Pace. Situazioni sociali di crisi e di conflitto
1. Una persona vuole attraversare l’oceano e, allora, per
riuscirci, cerca di nuotare sempre
meglio. Non basta. Così, per costruire la pace non basta essere più buoni. Spesso, però, nella formazione religiosa si insegna proprio questo.
Giuseppe
Dossetti, quando si parlava di riforma della nostra
Chiesa, insegnava che bisognava prima essere più buoni. Anche qui, non basta.
Anche perché coloro che resistono ai processi di riforma non si fanno scrupoli
a non seguire quella strada.
La pace è
un risultato politico, vale a dire che dipende dal governo della
società.
Per governare la società bisogna conoscerla realisticamente.
Quindi, per costruire la pace, occorre governarla e per governare una società per
dirigerla verso la pace serve indubbiamente cercare di essere più buoni, ma non si riesce a nulla se non si conosce
bene quella società di riferimento. Nella formazione religiosa di primo e secondo
livello dei laici, che per gran parte di loro sarà l’unica che riceveranno nella
vita, ci si occupa sostanzialmente dei miti sociali, in particolare su basi bibliche, non
di conoscere
la propria società. Non basta. Il mito infatti non
è una conoscenza realistica della società in cui si vive. Il fine di un mito è
di spiegare sinteticamente il senso del vivere sociale: è una narrazione più o
meno infarcita di elementi fantastici legati alla nostra emotività ed è utile al
fine di coesione sociale finché il senso che comunica corrisponde alle esigenze
della società a cui è destinato. I miti sono importanti produzioni sociali e, in
particolare, culturali. Sono legati ad un’epoca e a determinate situazioni sociali.
Essi servono a consolidare una costruzione sociale, per dare ordine a
situazioni sociali. Il loro scopo è di
legare gli assetti sociali a potenze superiori libere dai limiti del tempo
e da quelli fisici degli umani, rafforzandoli. Hanno necessità di una classe
sacerdotale, che si presenti come mediatrice tra natura e sovraumano.
La società
si manifesta in situazioni sociali ordinate.
La situazione
sociale è un determinato assetto di relazioni sociali
che può essere caotico, quindi determinato prevalentemente da rapporti di forza
estemporanei, o più o meno ordinato, e se è ordinato si manifesta come società.
In una relazione sociale entrano in campo gli interessi di individui o gruppi. Ognuno di essi è
tentato al prevalere con la forza sugli altri, per sottometterli e/o rapinarli,
ma può trovare convenienti forme di collaborazione consensuale, quando si trova
di fronte forze equivalenti o maggiori o se un risultato richiede
necessariamente la cooperazione o una cooperazione più vasta.
Un ordine
sociale può essere determinato da una lunga consuetudine di relazioni sociali o dal prevalere di un
centro di potere, ma di solito da entrambi i fattori. Infatti nessun ordine può
mantenersi stabile, come è necessario per forme di cooperazione sociale
complessa, secondo la sola legge della
forza e le consuetudini non si determinano senza una situazione sociale di
equilibrio di forze o in cui, comunque,
una forza predominante limiti le altre lasciando alla consuetudine di ordinare
una parte più o meno ampia di relazioni sociali.
Nessun
ordine sociale si mantiene stabile senza crearvi sopra un mito: ogni società
umana ha quindi i suoi miti fondativi.
Ad esempio,
se due gruppi contrapposti ritengono di convenienza reciproca stabilire un ordine
di prolungata cooperazione, mettendolo al riparo da situazioni di crisi, possono
concepirsi ciascuno come discendenti di dei che ad un certo punto si sono congiunti in
matrimonio, creando una famiglia soprannaturale. Se invece ritengono conveniente stabilizzare
situazioni di conflitto, potranno concepirsi come discendenti di dei in lotta fin dalle origini dell’universo e quindi
dirigere per quella via le generazioni delle loro popolazioni, rafforzando le
situazioni di conflitto e rendendole permanenti. Naturalmente vi sono anche
miti non a carattere soprannaturale, come quelli della ragione, del progresso, della scienza, della democrazia o, contrapposti, del misticismo, della tradizione, della sapienza
eterna, della supremazia per destino naturale. Una narrazione ha carattere mitico quando
prescinde da una conoscenza realistica delle situazioni sociali e ha di mira
essenzialmente la costruzione di un senso sociale, anzitutto per mantenere ordinata la società di riferimento
nel succedersi delle generazioni.
Una situazione di pace è un ordine sociale in cui si riesca a raggiungere
un consenso generalizzato sulla risoluzione delle situazioni di crisi senza ricorrere alla violenza privata e senza l’impiego
caotico e generalizzato di violenza
pubblica.
Una situazione di crisi si ha quando un ordine sociale si rivela insufficiente
a mantenere un consenso generalizzato sul sistema di relazioni sociali in atto,
a causa dell’evoluzione sociale che porti all’emergere di pretese nuove da
parte dei gruppi esistenti o di nuovi gruppi sociali.
Le società umane sono in continua evoluzione,
per il succedersi delle generazioni e per le loro relazioni culturali e di
potere, e quindi sono sempre travagliate da situazioni di crisi. Una situazione
di crisi può a) evolvere nel conflitto se non risolta con altri meccanismi
sociali, b) produrre un regresso sociale ad esempio verso condizioni
caotiche, quando viene risolta tornando ad uno stadio sociale più primitivo, o c)
un progresso sociale quando riesce a produrre e stabilizzare in situazioni
di pace forme più ampie e soddisfacenti per la generalità di cooperazione
sociale. In questa prospettiva, il progresso sociale dipende anche da situazioni di crisi e dalla capacità di
risolverle generando forme di cooperazione più avanzate, quindi di consenso
sociale più ampio.
Nel sistema sociale della nostra Chiesa hanno
costituito situazioni di crisi quelle conseguenti alla desacralizzazione dei poteri pubblici per l’affermarsi di processi
democratici attuati dal Settecento, e, a seguire sempre più rapidamente, l’affermazione
sociale delle classi dei lavoratori dipendenti nei sistemi industriali avanzati,
l’affermazione sociale delle donne, quella religiosa del laicato, la decolonizzazione
con la conseguente de-europeizzazione della teologia e della relativa mitologia, il
declino della mitologia razzista in particolare basata sul predominio degli
europei e delle loro culture, l’affermazione su scala globale delle concezioni
democratiche occidentali e, da ultimo, l’ideologia della pace come costruzione
sociale con valenza anche religiosa, quindi come ecologia sociale intesa
come rispetto di un ordine benevolo stabilito dal Creatore. Il Concilio Vaticano
1° fu un tentativo (fallito) di dare risposta alla prima di quelle situazioni
di crisi; il Concilio Vaticano 2° (1962-1965) discusse della risoluzione di
tutte quelle sopra elencate, avviando un processo per risolverle dialogicamente
che è ancora in corso.
2. Una situazione di conflitto, dunque, si ha quando un
attore sociale (persona, gruppo, istituzione, nazione ecc.) è tentato dalla violenza
o dalla resistenza nonviolenta (che è
una forma di lotta), o le pratica, per risolvere situazioni di crisi, quindi divergenze di interessi
con atri attori sociali, in merito all’acquisizione di beni o alla creazione, mantenimento
o sostituzione di un ordine sociale mediante il quale si realizza la
cooperazione sociale.
Situazioni
di conflitto possono essere latenti, quindi solo potenziali, quando la violenza
o l’azione di resistenza non si sono ancora accese, o attive, quando gli attori
sociali che vi sono coinvolti stanno lottando.
Una
situazione attiva di conflitto si produce quando tra gli attori sociali che hanno
divergenti interessi cade la convenzione
sociale di seguire le procedure di risoluzione delle situazioni di crisi previste in un certo ordine sociale.
Ogni situazione
di conflitto è potenzialmente rivoluzionaria rispetto ad un certo ordine
sociale, vale a dire che può portare ad un sovvertimento di tale ordine se il
conflitto si estende e si generalizza. Lo diventa, in genere, quando non si ha
cura di effettuare programmaticamente una manutenzione di quell’ordine sociale
in modo da renderlo capace, seguendo l’evoluzione sociale, di ottenere un sufficiente consenso tra gli attori
sociali su procedure capaci di risolvere ordinatamente situazioni di crisi, mediante
transazioni sociali.
Rispetto ad
un dato ordine sociale le situazioni di conflitto si presentano come deviazioni
e, come tali, oltre un certo livello di intensità, suscitano una reazione violenta
da parte di quell’ordine.
L’esercizio
della forza pubblica rimane sempre una possibilità prevista in ogni società e,
ad oggi, non si hanno esempi storici di società capaci di integrare ampie
collettività secondo principi anarchici, vale a dire in base alla capacità
degli attori sociali di trovare consensualmente, a prescindere dal consolidamento
di forme di autorità sociali, la
risoluzione a situazioni di conflitto. Fondamentalmente, società di tipo
anarchico funzionano solo nei piccoli gruppi, fortemente caratterizzati da relazioni
amicali, come ci appare la piccola schiera di discepoli che seguì il Maestro
nel suo peregrinare in Palestina per predicare il vangelo. Il Maestro aveva autorità,
certo, ma egli manifestò un’autorità di tipo nuovo, dichiarando di essere venuto per servire, non per essere servito, e comandando l’amore reciproco, differenziando, in tal
modo, radicalmente la sua autorità da quelle espresse nelle società del suo tempo.
Già nel corso del primo secolo, tuttavia, le prime comunità che, dopo la sua
morte, continuarono a seguire i suoi insegnamenti si strutturarono
diversamente. Dal punto di vista sociale questo fu determinante nell’affermazione
della nostra fede come religione. In essa si osserva lo sviluppo di una classe
sacerdotale che produsse una nuova
mitologia sociale intorno a sé e l’emergere di un episcopato: ancora oggi, nonostante
le molte metamorfosi subite nei due millenni della nostra storia religiosa, questa
è la struttura fondamentale della nostra Chiesa.
Un ordine
sociale, quindi una società, è tanto più stabile quando minore è la violenza
pubblica che deve impiegare per aver ragione di devianze in potenza
rivoluzionarie. Questo perché la violenza pubblica, pur immanente, come detto, in ogni
società,
almeno secondo la storia fino ad oggi delle società umane, aumentando e divenendo
pervasiva, porta fatalmente ad una riduzione del consenso sociale che, dunque,
finisce per generare forme più o meno intense di resistenza sociale, che alla lunga si manifestano
con carattere rivoluzionario. Quindi un ordine sociale che può essere mantenuto
solo impiegando livelli crescenti di violenza pubblica rimane
instabile,
nonostante che la sua mitologia lo presenti compatto. In questo caso, come
sempre, il mito non è una descrizione affidabile della realtà. Inoltre la violenza
pubblica di questo tipo è fondamentalmente di carattere conservativo, in particolare
di un certo assetto di potere che è legato all’ordine sociale di riferimento.
Quindi ostacola l’evoluzione di quell’ordine sociale in modo da renderlo capace
di risolvere le nuove situazioni di crisi che si manifestano, che dunque tenderanno
ad evolvere in situazioni di conflitto, le quali, generalizzandosi e intensificandosi,
assumeranno carattere rivoluzionario e porteranno al superamento di quest’ordine.
La storia
può essere considerata una sorta di laboratorio sociale per avere conferma di
questo: senz’altro lo studio storico della nascita, evoluzione e declino delle
società umane può convincere dell’affidabilità di quella ricostruzione di dinamiche.
Solo le società che si sono mostrate in grado di evolversi si sono manifestate
stabili: dunque la stabilità, quindi una certa continuità di una tradizione sociale,
può essere conseguita solo assecondando l’evoluzione sociale. Uno degli esempi
storici più eclatanti di questi processi è
proprio la nostra Chiesa, che attualmente si manifesta come una società in fase di veloce evoluzione.
Consideriamo
altri esempi storici.
Il regime
fascista mussoliniano rimase sostanzialmente instabile fino all’accordo
politico-ideologico concluso nel 1929 con il Papato, con i Patti Lateranensi, che gli accattivarono il
consenso delle masse cattoliche risolvendo una situazione di conflitto con i Papato che risaliva al 1870, quando per
conquista militare era stato soppresso lo stato dei Papi in Centro Italia con
capitale Roma, e lo ridiventò dal 1939, quando progressivamente quell’accordo
venne meno e il papa Pio 12° ordinò all’Azione Cattolica italiana di progettare
una riforma democratica dello stato che ponesse fine al conflitto bellico in corso e ne prevenisse altri.
Ancora:
nessuno dei regimi comunisti di scuola leninista creati nell’Europa Orientale, inizialmente in
Russia e poi, dal 1945, negli stati occupati dall’Armata rossa sovietica, fu
veramente stabile e, una volta che, per impulso del capo sovietico Michail
Gorbaciov, dalla metà degli anni ’80 si decise di cessare l’impiego della
violenza pubblica su larga scala in Europa, essi si sfaldarono rapidamente, nel
giro di alcuni mesi a partire dall’autunno 1989.
I regimi democratici contemporanei che si sono manifestati storicamente più stabili sono stati quelli degli Stati
Uniti d’America e della Gran Bretagna, pur fondati su principi e miti molto
diversi, tanto che la storia degli Stati Uniti d’America iniziò con un
durissimo conflitto con la monarchia inglese. Il principale loro fattore di stabilità
sociale e istituzionale può essere visto nella capacità di sviluppare sempre
procedure in grado di risolvere le situazioni di crisi determinate dall’evoluzione sociale, quindi nella loro
capacità di riformarsi.
Un altro spettacolare esempio di situazione di pace di notevole stabilità, attuata per via di evoluzione costituzionale e di assimilazione dei processi democratici dalla metà Ottocento sulla base di precedenti patti istituzionali risalenti al Duecento, è quella della Confederazione Elvetica, caratterizzata dalla profonda e progressiva integrazione di culture molto diverse che altrove in Europa produssero gravi situazioni di conflitto.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente
papa – Roma, Monte Sacro, Valli