Metodi di sinodalità – 1-
La sinodalità è un metodo nuovo per la gran
parte dei fedeli. E’ invece la via ordinaria dell’Azione Cattolica. Per questo
possiamo dare un contributo importante in questa fase del cammino sinodale dedicata alla consultazione del Popolo di Dio, in particolare all’ascolto
dei fedeli.
L’obiettivo da raggiungere ci è stato indicato dai vescovi.
La
Chiesa riconosce che la sinodalità è parte integrante della sua stessa natura.
Essere una Chiesa sinodale trova espressione nei Consigli ecumenici, nei Sinodi
dei vescovi, nei Sinodi diocesani e nei Consigli diocesani e parrocchiali. Ci
sono molti modi in cui sperimentiamo forme di "sinodalità" già adesso
in tutta la Chiesa. Tuttavia, essere una Chiesa sinodale non è un’esigenza che
si limita alle istituzioni esistenti. Infatti, la sinodalità non è tanto un
evento o uno slogan quanto uno stile e un modo di essere con cui la Chiesa vive
la sua missione nel mondo. La missione della Chiesa richiede che l'intero
Popolo di Dio percorra un cammino insieme in cui ogni membro svolge il suo
ruolo fondamentale, unito agli altri. Una Chiesa sinodale cammina in comunione
per perseguire una missione comune attraverso la partecipazione di ciascuno dei
suoi membri. L'obiettivo di questo processo sinodale non è di fornire
un'esperienza temporanea o una tantum di sinodalità, quanto piuttosto di
offrire un'opportunità all'intero Popolo di Dio di discernere insieme come
andare avanti sulla strada che ci porta ad essere una Chiesa più sinodale sul
lungo termine
[dal Vademecum
per il cammino sinodale,
settembre 2021]
Troppe
volte dimentichiamo nelle nostre comunità che il cuore del servizio è l’ascolto
(cf. Lc 10,38‐42) e ci sentiamo i protagonisti della
pastorale, chiamando poi il Signore a collaborare con noi, quasi dovessimo
semplicemente escogitare dei metodi e delle tecniche per evangelizzare gli
altri e non, prima di tutto, lasciarci plasmare dal Vangelo e convertire noi
stessi.
L’ascolto non è una semplice tecnica per
rendere più efficace l’annuncio; l’ascolto è esso stesso annuncio, perché
trasmette all’altro un messaggio balsamico: “tu per me sei importante, meriti
il mio tempo e la mia attenzione, sei portatore di esperienze e idee che mi
provocano e mi aiutano a crescere”. Ascolto della parola di Dio e ascolto dei
fratelli e delle sorelle vanno di pari passo. L’ascolto degli ultimi, poi,
è nella Chiesa particolarmente prezioso, poiché ripropone lo stile di Gesù, che
prestava ascolto ai piccoli, agli ammalati, alle donne, ai peccatori, ai
poveri, agli esclusi. L’esperienza sinodale non potrà rinunciare al
privilegio dell’ascolto degli ultimi, spesso privi di voce in un contesto
sociale nel quale prevale chi è potente e ricco, chi si impone e si fa largo.
Oggi appare particolarmente urgente, nel nostro contesto ecclesiale, ascoltare
le donne, i giovani e i poveri, che non sempre nelle nostre comunità cristiane
hanno la possibilità di offrire i loro pareri e le loro esperienze.
[…]
Le nostre Chiese in Italia sono coinvolte nel
cambiamento epocale; allora non bastano alcuni ritocchi marginali per mettersi
in ascolto di ciò che, gemendo, lo Spirito dice alle Chiese. Siamo dentro le
doglie del parto. È tempo di sottoporre con decisione al discernimento
comunitario l’assetto della nostra pastorale, lasciando da parte le tentazioni
conservative e restauratrici e, nello spirito della viva tradizione ecclesiale
– tutt’altra cosa dagli allestimenti museali – affrontare con decisione il tema
della “riforma”, cioè del recupero di una “forma” più evangelica; se la riforma
è compito continuo della Chiesa (“semper purificanda”: Lumen Gentium 8),
diventa compito strutturale, come insegna la storia, ad ogni mutamento d’epoca.
[…]
Il discernimento comunitario dunque riguarda
le decisioni da prendere non solo nei confronti della società e del mondo, ma
anche, contemporaneamente, nei confronti della vita stessa della comunità.
[…]
Sarà
un evento nel quale le nostre comunità cercheranno di porsi “in uscita”,
favorendo la formazione di gruppi sinodali non solo nelle strutture ecclesiali
e negli organismi di partecipazione (consigli presbiterali e pastorali), ma
anche nelle case, negli ambienti di ritrovo, lavoro, formazione, cura,
assistenza, recupero, cultura e comunicazione. Gli operatori pastorali,
coordinati dai presbiteri e diaconi, con i supporti che provengono dalle
diocesi, dalle circoscrizioni regionali e dalla CEI, sono invitati a porsi al
servizio di questa grande opera di raccolta delle narrazioni delle persone: di
tutte le persone, perché in ciascuno opera in qualche misura lo Spirito; anche
in coloro che noi riterremmo lontani e distratti, indifferenti e persino ostili.
[…]
L'attuale
processo sinodale che stiamo intraprendendo è guidato da una domanda
fondamentale: Come avviene oggi questo "camminare insieme" a diversi
livelli (da quello locale a quello universale), permettendo alla Chiesa di
annunciare il Vangelo? Quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere
come Chiesa sinodale?
[…]
lo scopo di questo Sinodo non è di produrre altri documenti. Piuttosto, intende
ispirare le persone a sognare la Chiesa che siamo chiamati a essere, a far
fiorire le speranze, a stimolare la fiducia, a fasciare le ferite, a tessere
relazioni nuove e più profonde, a imparare gli uni dagli altri, a costruire
ponti, a illuminare le menti, a riscaldare i cuori e a rinvigorire le nostre
mani per la nostra missione comune
Questo significa che l'obiettivo di questo processo sinodale non è una
semplice serie di esercizi che iniziano e finiscono, quanto piuttosto un
cammino di crescita autentica verso la comunione e la missione che Dio chiama
la Chiesa a realizzare nel terzo millennio.
[…]
In questa fase di
ascolto invitiamo le persone a riunirsi, a rispondere insieme agli stimoli
costituiti da domande/immagini/scenari, ad ascoltarsi a vicenda e a fornire
riscontri individuali e di gruppo, idee e suggerimenti. Tuttavia, se le
circostanze (come le restrizioni per la pandemia o la distanza fisica) rendono
difficile l'interazione in presenza, allora è possibile utilizzare gruppi di
discussione online con un moderatore, attività online autogestite, gruppi di
conversazione (chat), telefonate e le varie forme di comunicazione sociale,
così come i questionari cartacei e online. Anche materiali di preghiera,
riflessioni bibliche e musica sacra, così come opere d'arte, poesia e così via,
possono essere utilizzati per stimolare la riflessione e il dialogo.
[…]
Così questo Sinodo non solo si aspetta
risposte che possano offrire un contributo all'Assemblea del Sinodo dei Vescovi
che si terrà a Roma nell'ottobre 2023, ma desidera anche promuovere e
sviluppare la pratica e l'esperienza di essere sinodali nel corso del processo
e andando avanti in futuro.
[Dal messaggio della Conferenza
episcopale italiana agli operatori
pastorali]
La missione quindi è di lavorare
per rendere sinodale la vita quotidiana di fede nelle nostre Chiese. La consultazione
si inserisce nella fase
preparatoria del Sinodo dei Vescovi
dell’ottobre 2023 e del cammino sinodale della Chiese in Italia che si
concluderà nell’ottobre 2025, ma non esaurisce quella missione, bensì ne
costituisce l’inizio, con l’avvio di tirocini di sinodalità.
Il
tirocinio è la pratica di un’arte, di un mestiere, di una professione. Lo
si fa sotto la guida di persone più esperte: nei mestieri è anche definito apprendistato
e nelle professioni praticantato. Per apprendere come fare qualcosa non basta sentirne parlare o
leggerne, occorre provare a fare. Quando non ci sono esperti, come accade per
ciò che c’è di nuovo, si parla anche di sperimentazione, che nelle
scienze naturali e sociali è anche il modo di verificare le concezioni
che si hanno su come funzionano natura e società.
Per noi dell’Azione Cattolica, organizzare esperienze sinodali in ambito
più vasto della nostra associazione è più una sperimentazione che un tirocinio, appunto perché è una
cosa nuova. In ambito associativo di sinodalità si fa tirocinio, aderendo,
perché è un metodo già praticato da tempo tra noi. Man mano che si procederà
nella sperimentazione si acquisiranno conoscenze pratiche che, se confermate
dall’esperienza, saranno la base per fasi di veri e proprio tirocini,
nel senso che, ai nuovi che si aggregheranno, potremo indicare la via che si è
rivelata più produttiva ed essi potranno provarsi a seguirla. Bisogna dire che facendo
pratica si scoprono sempre cose
nuove, sia nelle sperimentazioni che nei tirocini.
Da
ragazzo feci diverse esperienze di tirocinio negli scout. Ad esempio,
costruivamo installazioni, anche piuttosto grandi, legando insieme lunghi pali
che venivano chiamate filagne. Le legature si facevano con dei cordini e
mi insegnarono come farle in modo che tenessero. Era un lavoro duro, che all’inizio
causa profonde spellature alle mani che poi, rimarginandosi, lasciano calli,
che universamente indicano chi, appunto, lavora con le mani. Feci anche propriamente una sperimentazione
nel costruire dei mobili per la sede. Lì a scuola, nell’insegnamento di applicazioni
tecniche, mi avevano dato un’idea di come fare, ma non me l’avevano insegnato.
Lo scoprii da me facendo. Sia nel caso dei miei tirocini che nelle mie
sperimentazioni all’inizio i risultati
lasciavano a desiderare. Così sarà anche dei tirocini e sperimentazioni che faremo
in materia di sinodalità. Non dobbiamo pensare che tutti funzioni bene sin da
subito.
In più dobbiamo pensare che si lavora sulle
persone, non su materiali inerti. La differenza è che è più difficile
conoscerle, mentre, ad esempio, i pezzi di legno su cui lavoravo da scout li potevo
avere tra le mani quanto volevo e, anche, farci ciò che volevo. A volte mi
capitò di rovinarli e questo non deve accadere, naturalmente, con le persone.
Con un pezzo di legno che hai trattato male non ti devi scusare, invece con una
persona, che può capitare di trattare male, lo si deve fare, per mantenere una
relazione con lei.
Dunque, per organizzare un gruppo sinodale,
vale a dire un gruppo di persone che voglia fare tirocinio di sinodalità
ecclesiale, in particolare per rispondere ai vescovi sui temi che hanno
posto al centro dei cammini sinodali attualmente in corso, bisogna
innanzi tutto riunirlo. Nell’organizzazione di una parrocchia, questa
attività richiede un’intesa con il Consiglio pastorale pastorale, l’Equipe
pastorale dove, come da noi, è stata
istituita, e il parroco. In ambiti extraparrocchiali si potrà invece partire
autonomamente. Se in una parrocchia questa attività è condotta da persone che
aderiscono a gruppi esistenti non dovrà mai, se vuole essere veramente sinodale,
essere attività specificamente di quei gruppi, ma solo della parrocchia.
Ciò comporta che i gruppi esistenti devono impegnarsi a non pescare di frodo
nei gruppi sinodali, e quindi a non fare proselitismo. In materia di sinodalità
i gruppi esistenti potrebbero essere di ostacolo se pretendano una sinodalità
confinata al loro interno, temendo di perdere il controllo dei loro membri.
Nella sinodalità parrocchiale, anche l’informazione
sui gruppi sinodali e l’invito a parteciparvi deve essere organizzata d’intesa
con quella che potremmo chiamare direzione pastorale (la pastorale è l’attività di organizzazione, formazione,
animazione liturgica e sociale, soccorso sociale svolta in una comunità di
fedeli cristiani) e potrà essere generalizzata, ad esempio con annunci durante
le messe domenicali, la principale fonte informativa per la gran parte dei
fedeli, o diretta a particolari settori di fedeli, ad esempio i giovani della
fascia d’età 18-30, o i genitori dei bambini e ragazzi impegnati nella
formazione sacramentale di base. I nostri vescovi ci pongono anche la sfida,
molto impegnativa, di raggiungere coloro che noi riterremmo lontani e distratti,
indifferenti e persino ostili. In quest’ultimo campo, bisogna valutare
bene le forze di cui si dispone e il grado di esperienza in quel campo di
socialità. Poiché la sinodalità è un campo di lavoro nuovo, consiglio di
cominciare da cose più facili, per poi, sulla base della pratica che si acquisirà
provare ad estendere il campo di azione, anche sulla base delle occasioni che
la quotidianità offrirà. Quella sfida è però importante per convincersi che la
missione non è limitata solo alle persone che già sono acculturate alla fede,
ai suoi costumi e al suo lessico, ma è diretta a tutte la altre persone con
cui ci capita di venire in contatto e, addirittura, anche a quelle intorno
a noi che non frequentiamo mai o di cui addirittura diffidiamo.
Una volta lanciato l’invito a partecipare
ad un gruppo sinodale, bisogna disporsi ad accogliere nel miglior modo possibile tutte le persone
che verranno senza arrogarci il potere di discriminare tra quelle degne di partecipare e quella che, invece,
richiedono un condizionamento preliminare per essere ammesse a pieno titolo.
Il fondamento teologico di quella dignità è il battesimo. Ma, allora, se venisse una persona che non è
battezzata, la dovremmo cortesemente invitare a ripresentarsi dopo che avrà
ottenuto il battesimo, e così naturalmente escludendola dal cammino sinodale
di consultazione che si
concluderà il 15 agosto del prossimo anno? Direi di no: la dovremmo accogliere
tra noi per ascoltare che pensa.
Qui la base, credo, è la nostra comune dignità
umana, l’essere creatura fatta ad immagine e somiglianza. Ma,
per ulteriori spiegazioni, dovrete rivolgervi a chi ne sa più di me.
Non si tratta di fare catechismo, anche
nel modo molto aperto e partecipato in cui si fa ai tempi nostri. Non si
tratta, quindi, di somministrare le informazioni si base su ciò che crediamo, su
ciò che siamo pensati chiamati a fare e su come si sta in chiesa. Si
tratta, dicono, i vescovi, di ascoltare narrazioni. Non necessariamente
esse partiranno da cose di chiesa. Da esse emergeranno spaccati di condizione
umana, dai quali bisognerà trarre una sintesi collettiva per proporre che
fare come comunità cristiana e alla
luce del vangelo. Quest’ultimo dovrà essere ascoltato, prima che
appreso. Da qui la dimensione anche liturgica di un gruppo sinodale. In questo
campo le persone già più acculturate nella vita di fede potranno essere utili
e, naturalmente, dove possibile, il ruolo del pastore, quindi del prete,
sarà molto utile. Tuttavia sarebbe bene che, nel decidere comunitariamente come
organizzare il gruppo sinodale, la funzione di presidenza non fosse affidata ad un prete, ma a una
persona laica, e questo perché la situazione ecclesiale come la si vive oggi è
dominata dal clero e, invece, nella sinodalità si vorrebbe dare più spazio alle
persone laiche e, tra esse, in particolare alle donne.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli