INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

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martedì 4 gennaio 2022

Manuale di sinodalità -5- Scopi e condizioni della sinodalità totale

 

 




 

Per informarsi sul WEB sui cammini sinodali

 

Sito del Sinodo 2021-2023 (generale)

https://www.synod.va/it.html

Siti del cammino sinodale delle Chiese italiane

https://camminosinodale.chiesacattolica.it/

https://www.chiesacattolica.it/cammino-sinodale-delle-chiese-che-sono-in-italia-i-testi-approvati-dal-consiglio-permanente/

Sito della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi

http://secretariat.synod.va/content/synod/it.html

 

 

Manuale di sinodalità

-5-

Scopi e condizioni della sinodalità totale

 

 

1.  Sinodalità totale  significa revisionare ideologie e strutture ecclesiali in modo che ogni persona di fede possa realmente partecipare alle nostre Chiese, che attualmente non sono sinodali in quel senso.

  Infatti:

-solo le persone che si legano alla gerarchia ecclesiale  con un impegno rafforzato di sudditanza e ne dipendono per vivere, rischiando la rovina personale violandolo, sono ammesse a partecipare alle decisioni;

-tutte le altre persone sono del tutto escluse da quell’ambito, e possono intervenire solo come consulenti, a discrezione della gerarchia;

-il potere esercitato dalla gerarchia ecclesiale è accentrato intorno al Papato romano, che si presenta come una struttura totalitaria;

-lo statuto ecclesiale di movimenti, associazioni, confraternite organizzate dalle persone di fede libere è condizionato ad una qualche forma di sudditanza alla gerarchia ecclesiale, nei confronti della quale le relazioni non sono mai paritarie.

 La Chiesa, almeno in Occidente, e in particolare nell’Unione Europea, è composta da persone libere, ma in sé non è una società libera.

  Il punto di vista del Papato sul totalitarismo è in fondo rimasto quello espresso dal papa Pio 11° - Achille Ratti in un discorso tenuto il 18 settembre 1938 a Castel Gandolfo, che non sono riuscito a reperire nel testo integrale.

  Se ne fa menzione in Daniele Menozzi, Storia della Chiesa. 4. L’età contemporanea, EDB 2019 [1]:

 

 Il 18 settembre 1938, ricevendo a Castel Gandolfo il pellegrinaggio della Confédération Française des travailleurs chrétiens,  Pio XI pronuncia un discorso in cui, dopo aver affrontato la questione del rapporto tra comunità e individuo alla luce della dottrina sociale della Chiesa, prende esplicitamente posizione sul totalitarismo.

[…]

 L’intervento pronunciato da Pio XI nel settembre del 1938 marca una presa di coscienza rispetto al rilievo assunto dal fenomeno del totalitarismo nella società contemporanea. Pur segnando uno scarto rispetto alla precedente manifestazione di disponibilità, non implica però l’acquisizione della elaborazione compiuta dalla coeva cultura politica. Il papa infatti proclama che la proposta di uno «stato totalitario» rappresenta una falsità evidente, dal momento che essa attribuisce allo Stato il compito di disciplinare tutta la vita dell’individuo, persino gli aspetti spirituali e interiori. Si manifesta così la sua antitesi al cristianesimo. Il pontefice la esprime con queste parole: «se c’è un regime totalitario – totalitario di fatto e di diritto – è il regime della Chiesa, perché l’uomo appartiene totalmente alla Chiesa [deve appartenerle, dato che l’uomo è la creatura del buon Dio, egli è il prezzo della Redenzione divina, è il servitore di Dio, destinato a vivere quaggiù, e con Dio in cielo. E il rappresentante delle idee, dei pensieri e dei diritti di Dio non è che la Chiesa. Allora la Chiesa ha veramente il diritto e il dovere di reclamare la totalità del suo potere sugli individui: ogni uomo, tutto intero, appartiene alla Chiesa, perché tutto intero appartiene a Dio. – parole tratta dalla fonte di cui alla nota 1]». Ratti dunque non mette in questione il totalitarismo che, anzi, sembra apprezzare al punto da presentarlo come il regime della Chiesa. Asserisce però che l’unica sua autentica realizzazione si trova nella Chiesa. Non si tratta soltanto di una contrapposizione di principio. Riguarda anche il concreto assetto della vita collettiva.

 

 

  L’idea che una persona umana sia totalmente nel potere di una organizzazione sociale, sebbene sacralizzata come una Chiesa, è diventata obsoleta in Europa. I cristiani democratici, molto più che il Papato, l’hanno contrastata radicalmente e, anzi, il Papato ha seguito progressivamente, a partire dal regno del papa Pio 12° - Eugenio Pacelli,  quel loro orientamento, muovendo dalle posizioni espresse nel 1938 dal papa Pio XI, sotto il cui regno furono conclusi con il Regno d’Italia dominato dal fascismo mussoliniano i discussi Patti Lateranensi.  La si vuole correggere anche all’interno delle nostre Chiese e anche con riguardo al potere del Papato con la proposta della sinodalità totale.

2. Sinodalità totale  è quella non limitata ai gerarchi. Nella storia della Chiesa cattolica si trova solo quella dei gerarchi.

  L’uso del termine gerarca  suona quasi offensivo, irrispettoso,  nell’italiano contemporaneo, perché si ha ancora memoria di quando anche i capi più importanti del Partito Nazionale Fascista vennero definiti come tali. Ma la parola origine nel lessico ecclesiastico, dove è ancora di uso comune. Si legge ad esempio nel Documento preparatorio  per il Sinodo dei Vescovi 2021-2023 diffuso lo scorso settembre:

 

28. Inoltre, nella rilettura delle esperienze, occorre tenere presente che “camminare insieme” può essere inteso secondo due diverse prospettive, fortemente interconnesse. La prima guarda alla vita interna delle Chiese particolari, ai rapporti tra i soggetti che le costituiscono (in primo luogo quelli tra i Fedeli e i loro Pastori, anche attraverso gli organismi di partecipazione previsti dalla disciplina canonica, compreso il sinodo diocesano) e alle comunità in cui si articolano (in particolare le parrocchie). Considera poi i rapporti dei Vescovi tra di loro e con il Vescovo di Roma, anche attraverso gli organismi intermedi di sinodalità (Sinodi dei Vescovi delle Chiese patriarcali e arcivescovili maggiori, Consigli dei Gerarchi e Assemblee dei Gerarchi delle Chiese sui iuris, Conferenze Episcopali, con le loro espressioni nazionali, internazionali e continentali).

 

   Il gerarca  non è solo una persona il cui potere è sacralizzato, vale a dire presentato come voluto da un dio e quindi intangibile pena sanzioni soprannaturali. E’ la persona che domina sulle altre mediante il sacro, vale a dire presentandosi come vicaria  di un dio: essa tiene luogo del dio in Terra. E’ proprio questo aspetto che determinò, nel Quarto secolo, l’imperatore romano Costantino 1° a integrare la religione cristiana nel suo potere assoluto, facendosi costruire nel primo Concilio ecumenico  della storia delle nostre Chiesa una teologia appropriata, che ancora oggi funziona e che si ritiene inglobata nella Tradizione, vale a dire nel complesso di definizioni essenziali della nostra fede che si ritiene siano state sempre  e dovunque credute, fin dalle prime origini e per questo dotate di particolare affidabilità. Elemento che, va detto, non storicamente ricorre per le definizioni approvate in quel Concilio, che infatti rimasero a lungo controverse. Anche la definizione di Tradizione  è, in definitiva, un elemento culturale e ogni epoca si è scelta la propria.

 A proposito di gerarchi e di gerarchia,   Il filosofo Aldo Capitini,  l’ideatore e promotore della marcia per la pace Perugia Assisi, il 27 ottobre 1958 spedì al vescovo di Perugia, dopo l’assoluzione in appello del prelato, condannato in primo grado per diffamazione per aver definito concubini  due coniugi sposati solo in sede civile, una lettera della quale trascrivo alcuni passi:

 

 Signor Arcivescovo,

 nei registri dei battezzati di Perugia risulta che, poco dopo la mia nascita – così mi è stato detto  - fui battezzato; ma da più decenni non frequento la Chiesa cattolica, ed ho più volte affermato che la religione cattolica non  è la religione che intendo professare. E alla porta di alcune chiese perugine sta un suo “Monito”, che fa divieto ai cattolici di frequentare il Centro di orientamento religioso perché, come dice il Monito, “diretto” da me.

 Le ragioni del mio distacco dalla religione cattolica le ho esposte più volte, e non sto qui a ripeterle.

[…]

  E a me, mai iscritto al fascismo per fedeltà alla nonviolenza, alla libertà di tutti e alla giustizia nella struttura sociale, la conciliazione tra il Vaticano e il tiranno, accompagnata da un opulento scambio per anni di favori  e di elogi, chiarì per sempre che non si poteva aspettare dalla Chiesa di Roma né lo sviluppo dello spirito cristiano, né la difesa della libertà, della giustizia, della pace. E’ insostenibile  ciò che ora si tenta di fare attraverso citazioni di frasi generiche, per ricoprire che il Vaticano aiutò  per anni il regime fascista in modo decisivo, ed assomiglia ai pietosi racconti di certe private persone che ci è accaduto di incontrare negli anni successivi al ’44 e ’45.

