INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Questo blog è un'iniziativa di laici aderenti all'Azione Cattolica della parrocchia di San Clemente papa e manifesta idee ed opinioni espresse sotto la personale responsabilità di chi scrive. Esso non è un organo informativo della parrocchia né dell'Azione Cattolica e, in particolare, non è espressione delle opinioni del parroco e dei sacerdoti suoi collaboratori, anche se i laici di Azione Cattolica che lo animano le tengono in grande considerazione.

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

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sabato 30 gennaio 2021

Costruire società per salvare il mondo - La Lettera alla Costituzione di Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna

 

Costruire società per salvare il mondo

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La Lettera alla Costituzione  di Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna

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Oggi, alle 16:45, incontro  di AC San Clemente per discutere di abbraccio, nel percorso “Da corpo a corpo” del’Azione Cattolica. La costruzione sociale può essere vista come un abbraccio: è manifestazione di agàpe che supera le divisioni, vince i rancori e i risentimenti, è capace di perdono.

 Per avere link e codice di accesso, scrivere a 

mario.ardigo@acsanclemente.net 

precisando il proprio nome, la parrocchia di appartenenza e i temi di interesse. Questi dati saranno cancellati dopo ogni incontro e dovranno essere nuovamente inviati per partecipare di nuovo

 

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Cara Costituzione,

Sento proprio il bisogno di scriverti una lettera, anzitutto per ringraziarti di quello che rappresenti da tanto tempo per tutti noi. Hai quasi 75 anni, ma li porti benissimo! Ti voglio chiedere aiuto, perché siamo in un momento difficile e quando l’Italia, la nostra patria, ha problemi, sento che abbiamo bisogno di te per ricordare da dove veniamo e per scegliere da che parte andare. E poi che cosa ci serve litigare quando si deve costruire? Come cristiano la luce della mia vita è Dio, che si è manifestato in Gesù. E’ una luce bellissima perché luce di un amore, esigente e umanissimo, che mi aiuta a vedere la storia dove Dio, che è amore, si manifesta. Mi insegna ad amare ogni persona, perché ognuno è importante. Mi chiede di farlo senza interessi perché l’unico interesse dell’amore è l’amore stesso, quindi gratuitamente, senza convenienze personali, in maniera universale. Fratelli tutti! E questo, in un mondo che si è fatto piccolo e con tanti cuori troppo ristretti perché pieni di paura e soli. Penso ci sia bisogno di questa luce, anche nelle Istituzioni, perché dona speranza, rende largo e umano il cuore, insegna a guardare al bene di tutti perché così ciascuno trova anche il suo. Stiamo vivendo un periodo difficile. Dopo tanti mesi siamo ancora nella tempesta del COVID. Qualcuno non ne può più. Molti non ci sono più. All’inizio tanti pensavano non fosse niente, altri erano sicuri che si risolvesse subito tanto da continuare come se il virus non esistesse, altri credevano che dopo un breve sforzo sarebbe finito, senza perseveranza e impegno costante. Quanta sofferenza, visibile e quanta nascosta nel profondo dell’animo delle persone! Quanti non abbiamo potuto salutare nel loro ultimo viaggio! Che ferita non averlo potuto fare! Sai, molti di quelli che ci hanno lasciato sono proprio quelli che hanno votato per i tuoi padri. Anche per loro ti chiedo di aiutarci. Quando penso a come ti hanno voluta, mi commuovo, perché i padri costituenti sono stati proprio bravi! Erano diversissimi, avversari, con idee molto distanti eppure si misero d’accordo su quello che conta e su cui tutti - tutti - volevano costruire il nostro Paese. Vorrei che anche noi facessimo così, a cominciare da quelli che sono dove tu sei nata. C’era tanta sofferenza: c’era stata la guerra, la lotta contro il nazismo e il fascismo e si era combattuta una vera e propria guerra fratricida. Certo. Non c’è paragone tra come era ridotta l’Italia allora e come è oggi! Tutto era distrutto, molte erano le divisioni e le ferite. Eppure c’era tanta speranza. Adesso ce n’è di meno, qualche volta penso – e non sai quanto mi dispiace! – davvero poca. Non si può vivere senza speranza! Quando sei nata c’erano tanti bambini e ragazzi, quelli che ora sono i nostri genitori e nonni. Vorrei che ci regalassi tanta speranza e tanti figli, tutti figli nostri anche quelli di chi viene da lontano, perché se abbiamo figli possiamo sperare, altrimenti ci ritroviamo contenti solo nel mantenere avidamente quello che abbiamo, e questo proprio non basta e in realtà non ci fa nemmeno stare bene.

   Cara Costituzione, tu ci ricordi che non è possibile star bene da soli perché possiamo star bene solo assieme. Tu ci ricordi che dobbiamo imparare che c’è un limite nell’esercizio del potere e che i diritti sono sempre collegati a delle responsabilità collettive: non va bene che la persona - che tu ritieni così importante, che tu difendi e di cui vuoi il riscatto da ogni umiliazione - si pensi in maniera isolata e autosufficiente. I diritti impongono dei doveri. Ognuno è da te chiamato a pensarsi, progettarsi e immaginarsi sempre insieme agli altri. Tu, infatti, chiedi a tutti di mettere le proprie capacità a servizio della fraternità, perché la società come tu la pensi non è un insieme di isole, ma una comunità tra persone, tra le nazioni e tra i popoli. Fondamentale l’art. 2 in cui parli dei diritti inalienabili dell’uomo, di ogni uomo non solo dei cittadini e dei doveri inderogabili di solidarietà. Ci ricordi (art. 4) il dovere, per ogni cittadino, di impegnarsi in attività che contribuiscano al progresso sociale e civile. Si tratta di due dei “principi fondamentali”, che fanno parte del volto e dell’anima della Repubblica. Per te la libertà (e tu sapevi bene cosa significava non averla e combatti contro ogni totalitarismo, non solo ideologico, ma anche economico, militare o giudiziale) non è mai solo libertà da qualcosa ma per qualcosa. Nell’art. 4 affermi infatti che “ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta (quindi in piena libertà di risposta alla propria vocazione), una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”, trasformando così tutte le “libertà da” - elencate soprattutto, ma non solo, dall’art. 13 all’art. 25 - “in libertà per”. Certo, purtroppo per questo la fratellanza è rimasta spesso indietro, perché senza essere liberi per qualcosa e per gli altri abbiamo finito per costruire una libertà distorta, che tradisce la vera uguaglianza. Tu ci dici che siamo uguali (art. 3), ma non è una enunciazione vaga, perché ci dici anche che uno dei compiti primari dello Stato è rimuovere gli ostacoli nella vita delle persone e del loro sviluppo esistenziale e civile (artt. da 35 a 38 e poi 41 e 42). In sostanza ci dai il fondamento di una società basata su una vera fratellanza ed eguaglianza e non solo una fredda e impersonale imparzialità.

 Cara Costituzione, abbiamo tanto bisogno di serietà e i tuoi padri ce lo ricordano. Spero proprio che noi tutti - a partire dai politici - sappiamo far tesoro di quello che impariamo dalle nostre sofferenze, cercando quanto ci unisce e mettendo da parte gli interessi di parte, scusa il gioco di parole. Abbiamo bisogno di vero “amore politico”! Tu ci rammenti che non possiamo derogare dai doveri della solidarietà (art.2) che sono intrecciati con i diritti. Questi esistono e si sviluppano  (insieme alla personalità) nei gruppi sociali intermedi tra l’individuo e lo Stato: la famiglia, prima di tutto, ma anche le associazioni e i gruppi sociali, religiosi, ecc. Per te l’unità prevale davvero sul conflitto (artt. 10 e 11). La stessa salute va curata - altro che vivere come viene: siamo davvero responsabili gli uni degli altri! (art. 32) - perché la salute non è solo un fondamentale diritto dell’individuo, ma interesse dell’intera collettività. Questo non vale solamente per difenderci meglio dai contagi o per gestire in maniera più efficiente il sistema sanitario, ma perché l’attenzione alla salute di tutti e di ciascuno è uno dei presupposti basilari di una vera cittadinanza attiva. Insomma: star bene anche per potersi impegnare per gli altri e quindi per tutti. Anche per questo (art. 35) la Repubblica “cura” (che bel verbo, invece di “tutela” o “garantisce”) non solo la formazione, ma anche “l’elevazione” professionale dei lavoratori. Questo significa dare una visione umanizzante del lavoro e del contributo che ci si aspetta dai lavoratori. Tu dici una cosa bellissima: (art. 36) il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro; e aggiungi che questa retribuzione deve essere “in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Per te il lavoro è collegato allo sviluppo umano. Io vorrei che dopo la crisi della pandemia si smettesse di praticare il precariato, il caporalato e il lavoro nero, e che ci potessimo impegnare nel mettere in regola i lavoratori, dando continuità e stabilità alla vita delle persone. Certo a qualcuno conviene avere la possibilità di non “sistemare” i lavoratori, ma come si fa a vivere e a progettare la vita senza sicurezze e senza sufficienti garanzie di futuro? Come non pensare anche a tutti coloro che sono in seria difficoltà e rischiano di perdere il lavoro in questo tempo di pandemia e in quello del dopo pandemia, quando emergeranno anche i problemi adesso sommersi! Ecco, per questo abbiamo bisogno di lavoro, di chi lo crea, non specula e di garantire equità e opportunità a tutti. Non c’è dignità della vita senza lavoro. Spero che tu ci possa aiutare a non aspettare sempre qualche bonus e a smettere di speculare.

  Cara Costituzione, incoraggiaci a costruire, ad essere imprenditori che rischiano per sé e per gli altri mettendo in gioco tutta la nostra capacità e dedizione, sapendo che si tratta del futuro delle persone. Insieme, imprenditori e lavoratori. Tu (art. 41) garantisci la libertà dell’iniziativa economica, ma dicendoci che tale iniziativa “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” e aggiungi che la legge deve preoccuparsi affinché “l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. Papa Francesco ce lo ha ricordato più volte parlando della proprietà privata. Qualcuno si è spaventato, tradendo un pregiudizio oppure manifestando di volere per sé quello che, invece, deve servire per il bene di tutti, perché solo così si giustifica e si conserva. Tu (art. 42) stabilisci che “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”. Insomma, siamo per davvero sulla stessa barca! Facciamo ancora tanta fatica a capirlo, ma è proprio così! Per questo aggiungi (art. 45) che lavorare insieme è importante riconoscendo la “funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità”. Quanto è utile che tu ci ricordi che solo insieme ne veniamo fuori, che chi resta indietro non lo possiamo abbandonare e che siamo chiamati come cittadini responsabili a lavorare per dare a tutti delle opportunità concrete. L’ascensore sociale non può restare guasto, perché altrimenti quelli che si trovano più in basso non riescono a rialzarsi, in quanto sono senza possibilità reali di riscatto e progresso. E così non solo non è giusto, ma ci depriva di ogni vero futuro! Per questo ci ricordi quanto è importante riunirsi, parlare, discutere, confrontarsi. Tu ci garantisci (art. 18) il “diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione…”, questo lo sottolinei non solo perché nessuno lo limiti ma perché è importante custodire ed incoraggiare la vita sociale e comunitaria. Hai voluto garantire espressamente un diritto fondamentale per la formazione della personalità (non era di per sé necessario, perché rientrava comunque nelle libertà già in altre norme genericamente riconosciute, ma tu hai voluto sottolinearlo con forza e decisione). Ma ci ricordi che la casa comune significa diritti e doveri e che è importante partecipare tutti. A te i furbi, furbetti, di vario genere proprio non vanno giù! Adesso che abbiamo tanti problemi come si fa a essere furbi, speculare per sé invece di aiutarsi (art. 53)? Perché poi ci rimettono i più deboli, quelli che non ce la fanno, i poveri, vecchi e nuovi. “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. Insomma, bisogna pagare le tasse e perché nessuno si lamenti che non serve, anzi, rubi (in tanti modi perché non pagarle significa togliere agli altri!) hai chiesto (art. 54) a tutti i cittadini il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. E anche che “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”. Oggi direi con correttezza esemplare, anche perché ne va della fiducia degli altri nella cosa di tutti! Ecco come si fa a vivere bene assieme. Come in famiglia. “Infatti, la nostra società vince quando ogni persona, ogni gruppo sociale, si sente veramente a casa. In una famiglia, i genitori, i nonni, i bambini sono di casa; nessuno è escluso. Se uno ha una difficoltà, anche grave, anche quando ‘se l’è cercata’, gli altri vengono in suo aiuto, lo sostengono; il suo dolore è di tutti. […] Nelle famiglie, tutti contribuiscono al progetto comune, tutti lavorano per il bene comune, ma senza annullare l’individuo; al contrario, lo sostengono, lo promuovono. Litigano, ma c’è qualcosa che non si smuove: quel legame familiare. I litigi di famiglia dopo sono riconciliazioni. Le gioie e i dolori di ciascuno sono fatti propri da tutti. Questo sì è essere famiglia! Se potessimo riuscire a vedere l’avversario politico o il vicino di casa con gli stessi occhi con cui vediamo i bambini, le mogli, i mariti, i padri e le madri. Che bello sarebbe!” (FT 230). È solo pensando alla famiglia e all’intera famiglia umana che ci può essere la pace (FT 141). “La vera qualità dei diversi Paesi del mondo si misura da questa capacità di pensare non solo come Paese, ma anche come famiglia umana, e questo si dimostra specialmente nei periodi critici”. La pandemia ci ha coinvolto tutti, in tutto il mondo. Quanto vorrei che crescesse il sogno di ricercare il bene di tutti nella stanza del mondo dove viviamo assieme e dove possiamo riconoscerci “Fratelli tutti”. A proposito. La famiglia (art. 29) è riconosciuta come “società naturale”, perché volevi sottolineare che la famiglia è una realtà umana precedente lo Stato e in qualche modo realtà autonoma da questo, perciò usi il bellissimo termine “riconosciuta”. Parola che utilizzi poche volte e sempre per diritti o realtà la cui esistenza è appunto “riconosciuta” e non originata dallo Stato, come per i diritti inalienabili dell’uomo (art. 2) in cui ci ricordi che l’educazione, la casa e il lavoro sono indispensabili per vivere. In questo quadro ci inviti anche ad essere accoglienti e ospitali. Nella nostra storia ci hanno accolto e ora noi non accogliamo? Forse dobbiamo ricordarci che dobbiamo agevolare “con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi” e sottolinei che bisogna avere particolare riguardo alle famiglie numerose (art. 31). Non dobbiamo finalmente mettere in pratica questa tua indicazione di proteggere “la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”? E’ così sconfortante non vedere bambini e senza bambini c’è meno speranza e cresce la paura. Cosa ci richiede proteggere la maternità? Un’ultima preoccupazione. Tu ricordi che la pace va difesa ad ogni costo (art. 11). Tu sei nata dopo la guerra. Avevi nel cuore l’Europa unita perché avevi visto la tragedia della divisione. Senza questa eredità rischiamo di rendere di nuovo i confini dei muri e motivo di inimicizia, mentre sono ponti, unione con l’altro Paese. Solo insieme abbiamo futuro! Abbiamo tanto da fare in un mondo che è bagnato dal sangue nei tanti pezzi della guerra mondiale! E se, come affermi solennemente, ripudiamo la guerra, dobbiamo cercare di trasformare le armi in progetti di pace, come Papa Francesco - grande sognatore e realista come te - ha chiesto. “Con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e per lo sviluppo dei Paesi più poveri, così che i loro abitanti non ricorrano a soluzioni violente o ingannevoli e non siano costretti ad abbandonare i loro Paesi per cercare una vita più dignitosa” (FT 262). Ripudiare la guerra vuol dire costruire la pace praticando il dialogo per arrivare ad abolire la guerra! La pace e la stabilità internazionali non possono essere fondate su un falso senso di sicurezza, sulla minaccia di una distruzione reciproca o di totale annientamento. “L’obiettivo finale dell’eliminazione totale delle armi nucleari diventa sia una sfida sia un imperativo morale e umanitario”, scrive Papa Francesco senza mezzi termini. Grazie. Cara Costituzione, ascoltando te già sto meglio perché mi trasmetti tanta fiducia e tanta serietà per la nostra casa comune. Se ce ne è poca anch’io devo fare la mia parte! Proprio come tu vuoi.

                                                      + Matteo Gennaio 2021

 

P.S.: Ti farà piacere, carissima Costituzione, rileggere queste parole di uno dei tuoi padri. Ti voleva bene e parlava spesso di te con amore grande e lo insegnava ai giovani che non ti conoscevano. “Alla fine, vorrei dire soprattutto ai giovani: non abbiate prevenzioni rispetto alla Costituzione del ‘48, solo perché opera di una generazione ormai trascorsa. La Costituzione americana è in vigore da duecento anni, e in questi due secoli nessuna generazione l’ha rifiutata o ha proposto di riscriverla integralmente, ha soltanto operato singoli emendamenti puntuali al testo originario dei Padri di Philadelphia, nonostante che nel frattempo la società americana sia passata da uno Stato di pionieri a uno Stato oggi leader del mondo…E’ proprio nei momenti di confusione o di transizione indistinta che le Costituzioni adempiono la più vera loro funzione: cioè quella di essere per tutti punto di riferimento e di chiarimento. Cercate quindi di conoscerla, di comprendere in profondità i suoi principî fondanti, e quindi di farvela amica e compagna di strada. Essa, con le revisioni possibili ed opportune, può garantirvi effettivamente tutti i diritti e tutte le libertà a cui potete ragionevolmente aspirare; vi sarà presidio sicuro, nel vostro futuro, contro ogni inganno e contro ogni asservimento, per qualunque cammino vogliate procedere, e per qualunque meta vi prefissiate” (Giuseppe Dossetti, Discorso tenuto all’Università di Parma, 26.IV.1995).

 

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Mie osservazioni

 

  Questa Lettera alla Costituzione  è dottrina sociale anche se ha dentro le parole della nostra Costituzione  e del vangelo ha solo questo:

  «Gesù. E’ una luce bellissima perché luce di un amore, esigente e umanissimo, che mi aiuta a vedere la storia dove Dio, che è amore, si manifesta. Mi insegna ad amare ogni persona, perché ognuno è importante. Mi chiede di farlo senza interessi perché l’unico interesse dell’amore è l’amore stesso»

   Ma questo, appunto, è il fondamento del vangelo e di ogni nostra speranza, come anche della fede e di ogni carità «Dio, che è amore».

   In genere la nostra Costituzione viene presentata, soprattutto nella formazione dei più giovani, come un  sistema di regole  e allora loro se ne disamorano. Perché la regola serve a  conservare e i giovani vogliono invece cambiare, è il loro mestiere. In realtà la nostra Costituzione fu decisa proprio per cambiare. Anche il modo in cui si era vissuta in società la nostra religione al tempo del fascismo mussoliniano, in particolare decidendo che la dignità sociale  non dipendesse più dalla religione, come dal sesso, dall’etnia, dalla lingua, dalle opinioni politiche e le condizioni personali e sociali. Fu scritta con la collaborazione fondamentale di politici di cultura cattolica, uno dei quali, Giuseppe Dossetti, viene ricordato al termine della lettera. Dossetti, in seguito, fu anche riformatore religioso, collaborando durante il Concilio Vaticano 2° (1962-1965) dove era andato a seguito di un altro arcivescovo di Bologna, Giacomo Lercaro. Anche la nostra Chiesa si mosse cambiando nella stessa direzione indicata dalla nostra Costituzione, sulla base di un movimento di riforma che dagli anni Cinquanta scorsi percorse il mondo. Ma quanta strada c’è ancora da compiere, ad esempio per cambiare l’umiliante, ingiusta e ingiustificabile discriminazione delle donne!

  Nella Lettera  si ricorda che la nostra Costituzione fu fondata su un voto popolare, quello del 1946, il primo in Italia a cui parteciparono le donne. Una delle prime decisioni della fase costituente, ancor prima di iniziare a lavorare sul progetto di una nuova costituzione repubblicana fu questa: dare il voto alle donne.  Verso metà dell’Ottocento, l’affermazione dei processi democratici fu legata alla conquista  di costituzioni, che, in particolare, ponevano limiti all’arbitrio del potere supremo dei monarchi che volevano essere sovrani, vale a dire senza limiti. In questo senso essere erano il progetto di un nuovo ordine politico, ma nell’affermazione dei diritti di libertà, anche di nuove società, che in particolare negavano ogni  arbitrio sociale. Erano però, in genere, costituzioni  concesse  dal monarca e anche il Papato, al tempo in cui possedeva un piccolo regno territoriale nel centro Italia, ne  concesse una nel 1848, denominata Statuto fondamentale, ma cadde in desuetudine dopo pochi mesi. Essa fu superata dal processo costituente generato nel 1849 dai repubblicani mazziniani con la Repubblica romana, vinta sanguinosamente dalle armate straniere invocate dal papa Pio 9°. Una volta insediato nuovamente al potere a Roma, quel Papa dimenticò  lo Statuto  che aveva deliberato. Quella repubblica mazziniana può essere considerata il modello della nostra, sia nei principi che nella struttura del suo testo, come si capisce bene leggendone questo stralcio:

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ROMANA

(1849)

 

PRINCIPII FONDAMENTALI

 

I – La sovranità è per diritto eterno nel popolo. Il popolo dello Stato Romano è costituito in repubblica democratica.

II – Il regime democratico ha per regola l’eguaglianza, la libertà, la fraternità. non riconosce titoli di nobiltà, né privilegi di nascita o casta.

III – La repubblica colle leggi e colle istituzioni promuove il miglioramento delle condizioni morali e materiali di tutti i cittadini.

IV – La repubblica riguarda tutti i popoli come fratelli: rispetta ogni nazionalità: propugna l’italiana.

V – I Municipii hanno tutti eguali diritti: la loro indipendenza non è limitata che dalle leggi di utilità generale dello Stato.

VI – La più equa distribuzione possibile degli interessi locali, in armonia coll’interesse politico dello stato è la norma del riparto territoriale della repubblica.

VII – Dalla credenza religiosa non dipende l’esercizio dei diritti civili e politici.

VIII – Il Capo della Chiesa Cattolica avrà dalla Repubblica tutte le guarentigie necessarie per l’esercizio indipendente del potere spirituale.

 

TITOLO I

DEI DIRITTI E DEI DOVERI DE’ CITTADINI

 

Art. 1 – Sono cittadini della Repubblica:

– gli originarii della Repubblica;

– coloro che hanno acquistata la cittadinanza per effetto delle leggi precedenti;

– gli altri Italiani col domicilio di sei mesi;

– gli stranieri col domicilio di dieci anni;

– i naturalizzati con decreto del potere legislativo.

Art. 2 – Si perde la cittadinanza:

– per naturalizzazione, o per dimora in paese straniero con animo di non più tornare;

– per l’abbandono della patria in caso di guerra, o quando è dichiarata in pericolo;

– per accettazione di titoli conferiti dallo straniero;

– per accettazione di gradi e cariche, e per servizio militare presso lo straniero, senza autorizzazione del governo della Repubblica; l’autorizzazione è sempre presunta quando si combatte per la libertà d’un popolo;

– per condanna giudiziale.

Art. 3 – Le persone e le proprietà sono inviolabili.

Art. 4 – Nessuno può essere arrestato che in flagrante delitto, o per mandato di giudice, né essere distolto dai suoi giudici naturali. Nessuna Corte o Commissione eccezionale può istituirsi sotto qualsiasi titolo o nome.

Nessuno può essere carcerato per debiti.

Art. 5 – Le pene di morte e di confisca sono proscritte.

Art. 6 – Il domicilio è sacro: non è permesso penetrarvi che nel casi e modi determinati dalla legge.

Art. 7 – La manifestazione del pensiero, è libera, la legge ne punisce l’abuso senza alcuna censura preventiva.

Art. 8 – L’insegnamento è libero.

Le condizioni di moralità e capacità, per chi intende professarlo, sono determinate dalla legge.

Art. 9 – Il segreto delle lettere è inviolabile.

Art. 10 – Il diritto di petizione può esercitarsi individualmente e col­lettivamente.

Art. 11 – L’associazione senz’armi e senza scopo di delitto, è libera.

Art. 12 – Tutti i cittadini appartengono alla guardia nazionale nei modi e colle eccezioni fissate dalla legge.

Art. 13 – Nessuno può essere astretto a perdere la proprietà delle cose, se non in causa pubblica, e previa giusta indennità.

Art. 14 – La legge determina le spese della Repubblica, e il modo di contribuirvi.

Nessuna tassa può essere imposta se non per legge, né percetta per tempo maggiore di quello dalla legge determinato.

 

TITOLO II

DELL’ORDINAMENTO POLITICO

 

Art. 15 – Ogni potere viene dal popolo. Si esercita dall’Assemblea, dal Consolato, dall’Ordine giudiziario.

 

  «Ogni potere viene dal popolo» scrissero i rivoluzionari del 1849, «La sovranità appartiene al popolo» deliberarono quelli del 1947. Popolo sì, ma popolo  deliberante,  non semplice gregge, come talvolta in religione lo si vorrebbe. Dunque popolo  consapevole,  competente, dunque anche  istruito. Nelle concezioni democratiche del socialismo l’istruzione popolare era considerata fondamentale e lo è, ad esempio, anche nel magistero di persone che svolsero un ruolo molto importante nella nostra politica come Giovanni Battista Montini e Lorenzo Milani. Quest’ultimo teorizzò esplicitamente il collegamento tra elevazione alla democrazia e istruzione. L’Azione Cattolica l’ha sempre praticato. Essa è oggi una delle maggiori scuole di politica democratica  italiane, pur in una Chiesa in cui  i suoi capi gerarchici, spaventati dai processi democratici che si stavano manifestando nel corso degli anni Settanta, hanno deliberato di interromperli sopendoli, gelandoli, causando poi l’irrilevanza politica del nostro cattolicesimo democratico, quello che con Murri, Sturzo, Montini, Dossetti, Milani e altri, tanta parte aveva avuto nella costruzione della democrazia italiana. Questa decisione risale al papa Giovanni Paolo 2°, che pure fu uno degli artefici principali della rivoluzione democratica anticomunista, ispirata a un neo-solidarismo cristiano, attuata negli anni ’80 nella sua Polonia. Egli era estremamente diffidente verso il socialismo europeo e, invece, la nostra democrazia repubblica si basò essenzialmente su un’intesa tra i cattolici democratici e i socialisti italiani. Come è finita in Polonia, lo vediamo bene oggi; come è finita in Italia, anche. Alla Polonia non ha fatto bene il ripudio di tutto  il socialismo, in Italia è stato più o meno lo stesso. L’eclissi del cattolicesimo democratico italiano è andata di pari passo a quella del socialismo, ma anche, in fondo, del repubblicanesimo di impostazione mazziniano, quello basato sul motto  Dio e popolo.

  Di fronte ai problemi della società italiana di oggi, aggravati dalla pandemia di Covid-19, Zuppi invoca una ripresa dell’azione sociale nel senso indicato dalla Costituzione, in particolare per l’attuazione dei diritti e doveri sociali. Tuttavia nella Lettera  non vi  è sufficiente consapevolezza che questo richiede il voler essere liberi di farlo. Si sente invece l’antica diffidenza verso la libertà, che maturò storicamente in una Chiesa fattasi impero assoluto. Libertà sarebbe giustificata solo come libertà per, quindi per certo fine. Ma chi lo decide? E qui entra in gioco la libertà da, da ogni potere che pretenda di imporre  un sistema di fini. Ma la libertà è legata alla dignità  e alla coscienza  della persona: significa, appunto, voler essere liberi di esaminare ogni questione in coscienza. Non c’è dignità quando questo venga negato o si sia indotti, come gesto virtuoso, a rinunciarvi per obbedienza. Quella libertà è, in politica, addirittura un dovere, l’obbedienza non essendo più una virtù ma la più subdola della tentazioni, come insegnava Milani. Perché mai libertà dovrebbe essere solo quella del figliuol prodigo  che sperpera l’eredità anticipatagli dal padre in gozzoviglie? In realtà si gozzoviglia secondo i costumi della società di riferimento, non c’è vera libertà in questo, ci si limita a seguire la corrente: libertà è pensare il nuovo, il meglio, e varcare le frontiere (Ernst Bloch)  per raggiugere e capire gli altri.  Il modello della vera libertà è invece proprio il Maestro, colui che non ci volle servi, ma amici e ci comandò di amarci l’un l’altro,  quindi una società-agàpe in cui si pensa anche agli altri, ci si soccorre capendo ciò di cui gli altri hanno bisogno. Egli si presentò come  colui che salva. Per salvare la società occorre conquistare la libertà di pensarla e di attuarla diversa da com’è, vale a dire piena di agàpe.

  Ma come salvare in questo modo la società, se in società non si ha occasione di imparare a farlo e tutto il sociale viene essenzialmente presentato in genere come un doversi adeguare a un sistema di regole immodificabile, come un manuale di buona creanza? Questo in particolare nella nostra Chiesa, che ancora vorrebbe insegnare con la sua dottrina sociale  la politica virtuosa alla società, ma non ne fa pratica al suo interno. Politica è progettare e attuare il nuovo, in ogni ambito.

Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli