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Metodi di sinodalità – 8 –
Il clericalismo
Di questi tempi si sentono clero e persone laiche criticare il clericalismo.
Però, quando ne parla il clero, vuole in genere dire che le persone
laiche non si devono impicciare nelle cose di chiesa, ma fare, in chiesa,
quello che si dice loro di fare, e, per il resto, occuparsi solo di quello che
c’è fuori, ma questo è, appunto, clericalismo.
Le persone laiche lamentano invece di subire il clericalismo,
nel senso che sono escluse dalle cose di chiesa, che vengono decise tutte
dal clero. Il loro posto sarebbe solo fuori
delle chiese, nel mondo, anzi nel temporale, vale a dire tra
ciò che passa e va, mentre il clero starebbe in mezzo alle cose eterne, che non
passano, un po’ come gli angeli, per qualcosa di più, di essenziale, che
ha, nella quale le altre persone non c’entrano nulla.
Quando papa Francesco disapprova il clericalismo non lo fa da un punto di vista clericale:
nella sua opera di riforma della Chiesa ne è ostacolato, perché per portarla a termine con successo occorrerebbe coinvolgere nella Chiesa le persone laiche, ma il clericalismo
(del clero) lo impedisce. Talvolta se la prende anche con le persone laiche,
perché subiscono il clericalismo:
le vorrebbe più coraggiose. Ma come si fa?, dopo tutta la scoraggiante storia
della nostra Chiesa, in cui si diceva che i coraggiosi rischiavano la
salute eterna e si cercava di ammansirli, perché fossero docili. Caro
Papa, ora ci proveremo ad essere coraggiosi, in questo processo sinodale che
hai voluto aprire, e vedremo come andrà. Già, però, ci sono venuti degli altolà.
Dagli scorsi anni Cinquanta, teologi molto noti non riescono più bene a
definire la figura della persona laica nella Chiesa, posto che parlarne solo
come di un non-chierico non li soddisfa.
E’ stato osservato questo: in uno stato ci sono i funzionari pubblici e
poi c’è l’altra gente. Per definire
quest’ultima non ne parliamo però come di non-funzionari. Si parla di cittadini,
che però sia i funzionari sia le altre persone sono.
Nella nostra Chiesa, ad un certo punto, si è invece inventata la figura
della persona laica intesa come non-chierico,
nonostante la comune dignità battesimale. Questo perché, ad un certo punto, non
certo alle origini, si pensò al clero come alla parte migliore della Chiesa, l’etimologia della parola
richiama questa idea, e poi, progressivamente, come alla Chiesa. La sua parte indispensabile,
mentre tutte le altre persone potrebbero anche non esserci. Come se i chierici
non fossero costituiti tali a
beneficio di tutte quelle altre persone, come loro pastori, come quindi se tutto il resto della Chiesa in fin dei conti c’entrasse poco o
nulla con il loro potere, che esso fosse cosa tra loro, insomma come se il loro non fosse un ministero, un servire
e da questo tragga tutta la sua dignità e ragion d’essere. Detta così, sembra una cosa bizzarra, eppure
la si è veramente teorizzata. Solo con il Concilio Vaticano 2°, svoltosi a Roma
dal 1962 al 1965, si cercò di cambiare, tornando alle origini, quando la
distinzione fondamentale era tra cristiani e gli altri. Ma non si è riusciti a
parlarne in modo veramente chiaro e soddisfacente, per cui la definizione della
persona laica come non-chierico è rimasta, anche se molto attenuata.
Dopo il Concilio, però, si è fatto poi un po’ come se non fosse stato deliberato
nulla di nuovo, basandosi su quel tanto di obsoleto che era rimasto nei suoi documenti
nonostante il notevole sforzo di aggiornamento, vale a dire di riforma, che s’era
sviluppato, ed eccoci qui a immaginare un processo sinodale in una
Chiesa ancora fortemente clericale, in cui la stragrande maggioranza della
gente, ridotta, come si dice, alla condizione laicale, non conta nulla una volta entrata in chiesa,
e deve solo accomodarsi tra i banchi, ascoltare e rispondere a tono secondo
certe formule.
Adesso, dopo essersi inutilmente scervellati per stabilire in che cosa una
persona laica sarebbe, per essenza, diversa da un chierico, i teologi consigliano
di abbandonare l’uso del termine laico. Esso, infatti, ha fatto solo danno. Ma così, si osserva, non
si saprebbe più come definire il clero e
giustificare il suo totalitarismo religioso: questo rende evidente che il
problema non sta nelle concezioni sul laicato, ma in quelle sul clero.
Il proprio del clero, si insegna, sarebbe l’esercizio di una potestà sacra
che scenderebbe dall’alto, nel
senso dal gerarca superiore a quello inferiore che la trasmetterebbe come una
sorta di fluido ricevuto dalle precedenti generazioni di gerarchi, in un contesto
in cui l’inferiore deve fare e dire come gli dice il superiore: il popolo poi starebbe sotto a tutti e a tutto, solo oggetto di potestà. Questa è la gerarchia di cui tanto si parla tra noi cattolici e che
si vuole santa, o sacra, vale a dire intoccabile. In questa
potestà si fa rientrare anche il governo in tutte le dimensioni, giù giù fino, ad
esempio, fino a quella del decidere dove mettere una statua di un santo in
chiesa, o, altro esempio, su scala maggiore, all’amministrazione di quella specie di
microstato in cui è stanziata, a Roma, la Santa Sede. In tutto questo le
persone laiche non potrebbero mettere bocca, pena accuse gravissime, sarebbe un
po’ come tentare di oltrepassare la linea dei Cherubini ai confini del Paradiso
terrestre. Questa espansione della potestà del clero ha avuto una storia, una lunga
storia, e certamente non risale alle origini, perché a quell’epoca ancora non
c’era un clero e inoltre il Maestro, pur parlando di un suo regno,
precisò che non era di questo mondo. L'idea, poi, di un ufficio sacerdotale, profetico, regale a fondamento dei poteri esercitati nella Chiesa e del loro accentramento nel clero, ricordano gli storici della Chiesa, non è documentata prima del Cinquecento e risale alla teologia calvinista, anche se ora appare come una parte consolidata della dottrina cattolica [si veda Peter Neuner, Per una teologia del popolo di Dio, Queriniana 2016, pag. 222] La costruzione della nostra Chiesa come una
monarchia assoluta, al modo dell'antico impero bizantino, nel quale maturarono le concezioni basilari della nostra dottrina, ne è il risultato. Ci si è iniziato a lavorare dal Quinto
secolo, ma si trovò l’ostacolo di imperatori e altri sovrani, persone laiche
che si impicciavano senza problemi e in maniera molto invasiva nella cose di chiesa: è
dall’Undicesimo secolo che l’operazione fu portata avanti più in grande, con il
supporto della teologia universitaria, che ne creò il contesto di plausibilità.
Adesso l’apparato assolutistico, pur privato dalle democrazie moderne della potestà
di ammazzare, ci stringe da ogni
parte e, finora, districarsene è risultato impossibile ai vertici: ci si può
riuscire, forse, nelle realtà di
prossimità. Lo stesso Papa, che sulla carta potrebbe tutto, in realtà ne è
piuttosto impicciato e deve misurare le parole. Si teme che, sbagliando una
definizione, tutto crolli. Intanto tutto sta crollando lo stesso: la Chiesa
brucia, è il titolo dell’ultimo libro dello storico Andrea Riccardi su
questi temi.
Ora noi, se vogliamo lasciarci coinvolgere nel processo sinodale come ci
esorta a fare il Papa, non dobbiamo avere troppa paura di quello che potrà
accadere, se, secondo le esortazioni dei nostri vescovi, ci lasciamo condurre
dallo Spirito e quindi ci convinciamo che non tutto dipende da noi. E’ la prima
esortazione che ci venne dal papa Giovanni Paolo 2°, quando si affacciò dal
balcone su piazza San Pietro dopo la sua elezione: Non abbiate paura!,
aprite, anzi spalancate, le porte a Cristo. Io ero lì sotto. La nostra missione fondamentale di cristiani è legata direttamente a lui, non la riceviamo, noi tutti, dalla gerarchia, quindi dalle autorità ecclesiastiche.
Noi dobbiamo operare, per ora, su scala molto
limitata, sperimentando. Non c’è da aver paura. Se sbaglieremo, cercheremo di
correggerci (anche di questo parlò Giovanni Paolo 2° in quell’occasione).
Ecco, per tornare ad uno degli esempi di
prima, potremmo provare ad ottenere di poter
co-decidere dove mettere le statue dei santi in chiesa.
Le nostre relazioni con il nostro caro clero, persone alle quali
vogliamo bene e delle quali vogliamo sinceramente prenderci cura perché abbiano
successo nel loro ministero, potrebbero essere improntate a questo principio:
al di fuori degli uffici riguardanti strettamente l’ordine sacro, che
certamente ci sono e sono molto importanti, ad esempio consacrazione
eucaristica e sacramento della Penitenza, come anche nelle questioni di definizioni
della fede, nulla solo al clero, ciò che ci fa spazio, e nulla senza il clero, che così non può
essere messo in minoranza.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa –
Roma, Monte Sacro, Valli