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Manuale di sinodalità
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Contenuti
La sinodalità presuppone una certa capacità di partecipare ad attività
comuni in tutti i fedeli, che ora spesso manca.
Della religione in genere non se ne sa a sufficienza, ma si pensa che
basti così. In fondo non ci sono i preti? Questo atteggiamento, che in parte è
stato indotto dal clero, ci ha poi portato alla grave situazione in cui ci
troviamo, descritta come una frattura tra Chiesa e società intorno.
La formazione religiosa è molto carente e questo va addebitato al clero:
è suo compito specifico di organizzarla. D’altra parte i preti sono sempre meno
e, anche volendo approfondirla, non ce la fanno. La maggior parte dei fedeli,
quindi, vive per tutta la vita più o meno con ciò che han imparato per la Prima
comunione, che è poco. Nessuna meraviglia che non venga in chiesa.
D’altra parte preti e religiosi tendono a replicare la formazione che loro
stessi hanno avuto, che non va bene per gli altri fedeli. C’è troppa dogmatica,
il settore più efferato della teologia e troppo poca storia. Un’infarinatura di
dogmatica serve per chi deve predicare, come vademecum spiccio per orientarsi; le altre
persone è meglio che divengano consapevoli delle varie concezioni di fede nel corso
di approfondimenti storici. Da questi ultimi emerge il collegamento tra società
e concezioni religiose e la conseguente importanza del lavoro sociale. E, ad
esempio, l’origine storica della divisione rigida tra clero e religiosi, da una
parte, e tutti gli altri fedeli, dall’altra. Se si pensa che sia scritta in
Cielo, allora diverrà impossibile cambiarla e, bisogna dirlo francamente,
allora la Chiesa, come società storica, finirà, così come sono finite le
aggregazioni sacerdotali dell’antica religione politeista greco-romana. Per
certi versi, come scrivono gli esperti, stiamo proprio vivendo una fase agonica
della nostra Chiesa. Si è interrotta la sua continuità generazionale, sta
venendo abbandonata dalle donne, le ultime fedeli assidue, sopravvive dove può
contare sul finanziamento pubblico o privato (la nostra è pesantemente
dipendente da quello pubblico), ma proseguendo come ora, si ridurrà a un resto
di clero e religiosi che faranno da custodi a dei musei religiosi.
Queste che ho sintetizzato sono ormai delle ovvietà, sulle quali tutti
quelli che hanno una visione realistica delle cose convengono. Poi ci sono
anche quelli che si illudono che non sia questa la verità, ma, appunto, si
illudono, sognano.
Sento spesso chiedere quale sia lo scopo dei processi sinodali che papa Francesco ha attivato. E’ facile da
dirsi: la pratica della sinodalità,
dove si riuscirà ad ottenerla, sarà già il principale loro risultato.
Non si tratta di prendere posto in una sala o in una chiesa e di ascoltare
una conferenza o una predica, in
posizione passiva, da platea. Questo è quello che, però, in genere si è
abituati a fare. A volte è concesso
parlare, ma non si viene ascoltati da chi organizza. Altre volte si parla e si
viene corretti o, addirittura, beffeggiati. Comunque non si viene presi sul serio.
Del resto, durante il Secondo millennio, il termine laico, ad indicare chi
non è chierico o religioso, è venuto anche a significare incolto, ignorante,
illetterato. Finché il linguaggio della teologia rimase il latino, poiché
la gran parte della gente non era in grado di comprenderlo e tanto meno di usarlo,
ragionare di fede divenne cosa da chierici e religiosi. A lungo fu vietato tradurre
la Bibbia nelle lingue comprese dal popolo e addirittura il divieto fu
sanzionato con pene criminali.
Alla gran parte dei fedeli rimasero le pratiche devozionali,
essenzialmente volte alla salvezza dell’anima e poi le opere di
carità strettamente intese, sostegno ai più poveri, ai malati, ai moribondi.
