uomo dai rapporti umani corti, cioè vicini alla realtà quotidiana, ma dai rapporti politici lunghi, proiettati su una scala e su un tempo che appartengono alla grande Storia. Realismo e prossimità da un lato, visione e disegno cristiani dallaltro. Al centro uninteriorità solida e fiduciosa. La laicità non è libertà individuale di fare ciò che si vuole, non concerne leggi che devono assecondare i desideri di ciascuno, e non è nemmeno una semplice morale laica, da piccoli borghesi garantiti dal benessere: in positivo, la laicità è un progetto di vita fondato sul rispetto della complessità delluomo, sulla tradizione storica e sulla fiducia nella capacità della politica di trovare un punto di mediazione che non sia la rinuncia a ciò che si crede. La laicità della politica è anche saper perdere con dignità per preparare tempi migliori; è anche comprendere che è sempre meglio lottare per convincere che protestare per sdegnarsi; da cristiano e da vescovo dico che laicità è anche fare chiarezza in mezzo al popolo e poi rispettarne la volontà. Gli esempi, legati alla cronaca di questa stagione, non mancano.
  De Gasperi è un trentino come lo è stato Antonio Rosmini, che amo e che ho studiato con passione. I due personaggi hanno molto in comune: sono stati dei riformatori della società e della Chiesa, ciascuno nel proprio ambito, ed hanno patito entrambi lostracismo di tutti coloro che non concepivano che la storia fosse importante e decisiva anche nella Chiesa, perché solo la realtà vivente è capace di lottare contro altari vuoti e poteri assoluti. La storia non è monarchica o teocratica, come non può esserlo la coscienza, che è quellabito interiore che ci richiama sempre alla nudità e alla mendicanza davanti al Signore, ma anche davanti ai fratelli, ai compagni del genere umano.
 Va anche aggiunto che, grazie a De Gasperi e alla Democrazia cristiana, i cattolici italiani hanno avuto anche il merito storico di riconciliare la fede con la storia uno degli esiti più alti del Concilio Vaticano II, che De Gasperi avrebbe vissuto certamente con grande gioia e trepidazione accanto a Montini, il futuro papa che gli era stato amico e consigliere e che in qualche modo ne prese leredità dopo la sua morte.
  La ricostruzione italiana, compreso il capolavoro degasperiano e togliattiano di concedere al Concordato del 1921 di essere riconosciuto nella nuova Carta costituzionale, va ben oltre la riaffermazione del potere temporale della Chiesa. Con i Patti lateranensi la «questione romana» si era chiusa ancora allinsegna del potere temporale del papato e se non ci fossero stati uomini come Sturzo e De Gasperi, con i molti loro amici, per il cattolicesimo italiano le cose avrebbero potuto mettersi molto male. Invece, la lotta politica e la libertà di giudizio di laici come De Gasperi hanno fatto in modo che non fosse quello il piccolo Stato a cui guardare, lo Stato oltre Tevere, ma piuttosto la Repubblica degli italiani, uno Stato democratico nuovo, costituzionale, di pace, di sviluppo. LItalia repubblicana è stata davvero un caso di successo a livello mondiale: lo era stata già al momento dellunificazione cento anni prima che De Gasperi fondasse la Democrazia cristiana, ma con la Costituzione e con la Ricostruzione degasperiane, lo divenne su scala europea ed entrò così, con la sua grandezza e i suoi limiti, tra le nazioni a cui guardare con rispetto ed interesse.
Su questo principio della laicità e della religiosità della politica De Gasperi ha molto da insegnarci. La sua santità sta nella fecondità di ciò che ha fatto in una lunga e operosa vita politica. E a noi oggi appare più chiaro ciò che voleva dirci. Lo Stato vaticano dovrebbe essere come unoasi, di pace e di accoglienza, dove tutti coloro che hanno problemi possano venire per farsi ascoltare e confortare. La Chiesa cattolica non ha bisogno di mura respingenti, di eserciti agguerriti o di burocrazie mortificanti. La Chiesa ha bisogno di donne e uomini agili e curiosi, rapidi nel comprendere e nel dimenticare le offese, forti nellamare, ambiziosi nellintelletto, coraggiosi nello sperare. Pensiamo spesso che il buon cattolico sia un uomo a metà, una via di mezzo tra gli ambiziosi e i disperati e non è vero.
Pensiamo che un cattolico sia un uomo con il freno a mano, che non possa godere del successo della scienza o dei frutti della ricchezza, ma sono bestemmie perché non cè nessun motivo che ci spinga a rinunciare ad offrire al Signore il meglio dellintelligenza e dello sviluppo economico e tecnologico. Il cristiano è solamente colui che, anche in questi campi, mette tutto se stesso al servizio degli altri e nelle mani del Signore. E De Gasperi ha avuto il dono di comprendere che nella società contemporanea non cera e non cè nulla di altrettanto potente e forte di una politica ispirata da valori universali, da cui dipendiamo tutti e a cui tutti dobbiamo rispetto. Certo, la politica non è forse quella che siamo stati abituati a vedere oggi, vale a dire un puzzle di ambizioni personali allinterno di un piccolo harem di cooptati e di furbi. La politica è ben altro, ma per comprenderlo è inutile prodursi in interminabili analisi sociologiche o in lamentazioni, quando è possibile guardare a esempi come quello degasperiano. I veri politici segnano la storia ed è con la storia che vanno giudicati, perché solo da quella prospettiva che non è mai comoda, si possono percepire grandezze e miserie dellumanità. Il Signore è risorto in terra di Israele, tra il suo popolo, ma per lintera umanità.
La Chiesa inoltre non ha bisogno di grandi organizzazioni materiali perché ha a disposizione la parola di Dio e lintera fraternità umana; non ha bisogno di diplomazie esclusive, ma di uno spirito evangelico, come papa Francesco non si stanca di ricordarci.
Ma ciò che forse può valere per la Chiesa, seme nel mondo, non può valere per le società contemporanee che hanno sempre più bisogno di competenze politiche e dintelligenze morali. Che cosa saremmo noi vescovi italiani senza lItalia? La nostra missione non può essere disgiunta dal destino di questo nostro Paese, a cui siamo non solo fedeli, ma servitori.
Ciò significa allora che il papa, i vescovi e i presbiteri hanno bisogno di essere inseriti a loro volta in una comunità impegnata e solida che li ascolti, certo, ma anche che li aiuti e li sostenga.
6. Una eredità ... oltre gli individui
  Chi sono oggi gli eredi di De Gasperi?. Un anno fa, a Trento per ricevere il premio internazionale De Gasperi, Romano Prodi rispose in questo modo che faccio mio: La risposta non va cercata solo in un singolo individuo disse ma nella forza delle idee. Alle quali si deve aggiungere la particolare capacità che un politico per essere qualificato come statista deve possedere: dire la verità alla propria gente; avere una visione coerente e competente della realtà; avere il senso supremo della responsabilità, al di là della propria convenienza di parte e della propria prospettiva personale; non vivere per se stesso, ma per una prospettiva comune».
Un popolo non è soltanto un gregge, da guidare e da tosare: il popolo è il soggetto più nobile della democrazia e va servito con intelligenza e impegno, perché ha bisogno di riconoscersi in una guida. Da solo sbanda e i populismi sono un crimine di lesa maestà di pochi capi spregiudicati nei confronti di un popolo che freme e che chiede di essere portato a comprendere meglio la complessità dei passaggi della storia. Il significato della guida in politica non è tramontato dietro la cortina fumogena di leadership mediatiche o dietro le oligarchie segrete dei soliti poteri. La politica ha bisogno di capi, così come la Chiesa ha bisogno di vescovi che, come ha detto Papa Giovanni siano «una fontana pubblica, a cui tutti possono dissetarsi». Tra le luci della ribalta e il buio delle mafie e delle camorre non cè solo il deserto: la nostra terra di mezzo è unalta vita civile, che è la nostra patria di uomini liberi e che, come tale, attende il nostro contributo appassionato e solidale.
Mons. Nunzio Galantino
Vescovo emerito di Cassano allJonio
Segretario generale della CEI