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Metodi di sinodalità - 6 -
Persone laiche e clero
Sulla via della sinodalità si incontrano le
spinose vecchie questioni tra persone laiche e clero. E in materia la nostra
Azione Cattolica ha maturato un’esperienza molto significativa, che non
troviamo nelle Azioni Cattoliche di altre nazioni.
L’Azione Cattolica è un’associazione di
persone di fede che non appartengono al clero. Nel 1906, in Italia, la si volle istituire
come gerarchicamente sottomessa al clero. Così fu anche per le Azioni
Cattoliche di altre nazioni. La riflessione su una Chiesa più partecipata da tutte le persone di fede prese spunto in Germania, che ha una grande tradizione
teologica, proprio dalla critica dell’organizzazione dell’Azione Cattolica come
rigidamente sottomessa alla gerarchia del clero.
La gerarchia è tale perché esercita poteri sacri
esclusivi. Innanzi tutto quello di creare ulteriori propri membri. Poi quello di definire
la fede in un modo che le altre
persone devono accettare e,
collegato a questo, quello di giudicare se la fede espressa dalle altre persone
è giusta o non, vale a dire quello di confermare le altre persone nella fede. Poi la consacrazione nell’Eucaristia e il potere di rimettere i
peccati. Storicamente la gerarchia ha però accentrato anche ulteriori poteri
che non rientravano in quelli che le sono essenziali, ad esempio ha posseduto
un regno nell’Italia centrale e ancora ne possiede un simulacro. Il parroco è,
per le leggi canoniche e civili, legale rappresentante della parrocchia, ma questo non è l’essenziale
del suo ministero e non ci sarebbero, in via di principio, impedimenti perché
lo fosse una persona non ordinata: il parroco, però, rimarrebbe pastore,
perché questo gli è essenziale. Questo ufficio del pastore, quel
particolare legame di un apostolo con una comunità, risale alle origini,
sicuramente, e addirittura al Maestro. Ma non era scritto da nessuna parte che
un pastore fosse il re di
Roma e, per la verità, neanche che si
dovesse andare a conquistare Roma, o anche Gerusalemme, nel senso di fondarvi uno stato. Lo stesso
discorso vale per quelle diocesi che storicamente furono organizzate come
principati e anche per gli ordini religiosi che ebbero una configurazione
giuridica analoga. La situazione attuale è che le strutture ecclesiastiche,
istituzioni, beni, personale dipendente sono ancora tutte nelle mani del clero e le altre persone di fede talvolta vi collaborano
come consulenti, ma in genere accedono come pubblico. Essa ha avuto uno sviluppo
storico, certo - nel Primo secolo ad esempio il Papa di Roma non fu l’imperatore
che volle divenire nel Millennio successivo -, ma sicuramente risale ai primi
secoli, al tempo in cui le Chiese cristiane cominciarono a darsi
un’organizzazione complessa, territoriale, ad avere beni da amministrare e si
integrarono in una vasta rete di intese, coordinata mediante sinodi e concili,
e insomma si prepararono a durare, avendo preso consapevolezza che la
fine della storia era piuttosto di là da venire. Su questo poi incise la
spettacolare riforma istituzionale attuata nell’Impero romano, nel Quarto secolo, da Costantino 1°, che ebbe due connotati
maggiormente significativi: il trasferimento del centro nevralgico dello stato a Bisanzio /
Costantinopoli, in Tracia, nel sofisticato ambiente ellenistico, e l’assunzione
del cristianesimo come ideologia politica del nuovo stato, che proprio in
quell’ambito venne definita, dandoci il Credo che ancora oggi recitiamo a messa.
In Italia il Papato contrastò aspramente
l’unificazione nazionale che, nell’Ottocento, venne condotta dalla monarchia
sabauda e dal movimento rivoluzionario organizzato da Giuseppe Mazzini, del
quale Giuseppe Garibaldi, audace, violento e spregiudicato comandante guerrigliero, era adepto.
Persa la guerra, spossessato del suo regno con capitale Roma, abbandonato dalle
monarchie europee con le quali si era federato e che si stavano estenuando fronteggiandosi
in Europa centrale, il Papato decise di fare forza
sui movimenti popolari che in Italia si erano andati organizzando
spontaneamente in difesa delle sue rivendicazioni politiche, un sorta di
partito popolare guelfo, per
influire con agitazioni di massa sulle politiche italiane. Prima ordinò che lo si facesse rimanendo
fuori dalla nuova democrazia italiana, poi, appunto istituendo l’Azione
Cattolica in Italia, con l’enciclica Il fermo proposito, del 1905,
ordinò invece di organizzarsi per partecipare. L’Azione cattolica fu fondata
con gli statuti del 1906 anche come partito di massa e sindacato ai comandi del Papa, primate d'Italia. Aveva infatti anche una Unione
elettorale, per organizzare il voto, e una Unione Economica
sociale, che organizzò molteplici iniziative economico-sociali riconducibili
alla Chiesa, svolgendo oltre alle funzioni di un sindacato, anche quelle di
mutuo soccorso, imprese cooperative, banche popolari. Ad un certo punto, dal
1929, il Papato si intese con il fascismo mussoliniano, che dal 1928 aveva
egemonizzato la politica del Regno d’Italia, dal quale, con i Patti Lateranensi
del 1929, firmati da Benito Mussolini per il Regno d’Italia e dal cardinale
“Segretario di stato” Pietro Gasparri
per la Santa Sede, riebbe una specie di stato in un quartiere romano,
ingenti indennizzi, l’esclusivo dominio su diverse altre parti di Roma,
immunità per i gerarchi della Santa Sede, una condizione di privilegio per
clero e religiosi che vennero esentati dal totalitarismo fascista, a fronte
dell’impegno del Papato di tener fuori l’Azione Cattolica, e il resto dei
movimenti, associazioni e confraternite laicali, dalla politica, che si voleva
esclusivamente fascistizzata. Quest’impegno non fu del tutto onorato dal
Papato, perché, nei cosiddetti rami intellettuali dell’Azione Cattolica, in particolare dedicati
agli universitari e ai laureato, mantenne un’azione di formazione alla politica
indipendente. Quando, tra il ’38 e il 39, il Papato venne, come dire, ai ferri
corti con il regime, per la questione della persecuzione agli ebrei, motivata
con pregiudizi etnici che finivano per colpire le stesse persone del Maestro e
degli apostoli, tutti ebrei, e per quella dell’intervento dell’Italia nella
guerra mondiale, al quale il papa Pio 12° fu fortemente avverso, il Papato
ordinò all’Azione Cattolica, con una serie di radiomessaggi tra il 1942 e il 1945, di costruire un nuovo stato
democratico. Ciò che fu fatto.
Ora bisogna capire bene questo: questa
costruzione di un nuovo stato democratico fu realizzata dai cattolici italiani con notevole autonomia, anche
perché la Curia vaticana e, in genere il clero, in fondo diffidavano della
democrazia e non ne avevano grande esperienza diretta (tuttora il Magistero non
ha elaborato una teologia della democrazia), avendola avuta in genere
come avversaria dagli inizi dei processi democratici moderni, da fine Settecento.
In questo lavoro il laicato italiano svolse quindi, a
partire proprio dall’Azione Cattolica, propriamente, un’azione di Magistero
laicale per l'acculturazione alla democrazia della Chiesa italiana, che riguardò anche la definizione di principi di azione sociale, quindi quel
pensiero sociale che rientra nella teologia morale e, per quella via, nella dottrina
sociale un volta assentito dal Magistero (l’insegnamento di Papa e vescovi):
essa diede i suoi frutti e orientò non solo il popolo, ma anche il clero,
Papato compreso. Del resto, Giovanni Battista Montini, divenuto Papa nel 1963,
nel mezzo del Concilio Vaticano 2°, era stato uno di quei grandi preti italiani
che avevano avuto maggiore confidenza con gli intellettuali laici del popolo
impegnati nella progettazione e costruzione sociale. Gli storici, nel ricostruirne la biografia prendendo spunto dalla sua beatificazione, hanno fatto acquisire maggiore consapevolezza di quanto la nuova democrazia repubblicana italiana sia anche, direttamente, opera sua.
Nel ’68, con l’approvazione del nuovo statuto
dell’Azione Cattolica, sotto la presidenza di Vittorio Bachelet, questo nuovo
modo di vivere e fare Chiesa
da persone laiche divenne dottrina sociale. In quello statuto l’Azione
Cattolica, parte viva della e nella Chiesa, venne definita un’esperienza
popolare e democratica.
Questo spiega perché nel laicato italiano, e
in particolare in Azione Cattolica, certe rigidi confini che in teologia si
proponevano (e ancora talvolta si cerca di proporre) tra campo dei clero e dei religiosi, quello della Chiesa e delle
cose dello Spirito, e quello del laicato, vale a dire il mondo di fuori, profano,
vengono vissuti con una certa
insofferenza e sentiti anche come insensati, perché la Chiesa è nel mondo, e clero, religiosi e laici sono chiamati
ad uno stesso obiettivo: trasformare il mondo ordinandolo secondo Dio, detto con il lessico del
Concilio. I preti italiani sono stati tanto nel mondo, in Italia, da aver collaborato a
costruirla com’è oggi e le persone laiche, nel collaborare a loro volta in
quell’opera, hanno detto di averlo fatto ascoltando lo Spirito e come
Chiesa, in particolare nell’Azione
Cattolica italiana. Il fatto che nella costruzione sociale vi possano
essere diversità di vedute non spaventa perché non separa veramente dal punto
di vista religioso: una Chiesa sinodale è l’ambiente nel quale, nel dialogo e
nella preghiera, si mantiene sempre l’unità sull’essenziale, e questo è
veramente ciò che venne fuori dall’ultimo concilio. Di tutto questo spesso si
sa poco, e non se ne vuole nemmeno sapere di più. Talvolta si vorrebbe
pretendere di cancellare tutto, compreso il Concilio, di ripartire a zero, ma,
attenti!, così facendo, in realtà, si tornerà veramente a zero, come in effetti, sotto certi
aspetti, purtroppo, sta accadendo. Risollevarsi, allora, non sarà facile.
Quello che ho osservato spiega, infine, il
lungo e pervicace contrasto sviluppato dagli anni ’80 da movimenti
fondamentalisti e integralisti nei
confronti dell’Azione Cattolica italiana, che si è tentato di sostituire come
via per la formazione religiosa delle persone laiche secondo lo spirito del
Concilio, ostacolandone il ricambio generazionale, inducendo nei suoi confronti, purtroppo sull’esempio
della peggior storia dei cattolici, sospetti di eresia e di indisciplina,
cercando di oscurarne la realtà di istituzione democratica di massa, quale ancora
è, inscenando episodicamente grandi raduni di gente davanti ai Papi e ai vescovi, vere prove
di forza. L’Azione Cattolica Italiana è già infatti Chiesa sinodale secondo il Concilio e
in essa si vuole colpire proprio quest’ultimo. Ma al centro della disputa non è
più tanto la questione dei ruoli del clero e delle persone laiche, quanto
proprio quella della sinodalità, che significa riconoscimento della pari
dignità dei fedeli cristiani nell'essere Chiesa, mentre da fondamentalisti e integralisti li si
vorrebbe distinguere tra quelli, clero, religiosi e persone laiche, che si
conformano ai loro totalitarismi religiosi e quelli che non accettano di farlo.
Secondo fondamentalisti e integralisti c’è un solo modo di essere Chiesa: aggregarsi a loro.
Mario
Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli