Teologia misera
Un carro di
fuoco con cavalli di fuoco passò in mezzo a loro. Elia fu rapito in cielo in un
turbine di vento
[2Re, 2-11 - versione TILC]
Swing low (spiritual ispirato al mito del carro di fuoco di Elia)
https://www.youtube.com/watch?v=v8frEt6w4G8
Swing low, sweet chariot
Coming for to carry me home
Swing low, sweet chariot
Coming for to carry he home (ripetere per due volte)
Dondola carro dolce
Viene per portarmi a
casa
Dondola carro dolce
Venendo per portarlo a
casa
I looked over Jordan and what did I see
Coming for to carry he home
A band of angels coming after me
Coming for to carry me home
Ho guardato oltre il Giordano e che ho visto
Mentre mi portava a casa?
Una banda di angeli
viene dopo di me
Viene per portarmi a casa
Swing low, sweet chariot
Coming for to carry me home
Swing low, sweet chariot
Coming for to carry me home
Dondola carro dolce
Viene per portarmi a
casa
Dondola carro dolce
Viene per portarmi a
casa
If you get there before I do
Coming for to carry me home
Tell all my friends I'm coming too
Coming for to carry me home
Se arrivi prima di me
Viene per portarmi a
casa
Di’ a tutti i miei
amici che vengo anche io
Viene per portarmi a casa
Swing low, sweet
chariot
Coming for to carry me home
Swing low, sweet chariot
Coming for to carry me home
Dondola carro dolce
Viene per portarmi a
casa
Dondola carro dolce
Viene per portarmi a
casa
Di questi tempi, nei quali cerchiamo di imparare la sinodalità, ci
riversano addosso molte pillole di teologia che appaiono piuttosto misere e inadeguate.
Ci stanno strette. La dottrina teologica, del resto, storicamente servì più che altro a imbrigliare o sopire quei fermenti che oggi
definiamo sinodali e che consistono nel voler partecipare realmente senza
darsi completamente nelle mani di autocrati, come unica via di pacificazione.
Ciò è particolarmente sensibile sulla sinodalità, alla quale si contrappone la comunione, espressa con immaginifici
quanto irrealistici schemi. Nella sinodalità si manifestano diversità che
risultano spesso intollerabili alla teologia che ci vorrebbe uniti come la
testa al cuore in un corpo fisiologico. Ma noi non lo siamo realmente, né
dovremmo cercare di esserlo. Non siamo formiche, che sembrano agire come un
unico organismo. Siamo persone che si cercano per costruire società.
La soluzione? Cercare, nella sinodalità, di mettere in mezzo meno teologia che sia
possibile e di andare d’accordo sulle cose concrete che servono, sui problemi
pratici. Tra mezzo secolo, probabilmente, la teologia, riflettendo sulla nostra
esperienza ecclesiale, produrrà qualcosa di adeguato, sempre che non ne sia troppo
ostacolata dall’efferato sistema di polizia ideologica di cui ancora non ci si
decide a fare a meno, relegandolo finalmente nel museo degli orrori storici, come
le camere di tortura nei sotterranei di Castel Sant’Angelo.
Del resto, lo vediamo bene: non ci sono due professionisti
teologi che vadano d’accordo su
tutto. Questo è comune nelle scienze. Però in quel campo si è più tolleranti perché
ad esserlo ci sono dei vantaggi cognitivi: si è più legati alle osservazioni di
ciò che accade nella realtà, la quale è tanto grande da non poter più essere dominata
da una sola persona o da pochi. Si condividono
quindi, su larga scala, in una comunità scientifica, metodologie e linguaggi specialistici. Anche
le teologie, quando si sviluppano come scienze, quindi con un modo di procedere
detto rigoroso, seguono questo orientamento. Ma ragionano su realtà che
non solo sono invisibili, questo non costituisce una difficoltà oggi per le
scienze naturali, ma anche inafferrabili, dicono, e, quindi, da un certo punto
di vista, fantastiche. Le menti degli umani sono capaci di grandi
fantasie, arrivano ad immaginare interi universi, ed è anche bello sentirseli
raccontare, ma esservi imprigionati dentro non lo è più tanto. E, certe volte, è proprio questa la sensazione che ricavo nel sentire e leggere, da non professionista ma da persona che cerca semplicemente di
essere colta, quindi di rendersi conto di ciò che viene detto, le pillole di
teologia che ci propinano, spesso con un insopportabile stile omiletico. Poiché
storicamente certe fantasie teologiche hanno assunto l’aspetto di veri e propri
deliri e non se ne veniva a capo, alla fine ci si è risolti a risolvere tutto
con la violenza, tagliando le teste che non la volevano piantare di ragionare
in un certo modo o incenerendo tutto come è scritto che avverrà (ma solo alla
fine dei tempi), con la metaforica zizzania. Questo oggi non ci va più bene ed è proprio
per questo che si cerca di essere sinodali.
La fantasia in religione può fare brutti
scherzi: ad esempio si sogna di essere in un qualche mondo diverso da quello
reale e ci si comporta di conseguenza, facendo molto danno, a volte, senz’altro
a se stessi, ma anche agli altri. Oppure si vivono certe estasi che in
realtà sono solo moti viscerali, letteralmente. Gli studiosi dei processi cognitivi
hanno scoperto che noi non pensiamo solo con l’encefalo, ma con tutto il corpo,
in particolare con i visceri. Nei Vangeli quando traduciamo in italiano con ebbe compassione qualche volta la parola
corrispondente nel greco antico significa appunto sconquasso viscerale. Effetti
che possono essere replicati senza mettere di mezzo alcuna realtà spirituale e
che quindi non possiamo, senza discernere meglio, riferire univocamente a un qualche
spirito. Persi nei sogni ed estatici in genere non funzionano bene nei processi sinodali:
li troviamo ben rappresentati nei fondamentalisti, i quali tendono a
sottovalutare la realtà così com’è, a non accettare quella che nei documenti dell’ultimo
Concilio è indicata come autonomia delle cose create.
Distinguere realtà e fantasia è molto importante nella costruzione
sociale, come anche nelle scienze e nella tecnica. Mi piacciono molto, ad esempio,
le storie con i cocchi fatati, anche il profeta Elia si dice che ne
abbia usato uno simile per sfuggire alla Terra
Un carro di
fuoco con cavalli di fuoco passò in mezzo a loro. Elia fu rapito in cielo in un
turbine di vento
[2Re, 2-11 - versione TILC]
ma quando giro in automobile so che cosa la fa muovere e come guidarla
perché me lo dicono le istruzioni basate sulla tecnologia. In questo modo tutto
va più o meno come deve. E questo anche se, a chi vide per le prime volte le
automobili, apparvero magiche. Quando affrontiamo un lungo viaggio in
automobile io e mia moglie siamo abituati, però, a dire una preghiera, partendo.
E’ bello. Ma non ci aspettiamo che l’automobile vada a preghiere. Siamo capaci
di capirlo, di distinguere.
Quindi, quando ci ritroviamo a fare sinodalità, evitiamo di
dividerci sulle fantasie immaginifiche della teologia, che tendiamo a non
padroneggiare bene, non cogliendone il valore di metafore e di allegorie, e a
non fare questione di parole, in particolare di quelle mal digerite del gergo teologico.
Rimaniamo sul concreto e, su quello, non colpevolizziamoci troppo se anche non
si riesce a trovare un accordo su tutto, non stiamo smembrando il Corpo (l’accusa
che storicamente ci spinse ad efferatezze oggi – in genere – inconcepibili),
ma solo cercando di intenderci progressivamente nel dialogo, quindi, in realtà,
costruendo. L’unità si fa intorno all’agàpe, quindi alla
misericordiosa benevolenza solidale reciproca, che accetta le diversità, senza
cercare di farle fuori insieme a chi le
esprime.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San
Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli