Cristiani democratici
La figura e la vita di David Sassoli
dimostrano che la fede è ancora utile e praticabile nella società di oggi e che
è insensata l’ostinata diffidenza di clero e religiosi che spesso tuttora si
riversa sull’esperienza umana, religiosa, sociale e politica dei cristiani
democratici e, in genere, sulla
democrazia, da ultimo nel dare indicazioni metodologiche di sinodalità per i cammini
sinodali iniziati lo scorso 9 ottobre.
La base teologica dell’impegno dei cristiani
in democrazia è l’accettazione del principio dell’autonomia delle cose sociali,
al pari di quelle della natura, per cui esse hanno regole loro proprie che
vanno scoperte, capite e rispettate, e l’ordine sociale non può essere dettato nei
dettagli in base alle fonti della rivelazione religiosa, che definiscono solo
un insieme di valori da calare negli ambienti concreti, e del principio di libertà
di coscienza, che comporta anche un’assunzione personale di responsabilità in
società, senza che valga come giustificazione l’obbedienza gerarchica. Da ciò
scaturisce anche l’accettazione del pluralismo, nelle cose sociali come in
quelle religiose, e quindi il ripudio della violenza sociale tesa a indurre
atteggiamenti uniformi in base a deliberati gerarchici, in qualunque forma essa
si manifesti, anche solo nell’emarginazione sociale dei dissenzienti.
Il vasto apprezzamento internazionale che si
va manifestando per il servizio politico di Sassoli rende chiaro che l’Europa
di oggi è tutt’altro che chiusa ai valori e che per promuoverli è più efficace
la via del dialogo che quella dello scontro duro basato sul rifiuto
pregiudiziale di qualunque negoziazione, vale a dire sulla pretesa di imporli.
Da universitario per qualche anno frequentai
il piccolo gruppo di giovani animato da tempo dal giornalista Paolo Giuntella,
una persona che mi colpì profondamente e dalla quale per la vita intera cercai
sempre di trarre ispirazione. Mi indirizzò a lui mio zio Achille. Lì incontrai qualche volta il giovane Sassoli,
che però a quell’epoca mi parve già
molto impegnato nel fare pratica giornalistica. Io invece tendevo a perdere
molto tempo ed ero rimasto un po’ indietro negli studi. Anche Giuntella
riscuoteva un vasto apprezzamento ben oltre il mondo cattolico nel quale si era
formato. Uomo di vasta cultura, la sapeva diffondere con uno stile veramente
affascinante per i giovani di allora, ma penso che quella via sarebbe valida
anche ora, se solo si trovasse una persona come Giuntella che volesse impegnarvisi.
Giuntella ha scritto diversi libri. Quello che mi pare il più prezioso di tutti,
scritto insieme al padre, si intitola Il
gomitolo dell’alleluia. Di padre in figlio il filo della fede. AVE 2009,
che ha una prefazione di Sassoli, che vi consiglio.
Partecipai alla fondazione di un gruppo di
giovani impegnato per il rinnovamento della politica promosso da Giuntella, all’inizio
degli anni ’80, che venne chiamato Rosa
Bianca. Avvenne in un conventino, qui a Roma, in via Monte Brianzo.
Tengo ancora il manifesto fondativo. All’inizio, siccome eravamo in pochi,
gli impegni assunti importanti, e pensavamo che sarebbe rimasta esperienza di
pochi, l’aggregazione fu chiamata setta, poi invece, aumentando le adesioni, Rosa Bianca, per ispirazione
ai giovani universitari tedeschi resistenti del gruppo di Sofie Scholl e amici,
volendo essere come loro resistenti all’andazzo politico che si andava
manifestando e dal quale sono scaturiti
i tempi attuali. Fu un’esperienza di genuina sinodalità. Ad un certo non partecipai più perché avevo
intrapreso una professione che richiedeva di distanziarmi dalle cose politiche,
ma, ragionando ora, penso che feci male, perché non si trattava di politica partitica,
legata a questioni di interesse, ma di rivitalizzazione della democrazia
italiana, che in quegli anni era in forte affanno. Si cercava di mantenere
aperti ponti, non di barricarsi nelle rispettive trincee.
Una volta, quando in FUCI pubblicavamo una
specie di notiziario, ne stampammo al ciclostile uno che aveva come apertura un
articolo ispirato che doveva intitolarsi, per reminiscenze bibliche, “Fermarsi
sul monte”. Per un refuso ci venne invece “Fermarsi sul ponte”.
Pensandoci su, ci piacque comunque e
distribuimmo il nostro foglio. Storicamente i cristiani, da insieme di sette
neo-giudaiche, scoprendo la sinodalità e aprendosi alle culture del mondo
intorno, a partire da quella ellenistica, si fecero costruttori di ponti sociali. L’Unione
Europea di oggi può essere considerata il gioiello prezioso di pace a cui i cristiani
democratici europei hanno dato un rilevantissimo contributo, come la vita di
Sassoli ha dimostrato.
Mario
Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli