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Manuale di sinodalità
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L’incontro sinodale
Affronto il tema dell’incontro sinodale tenendo
conto delle condizioni in cui sarà tenuta la nostra assemblea sinodale di
domenica 5 dicembre, che sono costretto a stimare approssimativamente non
conoscendo nulla della fase preparatoria, se mai c’è stata. Sicuramente i
fedeli convocati non hanno finora avuto alcuna informazione su ciò che ci si
propone di fare. Queste premesse sono obiettivamente sfavorevoli, ma non c’è
tempo per rimediare. Ci si potrà pensare per le prossime volte, se si è deciso o si deciderà che ci saranno.
Osservo che, per organizzare la sinodalitá,
anche la preparazione delle attività dovrebbe essere sinodale, vale a dire
partecipata e pubblica. Se tutto viene deciso, senza minimamente informarne la
comunità, dai preti e dai consulenti che
essi si sono scelti, si comincia male. La sede di queste decisioni, in base al
diritto canonico, dovrebbe essere il Consiglio pastorale parrocchiale,
la cui istituzione è obbligatoria nella Diocesi di Roma. Ciò implica
naturalmente l’obbligatorietà della sua “manutenzione” e anche del suo regolare
esercizio. In ciò nella nostra parrocchia siamo in difetto. La responsabilità è
di noi tutti parrocchiani, ma quella delle persone laiche e più grave perché
siamo la stragrande maggioranza del popolo della parrocchia. E non dobbiamo
accampare scuse in merito perché, almeno noi adulti, siamo abituati ad
esercitare i nostri diritti e doveri democratici nella società civile e quindi
non abbiamo alcun pretesto di fare i finti tonti e la figura di chi cade dal
metaforico pero. I ragazzi più
freschi di studi, un privilegio non comune nel mondo quello di poter
raggiungere gratuitamente l’istruzione superiore, devono rimproverarsi di non
aver saputo mettere a frutto ciò che hanno imparato a scuola. Non era stato
forse detto loro che studiare serviva a poter partecipare alla società? E la
Chiesa non è forse parte della società? Noi adulti, poi, siamo pigri. Pretendiamo,
in religione, di farci portare per mano come i bambini. Poi, allora, abbiamo
ciò che ci meritiamo. La Chiesa, però, così sta andando in rovina. La realtà è
esattamente questa; non mi convincono le chiacchiere confuse degli spiritualisti.
Occorre darsi da fare. Se il Consiglio pastorale parrocchiale appare
in fase agonica è colpa nostra che non ne abbiamo avuto cura. Come potevamo
pensare che provvedessero i preti, quando quell’organismo è pensato proprio
limitarne i poteri, insomma come antidoto al clericalismo del clero? Naturalmente,
visto che pareva non interessarci, l’hanno lasciato scivolare in obsolescenza.
Ora che ci servirebbe, ci troviamo in impaccio.
Abbiamo un riferimento per prevedere che si
farà all’assemblea sinodale del 5 dicembre, vale a dire ciò che si fece nella Quaresima del 2016, per tentare una
ricomposizione della frattura radicale tra le componenti della parrocchia di
orientamento fondamentalista, conciliare e spiritual/devozionale, esperimento
abortito essenzialmente a causa del partito fondamentalista che disse che della
riconciliazione non sentiva alcuna necessità, in fondo ricambiato. Nessuna
meraviglia, perché la storia della nostra Chiesa è piena di fatti del genere,
si ebbe infatti l’anatema facile
nonostante tutta la sinodalitá che si predicava e anche si provava a praticare, ora va meglio perché la consuetudine con i
principi democratici evita certe efferatezze, le quali, almeno nei confronti
delle persone laiche, in genere
rimangono a livello di chiacchiere e letteratura (a preti e religiosi va
peggio). Insomma all’epoca si fece una assemblea nella Chiesa parrocchiale, con
una sorta di liturgia della Parola, e poi ci si divise in gruppi estemporanei
di discussione. Mi parve che la presenza nei vari gruppi dei capi delle
aggregazioni laicali che abitavano la parrocchia coartasse un po’ la libertà d’espressione. Ma
bisogna anche osservare che le persone non sapevano che dire, perché non si era
presentato loro un progetto chiaro di attività. Tutti s’era d’accordo di
volersi bene alla lontana, comunque. La situazione è ancora questa. Di fatto
essa impedisce di allargare e intensificare il coinvolgimento della gente del
quartiere alle attività parrocchiali, anche se indubbiamente ha ripreso a
venire numerosa in chiesa e ad affidarci tanti giovani per la formazione
religiosa di base. Questo risultato va ascritto a merito dei preti, diaconi e
catechisti che hanno lavorato con grande impegno dall’autunno del 2015, quando si
è iniziato a correggere alcuni problemi, molto evidenti, che si erano
manifestati. Due anni prima era venuto in visita pastorale da noi l’Ausiliare
di Settore, nel corso di un’assemblea nella Chiesa parrocchiale aveva potuto
avere un panorama affidabile delle idee che circolavano in parrocchia e,
sembra, da alcune di esse era parso un po’ scioccato.
Questa volta sarebbe bene che si impiegasse
un po’ di tempo, diciamo una decina di minuti, per spiegare a)chi ha deciso di
convocarci, b)perché siamo stati convocati, c) che cosa ci si propone di
ottenere da noi. Infatti, dalle domande che ho sentito fare in giro, mi pare
che in genere non si sappia nulla in merito. Questo, naturalmente, non riguarda
il nostro gruppo di Azione Cattolica, in cui da tempo stiamo approfondendo e in
merito sono state diffusi due manualetti, uno di settanta pagine e l’altro,
molto sintetico, di sei. Inoltre abbiamo già preso a riunirci come gruppo
sinodale.
Chi ha deciso di convocarvi? Il Papa.
Perché siamo stati convocati. Per ascoltarci
come comunità, non individualmente, uno per uno, come in un sondaggio
demoscopico. La parrocchia ne riferirà in Diocesi, quest’ultima alla Conferenza
episcopale nazionale e,poi, da qui si arriverà a una sintesi per Continenti e,
infine,tutto perverrá all’esame del Sinodo dei vescovi della Chiesa cattolica:
questo per il cammino sinodale mondiale del quale si farà sintesi nell’ottobre 2023. Quello nazionale durerà
più a lungo, fino all’ottobre 2025, e prevede altri momenti di ascolto.
Che cosa ci si attende da noi? Che ci
esprimiamo liberamente, dialogando tra noi, fino a mettere a punto una sintesi
che corrisponda ad impegni collettivi, cercando di creare, come frutto del
dialogo, che implica stabilire relazioni tra i dialoganti, il più ampio
consenso sugli impegni collettivi che saranno decisi dal gruppo e nel gruppo. Questa
appunto è sinodalitá.
Si partecipa all’attività in quanto Popolo
di Dio. Questa è un’espressione con una forte valenza teologica, che non
sto qui ad approfondire. È importante, però, capire questo: di quel popolo fanno
parte tutti coloro che affidano a Cristo la propria vita e la propria speranza.
Quindi anche clero e religiosi. Uno degli scopi della sinodalitá è di sanare
l’emarginazione di clero e religiosi dal Popolo di Dio. Dunque anche
clero e religiosi sono chiamati a partecipare alla consultazione, in
condizione di pari dignità con le altre persone. Ma nella fase di consultazione
non hanno il potere di chiudere la bocca agli altri, perché, altrimenti,
chi fosse costretto a tacere non sarebbe consultato. I nostri vescovi lo
hanno scritto chiaramente: devono essere ammessi alla consultazione non solo coloro
che sono integrati nelle attività ecclesiali, i quali sono sempre meno, ma
anche tutti gli altri, compresi gli emarginati, gli esclusi, i poveri. Se devono
essere consultati, allora si deve riconoscere loro diritto di
parola.
Naturalmente, in occasione dell’assemblea
sinodale del 5 dicembre, non siamo andati a cercare gli esclusi, abbiamo dato
un annuncio in parrocchia, per coloro che volessero venire, e allora
verranno solo quello che già sono integrati in qualche modo, ma, riconoscendo libertà
di parola, si potrebbero comunque avere
delle sorprese. In realtà non si sa che pensano anche gli integrati, perché, in
genere, nella vita ecclesiale non si ha modo di esprimersi veramente.
La missione è al centro del processo sinodale: significa
diffondere il vangelo, che non è tanto una dottrina, come purtroppo non di rado
viene presentato e inteso, ma un modo di vivere e di relazionarsi. In definita
nel processo sinodale ci si confronta con il vangelo e sul vangelo. Le persone
laiche, a causa di consuetudini e concezioni ecclesiali distorte, frutto di degenerazioni
di origine storica, spesso non hanno consapevolezza di praticare il vangelo
nella loro vita e allora pensano di prendere a modello preti e religiosi, i
quali però, nati laici, sono poi stati chiamati a svolgere specifiche e
particolari funzioni nella Chiesa che
hanno accettato di accollarsi al servizio di tutti, ma che non sono
assolutamente le sole ad essere adempimento della missione, né per la loro
specificitá possono essere un esempio
per tutti.
Chiarito questo bisognerebbe esplicitare il
programma delle attività sinodali. Quanti saranno gli incontri? Con quale
periodicità? Come avverrà la sintesi?
Nel caso si preveda un’attività che si
sviluppi fino alla sospensione estiva delle attività, sarebbe bene creare una
specifica organizzazione sinodale, ben distinta dai gruppi arrivi in
parrocchia, che garantisca una certa circolarità del dialogo tra i vari gruppi
e la sintesi. Nell’assegnazione dei vari compiti dovrebbe esserci una certa
turnazione e nessuno dovrebbe rimanere senza un incarico. Ci si deve abituare a
partecipare attivamente ad ogni attività, non rimanendo mai semplice platea.
Tra le varie attività dovrebbe essere compresa quello di ufficio di presidenza,
che sarebbe meglio istituire collegiale e a rotazione, comunque sottoponendolo
al’assenso dei membri del gruppo.
Poiché, nel processo sinodale parrocchiale,
partiamo a freddo, senza alcuna preparazione a ciò che ci si propone di
fare,all’inizio sará necessaria l’opera di animatori, i quali, scrivono
i vescovi italiani nelle loro indicazioni metodologiche, devono mantenere
un profilo neutrale, resistendo alla tentazione della predica, della
catechesi o dell’omelia, e devono proporsi di suscitare autonomia nei gruppi
loro affidati, e, in particolare, la costituzione di uffici di presidenza. Da questi ultimi dovrebbero trarsi le forze
per organizzare assemblee di verifica e sintesi e la circolarità delle
esperienze, con la partecipazione anche ad altri gruppi sinodali, per
condividerne e valutarne i risultati.
Nella costituzione dei gruppi che il 5
dicembre proseguiranno le attività dopo il primo momento di sintesi,
suggerisco, sulla base dell’esperienza:
a)
Di confinare i capi di associazioni,
movimenti, confraternite operanti in parrocchia in un gruppo a sé, perché non
limitino la libertà di espressione dei loro adepti;
b)
Di
organizzare i gruppi per fasce d’età;
c)
Di
scegliere gli animatori solo tra coloro che credono nella sinodalità.
d)
Di
dare indicazioni perché in ciascun gruppo ci sia una persona che si occupi di
stendere per iscritto la cronaca di quello che s’è fatto. Infatti, si ascolta
per riferire, e quindi, prendendo coscienza di come si è come comunità, per cambiare
collettivamente con l’apporto di tutti e tenendo conto di tutti. I gruppi sinodali
non sono proposti come esperienze in cui si pratica l’autocoscienza a fini
di edificazione privata.
Mario Ardigó – Azione
Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli