INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

ON THE WEBSITE www.bibbiaedu.it THE ITALIAN TRANSLATIONS OF THE BIBLE CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONAL IN CURRENT LANGUAGE AND THE BIBLICAL TEXTS IN ANCIENT GREEK AND ANCIENT JEWISH MAY BE CONSULTED. WITH A FUNCTIONALITY OF THE WEBSITE THE VARIOUS TEXTS MAY BE COMPARED.

venerdì 7 gennaio 2022

Manuale operativo di sinodalità -7- Gli scopi

 

 




 

Per informarsi sul WEB sui cammini sinodali

 

Sito del Sinodo 2021-2023 (generale)

https://www.synod.va/it.html

Siti del cammino sinodale delle Chiese italiane

https://camminosinodale.chiesacattolica.it/

https://www.chiesacattolica.it/cammino-sinodale-delle-chiese-che-sono-in-italia-i-testi-approvati-dal-consiglio-permanente/

Sito della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi

http://secretariat.synod.va/content/synod/it.html

 

 

Manuale  operativo di sinodalità

-7-

Gli scopi

 

 Nei processi sinodali in corso, quello per tutte le Chiese del mondo e quello per le Chiese in Italia, la sinodalità è insieme metodo e scopo. Andare d’accordo per fare il bene è già vangelo e facendo il bene insieme si è più efficaci. Per andare d’accordo occorre però intendersi su che cosa è il bene e questo lo si può stabilire solo facendo riferimento ad uno specifico contesto umano, ad una storia, ad una società o  a più società in relazione tra loro. Il vangelo iniziò ad essere predicato proprio in quel modo, in una specifica società, nel mentre si faceva il bene e anche mediante quel bene che si faceva, non solo a parole. Manifestò presto una notevole capacità espansiva, già durante la vita terrena del Maestro, man mano che raggiungeva altre società e culture e così l’iniziale predicazione si fece via via più complessa. Scaturì in una società complessa, nella quale si intrecciavano più culture, nella Galilea degli inizi del Primo secolo, detta “delle genti”¸ appunto per quel suo essere l’ambiente di gruppi di differenti etnie, culture, lingue.

 

 

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:

 

 Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,

sulla via del mare, oltre il Giordano,

Galilea delle genti!

  Il popolo che abitava nelle tenebre

vide una grande luce,

per quelli che abitavano in regione e ombra di morte

una luce è sorta. [*]

 

Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino".

[dal Vangelo secondo Matteo, dal capitolo 4, versetti da 12 a 17 – Mt 4, 12-17 – versione CEI 2008]

 

Poi Gesù andò via di là e si ritirò dalle parti di Tiro e di Sidone. Una donna pagana che veniva da quella regione si presentò a Gesù gridando:

— Signore, Figlio di Davide, abbi pietà di me! Mia figlia sta molto male, uno spirito maligno la tormenta.

  Ma Gesù non rispondeva nulla. Si avvicinarono allora i suoi discepoli e gli dissero:

— Mandala a casa, perché continua a venirci dietro e a gridare.

Gesù disse:

— Io sono stato mandato soltanto per le pecore sperdute del popolo d’Israele.

Ma quella donna si metteva in ginocchio davanti a lui e diceva:

— Signore, aiutami!

Allora Gesù rispose:

— Non è giusto prendere il pane dei figli e buttarlo ai cagnolini.

E la donna disse:

— È vero, Signore. Però, sotto la tavola, i cagnolini possono mangiare le briciole che cadono ai loro padroni.

Allora Gesù le disse:

— O donna, davvero la tua fede è grande! Accada come tu vuoi.

E in quel momento sua figlia guarì.

[Dal Vangelo secondo Matteo, capitolo 15, versetti da 21 a 28 – Mt 15, 21-28 – versione italiana TILC  Traduzione interconfessionale in lingua corrente]

 

 

Quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, Gesù entrò in Cafàrnao.  Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione [un ufficiale dell’esercito romano occupante, persona non di etnia né di religione giudaiche – nota mia] l'aveva molto caro.  Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: "Egli merita che tu gli conceda quello che chiede - dicevano -, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga". Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: "Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di' una parola e il mio servo sarà guarito. Anch'io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: "Va'!", ed egli va; e a un altro: "Vieni!", ed egli viene; e al mio servo: "Fa' questo!", ed egli lo fa". All'udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: "Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!". E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

[Dal Vangelo secondo Luca, capitolo 7, versetti dal primo al 10 – Lc 7,1-10 – versione CEI 2008]

 

 

[*] Citazione dal libro del profeta Isaia:

In passato umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti.

Il popolo che camminava nelle tenebre

ha visto una grande luce;

su coloro che abitavano in terra tenebrosa

una luce rifulse.

[dal libro del profeta Isaia dal capitolo 8, versetto 23 e dal capitolo 9, versetto 1 – Is 8,23; 9,1 – Versione CEI 2008]

 

   Ciò che viene ritenuto bene  in un gruppo può non essere tale in un altro.  Ogni società costruisce la sua idea di bene, che quindi è un suo elemento culturale, e, come tutti gli elementi culturali, varia nel tempo, in particolare di generazione in generazione e quando i gruppi si incontrano. I gruppi umani apprendono gli uni dagli altri molto velocemente e questa è una caratteristica fondamentale che distingue gli umani dagli altri viventi, anche dalle specie più vicine, ed  è anche la ragione per la quale essi sono arrivati a dominare tutte le altre specie diffondendosi massivamente sulla Terra, fino ad arrivare a sentirsene responsabili. L’assimilazione dei costumi di altri popoli era sentito come una colpa nell’antico giudaismo, come una  prostituzione  e  contaminazione. I cristianesimi, nel Primo secolo, iniziarono a separarsi dall’originario giudaismo proprio superando questa concezione.

 Al centro dell’enciclica Laudato si’, diffusa sotto l’autorità di papa Francesco nel 2015

https://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20150524_enciclica-laudato-si.html

 

vi è l’individuazione di una serie di beni,  quindi anche di scopi  perché si tende verso il bene, che vengono ritenuti cruciali per la sopravvivenza dell’umanità, non di una qualche sua società, e quindi  comuni  in questo senso e rilevanti anche in religione, perché il vangelo è per la vita e fin dal Maestro la sua predicazione fu accompagnata dal soccorso alla vita.

  Quell’enciclica, come ricordato dallo stesso Papa, è frutto di un lavoro collettivo, come tutti i documenti che rientrano nella dottrina sociale  contemporanea. Non scaturisce solo dalla riflessione teologica, sebbene la contenga. Ha in sé il risultato di diverse altre scienze, della natura e sociali. Questa è una conquista, recente, molto importante, perché, almeno fino dagli inizi del secolo scorso, la nostra fede si manifestò come nemica delle scienze non teologiche. Va detto anche che, tra i cattolici, solo da pochi decenni e non senza difficoltà la stessa teologia si manifesta come una scienza libera nel suo riflettere, benché costretta dal 1992 nelle strette maglie di un catechismo che, utile strumento formativo per i più, verso i teologi, in particolare quelli espressi da clero e religiosi, è un asfissiante strumento di polizia ideologica.

  Ora, bisogna capire che, secondo papa Francesco, la sinodalità totale  che egli propone serve non solo alla vita liturgica e alla spiritualità personale, ma anche a contribuire a realizzare quei beni dai quali oggi dipende la sopravvivenza, innanzi tutto, e poi anche la felicità dell’umanità. E’ una visione anche specificamente politica  perché occorrerà correggere il governo delle società umane a livello globale, che attualmente è ancora improntato alla lotta per la sopravvivenza e il predominio condotta dalle società le une contro le altre, fondamentalmente secondo i nostri costumi ancestrali, risalenti addirittura a prima che la nostra specie si differenziasse dagli altri primati.

  Se però si segue la via della sinodalità quell’obiettivo non può essere imposto in base alla supremazia gerarchica, ma deve essere condiviso acculturandosene.

  Insomma la sinodalità non può essere gerarchicamente imposta, perché altrimenti non è più tale. Lo stesso deve dirsi per tutto gli obiettivi che si voglia conseguire per via sinodale.

  Questo naturalmente pone in primo piano le intese  tra i gruppi, anche all’interno della nostra Chiesa. Benché la si voglia immaginare come totalitaria, in realtà non lo è e non lo è mai stata. E’ stata sempre  nella sua lunga storia una realtà sociale pluralistica, anche se spesso il pluralismo è stato concepito come una imperfezione o una colpa. Quindi si è cercato di rimediarvi costruendo autorità gerarchiche sacralizzate, dichiarate come voci del Cielo, sue vicarie, specialmente da quando i capi delle nostre Chiese si assunsero il compito di ordinare il mondo secondo Dio. Questa espressione, discutibile sotto vari aspetti, si trova anche usata in uno dei più importanti documenti del Concilio Vaticano 2°, la Costituzione dogmatica sulla Chiesa Luce per le genti, a proposito del compito svolto nella società dai fedeli liberi da legami propriamente gerarchici:

https://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19641121_lumen-gentium_it.html

 

31. […] Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. Vivono nel secolo, cioè implicati in tutti i diversi doveri e lavori del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta. Ivi sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall'interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo esercitando il proprio ufficio sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo a manifestare Cristo agli altri principalmente con la testimonianza della loro stessa vita e col fulgore della loro fede, della loro speranza e carità. A loro quindi particolarmente spetta di illuminare e ordinare tutte le cose temporali, alle quali sono strettamente legati, in modo che siano fatte e crescano costantemente secondo il Cristo e siano di lode al Creatore e Redentore.

 

  Osservando senza paraocchi teologici la vita religiosa praticata nelle nostre Chiese, è possibile individuare le seguenti tendenze, che troviamo anche nella nostra parrocchia, che espongo nell’ordine di frequenza:

a)la vita di fede strutturata per l’edificazione della propria spiritualità personale e per meritarsi la salvezza nell’aldilà mediante la frequenza ai sacramenti, la correzione delle condotte ritenute peccaminose dalla Chiesa, la pratica della benevolenza misericordiosa in famiglia e nella società in genere;

b)la vita di fede centrata sugli effetti miracolanti di persone e santuari, da suscitare implorandoli orando;

c)la vita di fede che si attua mediante azioni collettive di solidarietà sociale (il volontariato);

d)la vita di fede finalizzata essenzialmente alla costruzione di neo-comunità molto coese e separate dalla società intorno mediante barriere dottrinali e divieti di commistione;

e)la vita di fede vissuta come difesa  di una tradizione ecclesiale contro  i costumi della contemporaneità, vista essenzialmente come degenerati;

f)la vita di fede concepita come approfondimento intellettuale di ciò che la Chiesa propone a credere;

g)la vita di fede concepita come sinodalità per cambiare il mondo nel senso della pace, della solidarietà e benevolenza, della programmazione dell’uso delle risorse in modo che tutti ne abbiano almeno la parte che occorre per vivere liberi dalla povertà, che non si esauriscano in modo da privarne le future generazioni e da danneggiare irrimediabilmente gli ecosistemi indispensabili per la sopravvivenza, e ciò in unione fraterna con tutte le altre forze sociali che si propongono lo stesso obiettivo, in particolare senza alcuna discriminazione religiosa. Questi sono gli obiettivi indicati nell’enciclica Laudato si’.

 In alcuni gruppi, queste tendenze coesistono. Altri ne radicalizzano una e ne avversano altre. Questo accade, in particolare, nei gruppi di orientamento fondamentalista e integralista.

 

Fondamentalismo  è quando si cerca pervicacemente di mantenere costante e immodificabile un nucleo di alcune concezioni o tradizioni ritenute non negoziabili  ritenendole. quelle e solo quelle, costitutive dalla propria identità socialeintegralismo  è quando si cerca di contrastare le tendenza all’assimilazione da parte di altri gruppi. Fondamentalisti e integralisti sono accomunati dal far poco conto sulle ragioni degli altri e, quindi, dalle difficoltà nel dialogare con loro.  

 

  Analogamente si fa nei gruppi che si dicono tradizionalisti.

 

  Il tradizionalismo ecclesiale cattolico è espresso da quei gruppi che ritengono voluto dal Cielo l’ordinamento gerarchico totalitario espresso nel Secondo Millennio dal Papato romano e che, inoltre, sacralizzano etnie, costumi, ordinamenti sociali, poteri gerarchici, rapporti di classe,  vissuti prima dell’affermazione dei processi democratici, nel Settecento.

 

  Essi avversano duramente papa Francesco, perché vive ed esprime la propria missione in modo abbastanza diverso dai suoi predecessori, in particolare quando promuove la sinodalità totale. Per manifestarlo meglio, egli è andato a vivere in un albergo nella Città del Vaticano e non nella reggia che gli spetterebbe in quanto sovrano assoluto di un regno territoriale e, insieme, religioso.

  Dalla metà degli anni ’80 la vita religiosa nella nostra parrocchia è stata caratterizzata dal conflitto durissimo tra tendenze fondamentaliste e integraliste e gli altri orientamenti, sopito  ma non ancora risolto. In realtà mi pare che si vivano dure religioni diverse, tanto sono distante le vedute e si è diffidenti, e anzi insofferenti, gli uni degli altri.

  In passato, la via per ristabilire l’unità era quella della sconfessione di uno o più tendenze da parte della gerarchia. Da qui poi anche un certo clientelismo clericale dei gruppi per assicurarsi il favore di questo o quel gerarca. L’Azione Cattolica italiana ne ha fatto purtroppo le spese, perché a lungo è stata ritenuta non più adeguata a quella lotta contro le tendenze laiciste che contrastavano i valori evangelici,  il potere dell’apparato ecclesiastico nella e sulla società, nell’educazione e nelle questioni coniugali, riproduttive, di mantenimento artificiale della vita,  e i suoi interessi economici, il tutto indistintamente  denominato  valori non negoziabili.

  Se si prende sul serio l’esortazione alla sinodalità, occorre ripudiare quel metodo.

 Ma, allora, come fare unità sul da farsi, come intendersi sugli scopi  da perseguire nella vita di Chiesa?

 Innanzi tutto occorre accettare che gli altri esistano con i loro orientamenti e riconoscerli  come parte della Chiesa, anche se ne hanno diversi dai nostri. Anche all’interno della nostra stessa Chiesa occorre ripudiare il proselitismo, che avvelena l’ecumenismo contemporaneo e che consiste nel cercare di distruggere gli altri gruppi  convertendone  gli aderenti, spacciando la propria via come l’unica  praticabile in concreto o la migliore, o, addirittura, l’unica voluta dal Cielo, affibbiando alle altre una patente di eresia.

  E poi occorre vedere se, in concreto, vi sono spazi di collaborazione, per rimanere uniti nello stesso modo in cui lo si è partecipando all’Eucaristica, che i pastori ci presentano come il centro della vita ecclesiale.

  Il principale ostacolo all’intesa sono i partiti presi, vale a dire i pregiudizi, e le questioni di sole parole. Spesso nella vita di Chiesa mi sono trovato in mezzo a un insopportabile e incolto chiacchiericcio in ecclesialese, il gergo che mischia disinvoltamente termini teologici per strumentalizzarli a proprio uso e consumo. Fortunatamente dal punto di vista teologico non dobbiamo inventarci nulla perché di teologia, e in particolare di definizioni, abbondiamo e non starei a rimestarci sopra, data anche la scarsa padronanza dei più nelle discipline di riferimento. Ci sono costate tanto dolore e ciò fin dalle origini, dai bellicosi e irascibili cosiddetti Padri  della Chiesa e con tutti quelli che nei secoli seguenti si sono posti sulla stessa via, incapaci di vera sinodalità, che c’è non quando si raggiunge una qualche precaria adesione a delle definizioni, ma quando si realizza in concreto l’agàpe.

  La via giusta per l’intesa è cercare di capire  gli altri, dialogando con loro. E’ quindi assurdo il metodo del semplice accostamento di prospettive,  senza dibattito, quindi senza dialogo, suggerito dal pretenzioso redattore delle Indicazioni metodologiche  per il cammino sinodale delle Chiese italiane. Come capirsi senza parlarsi? Certo: c’è la possibilità del contrasto, ad esempio quando proprio non ci si sopporta. Ma, allora, sarebbe meglio ignorare questa realtà, senza cercare di sanarla?

  Ma, dialogando, non si cambierà nelle convinzioni che, prima del dialogo, ritenevamo non negoziabili? Un gruppo integralista temerà questo effetto e cercherà di limitare la sinodalità al proprio interno, controllandola gerarchicamente. Questo naturalmente impedirà di intendersi. Non vi è sinodalità se non si cerca di superare le divisioni e, soprattutto, quando le persone rimangono sottomesse a poteri gerarchici, per cui non sono libere.

 Bisogna osservare che, se si fosse scelta con pervicacia quella via, probabilmente i cristianesimi si sarebbero estinti già nella fase in cui erano espressione del giudaismo loro coevo. Non si sarebbero acculturati all’ellenismo e il vangelo non sarebbe stato predicato al di fuori della diaspora giudaica, nella quale storicamente prevalsero altre tendenze. In particolare non avrebbero sviluppato quell’universalismo che ancora consente loro di avere presa nelle più diverse società del mondo.

 Scrisse il sociologo Peter L. Berger, in I molti altari della modernità. Le religioni al tempo del pluralismo, 2014 Walter de Gruyter inc.; edizione italiana EMI 2017:

 

 Un modo semplice per descrivere la globalizzazione è mostrare che, in modo crescente, tutti parlano con tutti. Non solo le grandi masse di persone si spostano in tutti il pianeta, temporaneamente come viaggiatori o permanentemente come migranti, vi è anche un enorme aumento della conversazione “virtuale”, perché la stampa e i media elettronici diffondano la conoscenza di culture diverse dalla propria. La religione non rimane fuori di questa interazione planetaria.

  Nel 1910 la grande Conferenza missionaria mondiale di Edimburgo, formata per lo più da delegati protestanti provenienti dall’Europa e dal Nord America, proclamò il XX secolo l’era dell’evangelizzazione del mondo intero. E così è stato. Nel secolo scorso il cristianesimo è cresciuto enormemente in tutto il globo, al punto che ora vi sono più cristiani nel cosiddetto Sud del pianeta (America Latina, Africa e Asia) che nei due continenti da cui provenivano i delegati che si riunirono a Edimburgo.

[…]

  Almeno le grandi tradizioni religiose sono, per così dire, disponibili come non mai – attraverso i libri, i media e, occasionalmente, per mezzo di loro rappresentanti in carne e ossa. Perciò il pluralismo religioso non è più un fenomeno limitato agli occidentali curiosi che si aggirano tra gli scaffali della sezione “Religioni” delle migliori librerie.

 

[…]

 

 Il pluralismo ha l’effetto di relativizzare le visioni del mondo, e porta a capire che il mondo può essere compreso in maniere differenti. In altre parole, gli individui non possono più dare per certa la visione del mondo in cui sono nati.

[…]

 Il fondamentalismo può essere definito come un progetto di eliminazione totale del dubbio. Rappresenta anche un tentativo di restaurare, nell’ambito della modernità, la certezza data per scontata di una società premoderna. E’ un’operazione molto difficile che richiede l’instaurazione di un regime totalitario che controlli l’intera società – operazione a costi altissimi, sia in termini economici sia in altri termini – oppure di istituire un minitotalitarismo contro le contaminazione cognitive dall’esterno. Ovunque la libertà venga assunta come un valore, un’analisi come questa può sembrare poco incoraggiante.

 Un’ultima osservazione: il pluralismo cambia la modalità (il “come) piuttosto che i contenuti (il “che cosa”) della fede di un individuo. […] Quel che prima era un destino sicuro è divenuto oggi una scelta deliberata. Le implicazioni di tale cambiamento sono immense.

[…]

 La confluenza di due sviluppi moderni, l’ampia diffusione del pluralismo come dato di fatto e della libertà religiosa come norma politica,  è ormai diventata un fenomeno globale.

[…]

 Il pluralismo cambia anche i rapporti reciproci tra le istituzioni religiose, orientandole in senso lato verso la tolleranza ecumenica e interreligiosa.

[…]

 Infine, il pluralismo cambia la relazione tra clero e laici. Un laicato non gravato da costrizioni acquisisce inevitabilmente potere di fronte alle autorità religiose e al clero.

 

  Se si vuole seguire con determinazione la via della sinodalità  intraecclesiale, indispensabile per rendere capace la nostra Chiesa di predicare e praticare il vangelo nel mondo globalizzato di oggi, occorre anche organizzare un ecumenismo  tra gruppi ecclesiali che si atteggiano a religioni distinte, nonostante i comuni riferimenti culturali.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli