Metodi di sinodalità 2
I processi sinodali che sono stati
aperti quest’anno per iniziativa di papa Francesco riguardano tutte le Chiese
del mondo e questo ne rende imprevedibile il risultato. Benché si inizi in sede
locale, la procedura programmata prevede sintesi a livello nazionale e
continentale e poi una sintesi a livello mondiale nell’Assemblea generale del
Sinodo dei vescovi indetta per l’ottobre 2023. Si realizzerà quindi una estesa
circolarità di esperienze e proposte e non è detto che ciò che uscirà dal Sinodo
come indirizzo per la Chiesa universale rifletta quelle europee, e italiane in
particolare.
In genere c’è l’idea che salvare il mondo sia innanzi tutto un compito
di chi detiene il potere sociale dominante nei suoi sistemi politici. Ma c’è anche
l’idea che i problemi del mondo sono stati causati in gran parte da quello
stesso ceto politico. E non mi pare che si colga la contraddizione.
Al fondo delle concezioni espresse nelle encicliche Laudato si’
(2015) e Fratelli tutti (2020) c’è invece la convinzione che salvare il
mondo sia compito di tutte le persone che lo abitano e che per farlo occorra
non solo influire sui ceti politici dominanti, ma anche cambiare stili di vita,
ambizioni e desideri di tutti, cosa che, naturalmente, si è poco disposti a
fare nelle società dominanti del mondo, tra le quali quella italiana.
Negli scorsi anni ’60 e 70,
invece, i principali progetti di riforma sociale, compresi quelli che furono
espressi da forze di tipo religioso, prevedevano il cambiamento delle abitudini
della gente, nel quadro di un nuovo modello di sviluppo. Nei decenni successivi,
quelli dell’affermazione di un neo-capitalismo che promise il benessere universale
per sgocciolamento dai più ricchi
alle altre componenti sociali, si diffuse un diverso modo di pensare, secondo
il quale furono calibrate anche le aspirazioni personali e anche i modi di
socialità. Si pensò, così, di poter bastare a sé stessi, ma anche che si dovesse
farlo. E questo in un mondo globalizzato,
vale a dire governato secondo un sistema
di interazioni politiche estremamente complesso, che sorregge poi un’economia
che consente transazioni economiche sicure a livello mondiale, per cui si è
diventati molto dipendenti da società molto lontane da noi. Anche i più potente
sistemi politici della terra, che in genere non sono più stati nazionali,
vale a dire che pretendono di riunire sotto un unico governo un solo popolo in
senso etnico, ma federazioni che comprendono più popoli, non riescono
più a dominare l’intero sistema, che quindi si regge su accordi internazionali. Poiché questa situazione si è
prodotta al tempo del dominio di quel neo-capitalismo di cui ho scritto, essa
gli ha aperto la strada e l’economia gliela ha indicata. Più recentemente si è
acquisita consapevolezza dei problemi a breve termine che derivano dall’intenso
sfruttamento ambientale che sorregge quell’economia e del fatto che il
risultato dello sgocciolamento, come avvertivano molti economisti e
sociologici negli ultimi decenni, era fallace. A fronte del più intenso
sfruttamento ambientale si sta realizzando una concentrazione della ricchezza
in poche mani, anche se un certo aumento del livello di benessere si è indubbiamente prodotto nelle società più
povere, che un tempo erano definite Terzo mondo, ciò a fronte,
paradossalmente, di un impoverimento delle classi medie delle società più
ricche, complessivamente indicate come Occidente.
La sinodalità ecclesiale che viene ora proposta come modo ordinario di
vivere la fede, non solo come metodo per organizzare una consultazione nella fase preparatorio per il Sinodo dell’ottobre
2023, non è limitata al progetto di una riforma ecclesiale, ma di un’azione
sociale popolare per salvare
il mondo, nel presupposto che vi siano ancora popoli disposti collettivamente ad assumersi questo
compito e che in essi vi siano anche le capacità di portarlo a termine. La riforma
è naturalmente ancorata al vangelo e, senza di esso, non avrebbe più
orientamento e si risolverebbe solo in una vaga agitazione sociale. L’idea,
compiutamente espressa, è che la pratica popolare del vangelo possa cambiare il modello di sviluppo
che sta portando alla rovina il mondo, come indicato nell’enciclica Laudato
si’.
Se passiamo a tradurre tutto ciò che ho sopra osservato in indicazioni operative
per l’organizzazione di gruppi sinodali, si possono enucleare alcune idee che
possono servire da linee guida e che di seguito espongo.
Un gruppo sinodale nel
quale si possa realizzare un reale ascolto delle persone non può avere più di una
trentina di partecipanti. Per limiti cognitivi di specie non possiamo realizzare
una effettiva e forte intesa relazionale per gruppi più numerosi. Non dobbiamo
quindi pretendere troppo dal lavoro che si fa in quell’ambito. Il risultato
deriverà da un’interazione molto più vasta, appunto perché il processo sinodale
si svolge a livello mondiale e le soluzioni, riguardando problemi globali, non
potranno che venire che su grande scala. Sarà quindi molto importante la
sintesi che si farà ad ottobre 2023, alla quale seguirà una fase attuativa che dovrebbe,
però, già trovare comunità acculturate alla sinodalità e dunque capaci di agire
collettivamente e in modo partecipato per salvare il mondo.
Non dobbiamo avere fretta: dobbiamo rispettare di maturazione personale.
Nelle relazioni sociali superficiali che oggi
vanno per la maggiore, vale a dire quelle mediate da reti telematiche, le
agitazioni sociali si diffondono rapidamente, ma sono effimere, perché ciascuno
può sganciarsene rapidamente cliccando sul tasto ESCI/LOG OUT. Esse sono funzionali
alle strategie economiche prevalenti nel neo-capitalismo dominante, che
richiede consumatori pronti a variare rapidamente le proprie abitudini di acquisto.
Ma nel processo sinodale noi non vendiamo nulla: vogliamo invece suscitare
quella che, nel lessico del Papa, viene chiamata amicizia sociale, nella
quale ogni persona fa conto in modo durevole sulle altre. L’idea che per
salvare il mondo bastino singole prese di posizione, una risposta ad un quesito
referendario, un voto elettorale, si è rivelata ingannevole: da qui, credo, la
disaffezione al voto che si è manifestata nell’ultima tornata di elezioni amministrative.
Il vero cambiamento deriverà da relazioni forti ed estese: ma estendere
relazioni forti richiede tempo. Il tempo è superiore allo spazio,
insegna il Papa, proprio per rendere quel concetto.
Non dobbiamo avvilirci se il nostro lavoro di sinodalità in una realtà
di base come la parrocchia all’inizio coinvolgerà meno persone di quante
vorremo. Occorre perseverare.
Infine, il vangelo. Ci sono molti modi per definirne l’azione in noi.
Uno di questi è che è come un alimento. Per questo i nostri vescovi consigliano
di realizzare nella socialità sinodale che vogliamo intraprendere momenti
liturgici di ascolto e meditazione del vangelo e di preghiera. Da chi ci verrà l’aiuto?, recita
il salmo: il vangelo ci dà la risposta.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San
Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli