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Vie nuove
In occasione dei cammini sinodali in corso per la riforma della Chiesa, quello
che riguarda tutte le Chiese del mondo e
quello per le Chiese italiane, si pensa grosso modo di organizzare convegni,
tavole rotonde, incontri con la gente, come si è sempre fatto. Nelle parrocchie
probabilmente l’importanza maggiore sarà data però alla routine, le
messe, la formazione dei giovani per i sacramenti, battesimi, confessioni,
funerali, le attività di solidarietà sociale. Di fatto, dei Sinodi non mi pare
che si parli, al di fuori degli ambienti dei dirigenti di associazioni e
movimenti.
In realtà, quello che, a tutti, viene
chiesto va molto al di là di questa prospettiva piuttosto limitata ed emerge
chiaramente da ciò che il Papa va dicendo di questi tempi. Infatti si sta attuando,
prima ancora di progettarla compiutamente, una riforma della nostra Chiesa, e a livello mondiale: un
processo grandioso e veramente epocale. Né nel Documento preparatorio né nel relativo Vademecum diffusi lo scorso
settembre è spiegato con sufficiente chiarezza.
A differenza di ciò che è accaduto nel
passato, la sperimentazione precede la teorizzazione, e in quest’ultima si vuole imparare dalla prima.
Insomma si cerca di dar fondo a tutte le risorse umane delle nostre
Chiese. Da dove verrà l’idea giusta per cambiare? Probabilmente non dalle
nostre Chiese, che appaiono molto in ritardo e ancora non molto coinvolte in
questo processo. La Chiesa tedesca, che da tempo ha in corso un suo proprio
sinodo e che di questo modo di procedere ha accumulato lunghe esperienze,
probabilmente darà contributi più importanti, così come, per le stesse ragioni, le Chiese latino
americane riunite nel Consiglio Episcopale Latino Americano. L’Assemblea
generale del Sinodo del vescovi programmato per l’ottobre 2023 potrebbe avere un
rilievo molto vicino a quello di un Concilio ecumenico
Si vorrebbe che, da subito, si iniziasse ad essere e fare Chiesa in modo diverso da ora, in particolare
noi persone laiche. Ci sentiamo a posto
quando andiamo in chiesa, vale a dire partecipiamo con una certa
regolarità alle messe, specialmente quelle domenicali e le altre festive. Il di
più pensiamo che riguardi preti e
religiosi, intesi come monaci e monache, frati e suore. Del resto, la chiesa
non è forse la casa dei preti? A casa loro fanno ciò che credono.
Anche noi non facciamo lo stesso a casa nostra?
Alcuni teologi propongono di abbandonare il
termine laico per definire la gran parte del popolo di chiesa, quella di
coloro che non hanno ricevuto il sacramento dell’ordine o non sono stati
consacrati come religiosi. In sostanza viene utilizzato per definire i non-chierici.
Progressivamente, con lo sviluppo della teologia universitaria, dal Duecento, è
passato a significare anche incolto, ignorante. Ed, in effetti,
come negarlo?, a volte lo si è, a confronto dei chierici. A nostra scusa,
bisogna osservare che spetterebbe a loro istruirci, ma in genere non lo si fa
abbastanza, o non lo si fa proprio. Da dopo il Concilio Vaticano 2° la
situazione è andata un po’ migliorando, ma complessivamente non va bene. Del
resto, si osserva, perché una persona laica dovrebbe saperne di più di ciò che
impara da bambino, per fare la
Prima Comunione? A che le servirebbe? Ecco, appunto, in un documento di quel
Concilio come la Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium
et spes – La gioia e la speranza viene spiegato il perché. Venne definita pastorale proprio perché
dava direttive per intervenire nel mondo contemporaneo: i cristiani, tutti,
anche le persone laiche, dovrebbero ordinarlo
secondo Dio. Il clero e i religiosi
si sono dati certamente da fare in questo campo. Ma, fin dall’antichità, fecero
la loro parte anche persone laiche: nella definizione delle nostre principali
verità di fede, che proclamiamo nelle messe domenicali nel “Credo”, ebbero un
ruolo molto importante gli imperatori Costantino 1° e Teodosio 1°, vissuti nel
Quarto secolo, che convocarono e
presiedettero Concili ecumenici importantissimi, quelli di Nicea (325) e
Costantinopoli (381). Un imperatore del Sacro Romano Impero, Sigismondo di
Lussemburgo, laico anche lui, fece convocare e influì in modo determinante sul
Concilio di Costanza (1414-1418), nel corso del quale furono deposti tre Papi
che regnavano contemporaneamente. I chierici e religiosi che influirono nel mondo,
e che quindi non rimasero solo gente di chiesa, sono una serie
sterminata. Innanzi tutto i Papi romani da Leone Magno, il quale regnò nel
Quinto secolo, a papa Francesco. Fino a Pio 9° i Papi furono anche sovrani di
un piccolo stato nell’Italia centrale con capitale Roma e successivamente si
accanirono contro il Regno d’Italia e la sua democrazia, fino a quando non vennero
a patti con Benito Mussolini, e
poi ordinarono all’Azione Cattolica di costruire un nuovo regime democratico in
Italia; negli anni Sessanta diedero il nulla osta per governi di centrosinistra. Il papa Giovanni Paolo 2° sostenne una rivoluzione anticomunista
nella sua Polonia, scrivendone il suo manifesto ideologico nell’enciclica Mediante il lavoro – Laborem exercens, del 1981. Uno dei principali partiti
politici italiani ebbe come segretario politico, alla sua fondazione, un prete,
don Luigi Sturzo, e si rifaceva all’ideologia di democrazia cristiana formulata da un altro prete, don Romolo
Murri. Nel Seicento, i cardinali Armand-Jean du Plessis duca di Richelieu e Giulio Raimondo Mazzarino furono
spregiudicati primi ministri dei Re di Francia.
Dal
Seicento il ruolo politico della Chiesa venne attenuandosi e il clero prese a
governarla in maniera sempre più totalitaria, mentre le persone laiche si
facevano gli affari loro nel mondo, al tempo in cui cadde nel dominio delle
potenze europee. Si cercò anche di spiegare il perché dovesse essere così, ma le spiegazioni che si diedero, e che
tuttora ancora si danno, non sono del tutto convincenti. La consacrazione,
in particolare sacramentale, darebbe a clero e religiosi una marcia in più. Ma anche il
matrimonio, che nella Chiesa latina, è cosa da laici, a parte i diaconi, è un sacramento. E l’incoronazione dei re cristiani era, ed è
ancora, inserita in una liturgia che ne prevede la consacrazione: si dice che
regnano per Grazia di Dio. I monarchi Savoia, nello Statuto del 1848,
fecero aggiungere anche per volontà della nazione.
Si consacra quando si vuole dire che un compito è talmente
importante che occorre avere un particolare aiuto dal Cielo e quindi, per
svolgerlo, non basta decidere di dedicarvisi o esservi nominati da qualcun altro. Di
solito si consacra quando quello che si fa ha un particolare significato
religioso, ma non sempre si tratta delle cose più importanti. Costruire quasi
ottant’anni di pace europea sarà bene un risultato importante? Eppure lo hanno
fatto, con un ruoli determinanti, cristiani non consacrati. Decidere chi, che
cosa, come e perché consacrare sono decisioni che dipendono dai tempi, ma,
certo, si è creato una certa tradizione in questo, e ne va tenuto conto, perché
da noi si fa così, anche questa, l’onorare le tradizioni è una nostra
tradizione. Ad esempio, il matrimonio lo si è consacrato molto dopo
l’aver iniziato a consacrare il clero e i religiosi. E’ un sacramento di cui,
si insegna, ministri sono
i coniugi, i quali, con la loro decisione d’amore, creano una realtà
addirittura indissolubile (il clero assiste).
Fare un figlio è una decisione molto importante, ma non si è
mai pensato di consacrarlo, anzi. Si preferisce sorvolare su come lo si è
fatto. Poi, certo, c’è il battesimo, che non è un’esclusiva di consacrati: ogni
cristiano lo può impartire e a me, non so se si faccia ancora, a catechismo
insegnarono come battezzare, e ne fui veramente orgoglioso, perché ne avevo compreso l’importanza.
Se ne è discusso anche nel Concilio Vaticano
2°, addirittura in una Costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen gentium – Luce per le
genti, nella quale si
legge, al n.32:
La santa Chiesa è, per divina
istituzione, organizzata e diretta con mirabile varietà. «A quel modo, infatti,
che in uno- stesso corpo abbiamo molte membra, e le membra non hanno tutte le
stessa funzione, così tutti insieme formiamo un solo corpo in Cristo, e
individualmente siano membri gli uni degli altri » (Rm 12,4-5).
Non c'è quindi che un popolo di Dio scelto da
lui: « un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo » (Ef 4,5); comune è
la dignità dei membri per la loro rigenerazione in Cristo, comune la grazia di
adozione filiale, comune la vocazione alla perfezione; non c'è che una sola
salvezza, una sola speranza e una carità senza divisioni. Nessuna ineguaglianza
quindi in Cristo e nella Chiesa per riguardo alla stirpe o nazione, alla
condizione sociale o al sesso, poiché « non c'è né Giudeo né Gentile, non c'è
né schiavo né libero, non c'è né uomo né donna: tutti voi siete uno in Cristo
Gesù» (Gal 3,28 gr.; cfr. Col 3,11).
Poco prima, al n.31, troviamo la
formula, che ho riportato nelle mie FAQ sull’Azione Cattolica che ogni anno diffondo
di questi tempi, debitamente aggiornate:
Col nome di laici si intende qui l'insieme dei cristiani ad esclusione
dei membri dell'ordine sacro e dello stato religioso sancito nella Chiesa, i
fedeli cioè, che, dopo essere stati incorporati a Cristo col battesimo e
costituiti popolo di Dio e, nella loro misura, resi partecipi dell'ufficio sacerdotale,
profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel
mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano.
che riecheggia la
vecchia idea delle persone laiche come non-chierici, appiccicandovi però anche la parte della missione propria di tutto il popolo
cristiano. Una formula di
compromesso, all’evidenza, che si adottò per cercare di ottenere il consenso
più ampio possibile, secondo lo spirito sinodale. Essa però fu l’ancora a cui
ci si appigliò per continuare a tenere le persone laiche, nella Chiesa sì, ma nelle chiese come semplice platea passiva,
oggetto di cure. In chiesa ancora oggi si entra un po’ da ospiti, in
punta di piedi, sempre timorosi di fare qualcosa di eccessivo o di
sconveniente. La sinodalità della quale parla e scrive papa
Francesco vorrebbe farci entrare in
chiesa secondo una medesima
dignità e corresponsabilità, come persone realmente partecipi di una comunità.
Egli ci invita a praticarla subito, questa sinodalità, ancor prima di
teorizzarla compiutamente, per vedere come va e studiare come farla al meglio
sulla base dell’esperienza fatta.
Una
via nuova, certo.
Ma
quanti ne sanno abbastanza?
Il
primo problema è fare tornare la gente in chiesa, in particolare durante la
pandemia.
Ma il
modo più giusto è poi quello della sagra paesana? La religiosità
popolare è fatta anche di questo, lo sappiamo. Bisogna dire che, però, noi
siamo gente di città. E anche, che, in tempi di ondata pandemica in rialzo,
convocare gente a mangiare, bere, cantare e via dicendo, può presentare dei
rischi, se non si osservano rigorosamente le precauzioni raccomandate dalle
autorità sanitarie, cosa non facile da ottenere quando si sta festosamente
insieme. Dunque si dovrebbero trovare altri modi, inserendo anche qualche
informazione di più su quello che la nostra Chiesa, insieme a tutte le Chiese
del mondo, sta vivendo e organizzando.
Il
primo scoglio degli animatori sociali,
spesso fonte di gravi frustrazioni, è quello di motivare le persone a venire in chiesa al di fuori dei doveri
liturgici, del cosiddetto precetto festivo.
Per
concludere: sto rivedendo le FAQ sull’Azione Cattolica che fra qualche giorno
pubblicherò su questo blog: cercherò di dare una nuova definizione delle
persone laiche, sulla scorta di ciò che da qualche mese sto leggendo per
prepararmi ai cammini sinodali.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San
Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli