Rinnovarsi per espandere il gruppo
Essere riusciti a mantenere una realtà istituzionale come il nostro
gruppo parrocchiale di Azione Cattolica, con gli organi statutari e
l’assistente ecclesiastico, in tempi
difficili e, fino al settembre del 2015, anche sostanzialmente avversi è stato
un grande risultato. Lo si deve, in particolare, alla pervicacia e ostinazione
dei nostri soci più anziani, i quali non hanno accettato di rassegnarsi a
rinunciare alla loro Azione Cattolica.
In generale, la crisi dell’Azione Cattolica italiana è stata legata alla
crisi della nostra democrazia popolare, sia nella società civile che nella
considerazione ecclesiastica. Nella Chiesa la fiducia nei processi democratici
non è ripresa neanche col nuovo Papato, anzi, per certi versi la crisi si è
acuita. Il magistero di papa Francesco, in particolare, riflette concezioni che
si sono sviluppate in un altro mondo, nell’America latina, tanto diverso dalla
nostra Europa nonostante i tanti discendenti di immigrati europei che ci sono
là. In quel continente, l’anelito anche religioso, a migliorare le condizioni
sociali delle masse in condizioni peggiori non fa molto conto sulle virtù della
democrazia. L’esperienza dell’Europa occidentale degli ultimi settant’anni è stata radicalmente
diversa. Quella è stata l’epoca in cui l’Azione Cattolica ha agito da
protagonista nella società e nella politica del nostro Paese. La nostra
democrazia popolare repubblicana è in gran parte opera sua.
Nel caso specifico del nostro gruppo parrocchiale, esso, dall’inizio
degli anni ‘80 non fu più ritenuto un valido strumento di formazione laicale
all’impegno civile ispirato ai valori di fede. Per questo l’esperienza di
Azione Cattolica non fu più proposta ai giovani e agli adulti per
l’aggiornamento permanente alla partecipazione sociale per arricchire la
società in cui erano immersi nella prospettiva di quei valori. Così, per dinamica naturale, nell’arco di
circa vent’anni nel nostro gruppo sono rimasti prevalentemente gli
irriducibili, o per età, o per formazione, o anche, come nel mio caso, per
scelta ideologica. Nell’ottobre del 2015 questo processo poteva essere
invertito, essendo venuta meno la sfiducia, ma non abbiamo trovato le forze per
farlo. Così, in definitiva, si è continuato
come si faceva quando lo scopo era principalmente quello di resistere, mentre nella nuova situazione
occorreva cercare di espandersi,
coinvolgendo gente nuova.
Poi, a febbraio di quest’anno, è arrivato il
Covid 19 a complicare tutto, perché neanche quel minimo è stato più
possibile: è da febbraio che non ci
riuniamo più. E non sappiamo se e quando si potrà tornare alla normalità, sempre che la nostra
condizione di prima possa essere considerata normale. La pandemia è in forte ripresa in Europa, e anche in
Italia. Sono state mantenute severe misure di prevenzione, che ormai sono
entrate nelle nostre consuetudini quotidiane, questo ostacola l’espandersi
della pandemia, ma non la blocca del tutto, e i clinici hanno dato indicazioni
per arrivare a diagnosi precoci, a tracciare i contagi nella popolazione, e,
infine, hanno individuato metodi terapeutici più validi. Muoiono meno persone
che nella scorsa tragica primavera. Ma il rischio rimane molto serio,
soprattutto per i più anziani, soprattutto quando ci si raduna vicini in spazi chiusi senza mantenere un
sufficiente distanziamento. Nel caso di contagio, i protocolli di prevenzione
non riguardano solo il malato, ma prevedono il confinamento dei suoi familiari
conviventi e di tutti coloro che hanno avuto contatti ritenuti significativi
con lui. Per chi lavora, questo significa almeno quindici giorni a casa, con
tutti i problemi che ne conseguono, anche solo per approvvigionarsi di
alimenti. Se si ammalasse uno del nostro gruppo dopo aver partecipato
recentemente ad una nostra riunione, anche tutti i presenti a quella riunione e
i loro familiari conviventi sarebbero sottoposti al confinamento domiciliare
per almeno quindici giorni e, comunque, fino a un doppio test molecolare (il tampone) negativo.
Però, se non decidiamo di reagire, è possibile che non resti, a questo
punto, che scrivere la parola FINE sulla storia del nostro gruppo.
Reagire si può, tuttavia, ma richiede lo sforzo di cambiare certe abitudini
consolidate, ad esempio facendo pratica del programma per videoconferenza Google Meet.
«Peggio di questa crisi, c’è solo il dramma
di sprecarla», ha detto papa Francesco
nell’ Omelia di Pentecoste svolta il 31 maggio 2020). Ci ha invitati a primear, a prendere l’iniziativa.
C’è un lavoro da fare nella società italiana
di oggi per il quale l’Azione Cattolica ha e sa quello che serve: la formazione
e il tirocinio democratici secondo i valori umanitari della nostra fede; la riflessione sul nostro tempo
per coglierne i segni di speranza. Ma, per lavorare in società,
occorre riuscire a coinvolgere gente nuova, pena il trasformarsi
progressivamente in una specie di “gruppo
anziani”, che però già esiste in parrocchia, e quindi in una cosa inutile.
Lo strumento telematico, che già tanto è
stato utilizzato nella scuola durante la fase del lungo lockdown e ancora lo sarà a lungo, finché non saremo fuori della
pandemia, può esserci molto utile in questo. Perché consente la facile
partecipazione in videoconferenza di altre persone interessate, senza che
debbano venire tra noi: in questo momento non avremmo nemmeno gli spazi
sufficienti per accoglierli in sicurezza, in particolare rispettando le
prescrizioni di distanziamento interpersonale.
Non è detto che si debba fare tutto in videoconferenza, ma anche sfruttando quel mezzo: basta che, nelle nostre riunioni in
parrocchia, attiviamo anche una videoconferenza, puntando la telecamera di
un computer portatile verso i presenti o verso chi parla. Chi partecipa da
fuori, può intervenire in videoconferenza e può sentire ciò che dicono quelli
che parlano nell’aula dove c’è chi partecipa in presenza.
Ma occorre scegliere temi che possono
interessare tutti, anche le persone più giovani, e quindi tratti dall’attualità
sociale.
I tempi devono essere molto contenuti, in modo
da far stare tutto in un’ora. Il tempo, in epoca di Covid 19, è divenuto prezioso, perché, per consentire
di stare tutti insieme almeno un po’ in parrocchia e con il
raccomandato distanziamento, dobbiamo cercare di stringere, di impiegare meglio
il tempo.
Anche gli interventi quindi devono essere contenuti in tempi limitati, ad
esempio in non più di tre minuti e, per essere veramente interessanti,
bisognerebbe darsi la regola di farli non solo esprimendo il proprio punto di vista, come si dice di solito, ma collegandosi agli argomenti di chi ha parlato prima, in
modo da non mettere insieme tante idee slegate, ma un nucleo di idee collegate
dal filo rosso di quei riferimenti. Sarà possibile così, all’esito, fare una sintesi e, magari,
tradurre quella sintesi in preghiera, in modo da fare della nostra vita sociale
una preghiera collettiva. Infatti non dobbiamo pretendere troppo dalle nostre
forze: il successo di un’impresa religiosa non dipende solo dalle forze umane.
La conferenza iniziale dell’incontro, da
impiegare per presentare il tema del
giorno, dovrebbe essere anch’essa molto sintetica e non dovrebbe prendere
più di dieci minuti. In seguito il dibattito potrebbe proseguire in altre
riunioni, se lo si ritiene necessario, o nello scambio di idee con altri mezzi
telematici, come un mailing list del gruppo, mediante la quale si può
proseguire lo scambio di idee mandando un messaggio di testo che sarà ricevuto
da tutti gli iscritti.
In conclusione: il problema del nostro gruppo
non è di tornare alla normalità, vale a dire alla situazione di prima, ma di
continuare a puntare sugli obiettivi che già prima ci prefiggevamo di
raggiungere, senza esserci ancora riusciti.
Non rassegniamoci, non perdiamo la speranza!
Infine, propongo di istituzionalizzare la
prassi di mandare ai soci per posta ordinaria almeno una lettera ordinaria ogni
mese, per sostenerli nella riflessione e nella preghiera. Con la tariffa
ordinaria si possono spedire quattro facciate, nelle quali ci si può fare
entrare veramente molto.
A tutti i soci del gruppo sarà, appunto, comunicata per lettera la data, l’ora e la stanza i cui terremo la prima riunione in presenza di quest’anno di attività 2020/2021.
Mario
Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli