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Prospettive
Il lavoro sinodale che
papa Francesco sta cercando di far iniziare si presenta come veramente epocale.
Non c’è mai stato nulla di simile in passato, dobbiamo esserne ben consapevoli.
Se ci fosse stato, non so, però, se sarebbe finita bene.
Di
solito tendiamo a sopravvalutare il passato, in particolare quello più antico,
e a considerarci peggiori di quelli che sono vissuti prima. In realtà,
sotto molti aspetti, siamo molto
migliori. La storia delle nostre Chiese contiene infatti molta violenza, che
ora non c’è più, e in particolare molto
violenza politica che si è manifestata, in particolare, in occasione di sinodi e
concili.
Vescovi
e teologi tengono molto a precisare che lo spirito sinodale non è democratico,
intendendo che la democrazia sarebbe qualcosa di meno della sinodalità e la
inquinerebbe. Considerando le esperienze ecclesiali del passato non posso
condividere questa idea. La sinodalità che si manifesta oggi nelle Chiese
contemporanee appare, per nostra buona sorte, molto inculturata dalle
concezioni democratiche, in particolare da quelle che si sono sviluppate dopo
la Seconda guerra mondiale in Europa, in molti aspetti molto diverse da quelle
che caratterizzarono le precedenti esperienze democratiche moderne. In
particolare nelle democrazie di impostazione più recente si è molto lavorato
sull’idea di pace come diritto
umano fondamentale e obiettivo storico-politico concreto. Le Chiese
cristiane, in particolare quelle dell’Europa occidentale, hanno seguito in
questo un magistero sociale nel quale i
fedeli cristiani hanno avuto un ruolo molto importante e si sono trascinati
dietro i pastori, che in passato avevano benedetto ogni armata e ogni guerra,
ben consapevoli tuttavia che si trattasse di inutili stragi, dal punto
di vista dei sudditi naturalmente. Nessuna guerra è mai stata inutile dal punto
di vista di chi governa, se ne sono sempre trovate valide giustificazioni,
spesso ricoperte di sacro. E’ proprio questa nuova concezione sulla pace, di
derivazione democratico popolare (non basta essere democratici per avversare la
guerra, ma occorre anche empatia con chi ne è vittima), che ci rende migliori.
Gli
studi storici sulle Chiese cristiane, in particolare quelli sulle epoche
antiche, sono molto progrediti: ora vediamo più chiaro, e quello che vediamo
non è certamente un bello spettacolo. Alle origini si fu particolarmente
bellicosi, nonostante che nelle aree di prima diffusione dei cristianesimi si
fosse in minoranza. Mi ha sempre sorpreso constatare che per gran parte del
Quarto secolo, al quale praticamente ogni cosa delle nostre Chiese risale, il
passato essendovi stato reinterpretato innovativamente, i cristiani, per quanto molto determinati
nelle loro convinzioni, fino alla pervicacia di farsi massacrare per negare un
atto formale di sottomissione politica più che religiosa, fossero ancora in minoranza, tra le
popolazioni dell’impero romano. La più antica religione politeistica era ancora
largamente praticata. L’imposizione del cristianesimo come religione di stato,
che si ebbe sotto l’imperatore Teodosio 1° tra il 380 e il 392 fu
sostanzialmente un atto di violenza politica. E si continuò in quel modo, ad
esempio nell’evangelizzazione del continente americano, che fu particolarmente
feroce. Leggendo i principi che vengono
posti a base della sinodalità che
oggi ci viene proposta, riassunti nei documenti di papa Francesco, capiamo che
la via che viene indicata è molto diversa dal quel passato, si discosta da quella
efferata tradizione, mettendo al centro l’idea di dignità della persona umana. In particolare tra essi vi è l’accettazione
del pluralismo e della diversità.
Quando
si parla di sinodalità, gli esperti fanno riferimento alla dottrina trinitaria,
una parte della teologia molto suggestiva ed espressa da una letteratura
affascinante, ma che io non riesco a separare dalla sconvolgente violenza
politica in mezzo alla quale riuscì ad affermarsi come oggi la proclamiamo. Quindi preferisco, nell’immaginare il da farsi
in questi cammini sinodali che ci vengono proposti, volare più basso, anche
perché di teologia sono solo un orecchiante, ne sono sommariamente informato,
ma non sono in grado di parlarne con competenza e, per la verità, nemmeno mi
interessa farlo. Si tratta di trovare un accordo di pace tra gruppi tra i quali
c’è una forte tensione, e considero il clero uno di questi gruppi, considerato
nella sua dimensione sociologica. Non è realistico attendere questa pace solo dal
Cielo, bisogna cominciare a sbrogliare da noi certi nodi, in particolare
distaccandoci da un passato poco onorevole sotto tutti i punti di vista.
Ma ci
troviamo a fronteggiare anche una realtà che, certamente nota nelle sue
dinamiche e anche nelle sue origini, ci potrebbe privare della possibilità di procedere:
semplicemente lo svanire del Popolo di Dio.
Certo,
c’è ancora un certo movimento intorno alla religiosità dei santuari miracolanti,
che ha questa caratteristica: si va sostanzialmente da penitenti, sottomessi a
clero e religiosi che si fanno mediatori con lo straordinario, il
soprannaturale che sembra avvicinarsi al mondo. Si va e si porta solo se
stessi, tutto il resto che conta di ciò che si fa fuori rimane fuori, e quindi
poi non cambia nulla. La religiosità popolare, intesa come credulità, è
ancora molto diffusa. Essa è stata incoraggiata da clero e religiosi: in questo
senso è uno strumento del loro potere religioso, del governo mediante il sacro.
Tuttavia, quel fermento di popolo che dall’età
europea dei Comuni fino agli scorsi anni ’80 animò la socialità religiosa rendendola veicolo di
riforma sociale dal basso, quella religiosità realmente partecipata ed
espressione di modi diversi e più umani di convivenza duramente perseguitata
dalle autorità religiose costituite per tutto il Secondo Millennio, è sempre
meno avvertibile. Però ora la si vorrebbe al centro dei processi sinodali che si
sta tentando di avviare, sinora con scarso successo, mi pare (ma siamo ancora
al principio). Manca la gente. Ma mancano anche le idee. I ragionamenti sulla
sinodalità ecclesiale che vado leggendo nei numerosi scritti divulgativi sul
tema che stanno uscendo mi pare siano in gran parte minati da intenti omiletici,
non si confrontano realmente con la tremenda storia delle nostre Chiesa, con
tutta la sua efferata violenza, scaturita anche in occasione di eventi
sinodali. Tra i cattolici l’ultima fase repressiva, attuata pervicacemente dagli
scorsi anni ’80, è stata particolarmente efficace. Difficile superarla. La raffica
di beatificazioni degli ultimi pontefici ci chiude la bocca, e allora è inutile
parlare di dialogo.
La
nostra fede, per come essa è imposta ai tempi nostri, si rivela inutile per
raggiungere gli obiettivi indicati dal Papa nei suoi documenti magisteriali. Viverla
in modo diverso, prima ancora di pensarla,
può rivitalizzarla? Il Popolo di Dio può essere nuovamente radunato? Lo scarso
entusiasmo tra clero e religiosi italiani per il processo sinodale appena
iniziato rende chiaro che i pastori non ci credono. In realtà temo che se ne
attenda il trapasso sperando che si cambi il meno possibile. Del resto,
probabilmente, chi si è formato in teologia negli ultimi qurant’anni nemmeno
riesce a immaginare che si possa veramente essere diversi.
Bisogna
anche dire che quello che ho chiamato magistero sociale, la capacità di pensare
la riforma sociale in senso umanitario da parte delle forze democratiche, in
particolare quelle europee, sta appannandosi. Sembra che si tenda a
recuperare schemi del passato. Sul mondo si addensano nuovamente nubi di
guerra, anche ai confini della nostra Europa. Ai cittadini europei si è insegnato
a fare da sé, ciascuno per sé, e così si fa in genere. Il pensiero
critico è svalutato, si preferisce schierarsi dietro figure forti, che non tarderanno a pretendere
una sacralizzazione del loro potere.
Sabato ci siamo riuniti come gruppo sinodale
in parrocchia e mi pare sia risaltato che eravamo in pochi. E non abbiamo
veramente l’idea di come coinvolgere le altre persone di fede. Ma, forse, non
crediamo nemmeno che serva. Penso che la gente che ancora viene in chiesa
sia tutto sommato della stessa opinione.
Eppure
abbiamo ancora tra le mani il vangelo. In passato si è rivelato una forza molto
potente, non del tutto controllabile dalla dogmatica di regime.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente
papa – Roma, Monte Sacro, Valli