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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente il secondo, il terzo e il quarto sabato del mese alle 17 e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

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Il sito della parrocchia:

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venerdì 9 gennaio 2015

Dialogo, via della pace (5) “Nel dialogo, così condotto, si realizza l'unione della verità con la carità, dell'intelligenza con l'amore.” Giovanni Battista Montini

Dialogo, via della pace (5)

“Nel dialogo, così condotto, si realizza l'unione della verità con la carità, dell'intelligenza con l'amore.” Giovanni Battista Montini



Non immobilità, ma « aggiornamento »
52. Ciò non vuol dire che debba essere nostra intenzione credere che la perfezione sia l'immobilità delle forme, di cui la Chiesa s'è, lungo i secoli, rivestita; e neppure ch'essa consista nel rendersi refrattari agli avvicinamenti ed accostamenti alle forme oggi comuni e accettabili del costume e dell'indole del nostro tempo. La parola, resa ormai famosa, del Nostro venerato Predecessore Giovanni 23° di felice memoria, la parola «aggiornamento» sarà da Noi sempre tenuta presente come indirizzo programmatico; lo abbiamo confermato quale criterio direttivo del Concilio Ecumenico, e lo verremo ricordando quasi uno stimolo alla sempre rinascente vitalità della Chiesa, alla sua sempre vigile capacità di studiare i segni dei tempi, e alla sua sempre giovane agilità di tutto provare e di far proprio ciò ch'è buono, [citazione da 1Ts 5,21.33] sempre e dappertutto.
[…]
L'ora della carità
58.  […] Noi pensiamo, con i Nostri Predecessori, con la corona di Santi che l'età nostra ha dato alla Chiesa celeste e terrestre, e con l'istinto devoto del popolo fedele, che la carità debba oggi assumere il posto che le compete, il primo, il sommo, nella scala dei valori religiosi e morali, non solo nella teorica estimazione, ma altresì nella pratica attuazione della vita cristiana. Ciò sia detto della carità verso Dio, che la sua Carità riversò sopra di noi, come della carità che di riflesso noi dobbiamo effondere verso il nostro prossimo, vale a dire il genere umano. La carità tutto spiega. La carità tutto ispira. La carità tutto rende possibile. La carità tutto rinnova. La carità tollera tutto, crede tutto, spera tutto, tutto sopporta. [cita 1 Cor 13,7]  Chi di noi ignora queste cose? E se le sappiamo, non è forse questa l'ora della carità?
[…]
Il dialogo
67. La Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio.
68. Questo capitale aspetto della vita odierna della Chiesa sarà oggetto di speciale ed ampio studio da parte del Concilio Ecumenico, come è noto; e Noi non vogliamo entrare nell'esame concreto dei temi che tale studio si propone per lasciare ai Padri del Concilio il compito di trattarli liberamente. Noi vogliamo soltanto invitarvi, Venerabili Fratelli, a premettere a tale studio alcune considerazioni, affinché ci siano più chiari i motivi che spingono la Chiesa al dialogo, più chiari i metodi da seguire, più chiari i fini da conseguire. Vogliamo disporre gli animi, non trattare le cose.
69. Né possiamo fare altrimenti, nella convinzione che il dialogo debba caratterizzare il Nostro ufficio Apostolico, credi come siamo d'un tale stile, d'un tale indirizzo pastorale che Ci è tramandato dai Nostri Predecessori dell'ultimo secolo, a partire dal grande e sapiente Leone XIII, il quale, quasi impersonando la figura evangelica dello scriba sapiente ...che come un padre di famiglia cava dal suo tesoro cose antiche e cose nuove, riprendeva maestosamente l'esercizio del magistero cattolico facendo oggetto del suo ricchissimo insegnamento i problemi del nostro tempo considerati alla luce della parola di Cristo. Così i suoi successori, come sapete.
[…]
71. Per quanto riguarda l'umile Nostra persona, sebbene alieni di parlarne e desiderosi di non attirare su di essa l'altrui attenzione, non possiamo, in questa Nostra intenzionale presentazione al collegio episcopale e al popolo cristiano, tacere il Nostro proposito di perseverare, per quanto le nostre deboli forze ce lo concederanno e, soprattutto, la divina grazia Ci darà modo di farlo, nella medesima linea, nel medesimo sforzo di avvicinare il mondo, nel quale la Provvidenza Ci ha destinati a vivere, con ogni riverenza, con ogni premura, con ogni amore, per comprenderlo, per offrirgli i doni di verità e di grazia di cui Cristo Ci ha resi depositari, per comunicargli la nostra meravigliosa sorte di Redenzione e di speranza. Sono profondamente scolpite nel Nostro spirito le parole di Cristo, di cui umilmente, ma tenacemente, ci vorremmo appropriare: Dio non mandò il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma affinché sia salvato per mezzo di lui.(45)
La religione dialogo fra Dio e l'uomo
72. Ecco, Venerabili Fratelli, l'origine trascendente del dialogo. Essa si trova nell'intenzione stessa di Dio. La religione è di natura sua un rapporto tra Dio e l'uomo. La preghiera esprime a dialogo tale rapporto. La rivelazione, cioè la relazione soprannaturale che Dio stesso ha preso l'iniziativa di instaurare con la umanità, può essere raffigurata in un dialogo, nel quale il Verbo di Dio si esprime nell'Incarnazione e quindi nel Vangelo. Il colloquio paterno e santo, interrotto tra Dio e l'uomo a causa del peccato originale, è meravigliosamente ripreso nel corso della storia. La storia della salvezza narra appunto questo lungo e vario dialogo che parte da Dio, e intesse con l'uomo varia e mirabile conversazione. È in questa conversazione di Cristo fra gli uomini che Dio lascia capire qualche cosa di Sé, il mistero della sua vita, unicissima nell'essenza, trinitaria nelle Persone; e dice finalmente come vuol essere conosciuto; Amore Egli è; e come vuole da noi essere onorato e servito: amore è il nostro comandamento supremo. Il dialogo si fa pieno e confidente; il fanciullo vi è invitato, il mistico vi si sazia.
[…]
Superiori caratteristiche del colloquio della salvezza
73. Bisogna che noi abbiamo sempre presente questo ineffabile e realissimo rapporto dialogico, offerto e stabilito con noi da Dio Padre, mediante Cristo, nello Spirito Santo, per comprendere quale rapporto noi, cioè la Chiesa, dobbiamo cercare d'instaurare e di promuovere con l'umanità.
74. Il dialogo della salvezza fu aperto spontaneamente dalla iniziativa divina: Egli (Dio) per primo ci ha amati: [cita 1 Gv 4,10]  toccherà a noi prendere l'iniziativa per estendere agli uomini il dialogo stesso, senza attendere d'essere chiamati.
75. Il dialogo della salvezza partì dalla carità, dalla bontà divina: Dio ha talmente amato il mondo da dare il suo Figliuolo unigenito: [cita Gv 3,16]  non altro che amore fervente e disinteressato dovrà muovere il nostro.
76. Il dialogo della salvezza non si commisurò ai meriti di coloro a cui era rivolto, e nemmeno ai risultati che avrebbe conseguito o che sarebbero mancati; non hanno bisogno del medico i sani [cita Lc 5,31]:  anche il nostro dev'essere senza limiti e senza calcoli.
77. Il dialogo della salvezza non obbligò fisicamente alcuno ad accoglierlo; fu una formidabile domanda d'amore, la quale, se costituì una tremenda responsabilità in coloro a cui fu rivolta,[rimanda a Cf Mt 11,21] li lasciò tuttavia liberi di corrispondervi o di rifiutarla, adattando perfino la quantità dei segni [rimanda a Mt 12,38ss] alle esigenze e alle disposizioni spirituali dei suoi uditori e la forza probativa dei segni medesimi, [rimanda Mt 13,13ss] affinché fosse agli uditori stessi facilitato il libero consenso alla divina rivelazione, senza tuttavia perdere il merito di tale consenso. Così la Nostra missione, anche se è annuncio di verità indiscutibile e di salute necessaria, non si presenterà armata di esteriore coercizione, ma solo per le vie legittime dell'umana educazione, dell'interiore persuasione, della comune conversazione offrirà il suo dono di salvezza, sempre nel rispetto della libertà personale e civile.
