Omelia per i funerali di David
Sassoli, pronunciata il 14-1-21, a Roma, nella basilica di Santa Maria degli
Angeli, dal vescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi, il quale aveva studiato nel
liceo Virgilio negli stessi anni di Sassoli
Dal sito di Avvenire.it
Fratelli e sorelle, oggi come non mai è il
vero titolo che ci unisce tutti per accompagnare questo caro fratello nelle
mani del Signore. In questi giorni abbiamo ascoltato tante parole per un saluto
inaspettato, segnato dall’evidente ingiustizia che strappa un uomo nel pieno del
suo vigore e attività.
Oggi ci troviamo con commozione in questo luogo antico, straordinariamente
bello, davanti all’orizzonte della vita, al suo limite, dove il cielo e la
terra si toccano. E questo punto è sempre l’amore. La Parola di Dio raccoglie
tutte le nostre parole, in fondo tutte limitate: non le cancella, anzi, le fa
sue, le illumina, le spiega anche a noi stessi, riempiendole di senso e di
eternità perché la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto di Dio, l’Alfa e
l’Omega, sono lettere di amore.
Gesù ascolta le nostre parole, le fa sue
anche oggi, come ascoltò quelle di due discepoli nella prima domenica, feriti e
tristi per un amico che non c’è più, per le speranze che sembravano svanire.
Oggi proprio come su quella povera mensa di Emmaus così su questo altare
riconosciamo Gesù, amico degli uomini e luce di speranza, nello spezzare del
pane, Lui che diviene nutrimento di solo amore, panis angelicus,
pane di vita eterna. E di amore abbiamo bisogno tanto, in realtà sempre e
tutti. Facciamo fatica a comprendere la fine, con la sua inaccettabile
definitività.
John Donne scrisse che “Ogni morte di uomo mi
diminuisce perché io faccio parte dell’umanità”, perché “nessun uomo è intero
in se stesso”. Ricordiamocelo sempre, per tutti, specie per quelli di cui
nessuno si ricorda da vivi. Nessun uomo è intero in se stesso. Abbiamo bisogno
del prossimo. E ricordiamoci sempre il contrario, che se uno salva un uomo – un
uomo – salva il mondo intero. Ci stringiamo ad Alessandra, che con David ha
camminato mano nella mano dai banchi di scuola, a Livia e Giulio, ai suoi
fratelli e sorelle e ai tanti che lo consideravano “uno di noi”, quasi
istintivamente, per quell’aria priva di supponenza, di alterità, empatica,
insomma un po’ per tutti un compagno di classe! Quello che tutti avremmo
desiderato e che ci avrebbe sicuramente aiutato.
David ci aiuta a guardare il cielo – a volte
così grande da spaventare, che mette le vertigini – lui che lo ha cercato
sempre, da cristiano in ricerca eppure convinto, che ha respirato la fede e
l’impegno cattolico democratico e civile a casa, con i tanti amici del papà e
poi suoi, credenti impetuosi e appassionati come Giorgio La Pira o Mazzolari,
come David Maria Turoldo, del quale porta il nome. Credente sereno ma senza
evitare i dubbi e gli interrogativi difficili, fiducioso nell’amore di Dio,
radice del suo impegno, condiviso sempre con qualcuno, come deve essere, perché
il cristiano come ogni uomo non è un’isola, ma ha sempre una comunità con cui
vivere il comandamento dell’amatevi gli uni gli altri: gli scout, il gruppo
della Rosa Bianca con Paolo Giuntella, Sophie e Hans Scholl, i leader della
Weiss Rose erano per lui le stelle del mattino dell’Europa, uccisi dai nazisti
per la loro libertà, tanto che quando fu eletto Presidente onorò come un debito
verso di loro ponendo un’enorme rosa bianca su sfondo europeo nel Parlamento
perché “la nostra storia è scritta – diceva – nel loro desiderio di libertà”.
Con tanti ha condiviso il suo I Care –
penso ad esempio alla Chiesa di Roma del febbraio ‘74 e di don Luigi Di Liegro
– sempre unendo fede personale e impegno nella storia, iniziando dagli ultimi,
dalle vittime che “hanno gli occhi tutti uguali”, pieno di rispetto e di garbo
come nel suo carattere. Era un giornalista di qualità e il suo volto sereno
appariva nel Tg nazionale accompagnando e porgendo le notizie con rispetto e
credibilità.
C’è chi dice che il cristiano, anche se
nullatenente, è sempre un signore proprio perché cristiano, perché ha un tesoro
di amore che lo rende tale. Diceva un Padre della Chiesa: “Un povero che rende
ricchi gli altri”.
Il Vangelo ci parla di Beatitudine. Attenzione, non è diversa dalla felicità
umana, anzi è proprio felicità piena, proprio quella che tutti cerchiamo. La
beatitudine del Vangelo non è una sofferta ricompensa ultima per qualche
sacrificio ma libertà dalle infinite caricature pornografiche di una felicità
del benessere individuale a qualsiasi prezzo. Non c’è gioia da soli!
La gioia del Vangelo unisce, non divide dagli
altri, e noi cerchiamo non una gioia d’accatto, ma vera e duratura. E debbo
dire che vedendo quanto amore si è stretto in questi giorni intorno a David e
alla sua famiglia capisco con maggiore chiarezza che la gioia viene da quello
che si dona agli altri e che poi, ma solo dopo averla donata, si riceve,
sempre, perché la gioia è nell’essere e non nell’avere, nel pensarsi per e
non nel cercare il proprio interesse. Felici sono i poveri in spirito, chi non
sa tutto da solo, chi anzi sa che non è ricco e non fa finta di esserlo tanto
da chiedere scusa o aiuto, chi impara e cerca. Beati sono gli afflitti: non chi
cerca la sofferenza, ma chi non scappa dalle difficoltà, le affronta per amore
e per amore piange per l’amato.
Beati sono i miti, chi non cerca nell’altro
la pagliuzza ma il dono che è, chi non risponde al male con il male, chi in
modo amabile cerca di fare agli altri quello che vuole sia fatto a lui. Di
David credo che tutti portiamo nel cuore il suo sorriso, che è il primo modo
per accogliere l’altro, senza compiacimento, semplicemente. Qualcuno ha detto
che non ha mai visto nessuno arrabbiato con David! Beati sono quelli che
hanno fame e sete della giustizia, che non possono stare bene se qualcuno
accanto a lui soffre, che non cambiano canale o fanno finta di non vedere o pensano
che non li riguarda se c’è una persona in pericolo in mezzo al mare o al freddo
sull’uscio di casa. Hanno fame della giustizia perché non si abituano
all’ingiustizia, ricordano che la giustizia di Dio è avere cura dei fratelli
più piccoli di Gesù e che la sofferenza dell’altro è la mia.
Beati sono i misericordiosi, chi giudica ma
sempre per amore, chi cerca il bene nascosto, che pensa che c’è sempre
speranza, chi sceglie di consolare piuttosto che fare soffrire. Beati sono i
puri di cuore, quelli che vedono senza malizia, non perché ingenui ma perché
vedono bene, in profondità, liberi dai calcoli, dalle convenienze,
disinteressati perché hanno un interesse più grande, quelli che non hanno
pregiudizi quando si affronta una discussione, che non hanno paura di capire la
posizione dell’altro, anche se distante da lui, che non gridano ma ascoltano
sapendo che sempre c’è qualcosa da imparare.
Beati sono gli operatori di pace, gli
artigiani, cioè coloro che non rinunciano a “fare la pace” iniziando dai
piccoli e possibili gesti di cura del prossimo, sporcando le mani con la vita,
con le contraddizioni del prossimo, con la fatica a stringere quella del nemico
che se lo fai si trasformerà in fratello. Beati sono i perseguitati per causa
della giustizia, non quella che divide con freddezza la torta in parti uguali
anche se chi deve mangiarla non è uguale, come con rigore, ricordava un giusto
come don Milani, perché per amare tutti, per avere un amore universale, si
inizia sempre da qualcuno, dai tanti (e quanti ce ne sono!) Gianni che non
hanno possibilità. Dio proclamando le beatitudini sembra proprio dirci che
ognuno ha diritto alla felicità e che lui questo vuole e che non finisca.
Domandiamoci cosa dobbiamo dare agli altri perché essi siano felici, perché la
mia felicità è la loro.
È proprio vero, come qualcuno ha detto con
saggezza, che dobbiamo vedere la vita sempre con gli occhi degli altri. Per
questo ringraziamo il Signore per David. È stato beato anche nell’afflizione,
durante la sua malattia che ha accolto con dignità, senza farla pesare,
spendendosi fino alla fine, invitando tutti a guardare lontano, vivendo con la
forza dei suoi ideali e dell’amore che tanto lo ha circondato e accompagnato.
Per un credente la beatitudine è obbedire alla propria coscienza e purificare
le intenzioni da cui dipendono le altre scelte.
Ecco, la beatitudine piena che oggi David
vive e con la sua vita ci ricorda e ci consegna. David era un uomo di parte, ma
di tutti, perché la sua parte era quella della persona. Per questo per lui la politica
era, doveva essere per il bene comune e la democrazia sempre inclusiva,
umanitaria e umanista. Ecco perché voleva l’Europa unita e con i valori
fondativi, che ha servito perché le sue Istituzioni funzionassero, che ha amato
perché figlio della generazione che aveva visto la guerra e gli orrori del
genocidio e della violenza pagana nazista e fascista, dei tanti nazionalismi,
lui figlio della resistenza e dei suoi valori, quelli su cui è fondata la
nostra Repubblica e che ha ispirato i nostri padri fondatori.
È da quella immane
sofferenza – quella per cui volle che recentemente da Presidente andasse a
Fossoli, uno dei tanti luoghi di sofferenza della barbarie della guerra – che
nasceva il suo impegno. Non ideologie, ma ideali; non calcoli, ma una visione
perché anche l’Europa non può vivere per se stessa, perché il cristianesimo non
è un’idea, ma una persona, Gesù, che passa attraverso le persone e nella
storia. Faccio mie le parole del suo ultimo saluto per Natale scorso, già molto
malato, oggi che è il suo Natale alla vita del cielo: “In questo anno abbiamo
ascoltato il silenzio del pianeta e abbiamo avuto paura ma abbiamo reagito e
abbiamo costruito una nuova solidarietà perché nessuno è al sicuro da solo.
Abbiamo visto nuovi muri, i nostri confini in
alcuni casi sono diventati confini tra morale e immorale, tra umanità e
disumanità. Muri eretti contro persone che chiedono riparo dal freddo, dalla
fame, dalla guerra, dalla povertà. Abbiamo finalmente realizzato dopo anni di
crudele rigorismo che la disuguaglianza non è più né tollerabile né
accettabile, che vivere nella precarietà non è umano, che la povertà è una
realtà che non va nascosta ma che deve essere combattuta e sconfitta. Il
dovere delle istituzioni europee: proteggere i più deboli e non di chiedere
altri sacrifici aggiungendo dolore al dolore. Buon Natale… il periodo del
Natale è il periodo della nascita della speranza e la speranza siamo noi quando
non chiudiamo gli occhi davanti a chi ha bisogno, quando non alziamo muri ai
nostri confini, quando combattiamo contro tutte le ingiustizie. Auguri a noi,
auguri alla nostra speranza”. Grazie,
uomo di speranza per tutti.
David Maria Turoldo scrisse una poesia che
David conosceva a memoria: “Dio della vita, sei tu che nasci, che continui a
nascere in ogni vita. Voce per chi muore ora: perché non muore, non muore
nessuno: niente e nessuno: niente e nessuno muore perché Tu sei. Tu sei e tutto
vive, è il Tutto in te che vive: anche la morte!”. Gesù ti abbracci nella sua
grande misericordia. Buona strada. Riposa in pace e il tuo sorriso ci ricordi
sempre di cercare la felicità e costruire la speranza, Fratelli Tutti. Amen.
Roma, basilica di
Santa Maria degli Angeli e dei Martiri
14/01/2022
Matteo
Maria Zuppi