Dalla fine dell’Ottocento, però, fu lo stesso Papato romano, assecondando movimenti
sociali diffusi in tutta Europa, a spingere per un maggior attivismo sociale. Da
qui quella parte del Magistero detto dottrina sociale, che presto ebbe
anche rilevanza politica. Uno dei più spettacolari esempi in questo senso è l’enciclica
Il Centenario – Centesimus annus, nella ricorrenza dei cento anni dall’enciclica
Le novità – Rerum novarum (del 1891) – la prima della moderna dottrina
sociale -, con la quale nel 1991 il papa Giovanni Paolo 2° - Karol Wojtyla,
dopo aver fatto un bilancio storico dell’esperienza comunista nell’Europa orientale,
tratteggiò le linee della nuova Europa che sarebbe dovuta sorgere dopo la fine
della dura divisione politica europea tra regimi capitalisti e comunisti. E’ un
documento che, non a caso, è pieno di storia e molto meno di dogmatica,
contrariamente a ciò che era in genere accaduto con la letteratura dello stesso
genere. Contiene, fatto insolito anche questo, un esplicito apprezzamento per
la democrazia politica, mediante la quale i cristiani democratici europei stavano
costruendo quel prodigio di pace che è l’unificazione continentale europea,
portata a compimento nei decenni seguenti.
L’inaridimento dell’azione sociale dei cattolici, in particolare di quelli
italiani, è stato frutto di scelte improvvide del Papato romano. Anche questo è
ormai riconosciuto in genere dagli esperti che trattato dei problemi della
nostra Chiesa. Ma si tratta del passato. Ora siamo entrati in una fase nuova.
Tuttavia il passato pesa, manca la gente. Lo vediamo anche nel nostro gruppo, pur
tenendo conto della paura delle persone
per i luoghi di raduno a causa della recrudescenza della pandemia da Covid 19. C’è
anche dell’altro, nella disaffezione che traspare.
La sinodalità è presentata come la cura di
questo male.
Si vorrebbe suscitare un nuovo impegno del Popolo di Dio, tutti noi.
Ma, a questo proposito, bisogna, allora, parlare di contenuti.
La frattura tra Chiesa e società attraverso anche noi stessi, come
persone. Non riusciamo più bene a integrare vita e fede. Ma il rimedio c’è: il
lavoro di formazione e, in particolare, di autoformazione. Dovremmo conoscere
le cose della religione almeno tanto quanto conosciamo quelle del nostro lavoro
e della società in cui viviamo.
I vescovi e lo stesso Papa ci propongono di cominciare utilizzando come libro
di testo, l’esortazione apostolica La gioia del Vangelo – Evangelii Gaudium,
del 2013, alla quale il nostro gruppo di AC dedicò un anno di attività. Naturalmente
questa è solo la base del lavoro. L’altra parte dovremmo svolgerla utilizzando
i libri di storia dei nostri figli, che non bisognerebbe mai vendere o buttare,
terminato il corso di studi per i quali servirono. Infine, secondo l’esempio di
Lorenzo Milani, dovremmo utilizzare il quotidiano. In particolare Avvenire sotto la direzione di Marco Tarquinio è
diventato uno strumento utilissimo per ciò che siamo stati chiamati a fare.
Concludo osservando che questa della
sinodalità non un di più che si affianca all’essenziale, ma è
esso stesso l’essenziale. Spesso non ne vedo consapevolezza, anche nel
nostro gruppo per la verità. Andare in chiesa non può significare solo stanziarsi
fisicamente lì attendendo di essere
spupazzati dai preti, pronti a criticarli se liturgie e prediche non ci
soddisfano, come se fossimo andati al cinema e al teatro, o se non ci sentiamo
sufficientemente accolti, con lo spirito di chi, dopo essere andato al
ristorante, mette un like nel
sito Web specializzato. Vi dico sinceramente che di certi discorsi sto
diventando veramente insofferente e non sono nemmeno obbligato ad usare la
pazienza di Giobbe nei nostri preti, poverini.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente
papa – Roma, Monte Sacro Valli