Capire la democrazia
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Le situazioni di
conflitto consentono il cambiamento delle società e quindi possono essere anche un fattore di progresso. Ma possono
semplicemente distruggerle se divengono troppo intense e, soprattutto, se
coinvolgono non solo limitati gruppi sociali, ma la società intera o
addirittura varie società. La democrazia è una forma di convivenza che si
propone di risolvere in progresso le
situazione di conflitto sociale. A lungo è stato un lusso per ceti
privilegiati, ad esempio, nell’antica Grecia, per gli uomini che non avevano
necessità di lavorare per vivere. Allora, le altre persone, le donne, le
persone troppo giovani, i lavoratori, e nell’antichità si faceva ampio ricorso
al lavoro schiavo, insomma tutte le persone escluse dai processi democratici,
erano ridotte ad una posizione di pura e semplice sottomissione ai poteri
sociali costituiti. Dall’inizio dei processi democratici contemporanei, dalla
fine del Settecento, essi si fecero sempre più inclusivi, fino a comprendere
ora tutte le persone umane, anche a prescindere dalla
loro cittadinanza o maggiore età. Ciò per l’affermarsi della cultura dei
diritti umani fondamentali, che ancora è visto con sospetto dalla dottrina
sociale, espressione del Magistero dei vescovi cattolici. Questo, appunto, per
il potenziale di liberazione da poteri dispotici e arbitrari che comporta.
Da essa si teme l’inasprirsi del conflitto sociale e la dissoluzione della
società, in particolare della nostra Chiesa, e questo con una considerazione
realistica basata sull’esperienza, senza far tanto conto sui miti religiosi che
ne predicano un fondamento soprannaturale e che dovrebbero porla al riparo
secondo la profezia del “non prevarranno”.
Ogni situazione di conflitto che non sia
risolta democraticamente genera o la sottomissione
dei ceti subalterni, che quelli
dominanti riescono controllare e finché ci riescono, o processi rivoluzionari violenti. Nel primo caso si ha l’infelicità
dei sottomessi, nell’altro l’infelicità sociale diffuso, perché la violenza
genera sempre infelicità. Inoltre l’esplosione della violenza sociale di massa
è una catastrofe che, come i terremoti naturali, non si sa che cosa porterà e
come potrà essere risolta, iniziando una nuova ricostruzione sociale. Nella
Somalia contemporanea abbiamo l’esempio di una situazione rivoluzionaria
catastrofica che, iniziata all’inizio nel corso degli anni ’80, non si è ancora
conclusa e ha portato alla dissoluzione dello stato, che era stato costituito
nel 1960, alla fine della dominazione coloniale italiana e inglese, sul modello
europeo, ma presto caduto preda di un dispotismo militare, che solo formalmente
manteneva alcune procedure democratiche. La rivoluzione democratica italiana,
tra il ’43 e il ’45, ebbe caratteristiche diverse per merito di un ceto
politico democratico, che nella guerra di Resistenza fronteggiò quello
fascista, del quale i cattolici democratici ispirati alla dottrina sociale
ebbero un ruolo determinante. Ma il lavoro di formazione democratica del
popolo, svolto in particolare in Azione Cattolica e nei partiti politici, per
creare cittadini democratici dopo la lunghissima sottomissione al fascismo, così
come l’adeguamento delle strutture dello stato alle regole e principi della
nuova democrazia, poterono dirsi conclusi solo all’inizio degli anni ’90 del
secolo scorso, quando, per effetto della globalizzazione
dell’economia e della dissoluzione
della frattura con le economie comuniste, il mondo, e in esso l’Italia, prese
nuovamente a cambiare.
Proprio all’inizio degli anni ’90 quel lavoro
di formazione popolare alla democrazia venne interrotto, in particolare per la
rapida dissoluzione dei partiti italiani storici. Continuò e continua ad essere
svolto in Azione Cattolica. Tuttavia in questo ambiti ci si scontra con il
fatto che la Chiesa, pur investita da processi democratici dagli anni ’70, con
il rinnovamento della catechesi, non
è strutturata come una democrazia, ma come una autocrazia oligarchica, e ciò
anche riguardo l’inquadramento del laicato. In essa i conflitti vi sono, ma
vengono negati e si cerca di mantenerli, come dire, sotto traccia. La modalità con cui in genere i laici si rapportano con le varie gerarchie
che pretendono di dettare la linea è quella della sottomissione. Però la stessa gerarchia li vorrebbe anche capaci di
influire nella società democratica intorno con gli strumenti e secondo i
principi della democrazia. Questo è il nostro, di noi laici di fede, problema
dei problemi nella Chiesa in cui siamo immersi. La conquista di una cittadinanza ecclesiale democratica è ancora da costruire e in genere
si è nella condizione di sudditi, quindi
di sottomissione, della quale viene
bene resa l’idea con l’immagine del gregge,
che saremmo noi verso i nostri pastori
terreni. Quella del gregge è indubbiamente una figura evangelica, ma
riferita al Buon Pastore soprannaturale:
è solo lui che ci proponiamo di seguire e amare incondizionatamente. Ogni altra
autorità, salvo per certe questioni e solo nella teologia e nel diritto
canonico cattolici quella del Papa, non ha veramente titolo e legittimazione
per sacralizzarsi, rifiutando di
essere messa in questione, costituendosi in autocrazia, sottraendosi a processi
democratici.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli