Per informarsi sul WEB sui cammini sinodali
Sito del Sinodo 2021-2023 (generale)
Siti del cammino sinodale delle Chiese italiane
https://camminosinodale.chiesacattolica.it/
Manuale di sinodalità
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L’organizzazione del lavoro
1. Da
agosto scorso mi sono messo d’impegno per informarmi sul tema “Sinodo e
sinodalità”.
Credo di aver letto su questo argomento più di quanto in genere facciano
le persone laiche, anche se certamente non sono un esperto. Può dirsi tale solo
chi abbia conseguito un dottorato in ecclesiologia e poi si sia specializzato
nella teoria e storia dei processi sinodali, conseguendo una sufficiente
consapevolezza della vastissima letteratura mondiale sul tema secondo gli
standard della comunità dei teologi specialisti nel ramo. Per ciò che ho capito
al volo, opere fondamentali in questo campo sono state scritte in tedesco e
francese, ma è necessario sapere anche di greco antico e latino, il primo essendo
la lingua del Nuovo Testamento e di buona parte dei più antichi scrittori
cristiani e il secondo l’idioma dell’altra parte dei più antichi scrittori
cristiani e della teologia e Magistero almeno fino all’inizio del Novecento. I
documenti tipici deliberati
durante il Concilio Vaticano 2° furono scritti in latino (infatti sono
intitolati con le prime parole del testo latino).
Nello studio su questa materia ho cercato di formarmi diligentemente come
persona colta, nel tempo libero, perché mi guadagno il pane in altro
modo.
Dall’agosto scorso, quasi ogni giorno, scrivo anche un pezzo sul blog acvivearomavalli.blogspot.com dando conto di ciò che ho imparato, in modo di farne parte anche agli altri, in
particolare alle amiche e agli amici del mio gruppo parrocchiale di Azione
Cattolica.
Nel pomeriggio di domenica 5
dicembre, alle 16, è stata indetta un’assemblea sinodale parrocchiale.
Naturalmente non sono stato coinvolto nella sua organizzazione. Dico
“naturalmente” perché era prevedibile che andasse così. Infatti la mia
iniziativa del blog, mediante il quale ho raggiunto in dieci anni migliaia di
persone su temi religiosi, come anche quella di altre attività su sinodo e
sinodalità, è stata presa
autonomamente, non deriva minimamente dal clero. Del resto, nel 2012, quando ho
cominciato, il clima della parrocchia mi pareva fortemente sfavorevole per
l’Azione Cattolica della quale sono parte viva e nella quale ho imparato gran
parte di ciò che so, per cui, se avessi atteso l’assenso del clero, non sarei
mai partito. Ricordo che un caro amico del gruppo mi confidò che lui non
collaborava al blog, come gli avevo proposto di fare, per obbedienza. Ah,
aveva ragione Milani: l’obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola
delle tentazioni. Ciò che è frutto dell’autonomia delle persone laiche è,
in genere, semplicemente ignorato dal clero. Si fa come se non esistesse.
Questa è una manifestazione di clericalismo che viene del tutto spontanea a
clero e religiosi, non dipende da una loro cattiveria o da loro malanimo. Lo
capisco. Voglio comunque molto bene ai nostri preti. Mi viene in mente la celebre battuta di uno dei
personaggi a cartoni animati del film Chi
ha incastrato Roger Rabbit (1988 – Robert Zemeckis): «Non sono
cattiva, è che mi disegnano così». La prima origine del clericalismo è nei
seminari.
Lo ricordo spesso: mia madre negli anni ’70
fu catechista nella nostra parrocchia; ad un certo punto prese l’iniziativa di
iscriversi ad un corso di laurea in catechetica presso la vicina università
salesiana; quando il parroco lo seppe e vide che stava mettendo in atto ciò che
aveva imparato – si era nei tempi entusiasmanti del rinnovamento della
catechesi – la esonerò senza tanti complimenti, probabilmente anche su
delazione di altre catechiste, che infatti, saputo della sua estromissione, non
dissero nulla. Diverse di loro erano state coinvolte nella catechesi proprio da
mia madre.
La nostra Chiesa funziona così e, penso, non
cambierà tanto presto. Funziona male, certo. C’è tanto spreco di umanità. Poi
ce se ne pente, ma quando è troppo tardi. E’ anche proprio per porvi rimedio
che il Papa ci vorrebbe più sinodali. Egli infatti ci presenta la sinodalità
come rimedio al clericalismo ancora imperante.
Del resto, non so se avrei veramente la
pazienza di resistere con fair play a certe enormità fondamentaliste che talvolta
sento in giro da noi, e anche a uno spiritualismo nostalgico da antico libretto
devozionale che pure si manifesta. Certo non mi terrei senza reagire l’epiteto
da parte di persone palesemente inconsapevoli di tutto: “Tu non sei di
Cristo!”. Le manderei francamente, con evangelica parrèsia come si
dice, a quel paese. Una cosa che mi rimprovero sempre è di aver troppo a lungo
tollerato. “Ma allora tu sei un violento! Eppure stai lì sempre a criticare
la violenza della nostra Chiesa!”, mi si potrebbe ribattere. No, io sono dalla
parte di chi della violenza ecclesiastica ha fatto le spese, per non accettare
di tollerare certi stravolgimenti del vangelo. Con tutto il cuore sono con chi
ha patito il rogo o anche solo l’esclusione e l’emarginazione per non essersi
piegato, con gli scomunicati per ragioni
di coscienza, ad esempio come gli italiani Girolamo Savonarola, frate
domenicano, don Roberto Ardigò, don Romolo Murri, don Ernesto
Buonaiuti, grandi anime. E la richiesta di perdono che venne in una giornata
nel Grande Giubileo dell’Anno 2000 mi parve un po’ troppo superficiale e piena
distinguo per convincermi.
2. Insomma, comunque si
inizia. Così, anche se nessuno mi ha chiesto nulla, penso sia mio dovere dare qualche consiglio, anche
perché in Azione Cattolica è da una vita che pratico la sinodalità.
I vescovi italiani ci hanno recentemente dato
delle indicazioni metodologiche.
Non tutto si esaurisca in un’unica giornata.
Si lavori per piccoli gruppi, ma vi siano
momenti di sintesi.
Si pratichi realmente la sinodalità, non si riduca tutto a
conferenze o lezioni. La fase dei cammini che è in corso è dedicato all’ascolto del Popolo di Dio, gli esperti devono agire da
facilitatori.
Si tenga presente, nel dibattito, la Domanda
fondamentale, articolata poi in altre Dieci domande tematiche, indicata nel Documento preparatorio elaborato dalla Segreteria del Sinodo dei
vescovi: “Come si realizza oggi, a diversi livelli
(da quello locale a quello universale) quel “camminare insieme” che permette
alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è
stata affidata; e quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come
Chiesa sinodale?”.
Si faccia
riferimento, come schema per l’ascolto, ai temi trattati
nell’esortazione apostolica La gioia del Vangelo – Evangelii Gaudium [2013].
Gli incontri siano preparati, nel senso che
devono prepararsi coloro che, nella fase iniziale assumeranno i ruoli di animatore
o coordinatore, ma anche che
devono farlo coloro che vi partecipano. Sinodalità è partecipazione,
non si va solo a sentire. Si partecipa per assumere impegni verso la
comunità di fede, per continuare a lavorare insieme.
Chi anima e coordina lo faccia senza pretendere di egemonizzare il
dialogo: altrimenti che sinodalità sarebbe? I vescovi parlano di
un’esigenza di neutralità. Non bisogna emulare le cattive abitudini
clericali.
Si vedano tutte a
https://camminosinodale.chiesacattolica.it/wp-content/uploads/2021/11/Schede.pdf
Tutto
condivisibile.
Aggiungerei qualcos’altro.
L’obiettivo principale dei cammini
sinodali, quello per l’Assemblea generale del Sinodo dei vescovi che si
terrà nell’Ottobre 2020 e quello per le Chiese italiani, del quale si tireranno
le conclusioni nell’ottobre 2025, è innanzi tutto quello di suscitare da
subito una Chiesa sinodale,
per via di tirocinio e apprendistato, non quello di fornire materiale per
scrivere un qualche nuovo documento. Come osservato qualche giorno fa da un
professore di ecclesiologia della Lateranense in una conferenza per il mio
gruppo MEIC – Movimento ecclesiale di impegno culturale, non si tratta
quindi di organizzare un evento, ma di iniziare un processo popolare che sarà destinato a proseguire, del quale il
popolo dovrà diventare protagonista. Ciò richiede di organizzare, anche nelle
parrocchie, strutture dedicate, insomma un contesto istituzionale specifico. Lo
si può fare utilizzando i margini di autonomia regolamentare dei Consigli
pastorali parrocchiali. Il nostro, purtroppo, è caduto in desuetudine,
essenzialmente a causa delle aspre contrapposizioni suscitate da orientamenti
fondamentalisti e integralisti che rifiutano di lasciarsi coinvolgere veramente
in qualsiasi cosa che comporti commistione con fedeli non inquadrati, temendo
la contaminazione culturale dei propri adepti.
Rivitalizzare il Consiglio
pastorale parrocchiale significa mettere in chiaro chi ha il diritto di parteciparvi, perché dirigente
di gruppi o responsabile di attività, responsabile di istituti religiosi
operanti nella parrocchia, nominato da parte del parroco, eletto da parte
dell’Assemblea parrocchiale (procedura, mai svolta a mia memoria da noi), prete
o diacono. L’elezione popolare e la nomina da parte del parroco dovrebbero
servire a garantire un certo pluralismo dell’organismo, ma è indispensabile
anche procedere con metodo democratico, correggendo la tendenza prevaricare con
fantasiose e incolte accuse di eresia che taluni talvolta si permettono
disinvoltamente e arbitrariamente di lanciare.
Il gruppo sinodale di base non dovrebbe essere tanto piccolo da
non rendere necessaria l’emergere di una sua politicità collettiva,
quindi sollevandosi al di sopra delle semplici relazioni interpersonali nell’affrontare
i temi del governo sociale, sia pure a
partire dalle piccole cose, - sinodalità è anche compartecipazione alle fasi
decisionali, ma nemmeno troppo grande da impedire ai suoi membri di chiamarsi
per nome. La dimensione di dieci persone al massimo suggerita dalle Indicazioni
metodologiche della CEI mi pare
troppo piccola. Si potrebbe pensare almeno al doppio dei membri.
L’ufficio dell’animatore
o del coordinatore dovrebbe tendere a lasciare il posto a un
ufficio di presidenza, man mano che il tirocinio di sinodalità avrà
prodotto risultati e il gruppo sarà diventato capace di darsi autonomamente una
programmazione, tenendo conto anche del lavoro che si fa negli altri gruppi e
dell’esigenza di produrre una sintesi comune a tutti a livello parrocchiale. In
sostanza: voglio dire con questo che il ministero dell’autorità deve
progressivamente essere legittimato dagli stessi membri del gruppo.
La composizione dei gruppi
sinodali deve farsi tenendo conto
che, per natura, si vive confinati all’interno di fasce d’età, alle quali in
genere corrispondono diversi livelli di maturità e cultura. Un gruppo nel quale
ci si trovi in mezzo ad una maggioranza di persone di diversa età non
coinvolgerà emotivamente e difficilmente potrà essere produttivo. Andrà invece
accuratamente evitato di comporre gruppi sinodali a seconda delle appartenenze ai gruppi. Questi
ultimi esercitano talvolta una pressione indebita e gravemente
controproducente. Così come bisognerà evitare di incaricare come animatori e
coordinatori i responsabili di quei gruppi. Anzi, sarebbe meglio confinarli in
un gruppo sinodale a loro dedicato. La libertà di espressione è essenziale in
un processo sinodale. Purtroppo ho osservato che i capi dei gruppi talvolta si
comportano come una sorta di para-clero, non avendo avuto però la lunga
e completa formazione che il clero in genere ha. Il clericalismo è un
male, certo, ma il para-clericalismo lo è anche di più. Quando manca la
libertà di espressione, e le attività vengono egemonizzate da persone laiche il
cui ruolo è in qualche modo arbitrariamente
sacralizzato si ricade nel
para-clericalismo.
Nel gruppo sinodale non ci si dovrebbe limitare a discutere,
lo osservano giustamente i vescovi nelle Indicazioni metodologiche di cui sopra. Ciascuno, quindi, prenda degli impegni, abbia delle mansioni,
dia un contributo non solo a parole.
Nessuno rimanga come semplice spettatore, platea. Poi sia il gruppo stesso a
prendersi impegni collettivi e a rispettarli, procedendo a verifiche. Nel gruppo
sinodale di faccia tirocinio del prendersi
cura degli altri al modo dei pastori.
Non si tratta di predicare, per carità!, ma proprio di cogliere le
esigenze degli altri e di cercare di soddisfarle, al modo dei genitori con i
figli. Ogni persona del gruppo sia importante per le altre, non si accetti
facilmente di rinunciarvi. Detta così sembra cosa ovvia, facile, ma non lo è:
di solito dagli altri ci si difende.
Nel gruppo sinodale vi sia una mansione che consista nel tenere i
rapporti con gli altri gruppi sinodali e sia esercitata a turno e non da una sola persona solamente.
Quelli che la svolgono partecipino anche alle riunioni degli altri gruppi
sinodali che si è riusciti a far partire e ne riferiscano nel proprio gruppo.
Si prevedano momenti
assembleari generali, anche usando le grandi possibilità offerte dalle
videoconferenze.
Si costituisca un organismo
centrale di coordinamento e sintesi del lavoro sinodale in parrocchia, avendo
cura che vi partecipino a rotazione più persone possibile. In quella sede si
formulino proposte al Consiglio pastorale parrocchiale per ampliare gli spazi
di co-decisione. Si cominci dal poco, per poi ampliare: ad esempio dalla
decisione di dove piazzare la statua di uno dei santi che abbiamo in uso. Oggi
ogni decisione è presa del clero.
Infine: ad animare e coordinare i gruppi sinodali, nella fase delicata di
inizio delle attività, non si piazzi gente che non crede alla sinodalità, anzi
l’avversa, a volte come una eresia. Persone che, ad esempio, iniziano a
presentare il lavoro da fare dicendo “Io, però, non sono tanto d’accordo con il Papa” nel
senso che fa la cosa controvoglia. Meglio allora non farla proprio! Eccolo lì
cardinale in pectore! Da che pulpito, poi, verrà mai questa predica? Non dico che
occorra essere teologi professionisti per mettere bocca nelle cose della
Chiesa, ma sapere qualcosina sì. Certo anch’io ho criticato alcune cose di Papi
e vescovi, ad esempio il loro ostinato rifiuto della democrazia che tanto danno
ha fatto, ma ai miei Papi ho sempre voluto bene, più come fratelli che come
padri, in particolare ora che ne sono diventato quasi coetaneo, consapevole dei
nostri comuni limiti e però della buona volontà. Se un Papa mi dice di
collaborare ad un lavoro, lo faccio, di cuore, senza riserve, cerco di essere
costruttivo perché tutto vada per il meglio. Per nostra buona sorte, non viviamo i tempi di
certi tremendi Papi violenti e lussuriosi del lontano passato. Oggi abbiamo un
Papa che, addirittura, ci vuole tutti sinodali. Tenendo conto dei precedenti, mi
pare che solo dallo Spirito possa essere venuto.
Ricordiamoci anche di
pregare, nei gruppi sinodali, come ci esortano a fare in nostri vescovi.
La sinodalità, in
definitiva, è parte della missione che
abbiamo ricevuto dal Signore. Non si diventa sinodale per farsi belli.
Ricordiamoci, allora, del salmo: “Da
chi ci verrà l’aiuto?...”. Per chi ha consuetudine con le Scritture, nel
cuore dovrebbe sorgere spontanea e immediata la risposta.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte
Sacro, Valli