Costruire società
per salvare il mondo
-
La Lettera alla Costituzione di Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna
****************
Oggi,
alle 16:45, incontro di AC San Clemente
per discutere di abbraccio, nel
percorso “Da corpo a corpo” del’Azione
Cattolica. La costruzione sociale può essere vista come un abbraccio: è manifestazione di agàpe
che supera le divisioni, vince i rancori e i risentimenti, è capace di
perdono.
Per avere link e codice di accesso, scrivere a
mario.ardigo@acsanclemente.net
precisando il proprio nome, la parrocchia di appartenenza e i temi di interesse. Questi dati saranno cancellati dopo ogni incontro e dovranno essere nuovamente inviati per partecipare di nuovo
********************
Cara
Costituzione,
Sento
proprio il bisogno di scriverti una lettera, anzitutto per ringraziarti di
quello che rappresenti da tanto tempo per tutti noi. Hai quasi 75 anni, ma li porti benissimo! Ti voglio chiedere aiuto,
perché siamo in un momento difficile e
quando l’Italia, la nostra patria, ha problemi, sento che abbiamo bisogno di te
per ricordare da dove veniamo e per scegliere da che parte andare. E poi
che cosa ci serve litigare quando si deve costruire? Come cristiano la luce
della mia vita è Dio, che si è manifestato in Gesù. E’ una luce bellissima perché luce di un amore, esigente e
umanissimo, che mi aiuta a vedere la storia dove Dio, che è amore, si
manifesta. Mi insegna ad amare ogni
persona, perché ognuno è importante. Mi chiede di farlo senza interessi perché
l’unico interesse dell’amore è l’amore stesso, quindi gratuitamente, senza
convenienze personali, in maniera universale. Fratelli tutti! E questo, in un mondo che si è fatto piccolo e con
tanti cuori troppo ristretti perché pieni di paura e soli. Penso ci sia
bisogno di questa luce, anche nelle Istituzioni, perché dona speranza, rende
largo e umano il cuore, insegna a guardare al bene di tutti perché così
ciascuno trova anche il suo. Stiamo
vivendo un periodo difficile. Dopo tanti mesi siamo ancora nella tempesta del
COVID. Qualcuno non ne può più. Molti non ci sono più. All’inizio tanti
pensavano non fosse niente, altri erano sicuri che si risolvesse subito tanto
da continuare come se il virus non esistesse, altri credevano che dopo un breve
sforzo sarebbe finito, senza perseveranza e impegno costante. Quanta
sofferenza, visibile e quanta nascosta nel profondo dell’animo delle persone!
Quanti non abbiamo potuto salutare nel loro ultimo viaggio! Che ferita non
averlo potuto fare! Sai, molti di quelli
che ci hanno lasciato sono proprio quelli che hanno votato per i tuoi padri.
Anche per loro ti chiedo di aiutarci. Quando penso a come ti hanno voluta, mi
commuovo, perché i padri costituenti sono stati proprio bravi! Erano diversissimi, avversari, con idee
molto distanti eppure si misero d’accordo su quello che conta e su cui tutti -
tutti - volevano costruire il nostro Paese. Vorrei che anche noi facessimo
così, a cominciare da quelli che sono dove tu sei nata. C’era tanta sofferenza:
c’era stata la guerra, la lotta contro il nazismo e il fascismo e si era
combattuta una vera e propria guerra fratricida. Certo. Non c’è paragone tra
come era ridotta l’Italia allora e come è oggi! Tutto era distrutto, molte
erano le divisioni e le ferite. Eppure c’era tanta speranza. Adesso ce n’è di meno, qualche volta penso
– e non sai quanto mi dispiace! – davvero poca. Non si può vivere senza speranza! Quando sei nata c’erano tanti
bambini e ragazzi, quelli che ora sono i nostri genitori e nonni. Vorrei che ci
regalassi tanta speranza e tanti figli, tutti figli nostri anche quelli di chi
viene da lontano, perché se abbiamo figli possiamo sperare, altrimenti ci
ritroviamo contenti solo nel mantenere avidamente quello che abbiamo, e questo
proprio non basta e in realtà non ci fa nemmeno stare bene.
Cara
Costituzione, tu ci ricordi che non è possibile star bene da soli perché
possiamo star bene solo assieme. Tu
ci ricordi che dobbiamo imparare che c’è un limite nell’esercizio del potere e
che i diritti sono sempre collegati a delle responsabilità collettive: non
va bene che la persona - che tu ritieni così importante, che tu difendi e di
cui vuoi il riscatto da ogni umiliazione - si pensi in maniera isolata e
autosufficiente. I diritti impongono dei doveri. Ognuno è da te chiamato a pensarsi, progettarsi e immaginarsi sempre
insieme agli altri. Tu, infatti, chiedi a tutti di mettere le proprie capacità
a servizio della fraternità, perché la società come tu la pensi non è un
insieme di isole, ma una comunità tra persone, tra le nazioni e tra i popoli.
Fondamentale l’art. 2 in cui parli dei
diritti inalienabili dell’uomo, di ogni uomo non solo dei cittadini e dei
doveri inderogabili di solidarietà. Ci
ricordi (art. 4) il dovere, per ogni cittadino, di impegnarsi in attività che
contribuiscano al progresso sociale e civile. Si tratta di due dei
“principi fondamentali”, che fanno parte del volto e dell’anima della
Repubblica. Per te la libertà (e tu
sapevi bene cosa significava non averla e combatti contro ogni totalitarismo,
non solo ideologico, ma anche economico, militare o giudiziale) non è mai solo
libertà da qualcosa ma per qualcosa. Nell’art. 4 affermi infatti che “ogni
cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria
scelta (quindi in piena libertà di risposta alla propria vocazione), una
attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della
società”, trasformando così tutte le “libertà da” - elencate soprattutto, ma
non solo, dall’art. 13 all’art. 25 - “in libertà per”. Certo, purtroppo per
questo la fratellanza è rimasta spesso indietro, perché senza essere liberi per qualcosa e per gli altri abbiamo finito per
costruire una libertà distorta, che tradisce la vera uguaglianza. Tu ci
dici che siamo uguali (art. 3), ma non è una enunciazione vaga, perché ci dici
anche che uno dei compiti primari dello
Stato è rimuovere gli ostacoli nella vita delle persone e del loro sviluppo
esistenziale e civile (artt. da 35 a 38 e poi 41 e 42). In sostanza ci dai il fondamento di una società basata
su una vera fratellanza ed eguaglianza e non solo una fredda e impersonale
imparzialità.
Cara Costituzione, abbiamo tanto bisogno di serietà e i tuoi padri ce lo ricordano.
Spero proprio che noi tutti - a partire dai politici - sappiamo far tesoro di
quello che impariamo dalle nostre sofferenze, cercando quanto ci unisce e
mettendo da parte gli interessi di parte, scusa il gioco di parole. Abbiamo bisogno di vero “amore politico”!
Tu ci rammenti che non possiamo derogare dai doveri della solidarietà (art.2)
che sono intrecciati con i diritti.
Questi esistono e si sviluppano (insieme
alla personalità) nei gruppi sociali intermedi tra l’individuo e lo Stato: la
famiglia, prima di tutto, ma anche le associazioni e i gruppi sociali,
religiosi, ecc. Per te l’unità
prevale davvero sul conflitto (artt. 10 e 11). La stessa salute va curata - altro che vivere come viene: siamo
davvero responsabili gli uni degli altri! (art. 32) - perché la salute non è
solo un fondamentale diritto dell’individuo, ma interesse dell’intera
collettività. Questo non vale solamente per difenderci meglio dai contagi o per
gestire in maniera più efficiente il sistema sanitario, ma perché l’attenzione
alla salute di tutti e di ciascuno è uno dei presupposti basilari di una vera
cittadinanza attiva. Insomma: star bene anche per potersi impegnare per gli
altri e quindi per tutti. Anche per questo (art. 35) la Repubblica “cura” (che
bel verbo, invece di “tutela” o “garantisce”) non solo la formazione, ma anche
“l’elevazione” professionale dei lavoratori. Questo significa dare una visione umanizzante del lavoro e
del contributo che ci si aspetta dai lavoratori. Tu dici una cosa bellissima: (art. 36) il lavoratore ha diritto ad una
retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro; e aggiungi
che questa retribuzione deve essere “in ogni caso sufficiente ad assicurare a
sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Per te il lavoro è
collegato allo sviluppo umano. Io vorrei che dopo la crisi della pandemia si
smettesse di praticare il precariato, il caporalato e il lavoro nero, e che ci
potessimo impegnare nel mettere in regola i lavoratori, dando continuità e
stabilità alla vita delle persone. Certo a qualcuno conviene avere la
possibilità di non “sistemare” i lavoratori, ma come si fa a vivere e a
progettare la vita senza sicurezze e senza sufficienti garanzie di futuro? Come
non pensare anche a tutti coloro che sono in seria difficoltà e rischiano di perdere
il lavoro in questo tempo di pandemia e in quello del dopo pandemia, quando
emergeranno anche i problemi adesso sommersi! Ecco, per questo abbiamo bisogno
di lavoro, di chi lo crea, non specula e di garantire equità e opportunità a
tutti. Non c’è dignità della vita senza lavoro. Spero che tu ci possa aiutare a
non aspettare sempre qualche bonus e a smettere di speculare.
Cara
Costituzione, incoraggiaci a costruire, ad essere imprenditori che rischiano
per sé e per gli altri mettendo in gioco tutta la nostra capacità e dedizione,
sapendo che si tratta del futuro delle persone. Insieme, imprenditori e
lavoratori. Tu (art. 41) garantisci
la libertà dell’iniziativa economica, ma dicendoci che tale iniziativa “non può
svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla
sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” e aggiungi che la legge deve
preoccuparsi affinché “l’attività economica pubblica e privata possa essere
indirizzata e coordinata a fini sociali”. Papa Francesco ce lo ha ricordato
più volte parlando della proprietà privata. Qualcuno si è spaventato, tradendo
un pregiudizio oppure manifestando di volere per sé quello che, invece, deve
servire per il bene di tutti, perché solo così si giustifica e si conserva. Tu
(art. 42) stabilisci che “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla
legge che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo
di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”. Insomma,
siamo per davvero sulla stessa barca! Facciamo ancora tanta fatica a capirlo,
ma è proprio così! Per questo aggiungi (art. 45) che lavorare insieme è
importante riconoscendo la “funzione sociale della cooperazione a carattere di
mutualità”. Quanto è utile che tu ci ricordi che solo insieme ne veniamo fuori,
che chi resta indietro non lo possiamo abbandonare e che siamo chiamati come
cittadini responsabili a lavorare per dare a tutti delle opportunità concrete. L’ascensore sociale non può restare guasto,
perché altrimenti quelli che si trovano più in basso non riescono a rialzarsi,
in quanto sono senza possibilità reali di riscatto e progresso. E così non solo
non è giusto, ma ci depriva di ogni vero futuro! Per questo ci ricordi quanto è importante riunirsi, parlare, discutere,
confrontarsi. Tu ci garantisci (art. 18) il “diritto di associarsi
liberamente, senza autorizzazione…”, questo lo sottolinei non solo perché
nessuno lo limiti ma perché è importante
custodire ed incoraggiare la vita sociale e comunitaria. Hai voluto
garantire espressamente un diritto fondamentale per la formazione della
personalità (non era di per sé necessario, perché rientrava comunque nelle
libertà già in altre norme genericamente riconosciute, ma tu hai voluto
sottolinearlo con forza e decisione). Ma ci ricordi che la casa comune
significa diritti e doveri e che è importante partecipare tutti. A te i furbi,
furbetti, di vario genere proprio non vanno giù! Adesso che abbiamo tanti problemi come si fa a essere furbi, speculare
per sé invece di aiutarsi (art. 53)? Perché poi ci rimettono i più deboli,
quelli che non ce la fanno, i poveri, vecchi e nuovi. “Tutti sono tenuti a
concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”.
Insomma, bisogna pagare le tasse e perché nessuno si lamenti che non serve,
anzi, rubi (in tanti modi perché non pagarle significa togliere agli altri!) hai chiesto (art. 54) a tutti i cittadini
il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le
leggi. E anche che “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il
dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi
stabiliti dalla legge”. Oggi direi con correttezza esemplare, anche perché ne
va della fiducia degli altri nella cosa di tutti! Ecco come si fa a vivere bene
assieme. Come in famiglia.
“Infatti, la nostra società vince quando ogni persona, ogni gruppo sociale, si
sente veramente a casa. In una famiglia, i genitori, i nonni, i bambini sono di
casa; nessuno è escluso. Se uno ha una difficoltà, anche grave, anche quando
‘se l’è cercata’, gli altri vengono in suo aiuto, lo sostengono; il suo dolore
è di tutti. […] Nelle famiglie, tutti contribuiscono al progetto comune, tutti
lavorano per il bene comune, ma senza annullare l’individuo; al contrario, lo sostengono,
lo promuovono. Litigano, ma c’è qualcosa che non si smuove: quel legame
familiare. I litigi di famiglia dopo sono riconciliazioni. Le gioie e i dolori
di ciascuno sono fatti propri da tutti. Questo sì è essere famiglia! Se
potessimo riuscire a vedere l’avversario politico o il vicino di casa con gli
stessi occhi con cui vediamo i bambini, le mogli, i mariti, i padri e le madri.
Che bello sarebbe!” (FT 230). È solo pensando alla famiglia e all’intera
famiglia umana che ci può essere la pace (FT 141). “La vera qualità dei diversi
Paesi del mondo si misura da questa capacità di pensare non solo come Paese, ma
anche come famiglia umana, e questo si dimostra specialmente nei periodi
critici”. La pandemia ci ha coinvolto tutti, in tutto il mondo. Quanto vorrei che crescesse il sogno di
ricercare il bene di tutti nella stanza del mondo dove viviamo assieme e dove
possiamo riconoscerci “Fratelli tutti”. A proposito. La famiglia (art. 29)
è riconosciuta come “società naturale”, perché volevi sottolineare che la
famiglia è una realtà umana precedente lo Stato e in qualche modo realtà
autonoma da questo, perciò usi il bellissimo termine “riconosciuta”. Parola che
utilizzi poche volte e sempre per diritti o realtà la cui esistenza è appunto
“riconosciuta” e non originata dallo Stato, come per i diritti inalienabili
dell’uomo (art. 2) in cui ci ricordi che l’educazione, la casa e il lavoro sono
indispensabili per vivere. In questo
quadro ci inviti anche ad essere accoglienti e ospitali. Nella nostra storia ci
hanno accolto e ora noi non accogliamo? Forse dobbiamo ricordarci che
dobbiamo agevolare “con misure economiche e altre provvidenze la formazione
della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi” e sottolinei che bisogna
avere particolare riguardo alle famiglie numerose (art. 31). Non dobbiamo
finalmente mettere in pratica questa tua indicazione di proteggere “la
maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale
scopo”? E’ così sconfortante non vedere bambini e senza bambini c’è meno
speranza e cresce la paura. Cosa ci richiede proteggere la maternità? Un’ultima
preoccupazione. Tu ricordi che la pace
va difesa ad ogni costo (art. 11). Tu sei nata dopo la guerra. Avevi nel cuore
l’Europa unita perché avevi visto la tragedia della divisione. Senza questa
eredità rischiamo di rendere di nuovo i confini dei muri e motivo di
inimicizia, mentre sono ponti, unione con l’altro Paese. Solo insieme abbiamo
futuro! Abbiamo tanto da fare in un mondo che è bagnato dal sangue nei
tanti pezzi della guerra mondiale! E se,
come affermi solennemente, ripudiamo la guerra, dobbiamo cercare di trasformare
le armi in progetti di pace, come Papa Francesco - grande sognatore e
realista come te - ha chiesto. “Con il denaro che si impiega nelle armi e in
altre spese militari costituiamo un Fondo mondiale per eliminare finalmente la
fame e per lo sviluppo dei Paesi più poveri, così che i loro abitanti non
ricorrano a soluzioni violente o ingannevoli e non siano costretti ad
abbandonare i loro Paesi per cercare una vita più dignitosa” (FT 262). Ripudiare la guerra vuol dire costruire la
pace praticando il dialogo per arrivare ad abolire la guerra! La pace e la
stabilità internazionali non possono essere fondate su un falso senso di
sicurezza, sulla minaccia di una distruzione reciproca o di totale
annientamento. “L’obiettivo finale dell’eliminazione totale delle armi
nucleari diventa sia una sfida sia un imperativo morale e umanitario”, scrive
Papa Francesco senza mezzi termini. Grazie. Cara Costituzione, ascoltando te
già sto meglio perché mi trasmetti tanta fiducia e tanta serietà per la nostra
casa comune. Se ce ne è poca anch’io devo fare la mia parte! Proprio come tu
vuoi.
+ Matteo Gennaio 2021
P.S.:
Ti farà piacere, carissima Costituzione, rileggere queste parole di uno dei
tuoi padri. Ti voleva bene e parlava spesso di te con amore grande e lo
insegnava ai giovani che non ti conoscevano. “Alla fine, vorrei dire soprattutto ai giovani: non abbiate prevenzioni
rispetto alla Costituzione del ‘48, solo perché opera di una generazione ormai
trascorsa. La Costituzione americana è in vigore da duecento anni, e in questi
due secoli nessuna generazione l’ha rifiutata o ha proposto di riscriverla
integralmente, ha soltanto operato singoli emendamenti puntuali al testo
originario dei Padri di Philadelphia, nonostante che nel frattempo la società
americana sia passata da uno Stato di pionieri a uno Stato oggi leader del
mondo…E’ proprio nei momenti di confusione o di transizione indistinta che le
Costituzioni adempiono la più vera loro funzione: cioè quella di essere per
tutti punto di riferimento e di chiarimento. Cercate quindi di conoscerla, di
comprendere in profondità i suoi principî fondanti, e quindi di farvela amica e
compagna di strada. Essa, con le revisioni possibili ed opportune, può
garantirvi effettivamente tutti i diritti e tutte le libertà a cui potete
ragionevolmente aspirare; vi sarà presidio sicuro, nel vostro futuro, contro
ogni inganno e contro ogni asservimento, per qualunque cammino vogliate
procedere, e per qualunque meta vi prefissiate” (Giuseppe Dossetti, Discorso
tenuto all’Università di Parma, 26.IV.1995).
***************************
Mie osservazioni
Questa Lettera
alla Costituzione è dottrina sociale anche se ha dentro le
parole della nostra Costituzione e del
vangelo ha solo questo:
«Gesù.
E’ una luce bellissima perché luce di un amore, esigente e umanissimo, che mi
aiuta a vedere la storia dove Dio, che è amore, si manifesta. Mi insegna ad
amare ogni persona, perché ognuno è importante. Mi chiede di farlo senza
interessi perché l’unico interesse dell’amore è l’amore stesso»
Ma
questo, appunto, è il fondamento del vangelo e di ogni nostra speranza, come
anche della fede e di ogni carità «Dio,
che è amore».
In
genere la nostra Costituzione viene presentata, soprattutto nella formazione
dei più giovani, come un sistema di regole e allora loro se ne disamorano. Perché la
regola serve a conservare e i giovani vogliono invece cambiare,
è il loro mestiere. In realtà la nostra Costituzione fu decisa proprio per
cambiare. Anche il modo in cui si era vissuta in società la nostra religione al
tempo del fascismo mussoliniano, in particolare decidendo che la dignità sociale non dipendesse più dalla religione, come dal
sesso, dall’etnia, dalla lingua, dalle opinioni politiche e le condizioni
personali e sociali. Fu scritta con la collaborazione fondamentale di politici
di cultura cattolica, uno dei quali, Giuseppe Dossetti, viene ricordato al
termine della lettera. Dossetti, in
seguito, fu anche riformatore religioso, collaborando durante il Concilio
Vaticano 2° (1962-1965) dove era andato a seguito di un altro arcivescovo di
Bologna, Giacomo Lercaro. Anche la nostra Chiesa si mosse cambiando nella
stessa direzione indicata dalla nostra Costituzione, sulla base di un movimento
di riforma che dagli anni Cinquanta scorsi percorse il mondo. Ma quanta strada
c’è ancora da compiere, ad esempio per cambiare l’umiliante, ingiusta e ingiustificabile
discriminazione delle donne!
Nella Lettera
si ricorda che la nostra
Costituzione fu fondata su un voto popolare, quello del 1946, il primo in
Italia a cui parteciparono le donne. Una delle prime decisioni della fase
costituente, ancor prima di iniziare a lavorare sul progetto di una nuova
costituzione repubblicana fu questa: dare
il voto alle donne. Verso metà
dell’Ottocento, l’affermazione dei processi democratici fu legata alla conquista di costituzioni, che, in particolare, ponevano
limiti all’arbitrio del potere supremo dei monarchi che volevano essere sovrani, vale a dire senza limiti. In questo senso essere
erano il progetto di un nuovo ordine
politico, ma nell’affermazione dei diritti
di libertà, anche di nuove società, che in particolare negavano ogni arbitrio sociale. Erano però, in genere,
costituzioni concesse dal monarca e anche il Papato, al tempo in cui
possedeva un piccolo regno territoriale nel centro Italia, ne concesse una nel 1848, denominata Statuto fondamentale, ma cadde in
desuetudine dopo pochi mesi. Essa fu superata dal processo costituente generato
nel 1849 dai repubblicani mazziniani con la Repubblica
romana, vinta sanguinosamente dalle armate straniere invocate dal papa Pio
9°. Una volta insediato nuovamente al potere a Roma, quel Papa dimenticò lo Statuto
che aveva deliberato. Quella repubblica mazziniana può essere
considerata il modello della nostra, sia nei principi che nella struttura del
suo testo, come si capisce bene leggendone questo stralcio:
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA
ROMANA
(1849)
PRINCIPII FONDAMENTALI
I – La sovranità è per diritto eterno
nel popolo. Il popolo dello Stato Romano è costituito in repubblica
democratica.
II – Il regime democratico ha per
regola l’eguaglianza, la libertà, la fraternità. non riconosce titoli di
nobiltà, né privilegi di nascita o casta.
III – La repubblica colle leggi e colle
istituzioni promuove il miglioramento delle condizioni morali e materiali di
tutti i cittadini.
IV – La repubblica riguarda tutti i
popoli come fratelli: rispetta ogni nazionalità: propugna l’italiana.
V – I Municipii hanno tutti eguali
diritti: la loro indipendenza non è limitata che dalle leggi di utilità
generale dello Stato.
VI – La più equa distribuzione
possibile degli interessi locali, in armonia coll’interesse politico dello
stato è la norma del riparto territoriale della repubblica.
VII – Dalla credenza religiosa non
dipende l’esercizio dei diritti civili e politici.
VIII – Il Capo della Chiesa Cattolica
avrà dalla Repubblica tutte le guarentigie necessarie per l’esercizio
indipendente del potere spirituale.
TITOLO I
DEI DIRITTI E DEI DOVERI DE’
CITTADINI
Art. 1 – Sono cittadini della
Repubblica:
– gli originarii della Repubblica;
– coloro che hanno acquistata la
cittadinanza per effetto delle leggi precedenti;
– gli altri Italiani col domicilio di
sei mesi;
– gli stranieri col domicilio di dieci
anni;
– i naturalizzati con decreto del
potere legislativo.
Art. 2 – Si perde la cittadinanza:
– per naturalizzazione, o per dimora in
paese straniero con animo di non più tornare;
– per l’abbandono della patria in caso
di guerra, o quando è dichiarata in pericolo;
– per accettazione di titoli conferiti
dallo straniero;
– per accettazione di gradi e cariche,
e per servizio militare presso lo straniero, senza autorizzazione del governo
della Repubblica; l’autorizzazione è sempre presunta quando si combatte per la
libertà d’un popolo;
– per condanna giudiziale.
Art. 3 – Le persone e le proprietà sono
inviolabili.
Art. 4 – Nessuno può essere arrestato
che in flagrante delitto, o per mandato di giudice, né essere distolto dai suoi
giudici naturali. Nessuna Corte o Commissione eccezionale può istituirsi sotto
qualsiasi titolo o nome.
Nessuno può essere carcerato per
debiti.
Art. 5 – Le pene di morte e di confisca
sono proscritte.
Art. 6 – Il domicilio è sacro: non è
permesso penetrarvi che nel casi e modi determinati dalla legge.
Art. 7 – La manifestazione del
pensiero, è libera, la legge ne punisce l’abuso senza alcuna censura
preventiva.
Art. 8 – L’insegnamento è libero.
Le condizioni di moralità e capacità,
per chi intende professarlo, sono determinate dalla legge.
Art. 9 – Il segreto delle lettere è
inviolabile.
Art. 10 – Il diritto di petizione può
esercitarsi individualmente e collettivamente.
Art. 11 – L’associazione senz’armi e
senza scopo di delitto, è libera.
Art. 12 – Tutti i cittadini
appartengono alla guardia nazionale nei modi e colle eccezioni fissate dalla
legge.
Art. 13 – Nessuno può essere astretto a
perdere la proprietà delle cose, se non in causa pubblica, e previa giusta
indennità.
Art. 14 – La legge determina le spese
della Repubblica, e il modo di contribuirvi.
Nessuna tassa può essere imposta se non
per legge, né percetta per tempo maggiore di quello dalla legge determinato.
TITOLO II
DELL’ORDINAMENTO POLITICO
Art. 15 – Ogni potere viene dal popolo.
Si esercita dall’Assemblea, dal Consolato, dall’Ordine giudiziario.
«Ogni potere viene dal popolo» scrissero i rivoluzionari del 1849, «La sovranità appartiene al popolo» deliberarono
quelli del 1947. Popolo sì, ma popolo deliberante, non semplice gregge, come talvolta in religione lo si vorrebbe. Dunque popolo consapevole, competente,
dunque anche istruito. Nelle concezioni democratiche
del socialismo l’istruzione popolare era considerata fondamentale e lo è, ad
esempio, anche nel magistero di persone che svolsero un ruolo molto importante
nella nostra politica come Giovanni Battista Montini e Lorenzo Milani.
Quest’ultimo teorizzò esplicitamente il collegamento tra elevazione alla
democrazia e istruzione. L’Azione Cattolica l’ha sempre praticato. Essa è oggi
una delle maggiori scuole di politica
democratica italiane, pur in una
Chiesa in cui i suoi capi gerarchici,
spaventati dai processi democratici che si stavano manifestando nel corso degli
anni Settanta, hanno deliberato di interromperli sopendoli, gelandoli, causando
poi l’irrilevanza politica del nostro cattolicesimo democratico, quello che con
Murri, Sturzo, Montini, Dossetti, Milani e altri, tanta parte aveva avuto nella
costruzione della democrazia italiana. Questa decisione risale al papa Giovanni
Paolo 2°, che pure fu uno degli artefici principali della rivoluzione
democratica anticomunista, ispirata a un neo-solidarismo cristiano, attuata
negli anni ’80 nella sua Polonia. Egli era estremamente diffidente verso il
socialismo europeo e, invece, la nostra democrazia repubblica si basò
essenzialmente su un’intesa tra i cattolici democratici e i socialisti
italiani. Come è finita in Polonia, lo vediamo bene oggi; come è finita in
Italia, anche. Alla Polonia non ha fatto bene il ripudio di tutto il socialismo, in Italia è stato più o meno lo
stesso. L’eclissi del cattolicesimo democratico italiano è andata di pari passo
a quella del socialismo, ma anche, in fondo, del repubblicanesimo di
impostazione mazziniano, quello basato sul motto Dio e popolo.
Di fronte ai problemi
della società italiana di oggi, aggravati dalla pandemia di Covid-19, Zuppi
invoca una ripresa dell’azione sociale nel senso indicato dalla Costituzione,
in particolare per l’attuazione dei diritti e doveri sociali. Tuttavia nella Lettera non vi
è sufficiente consapevolezza che questo richiede il voler essere liberi di farlo. Si sente invece l’antica diffidenza
verso la libertà, che maturò storicamente in una Chiesa fattasi impero
assoluto. Libertà sarebbe giustificata solo come libertà per, quindi per certo fine. Ma chi lo decide? E qui entra
in gioco la libertà da, da ogni
potere che pretenda di imporre un sistema di fini. Ma la libertà è legata alla dignità
e alla coscienza della persona: significa,
appunto, voler essere liberi di esaminare
ogni questione in coscienza. Non c’è dignità quando questo venga negato o
si sia indotti, come gesto virtuoso, a rinunciarvi
per obbedienza. Quella libertà è, in politica, addirittura un dovere, l’obbedienza non essendo più una virtù ma la
più subdola della tentazioni, come insegnava Milani. Perché mai libertà dovrebbe essere solo quella del figliuol prodigo che sperpera l’eredità anticipatagli dal padre
in gozzoviglie? In realtà si gozzoviglia secondo i costumi della società di
riferimento, non c’è vera libertà in questo, ci si limita a seguire la corrente:
libertà è pensare il nuovo, il meglio, e
varcare le frontiere (Ernst Bloch) per raggiugere e capire gli altri. Il modello della vera libertà è invece proprio
il Maestro, colui che non ci volle servi, ma amici e ci comandò di amarci
l’un l’altro, quindi una società-agàpe in cui si pensa anche agli
altri, ci si soccorre capendo ciò di cui gli altri hanno bisogno. Egli si
presentò come colui che salva. Per salvare la società
occorre conquistare la libertà di pensarla e di attuarla diversa da com’è, vale
a dire piena di agàpe.
Ma come salvare in questo modo la
società, se in società non si ha occasione di imparare a farlo e tutto il sociale viene essenzialmente presentato in genere come
un doversi adeguare a un sistema di regole immodificabile, come un manuale di
buona creanza? Questo in particolare nella nostra Chiesa, che ancora vorrebbe
insegnare con la sua dottrina sociale la
politica virtuosa alla società, ma non ne fa pratica al suo interno. Politica è progettare e attuare il nuovo, in
ogni ambito.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte
Sacro, Valli