  L’attuale potenza poi, e le moltiplicate espressioni dottrinarie e l’ancor più accresciuta attività pratica, hanno secondo me, il solo vantaggio (a parte gli utili che ne traggono i devolti conformisti) di confermare  ciò che alcuni di noi  pensarono nel trentennio passato, dover lavorare  intensamente per una riforma religiosa: quando i più si sveglieranno, saranno portati, come accade nelle reazioni, a travolgere lo strapotere politico-economico e le posizioni religiose, s che cadranno tante parti vecchie di queste; allora ci vorranno posizioni, idee, persone, centri, iniziative, all’altezza di una rinascita religiosa, certamente non più papista, ma tale da accumunare Occidente e Oriente; rinascita e nuova vita religiosa che urge, e che l’animo di tutti, malgrado tutto, chiede e invoca. A questo io vorrei lavorare, e non da solo, ma con tanti, liberi cristiani, liberi religiosi, gandhiani.

  Per questo non posso e non voglio dirmi cattolico, nel senso di credente nella dottrina  professata dalla Chiesa di Roma e dal suo Capo, eletto dai cardinali: che io sia stato battezzato, cioè iscritto nei registri di tale istituzione, è un fatto che non ricorso; e non posso ammettere che per tale fatto un’autorità che non riconosco per tale, esiga da me ubbidienza e credenza, e possa legittimamente anche insultarmi.

[…]

 La prego, signor Arcivescovo, di fare quegli atti che mi sottraggano alla giurisdizione di gerarchi a cui non riconosco su di me un potere superiore a quello di ogni altro essere. Non ho odio per nessuno, e certamente  non l’ho per quei gerarchi.  E voglio essere libero di considerare  le osservazioni, le critiche, le ingiurie che essi mi rivolgano, nello stesso modo con cui posso considerare quella rivolte da altri uomini, che possono sbagliare  e possono aver ragione.

  Ma se lo Stato di cui facci parte come cittadino non tutela tale uguaglianza, debbo provvedere io con la mia coscienza, del tutto aliena dal portare offesa ai miei amatissimi genitori, che credettero di farmi un bene battezzandomi, ma che ebbero  sempre rispetto per le mie decisioni, compresa quella di rifiutare l’iscrizione al partito fascista, con la pena del licenziamento dall’impiego.

 

  La riforma religiosa agognata da Capitini fu promossa dal papa Giovanni 23° - Angelo Roncalli l’anno successivo a quella lettera e fu progettata tra il 1962 e il 1965 dal Concilio Vaticano 2°. Oggi ci troviamo in una situazione molto diversa da quella degli anni Cinquanta. In  particolare con la Dichiarazione sulla libertà religiosa Della dignità umana è stata riconosciuta la libertà di coscienza di ogni persona, comprese quelle di fede cattolica, per cui anche l’esercizio dell’autorità pontificia ed episcopale si atteggia in maniera diversa, almeno nei confronti di coloro che sono incatenati  nella gerarchia e che costituiscano la grande maggioranza dei Popolo di Dio. Si tratta ora di portare a termine quel disegno dopo la lunga fase di stasi e addirittura di arretramento dalla metà degli anni ’80.

 Il totalitarismo gerarchico, determinato fondamentalmente da questioni di politica è ecclesiastica, è il maggior ostacolo allo sviluppo dei ministeri ecclesiali esercitabili dalle persone non inquadrate in un ordine sacralizzato. Ma è anche ciò che impedisce alle nostre Chiese di avvantaggiarsi dell’esperienza di fede di tutti in quel campo di attività che viene denominato pastorale  perché riguarda il lavoro in società e non la definizione  di formule  in base alle quali discriminare l’appartenenza delle persone.

3. Nelle varie commissioni che si vanno costituendo per indirizzare i cammini sinodali  iniziati dallo scorso ottobre, vedo l’assoluta preponderanza dei teologi, come se, invece si trattasse appunto di discutere di formule, di definizioni.  In realtà, una volta che si convenga teologicamente che la sinodalità non sono non è controindicata nella nostra Chiesa ma va promossa a livello più ampio, il lavoro dei teologi è concluso e occorrerebbe lasciare il campo ad altri specialisti, ad esempio agli antropologi e ai sociologi. Sinodalità è infatti costruzione sociale. Ma, per costruire, occorre  capire  veramente come stanno le cose in società. Mi pare che invece in questo campo i teologi si limitino a immaginarle. Temo che, in materia di sinodo e sinodalità, talvolta ricostruiscono un passato che non c’è mai stato, un neo-passato, nel quale s’andava d’amore e d’accordo, e poi cerchino di calarlo nella vita di oggi, dove, come sempre è accaduto, ci si scontra. Bisogna essere chiari: la sinodalità storicamente non ha mai evitato le guerre ecclesiali. E, a proposito dei Concili ecumenici, quelli cruciali tra il Quarto e l’Ottavo secolo, pesantemente controllati dai sovrani politici, furono più espressione di totalitarismo religioso che della vivace sinodalità come si era espressa nel Secondo e Terzo secolo.

 Dal punto di vista sociale, attuaemente le nostre Chiese sono caratterizzate da una grandissima varietà, da un ampio pluralismo.

 L’impressione di uniformità che a volte superficialmente se ne ricava è data dal fatto di considerare principalmente ciò che c’è nella Santa Sede, il complesso di uffici nei quali si articola il Papato, e, innanzi tutto, lo stesso Papa, che dagli ultimi anni del papa Paolo 6° - Giovanni Battista Montini in poi, viene sempre più presentato nel suo lato umano, di persona, abbandonando le pose ieratiche dei precedenti Papi.

  Non sono le stesse le Chiese che si trovano in contesti democratici come quello dell’Unione Europea e quelle che vivono soggette ad altre situazioni politiche. Ma le differenze non si limitano a questo e, ad esempio, nella nostra stessa città si manifestano di parrocchia in parrocchia.

  Non in tutte le parrocchie vi sono le condizioni per un effettivo inizio di una sinodalità come oggi la si vorrebbe. Ciò si rifletterà inevitabilmente sull’esito dei cammini sinodali.

  Certamente in tutte le parrocchie romane si svolgeranno delle attività che faranno incontrare i fedeli sui temi proposti nel Documento preparatorio  del settembre scorso e su quelli proposti dalla Conferenza episcopale italiana per il cammino  italiano. Ma si potrà inscenare una vera sinodalità, vale a dire una attiva compartecipazione, solo dove si riesca a suscitare un movimento tra i fedeli che prema sugli attuali gruppi di comando per un allargamento delle fasi decisionali. E’ importante anche capire se in una parrocchia il parroco e le persone che principalmente con lui collaborano, di solito un piccolo gruppo composto da clero e da altre persone che svolgono attività varie, di consulenza o operative, sono convinte del percorso sinodale che viene proposto. In caso negativo tutto si risolverà in un sorta di esercizio spirituale  prolungato senza nessuna incidenza concreta nell’articolazione delle fasi decisionali. E, allora, nelle paginette che saranno spedite in diocesi si scriverà ciò che si pensa che in diocesi si voglia sentirsi riferire, confezionando il tutto nell’ecclesialese corrente. Documenti che saranno letti distrattamente dai destinatari e subito spediti in archivio. Penso anzi che in diocesi si stia già preparando la bozza delle dieci pagine che bisognerà spedire alla CEI perché poi se ne riferisca in sede continentale e, infine, al Sinodo dei vescovi organizzato per l’ottobre 2023. Se però si riuscirà a organizzare un movimento che spinga per un corso diverso e che riesca ad espandersi di parrocchia in parrocchia, potrebbe essere diverso. Del resto questo è uno dei suggerimenti che ci vengono nel Vademecum  per il Sinodo dei vescovi 2023: di organizzare incontri tra diverse parrocchie. Questa via, naturalmente, confligge con l’anatema al dibattito e al parlamentarismo che come un mantra il clero ci ripete. Bisognerà trovare la forza di affrancarsene. Ora o mai più.

Mari Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 

Nota:

[1]

https://www.radiospada.org/2016/01/un-magistrale-discorso-quasi-introvabile-di-pio-xi-su-dio-stato-e-totalitarismo/

 

Pubblichiamo l’estratto di un discorso di Pio XI del 18 settembre 1938 (pochi mesi prima di morire e molti anni dopo la “Non abbiamo bisogno” del 1931) alla Federazione dei sindacati cristiani francesi. Fatto salvo qualche breve accenno, questo testo risulta irreperibile online, persino sul sito del Vaticano. Qui Papa Ratti parla di Stato, di Uomo, di Dio, dei diritti della Chiesa, della “questione totalitaria”, con un chiarissimo riferimento al fascismo. Perché proporlo? Per la sua tremenda attualità e la sua “scorrettezza politica”, inoltre perché introduce la prossima uscita delle Edizioni Radio Spada: un libro che parlerà dell’incompatibilità tra statolatria e Cattolicesimo, con un saggio di Piergiorgio Seveso relativo a “Concordato e fascismo” e uno di Andrea Giacobazzi intitolato “Peronismo scomunicato?”. Grassettature nostre. [RS]

 

[… ] La nostra prima parola ha relazione con un punto di dottrina importante. Avete annoverato tra i vostri grandi principi – l’abbiamo visto, e non poteva essere altrimenti per dei lavoratori cristiani – il rifiuto della tesi così frequente oggi, la quale dice che la collettività è tutto, e l’individuo è nulla. Avete fatto bene, perché la Chiesa non parla in questo modo; non è tale la dottrina della Chiesa. Si potrebbe riassumere così questa teoria, con una semplicità brutale: tutto allo Stato, niente alla persona. No, è suo privilegio, camminare, in qualche modo attraverso i popoli e i continenti, attraverso tutte le genti del mondo (non diciamo le razze), e di conservare in tutto, dappertutto questa direzione media nella quale consiste sempre la virtù, in medio stat virtus. La virtù è sempre nel mezzo né in un estremo, né nell’altro.

La Chiesa professa e insegna una dottrina che sottolinea i giusti rapporti tra collettività e individuo. Certamente (è l’evidenza stessa), a causa delle necessità della vita, dalla nascita alla morte l’individuo ha bisogno della collettività: per vivere, per sviluppare la sua vita. Ma non è vero che la collettività sia essa stessa una persona, una persona indipendente, che parla nome proprio. No la scienza come l’ignoranza, la scienza come la virtù sono proprie dell’individuo. Anche quando si parla dell’anima della collettività, è un modo di dire, che ha sì il suo fondamento nella realtà, ma che rimane una astrazione. E la collettività non può esercitare nessuna funzione personale, se non attraverso gli individui che la compongono: è l’evidenza, ma un’evidenza che, ai nostri giorni, non è più riconosciuta in molti ambienti. Si dice troppo, un po’ dappertutto in un modo o in un altro – e ci si è abituati a sentir dire – che tutto appartiene allo Stato, nulla all’individuo. Oh! Cari figli, quale falsità in questa espressione: essa va dapprima contro i fatti, perché se l’individuo è realmente dipendente a tal punto dalla società, la società d’altra parte non sarà nulla senza gli individui se non una pura astrazione. Ma ci sono delle intenzioni occulte ben gravi; E quelli che dicono: tutto alla collettività, dicono anche che la collettività e qualcosa di divino; e allora ecco l’individuo divinizzato, ma in maniera nuova: è una specie di panteismo sociale. Ecco, cari figli, la lezione di catechismo elementare ci insegna. È il nemico dell’uomo che ha detto: Eritis sicut dii. Voi conoscete tutto quello che questa frase voleva dire, e come si è tradotta nei secoli che si sono succeduti sulla povera umanità peccatrice. Così si dice un po’ dappertutto; tutto deve essere dello Stato: ed ecco lo Stato totalitario, come lo si chiama: nulla senza lo Stato, tutto allo Stato. Ma in ciò vi è una falsità così evidente, che fa meraviglia che gli uomini, del resto seri e dotati di talenti, lo dicano e l’insegnino alle folle.

Infatti come lo Stato potrebbe essere veramente totalitario, dare tutto all’individuo e chiedergli tutto; come potrebbe dare tutto all’individuo per la sua perfezione interiore – poiché si tratta di cristiani – per la santificazione e la glorificazione delle anime? Perciò quante cose sfuggono alla possibilità dello Stato nella vita presente e in vista della vita futura, eterna! E in questo caso, ci sarebbe una grande usurpazione, perché se c’è un regime totalitario – totalitario di fatto e di diritto – è il regime della Chiesa, perché l’uomo appartiene totalmente alla Chiesa, deve appartenerle, dato che l’uomo è la creatura del buon Dio, egli è il prezzo della Redenzione divina, è il servitore di Dio, destinato a vivere quaggiù, e con Dio in cielo. E il rappresentante delle idee, dei pensieri e dei diritti di Dio non è che la Chiesa. Allora la Chiesa ha veramente il diritto e il dovere di reclamare la totalità del suo potere sugli individui: ogni uomo, tutto intero, appartiene alla Chiesa, perché tutto intero appartiene a Dio. Quanto a noi, bisogna ringraziare il Buon Dio di essere a una così buona scuola, in un sì bello e ricco splendore di verità.

[…]

Discorsi di Pio XI, a cura di D. Bertetto, v. 3. SEI, 1961, pp. 813-814.