78. Il dialogo della salvezza fu reso possibile a tutti; a tutti senza discriminazione alcuna destinato; [rimanda a Col 3,11] il nostro parimenti dev'essere potenzialmente universale, cattolico cioè e capace di annodarsi con ognuno, salvo che l'uomo assolutamente non lo respinga o insinceramente finga di accoglierlo.
79. Il dialogo della salvezza ha conosciuto normalmente delle gradualità, degli svolgimenti successivi, [rimanda a Mt 13,31]  degli umili inizi prima del pieno successo; anche il nostro avrà riguardo alle lentezze della maturazione psicologica e storica e all'attesa dell'ora in cui Dio lo renda efficace. Non per questo il nostro dialogo rimanderà al domani ciò che oggi può compiere; esso deve avere l'ansia dell'ora opportuna e il senso della preziosità del tempo [rimanda a Ef 5,16]. Oggi, cioè ogni giorno, deve ricominciare; e da noi prima che da coloro a cui è rivolto.
[…]
Il messaggio cristiano nella circolazione dell'umano discorso
80. Com'è chiaro, i rapporti fra la Chiesa ed il mondo possono assumere molti aspetti e diversi fra loro. Teoricamente parlando, la Chiesa potrebbe prefiggersi di ridurre al minimo tali rapporti, cercando di sequestrare se stessa dal commercio della società profana; come potrebbe proporsi di rilevare i mali che in essa possono riscontrarsi, anatemitizzandoli e movendo crociate contro di essi; potrebbe invece tanto avvicinarsi alla società profana da cercare di prendervi influsso preponderante o anche di esercitarvi un dominio teocratico; e così via. Sembra a Noi invece che il rapporto della Chiesa col mondo, senza precludersi altre forme legittime, possa meglio raffigurarsi in un dialogo, e neppure questo in modo univoco, ma adattato all'indole dell'interlocutore e delle circostanze di fatto (altro è infatti il dialogo con un fanciullo ed altro con un adulto; altro con un credente ed altro con un non credente). Ciò è suggerito: dall'abitudine ormai diffusa di così concepire le relazioni fra il sacro e il profano, dal dinamismo trasformatore della società moderna, dal pluralismo delle sue manifestazioni, nonché dalla maturità dell'uomo, sia religioso che non religioso, fatto abile dall'educazione civile a pensare, a parlare, a trattare con dignità di dialogo.
81. Questa forma di rapporto indica un proposito di correttezza, di stima, di simpatia, di bontà da parte di chi lo instaura; esclude la condanna aprioristica, la polemica offensiva ed abituale, la vanità d'inutile conversazione. Se certo non mira ad ottenere immediatamente la conversione dell'interlocutore, perché rispetta la sua dignità e la sua libertà, mira tuttavia al di lui vantaggio, e vorrebbe disporlo a più piena comunione di sentimenti e di convinzioni.
82. Suppone pertanto il dialogo uno stato d'animo in noi, che intendiamo introdurre e alimentare con quanti ci circondano: lo stato d'animo di chi sente dentro di sé il peso del mandato apostolico, di chi avverte di non poter più separare la propria salvezza dalla ricerca di quella altrui, di chi si studia continuamente di mettere il messaggio, di cui è depositario, nella circolazione dell'umano discorso.
Chiarezza mitezza fiducia prudenza
83. Il colloquio è perciò un modo d'esercitare la missione apostolica; è un'arte di spirituale comunicazione. Suoi caratteri sono i seguenti. La chiarezza innanzi tutto; il dialogo suppone ed esige comprensibilità, è un travaso di pensiero, è un invito all'esercizio delle superiori facoltà dell'uomo; basterebbe questo suo titolo per classificarlo fra i fenomeni migliori dell'attività e della cultura umana; e basta questa sua iniziale esigenza per sollecitare la nostra premura apostolica a rivedere ogni forma del nostro linguaggio: se comprensibile, se popolare, se eletto. Altro carattere è poi la mitezza, quella che Cristo ci propose d'imparare da Lui stesso: Imparate da me che sono mansueto e umile di cuore [cita Mt 11,29]; il dialogo non è orgoglioso, non è pungente, non è offensivo. La sua autorità è intrinseca per la verità che espone, per la carità che diffonde, per l'esempio che propone; non è comando, non è imposizione. È pacifico; evita i modi violenti; è paziente; è generoso. La fiducia, tanto nella virtù della parola propria, quanto nell'attitudine ad accoglierla da parte dell'interlocutore: promuove la confidenza e l'amicizia; intreccia gli spiriti in una mutua adesione ad un Bene, che esclude ogni scopo egoistico.
84. La prudenza pedagogica infine, la quale fa grande conto delle condizioni psicologiche e morali di chi ascolta [cita Mt 7,6]: se bambino, se incolto, se impreparato, se diffidente, se ostile; e si studia di conoscere la sensibilità di lui, e di modificare, ragionevolmente, se stesso e le forme della propria presentazione per non essergli ingrato e incomprensibile.
85. Nel dialogo, così condotto, si realizza l'unione della verità con la carità, dell'intelligenza con l'amore.
Dialettica di autentica sapienza
86. Nel dialogo si scopre come diverse sono le vie che conducono alla luce della fede, e come sia possibile farle convergere allo stesso fine. Anche se divergenti, possono diventare complementari, spingendo il nostro ragionamento fuori dei sentieri comuni e obbligandolo ad approfondire le sue ricerche, a rinnovare le sue espressioni. La dialettica di questo esercizio di pensiero e di pazienza ci farà scoprire elementi di verità anche nelle opinioni altrui, ci obbligherà ad esprimere con grande lealtà il nostro insegnamento e ci darà merito per la fatica d'averlo esposto all'altrui obiezione, all'altrui lenta assimilazione. Ci farà sapienti, ci farà maestri.
87. E quale è la sua forma di esplicazione?
88. Oh! molteplici sono le forme del dialogo della salvezza. Esso obbedisce a esigenze sperimentali, sceglie i mezzi propizi, non si lega a vani apriorismi, non si fissa in espressioni immobili, quando queste avessero perduto virtù di parlare e di muovere gli uomini.
89. Qui si pone una grande questione, quella dell'aderenza della missione della Chiesa alla vita degli uomini in un dato tempo, in un dato luogo, in una data cultura, in una data situazione sociale.
[…]
Con chi il dialogo
97. Parlando in generale circa questo atteggiamento di collocutrice, che la Chiesa cattolica oggi deve assumere con rinnovato fervore, vogliamo semplicemente accennare che essa dev'essere pronta a sostenere il dialogo con tutti gli uomini di buona volontà, dentro e fuori l'ambito suo proprio.
98. Nessuno è estraneo al suo cuore. Nessuno è indifferente per il suo ministero. Nessuno le è nemico, che non voglia egli stesso esserlo. Non indarno si dice cattolica; non indarno è incaricata di promuovere nel mondo l'unità, l'amore, la pace.
99. La Chiesa non ignora le formidabili dimensioni d'una tale missione; conosce le sproporzioni delle statistiche fra ciò che essa è e ciò ch'è la popolazione della terra; conosce i limiti delle sue forze; conosce perfino le proprie umane debolezze, i propri falli; conosce anche che l'accoglimento del Vangelo non dipende, alla fine, da alcuno suo sforzo apostolico, da alcuna favorevole circostanza d'ordine temporale: la fede è dono di Dio; e Dio solo segna nel mondo le linee e le ore della sua salute. Ma la Chiesa sa d'essere seme, d'essere fermento, d'essere sale e luce del mondo. La Chiesa avverte la sbalorditiva novità del tempo moderno; ma con candida fiducia si affaccia sulle vie della storia, e dice agli uomini: io ho ciò che voi cercate, ciò di cui voi mancate. Non promette così la felicità terrena, ma offre qualche cosa - la sua luce, la sua grazia - per poterla, come meglio possibile, conseguire; e poi parla agli uomini del loro trascendente destino. E intanto ragiona ad essi di verità, di giustizia, di libertà, di progresso, di concordia, di pace, di civiltà. Sono parole queste, di cui la Chiesa conosce il segreto; Cristo glielo ha confidato. E allora la Chiesa ha un messaggio per ogni categoria di uomini: lo ha per i bambini, lo ha per la gioventù, lo ha per gli uomini di scienza e di pensiero, lo ha per il mondo del lavoro e per le classi sociali, lo ha per gli artisti, lo ha per i politici e per i governanti. Per i poveri specialmente, per i diseredati, per i sofferenti, perfino per i morenti. Per tutti.
100. Potrà sembrare che così parlando Noi ci lasciamo trasportare dall'ebbrezza della nostra missione e che trascuriamo di considerare le posizioni concrete, in cui l'umanità si trova rispetto alla Chiesa cattolica. Ma non è così, perché Noi vediamo benissimo quali siano tali posizioni concrete; per darne un'idea sommaria ci pare di poterle classificare a guisa di cerchi concentrici intorno al centro, in cui la mano di Dio Ci ha posti.
[…]
Dialogo per la pace
110. Ma non possiamo staccare il Nostro sguardo dal panorama del mondo contemporaneo senza esprimere un voto lusinghiero: quello che il Nostro proposito di coltivare e perfezionare il Nostro dialogo con le varie e mutevoli facce, ch'esso presenta di sé, possa giovare alla causa della pace fra gli uomini; come metodo, che cerca di regolare i rapporti umani nella nobile luce del linguaggio ragionevole e sincero; e come contributo, di esperienza e di sapienza, che può in tutti ravvivare la considerazione dei valori supremi. L'apertura d'un dialogo, come vuol essere il Nostro, disinteressato, obbiettivo, leale, decide per se stessa in favore d'una pace libera ed onesta; esclude infingimenti, rivalità, inganni e tradimenti; non può non denunciare, come delitto e come rovina, la guerra di aggressione, di conquista o di predominio; e non può non estendersi dalle relazioni al vertice delle nazioni a quelle del corpo delle nazioni stesse e alle basi sia sociali, che familiari e individuali, per diffondere in ogni istituzione ed in ogni spirito il senso, il gusto, il dovere della pace.

[dall’Enciclica Ecclesiam suam (=la sua Chiesa – nell’espressione: Gesù Cristo ha fondato la sua Chiesa), diffusa nel 1964 dal papa Paolo 6°, mentre si stava svolgendo il Concilio Vaticano 2° - 1962-1965)

 Prima di proseguire la sintesi storica necessaria per far comprendere quale svolta epocale il Concilio Vaticano apportò in religione sul tema dialogo, via della pace, ho voluto lasciare la parola al Papa della mia adolescenza, Giovanni Battista Montini, il quale regnò come Paolo 6° fino al 1978, non perché mi voglia fare scudo della sua passata autorità di imperatore religioso, ma perché profondamente avvinto dalla forza delle sue argomentazioni, dalla sua autorità di maestro di fede. Ecco dunque, qui sopra, spiegato alle generazioni contemporanee, in modo chiaro e completo, il profondo legame tra metodo dialogico, carità e pace, anche nei suoi profili teologici.
 Sentendo certe lezioni che ci vengono oggi, mi pare che si tratti di insegnamenti dimenticati, ma che meritano di essere nuovamente appresi, se non vogliamo che in religione si scivoli nuovamente verso i secoli bui del passato. Ciò è in questi giorni di particolare attualità: con orrore infatti constatiamo la furia omicida che può provenire da orientamenti religiosi in cui hanno poco posto la misericordia e il dialogo. Ricordiamoci sempre però, nel condannarli, che essi hanno fatto parte della nostra storia: anche il cristianesimo si è storicamente espresso in forme omicide ed addirittura stragiste e genocide. Può sembrare paradossale, per seguaci del mite e umile di cuore (Mt 11,28-31) nostro primo Maestro di Galilea, ma così è stato, così è veramente stato. Quelle forme di violenza religiosa, che, oggi, riteniamo ormai inaccettabili e delle quali ci scandalizziamo se praticate da altri, furono giustificate dall’intento di preservare la pace religiosa. Da esse i saggi del Concilio Vaticano 2°, e tra essi principalmente Giovanni Battista Montini, vollero distaccarci e purificarci. Da allora iniziò un lungo e faticoso processo di purificazione della memoria che vide nel magistero del papa Giovanni Paolo 2°, san Karol Wojtyla, una guida ferma, autorevole e appassionata.
 Cari amici, mettiamoci dunque, tutti noi, a scuola di dialogo e di pace. Asteniamoci da certe prese di posizione sbrigative con cui vorremmo mostrarci più appassionatamente religiosi ripudiando la fatica del dialogo come via della pace e disconoscendo il vincolo indissolubile tra dialogo e pace, entrambi esercizi di carità in senso religioso.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli