Domenica 17 gennaio 2021 – 2°
Domenica del Tempo ordinario -
Lezionario dell’anno B per le domeniche e le solennità – colore
liturgico: verde – salterio: 2°
settimana -Letture della Messa - Sintesi dell’omelia svolta durante la Messa
celebrata in parrocchia alle nove
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Sunday January 17, 2021 - 2nd Sunday in Ordinary
Time - Lectionary of year B for Sundays and solemnities - Liturgical color:
green - Psalter: 2nd week - Mass readings - Summary of the homily given during
Mass celebrated in the parish at nine o’clock
Osservazioni ambientali:
cielo; temperatura ambientale °C.
Environmental observations: sky; ambient temperature°C.
Canti:
Introduzione, Cantico dei redenti ; Offertorio, Se mi accogli; Comunione,
Fonte di acqua viva; finale, I cieli narrano.
Songs: Introduction,
Canticle of the Redeemed; Offertory, If you welcome me; Communion,
Source of living water; final, The heavens narrate.
Un augurio di pace a
tutti i lettori!
Wishes for peace to all readers!
Durante
la messa delle nove il gruppo parrocchiale di AC era sui banchi sulla sinistra
dell’altare, guardando l’abside.
During the nine o'clock mass, the parish group of AC was on the pews to the
left of the altar, looking at the apse.
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Le riunioni del gruppo AC San Clemente in
presenza, nella sala rossa della sede parrocchiale, sono state sospese,
in attesa di una evoluzione favorevole della pandemia da Covid 19. Le autorità
sanitarie per ora le sconsigliano.
Nel mese di
gennaio abbiamo programmato di riunirci il 16, il 23 e il 30. Il 16 e il 30 per proseguire
il dialogo sui temi del percorso formativo di AC “Da corpo a corpo”. Il 23 per
proseguire il confronto sui temi dell’enciclica Fratelli tutti, con
particolare riferimento a quello della pace, pace sociale e pace tra le
nazioni, anche alle luce del Messaggio del Papa per la Giornata della pace 2021. I
link e i codici di accesso per gli incontro sono stati comunicati ai soci nella
Lettera ai soci mensile, inviata via
email e per posta ai soci che non hanno ancora comunicato un indirizzo email.
Poco prima di ogni riunione invieremo nuovamente via email e Whatsapp link e
codice di accesso per partecipare.
Chi desidera partecipare può chiederli
inviando una email a
mario.ardigo@acsanclemente.net
precisando il
proprio nome, la parrocchia di appartenenza e i temi di interesse. I dati di
coloro che non sono soci saranno cancellati dopo ogni riunione e dovranno
essere nuovamente inviati per partecipare a quella successiva.
Si fa festa incontrandosi, ma la raccomandazione del
distanziamento ce lo sconsiglia.
I nostri incontri in
Google Meet sono feste dell’incontro tra
noi e con Cristo, perché, quando si è riuniti nel suo nome, anche in quel modo,
egli è presente: è scritto.
In the month of January we have planned to meet on the 16th, 23rd and
30th. On the 16th and 30th to continue the dialogue on the themes of the CA
training course “From hand to hand”. On the 23rd to continue the discussion on
the themes of the encyclical Fratelli tutti, with particular reference to that
of peace, social peace and peace between nations, also in light of the Pope's
Message for the Day of Peace 2021. The links and access codes for the meetings
they were communicated to the members in the monthly Letter to the members,
sent by email and by post to the members who have not yet communicated an email
address. Shortly before each meeting we will send again via email and Whatsapp
link and access code to participate.
Those who
wish to participate can ask for them by sending an email to
mario.ardigo@acsanclemente.net
specifying their name, the parish they belong to
and the topics of interest. The data of non-members will be deleted after each
meeting and will have to be sent again to attend the next one.
We celebrate by meeting, but the recommendation of the spacing advises
us against it.
Our meetings in Google Meet are
celebrations of the encounter between us and with Christ, because, when we are
gathered in his name, even in that way, he is present: it is written.
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RACCOMANDIAMO DI OSSERVARE
LE PRESCRIZIONI DELL’AUTORITA’ SANITARIA:
1) indossare la maschera facciale
anche all’aperto, coprendo anche il naso;
2) mantenere una distanza
non inferiori a m 2 dagli altri;
3) evitare gli
assembramenti di persone, anche al momento di ricevere la Comunione.
4) ricevere la Comunione sulla
mano, aspettando che il sacerdote vi posi l’ostia consacrata, senza cercare di
afferrarla prima.
WE RECOMMEND TO FOLLOW THE
REQUIREMENTS OF THE HEALTH AUTHORITY:
1) wearing the face mask even outdoors, also covering the nose;
2) keeping a distance of no less than m 2 from the others;
3) avoiding gatherings of people, even at the moment of receiving
Communion.
4) receiving Communion on the hand, waiting for the priest to place the
consecrated host there, without trying to grab it first.
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L’Azione
Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si
impegnano liberamente per realizzare,
nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza,
ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)
Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic
Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay,
community and organic, popular and democratic experience in the Christian community
and in civil society. (from the Statute)
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Note: after
the Italian text there is the translation in English, done with the help of
Google Translator. I tried to correct, within the limits of my knowledge of
English, some inaccuracies that automatic translation still inevitably entails.
I have experimented that even with these inaccuracies the translation allows us
to be understood by those who speak English, in the many national versions of
the world, or who use it as a second or third language. It is the function that
in ancient times carried out the Greek. Trying to be understood by other
peoples corresponds to an ancient vocation of the Church of Rome, which is
still current. The biblical
texts in English are taken from https://www.associationofcatholicpriests.ie and from other Catholic sites in English and from
http://www.vatican.va/archive/ENG0839/_INDEX.HTM (The New American
Bible); the texts in english of the documents of the
Second Vatican Council, are taken from sites of Holy See.
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Pillole di Concilio / Council pills
Dalla Costituzione
pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo La gioia e la speranza - Gaudium et spes, del Concilio Vaticano 2° (1962-1965)
From the
Pastoral Constitution on the Church in the modern world Joy and Hope - Gaudium et Spes, of the Second Vatican Council
(1962-1965)
2. A chi si rivolge il Concilio.
Per questo il Concilio Vaticano II, avendo penetrato più a fondo
il mistero della Chiesa, non esita ora a rivolgere la sua parola non più ai
soli figli della Chiesa e a tutti coloro che invocano il nome di Cristo, ma a
tutti gli uomini. A tutti vuol esporre come esso intende la presenza e l'azione
della Chiesa nel mondo contemporaneo. Il mondo che esso ha presente è perciò quello
degli uomini, ossia l'intera famiglia umana nel contesto di tutte quelle realtà
entro le quali essa vive; il mondo che è teatro della storia del genere umano,
e reca i segni degli sforzi dell'uomo, delle sue sconfitte e delle sue
vittorie; il mondo che i cristiani credono creato e conservato in esistenza
dall'amore del Creatore: esso è caduto, certo, sotto la schiavitù del peccato,
ma il Cristo, con la croce e la risurrezione ha spezzato il potere del Maligno
e l'ha liberato e destinato, secondo il proposito divino, a trasformarsi e a
giungere al suo compimento.
3. A servizio dell'uomo.
Ai nostri giorni l'umanità, presa d'ammirazione per le proprie
scoperte e la propria potenza, agita però spesso ansiose questioni sull'attuale
evoluzione del mondo, sul posto e sul compito dell'uomo nell'universo, sul
senso dei propri sforzi individuali e collettivi, e infine sul destino ultimo
delle cose e degli uomini. Per questo il Concilio, testimoniando e proponendo
la fede di tutto intero il popolo di Dio riunito dal Cristo, non potrebbe dare
una dimostrazione più eloquente di solidarietà, di rispetto e d'amore verso
l'intera famiglia umana, dentro la quale è inserito, che instaurando con questa
un dialogo sui vari problemi sopra accennati, arrecando la luce che viene dal
Vangelo, e mettendo a disposizione degli uomini le energie di salvezza che la
Chiesa, sotto la guida dello Spirito Santo, riceve dal suo Fondatore. Si tratta
di salvare l'uomo, si tratta di edificare l'umana società.
È l'uomo dunque, l'uomo considerato nella sua unità e nella sua
totalità, corpo e anima, l'uomo cuore e coscienza, pensiero e volontà, che sarà
il cardine di tutta la nostra esposizione.
Pertanto il santo Concilio, proclamando la grandezza somma della
vocazione dell'uomo e la presenza in lui di un germe divino, offre all'umanità
la cooperazione sincera della Chiesa, al fine d'instaurare quella fraternità
universale che corrisponda a tale vocazione.
Nessuna ambizione terrena spinge la Chiesa; essa mira a questo
solo: continuare, sotto la guida dello Spirito consolatore, l'opera stessa di
Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a
salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito.
2. Hence this Second Vatican Council,
having probed more profoundly into the mystery of the Church, now addresses
itself without hesitation, not only to the sons of the Church and to all who
invoke the name of Christ, but to the whole of humanity. For the council yearns
to explain to everyone how it conceives of the presence and activity of the
Church in the world of today.
Therefore, the council focuses its
attention on the world of men, the whole human family along with the sum of
those realities in the midst of which it lives; that world which is the theater
of man's history, and the heir of his energies, his tragedies and his triumphs;
that world which the Christian sees as created and sustained by its Maker's
love, fallen indeed into the bondage of sin, yet emancipated now by Christ, Who
was crucified and rose again to break the strangle hold of personified evil, so
that the world might be fashioned anew according to God's design and reach its
fulfillment.
3. Though mankind is stricken with wonder
at its own discoveries and its power, it often raises anxious questions about
the current trend of the world, about the place and role of man in the
universe, about the meaning of its individual and collective strivings, and
about the ultimate destiny of reality and of humanity. Hence, giving witness
and voice to the faith of the whole people of God gathered together by Christ,
this council can provide no more eloquent proof of its solidarity with, as well
as its respect and love for the entire human family with which it is bound up,
than by engaging with it in conversation about these various problems. The
council brings to mankind light kindled from the Gospel, and puts at its
disposal those saving resources which the Church herself, under the guidance of
the Holy Spirit, receives from her Founder. For the human person deserves to be
preserved; human society deserves to be renewed. Hence the focal point of our
total presentation will be man himself, whole and entire, body and soul, heart
and conscience, mind and will.
Therefore, this sacred synod, proclaiming
the noble destiny of man and championing the Godlike seed which has been sown
in him, offers to mankind the honest assistance of the Church in fostering that
brotherhood of all men which corresponds to this destiny of theirs. Inspired by
no earthly ambition, the Church seeks but a solitary goal: to carry forward the
work of Christ under the lead of the befriending Spirit. And Christ entered
this world to give witness to the truth, to rescue and not to sit in judgment,
to serve and not to be served.
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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
PER LA CELEBRAZIONE DELLA
LIV GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
1° GENNAIO 2021
LA CULTURA DELLA CURA COME PERCORSO
DI PACE
1. Alle
soglie del nuovo anno, desidero porgere i miei più rispettosi saluti ai Capi di
Stato e di Governo, ai responsabili delle Organizzazioni internazionali,
ai leader spirituali e ai fedeli delle varie religioni, agli
uomini e alle donne di buona volontà. A tutti rivolgo i miei migliori auguri,
affinché quest’anno possa far progredire l’umanità sulla via della fraternità,
della giustizia e della pace fra le persone, le comunità, i popoli e gli Stati.
Il 2020 è stato segnato dalla grande crisi sanitaria del Covid-19,
trasformatasi in un fenomeno multisettoriale e globale, aggravando crisi tra
loro fortemente interrelate, come quelle climatica, alimentare, economica e
migratoria, e provocando pesanti sofferenze e disagi. Penso anzitutto a coloro
che hanno perso un familiare o una persona cara, ma anche a quanti sono rimasti
senza lavoro. Un ricordo speciale va ai medici, agli infermieri, ai farmacisti,
ai ricercatori, ai volontari, ai cappellani e al personale di ospedali e centri
sanitari, che si sono prodigati e continuano a farlo, con grandi fatiche e
sacrifici, al punto che alcuni di loro sono morti nel tentativo di essere
accanto ai malati, di alleviarne le sofferenze o salvarne la vita. Nel rendere
omaggio a queste persone, rinnovo l’appello ai responsabili politici e al
settore privato affinché adottino le misure adeguate a garantire l’accesso ai
vaccini contro il Covid-19 e alle tecnologie essenziali necessarie per
assistere i malati e tutti coloro che sono più poveri e più fragili.
Duole constatare che, accanto a numerose testimonianze di carità e
solidarietà, prendono purtroppo nuovo slancio diverse forme di nazionalismo,
razzismo, xenofobia e anche guerre e conflitti che seminano morte e
distruzione.
Questi e altri eventi, che hanno segnato il cammino dell’umanità
nell’anno trascorso, ci insegnano l’importanza di prenderci cura gli uni degli
altri e del creato, per costruire una società fondata su rapporti di
fratellanza. Perciò ho scelto come tema di questo messaggio: La cultura
della cura come percorso di pace. Cultura della cura per debellare la
cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, oggi spesso
prevalente.
2. Dio
Creatore, origine della vocazione umana alla cura
In molte tradizioni religiose, vi sono narrazioni che si
riferiscono all’origine dell’uomo, al suo rapporto con il Creatore, con la
natura e con i suoi simili. Nella Bibbia, il Libro della Genesi rivela,
fin dal principio, l’importanza della cura o del custodire nel
progetto di Dio per l’umanità, mettendo in luce il rapporto tra l’uomo (’adam)
e la terra (’adamah) e tra i fratelli. Nel racconto biblico della
creazione, Dio affida il giardino “piantato nell’Eden” (cfr Gen 2,8)
alle mani di Adamo con l’incarico di “coltivarlo e custodirlo”
(cfr Gen 2,15). Ciò significa, da una parte, rendere la terra
produttiva e, dall’altra, proteggerla e farle conservare la sua capacità di
sostenere la vita. I verbi “coltivare” e “custodire” descrivono il
rapporto di Adamo con la sua casa-giardino e indicano pure la fiducia che
Dio ripone in lui facendolo signore e custode dell’intera creazione.
La nascita di Caino e Abele genera una storia di fratelli, il
rapporto tra i quali sarà interpretato – negativamente – da Caino in termini
di tutela o custodia. Dopo aver ucciso suo
fratello Abele, Caino risponde così alla domanda di Dio: «Sono
forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). Sì,
certamente! Caino è il “custode” di suo fratello. «In questi racconti così
antichi, ricchi di profondo simbolismo, era già contenuta una convinzione oggi
sentita: che tutto è in relazione, e che la cura autentica della nostra stessa
vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità,
dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri».
3. Dio
Creatore, modello della cura
La Sacra Scrittura presenta Dio, oltre che come Creatore, come
Colui che si prende cura delle sue creature, in particolare di Adamo, di Eva e
dei loro figli. Lo stesso Caino, benché su di lui ricada la maledizione a
motivo del crimine che ha compiuto, riceve in dono dal Creatore un segno
di protezione, affinché la sua vita sia salvaguardata (cfr Gen 4,15).
Questo fatto, mentre conferma la dignità inviolabile della
persona, creata ad immagine e somiglianza di Dio, manifesta anche
il piano divino per preservare l’armonia della creazione, perché «la pace e la
violenza non possono abitare nella stessa dimora».
Proprio la cura del creato è alla base dell’istituzione
dello Shabbat che, oltre a regolare il culto divino, mirava a
ristabilire l’ordine sociale e l’attenzione per i poveri (Gen 1,1-3; Lv 25,4).
La celebrazione del Giubileo, nella ricorrenza del settimo anno sabbatico,
consentiva una tregua alla terra, agli schiavi e agli indebitati. In questo
anno di grazia, ci si prendeva cura dei più fragili, offrendo loro una nuova
prospettiva di vita, così che non vi fosse alcun bisognoso nel popolo
(cfr Dt 15,4).
Degna di nota è anche la tradizione profetica, dove il vertice
della comprensione biblica della giustizia si manifesta nel modo in cui una
comunità tratta i più deboli al proprio interno. È per questo che Amos (2,6-8;
8) e Isaia (58), in particolare, alzano continuamente la loro voce a favore
della giustizia per i poveri, i quali, per la loro vulnerabilità e mancanza di
potere, sono ascoltati solo da Dio, che si prende cura di loro (cfr Sal 34,7;
113,7-8).
4. La
cura nel ministero di Gesù
La vita e il ministero di Gesù incarnano l’apice della rivelazione
dell’amore del Padre per l’umanità (Gv 3,16). Nella sinagoga di
Nazaret, Gesù si è manifestato come Colui che il Signore ha consacrato e
«mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la
liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi» (Lc 4,18).
Queste azioni messianiche, tipiche dei giubilei, costituiscono la testimonianza
più eloquente della missione affidatagli dal Padre. Nella sua compassione,
Cristo si avvicina ai malati nel corpo e nello spirito e li guarisce; perdona i
peccatori e dona loro una vita nuova. Gesù è il Buon Pastore che si prende cura
delle pecore (cfr Gv 10,11-18; Ez 34,1-31); è
il Buon Samaritano che si china sull’uomo ferito, medica le sue piaghe e si
prende cura di lui (cfr Lc 10,30-37).
Al culmine della sua missione, Gesù suggella la sua cura per noi
offrendosi sulla croce e liberandoci così dalla schiavitù del peccato e della
morte. Così, con il dono della sua vita e il suo sacrificio, Egli ci ha aperto
la via dell’amore e dice a ciascuno: “Seguimi. Anche tu fa’ così” (cfr Lc 10,37).
5. La
cultura della cura nella vita dei seguaci di Gesù
Le opere di misericordia spirituale e corporale costituiscono il
nucleo del servizio di carità della Chiesa primitiva. I cristiani della prima
generazione praticavano la condivisione perché nessuno tra loro fosse bisognoso
(cfr At 4,34-35) e si sforzavano di rendere la comunità una
casa accogliente, aperta ad ogni situazione umana, disposta a farsi carico dei
più fragili. Divenne così abituale fare offerte volontarie per sfamare i
poveri, seppellire i morti e nutrire gli orfani, gli anziani e le vittime di disastri,
come i naufraghi. E quando, in periodi successivi, la generosità dei cristiani
perse un po’ di slancio, alcuni Padri della Chiesa insistettero sul fatto che
la proprietà è intesa da Dio per il bene comune. Ambrogio sosteneva che «la
natura ha riversato tutte le cose per gli uomini per uso comune. [...]
Pertanto, la natura ha prodotto un diritto comune per tutti, ma l’avidità lo ha
reso un diritto per pochi».Superate le persecuzioni dei primi secoli, la Chiesa
ha approfittato della libertà per ispirare la società e la sua cultura. «La
miseria dei tempi suscitò nuove forze al servizio della charitas
christiana. La storia ricorda numerose opere di beneficenza. […] Furono
eretti numerosi istituti a sollievo dell’umanità sofferente: ospedali,
ricoveri per i poveri, orfanotrofi e brefotrofi, ospizi, ecc.».
6. I
principi della dottrina sociale della Chiesa come base della cultura della cura
La diakonia delle origini, arricchita dalla
riflessione dei Padri e animata, attraverso i secoli, dalla carità operosa di
tanti testimoni luminosi della fede, è diventata il cuore pulsante della
dottrina sociale della Chiesa, offrendosi a tutte le persone di buona volontà
come un prezioso patrimonio di principi, criteri e indicazioni, da cui
attingere la “grammatica” della cura: la promozione della dignità di ogni
persona umana, la solidarietà con i poveri e gli indifesi, la sollecitudine per
il bene comune, la salvaguardia del creato.
* La cura
come promozione della dignità e dei diritti della persona.
«Il concetto di persona, nato e maturato nel cristianesimo, aiuta
a perseguire uno sviluppo pienamente umano. Perché persona dice sempre
relazione, non individualismo, afferma l’inclusione e non l’esclusione, la
dignità unica e inviolabile e non lo sfruttamento». Ogni persona umana è
un fine in sé stessa, mai semplicemente uno strumento da apprezzare solo per la
sua utilità, ed è creata per vivere insieme nella famiglia, nella comunità,
nella società, dove tutti i membri sono uguali in dignità. È da tale dignità
che derivano i diritti umani, come pure i doveri, che richiamano ad esempio la
responsabilità di accogliere e soccorrere i poveri, i malati, gli emarginati,
ogni nostro «prossimo, vicino o lontano nel tempo e nello spazio».
* La cura
del bene comune.
Ogni aspetto della vita sociale, politica ed economica trova il
suo compimento quando si pone al servizio del bene comune, ossia dell’«insieme
di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alle collettività
sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e
più celermente». Pertanto, i nostri piani e sforzi devono sempre tenere
conto degli effetti sull’intera famiglia umana, ponderando le conseguenze per
il momento presente e per le generazioni future. Quanto ciò sia vero e attuale
ce lo mostra la pandemia del Covid-19, davanti alla quale «ci siamo resi conto
di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso
tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme», perché «nessuno
si salva da solo» e nessuno Stato nazionale isolato può assicurare il bene
comune della propria popolazione. [Cfr Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), 8; 153.]
* La cura
mediante la solidarietà.
La solidarietà esprime concretamente l’amore per l’altro, non come
un sentimento vago, ma come «determinazione ferma e perseverante di
impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché
tutti siamo veramente responsabili di tutti». La solidarietà ci aiuta a
vedere l’altro – sia come persona sia, in senso lato, come popolo o nazione –
non come un dato statistico, o un mezzo da sfruttare e poi scartare quando non
più utile, ma come nostro prossimo, compagno di strada, chiamato a partecipare,
alla pari di noi, al banchetto della vita a cui tutti sono ugualmente invitati
da Dio.
* La cura e
la salvaguardia del creato.
L’Enciclica Laudato si’ prende atto
pienamente dell’interconnessione di tutta la realtà creata e pone in risalto
l’esigenza di ascoltare nello stesso tempo il grido dei bisognosi e quello del
creato. Da questo ascolto attento e costante può nascere un’efficace cura della
terra, nostra casa comune, e dei poveri. A questo proposito, desidero ribadire
che «non può essere autentico un sentimento di intima unione con gli altri
esseri della natura, se nello stesso tempo nel cuore non c’è tenerezza,
compassione e preoccupazione per gli esseri umani». «Pace, giustizia e
salvaguardia del creato sono tre questioni del tutto connesse, che non si potranno
separare in modo da essere trattate singolarmente, a pena di ricadere
nuovamente nel riduzionismo».
7. La
bussola per una rotta comune
In un tempo dominato dalla cultura dello scarto, di fronte
all’acuirsi delle disuguaglianze all’interno delle Nazioni e fra di esse, [Cfr Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), 125.] vorrei dunque invitare i responsabili delle Organizzazioni
internazionali e dei Governi, del mondo economico e di quello scientifico,
della comunicazione sociale e delle istituzioni educative a prendere in mano
questa “bussola” dei principi sopra ricordati, per imprimere una rotta
comune al processo di globalizzazione, «una rotta veramente
umana». Questa, infatti, consentirebbe di apprezzare il valore e la
dignità di ogni persona, di agire insieme e in solidarietà per il bene comune,
sollevando quanti soffrono dalla povertà, dalla malattia, dalla schiavitù,
dalla discriminazione e dai conflitti. Mediante questa bussola, incoraggio
tutti a diventare profeti e testimoni della cultura della cura, per colmare
tante disuguaglianze sociali. E ciò sarà possibile soltanto con un forte e
diffuso protagonismo delle donne, nella famiglia e in ogni ambito sociale,
politico e istituzionale.
La bussola dei principi sociali, necessaria a
promuovere la cultura della cura, è indicativa anche per le
relazioni tra le Nazioni, che dovrebbero essere ispirate alla fratellanza, al
rispetto reciproco, alla solidarietà e all’osservanza del diritto
internazionale. A tale proposito, vanno ribadite la tutela e la promozione dei
diritti umani fondamentali, che sono inalienabili, universali e indivisibili.
Va richiamato anche il rispetto del diritto umanitario,
soprattutto in questa fase in cui conflitti e guerre si susseguono senza
interruzione. Purtroppo molte regioni e comunità hanno smesso di ricordare un
tempo in cui vivevano in pace e sicurezza. Numerose città sono diventate come
epicentri dell’insicurezza: i loro abitanti lottano per mantenere i loro ritmi
normali, perché vengono attaccati e bombardati indiscriminatamente da
esplosivi, artiglieria e armi leggere. I bambini non possono studiare. Uomini e
donne non possono lavorare per mantenere le famiglie. La carestia attecchisce
dove un tempo era sconosciuta. Le persone sono costrette a fuggire, lasciando
dietro di sé non solo le proprie case, ma anche la storia familiare e le radici
culturali.
Le cause di conflitto sono tante, ma il risultato è sempre lo
stesso: distruzione e crisi umanitaria. Dobbiamo fermarci e chiederci: cosa ha
portato alla normalizzazione del conflitto nel mondo? E, soprattutto, come
convertire il nostro cuore e cambiare la nostra mentalità per cercare veramente
la pace nella solidarietà e nella fraternità?
Quanta dispersione di risorse vi è per le armi, in particolare per
quelle nucleari, risorse che potrebbero essere utilizzate per priorità più
significative per garantire la sicurezza delle persone, quali la promozione
della pace e dello sviluppo umano integrale, la lotta alla povertà, la garanzia
dei bisogni sanitari. Anche questo, d’altronde, è messo in luce da problemi
globali come l’attuale pandemia da Covid-19 e dai cambiamenti climatici. Che
decisione coraggiosa sarebbe quella di «costituire con i soldi che s’impiegano
nelle armi e in altre spese militari un “Fondo mondiale” per poter eliminare
definitivamente la fame e contribuire allo sviluppo dei Paesi più poveri»!
8. Per
educare alla cultura della cura
La promozione della cultura della cura richiede un processo
educativo e la bussola dei principi sociali costituisce, a tale scopo,
uno strumento affidabile per vari contesti tra loro correlati. Vorrei fornire
al riguardo alcuni esempi.
- L’educazione alla cura nasce nella famiglia,
nucleo naturale e fondamentale della società,dove s’impara a vivere in
relazione e nel rispetto reciproco.Tuttavia, la famiglia ha bisogno di essere
posta nelle condizioni per poter adempiere questo compito vitale e indispensabile.
- Sempre in collaborazione con la famiglia, altri soggetti
preposti all’educazione sono la scuola e l’università, e
analogamente, per certi aspetti, i soggetti della comunicazione sociale. Essi
sono chiamati a veicolare un sistema di valori fondato sul riconoscimento della
dignità di ogni persona, di ogni comunità linguistica, etnica e religiosa, di
ogni popolo e dei diritti fondamentali che ne derivano. L’educazione
costituisce uno dei pilastri di società più giuste e solidali.
- Le religioni in generale, e i leader religiosi
in particolare, possono svolgere un ruolo insostituibile nel trasmettere ai
fedeli e alla società i valori della solidarietà, del rispetto delle
differenze, dell’accoglienza e della cura dei fratelli più fragili. Ricordo, a
tale proposito, le parole del Papa Paolo VI rivolte al Parlamento ugandese nel 1969:
«Non temete la Chiesa; essa vi onora, vi educa cittadini onesti e leali,
non fomenta rivalità e divisioni, cerca di promuovere la sana libertà, la
giustizia sociale, la pace; se essa ha qualche preferenza, questa è per i poveri,
per l’educazione dei piccoli e del popolo, per la cura dei sofferenti e dei
derelitti».
- A quanti sono impegnati al servizio delle popolazioni, nelle
organizzazioni internazionali, governative e non governative, aventi una
missione educativa, e a tutti coloro che, a vario titolo, operano nel campo
dell’educazione e della ricerca, rinnovo il mio incoraggiamento, affinché si
possa giungere al traguardo di un’educazione «più aperta ed inclusiva, capace
di ascolto paziente, di dialogo costruttivo e di mutua comprensione».Mi auguro
che questo invito, rivolto nell’ambito del Patto educativo globale,
possa trovare ampia e variegata adesione.
9. Non
c’è pace senza la cultura della cura
La cultura della cura, quale impegno comune, solidale
e partecipativo per proteggere e promuovere la dignità e il bene di tutti,
quale disposizione ad interessarsi, a prestare attenzione, alla compassione,
alla riconciliazione e alla guarigione, al rispetto mutuo e all’accoglienza
reciproca, costituisce una via privilegiata per la costruzione della pace. «In
molte parti del mondo occorrono percorsi di pace che conducano a rimarginare le
ferite, c’è bisogno di artigiani di pace disposti ad avviare processi di
guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia». [Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), 225.]]
In questo tempo, nel quale la barca dell’umanità, scossa dalla
tempesta della crisi, procede faticosamente in cerca di un orizzonte più calmo
e sereno, il timone della dignità della persona umana e la “bussola” dei principi
sociali fondamentali ci possono permettere di navigare con una rotta sicura e
comune. Come cristiani, teniamo lo sguardo rivolto alla Vergine Maria, Stella
del mare e Madre della speranza. Tutti insieme collaboriamo per avanzare verso
un nuovo orizzonte di amore e di pace, di fraternità e di solidarietà, di
sostegno vicendevole e di accoglienza reciproca. Non cediamo alla tentazione di
disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli, non abituiamoci a
voltare lo sguardo, ma impegniamoci ogni giorno concretamente per «formare
una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi
cura gli uni degli altri».
Dal Vaticano, 8 dicembre 2020
MESSAGE OF HIS HOLINESS POPE
FRANCIS
FOR THE CELEBRATION OF THE
54th WORLD DAY OF PEACE
1 JANUARY 2021
A CULTURE OF CARE AS A PATH TO PEACE
1. At the dawn of a new year, I extend cordial
greetings to Heads of State and Government, leaders of International
Organizations, spiritual leaders and followers of the different religions, and to
men and women of good will. To all I offer my best wishes that the coming year
will enable humanity to advance on the path of fraternity, justice and peace
between individuals, communities, peoples and nations.
The year 2020 was marked by the massive Covid-19
health crisis, which became a global phenomenon cutting across boundaries,
aggravating deeply interrelated crises like those of the climate, food, the
economy and migration, and causing great suffering and hardship. I think
especially of all those who lost family members or loved ones, and all who lost
their jobs. I think too of physicians and nurses, pharmacists, researchers,
volunteers, chaplains and the personnel of hospitals and healthcare centres.
They have made, and are continuing to make, great sacrifices to be
present to the sick, to alleviate their sufferings and to save their lives;
indeed, many of them have died in the process. In paying tribute to them, I
renew my appeal to political leaders and the private sector to spare no effort
to ensure access to Covid-19 vaccines and to the essential technologies needed
to care for the sick, the poor and those who are most vulnerable.
Sad to say, alongside all these testimonies of love
and solidarity, we have also seen a surge in various forms of nationalism,
racism and xenophobia, and wars and conflicts that bring only death and
destruction in their wake.
These and other events that marked humanity’s path
this past year have taught us how important it is to care for one another and
for creation in our efforts to build a more fraternal society. That is why I
have chosen as the title of this year’s Message, A Culture of Care as a
Path to Peace. A culture of care as a way to combat the culture of
indifference, waste and confrontation so prevalent in our time.
2. God
the Creator, the source of our human vocation to care
Many religious traditions have accounts of the origin
of human beings and their relationship with the Creator, with nature and with
their fellow men and women. In the Bible, the Book of Genesis shows from its
very first pages the importance of care or protection in
God’s plan for humanity. It highlights the relationship between man (’adam)
and the earth (’adamah), and among ourselves as brothers and sisters. In
the biblical account of creation, God entrusts the garden “planted in Eden”
(cf. Gen 2:8) to Adam’s care, to “till it and keep it” (Gen 2:15).
This entails making the earth productive, while at the same time protecting it
and preserving its capacity to support life.[2] The verbs “till” and “keep” describe Adam’s
relationship to his garden home, but also the trust God placed in him by making
him master and guardian of all creation.
The birth of Cain and Abel begins a history of
brothers and sisters, whose relationship is understood – even by Cain, however
mistakenly – in terms of protection or “keeping”.
After killing his brother Abel, Cain answers God’s question by saying: “Am I my
brother’s keeper?” (Gen 4:9). Cain, like all of us, was called
to be “his brother’s keeper”. “These ancient stories, full of symbolism, bear
witness to a conviction which we today share, that everything is
interconnected, and that genuine care for our own lives and our relationship
with nature is inseparable from fraternity, justice and faithfulness to
others”.
3. God the Creator, a model of care
Sacred Scripture presents God not only as Creator, but
also as one who cares for his creatures, especially Adam, Eve and their
offspring. Albeit cursed for the crime he committed, Cain was given a mark
of protection by the Creator, so that his life could be spared
(cf. Gen 4:15). While confirming the inviolable
dignity of the person created in God’s image and likeness, this was
also a sign of God’s plan to preserve the harmony of his creation, since “peace
and violence cannot dwell together”.
Care for creation was at the heart of the institution
of the Sabbath, which, in addition to ordering divine worship,
aimed at the restoration of the social order and concern for the poor
(cf. Gen 1:1-3; Lev 25:4). The celebration of
the Jubilee every seventh sabbatical year provided a respite for the land, for
slaves and for those in debt. In that year of grace, those in greatest
need were cared for and given a new chance in life, so that there would be no
poor among the people (cf. Deut 15:4).
In the prophetic tradition, the biblical understanding
of justice found its highest expression in the way a community treats its
weakest members. Amos (cf. 2:6-8; 8) and Isaiah (cf. 58), in particular,
insistently demand justice for the poor, who, in their vulnerability and
powerlessness, cry out and are heard by God, who watches over them (cf. Ps 34:7;
113:7-8).
4. Care
in the ministry of Jesus
Jesus’ life and ministry represent the supreme
revelation of the Father’s love for humanity (cf. Jn 3:16). In
the synagogue at Nazareth, Jesus showed himself to be the one consecrated by
the Lord and “sent to preach good news to the poor, to proclaim release to the
captives and recovering of sight to the blind, to set at liberty those who are
oppressed” (Lk 4:18). These messianic actions, associated with the
Jubilee year, bear eloquent witness to the mission he received from the Father.
In his compassion, Christ drew near to the sick in body and spirit, and brought
them healing; he pardoned sinners and gave them new life. Jesus is the Good
Shepherd who cares for his sheep (cf. Jn 10:11-18; Ezek 34:1-31).
He is the Good Samaritan who stoops to help the injured man, binds his wounds
and cares for him (cf. Lk 10:30-37).
At the culmination of his mission, Jesus gave the
ultimate proof of his care for us by offering himself on the cross to set us
free from the slavery of sin and death. By the sacrificial gift of his life, he
opened for us the path of love. To each of us he says, “Follow me; go and do
likewise” (cf. Lk 10:37).
5. A
culture of care in the life of Jesus’ followers
The spiritual and corporal works of mercy were at the
heart of charity as practised by the early Church. The first generation of
Christians shared what they had, so that no one among them would be in need
(cf. Acts 4:34-35). They strove to make their community a welcoming
home, concerned for every human need and ready to care for those most in need.
It became customary to make voluntary offerings in order to feed the poor, bury
the dead and care for orphans, the elderly and victims of disasters like
shipwrecks. In later times, when the generosity of Christians had lost its
initial fervour, some Fathers of the Church insisted that property was meant by
God for the common good. For Saint Ambrose, “nature poured out all things for
the common use of all… and thus produced a common right for all, but
greed has made it a right for only a few”. After the persecutions of the
first centuries, the Church used her newfound freedom to inspire society and
its culture. “The needs of the times called forth new efforts in the service of
Christian charity. History records innumerable examples of practical works of
mercy… The Church’s work among the poor was to a great extent highly organized.
There arose many institutions for the relief of every human need: hospitals,
poor houses, orphanages, foundling homes, shelters for travelers ...”
6. The
principles of the Church’s social doctrine as the basis for a culture of care
The diakonia of the Church’s origins,
enriched by the reflection of the Fathers and enlivened over the centuries by
the active charity of many luminous witnesses to the faith, became the beating
heart of the Church’s social doctrine. This doctrine is offered to all
people of good will as a precious patrimony of principles, criteria and
proposals that can serve as a “grammar” of care: commitment to promoting the
dignity of each human person, solidarity with the poor and vulnerable, the
pursuit of the common good and concern for protection of creation.
Care as
promotion of the dignity and rights of each person
“The very concept of the person, which originated and
developed in Christianity, fosters the pursuit of a fully human development.
Person always signifies relationship, not individualism; it affirms inclusion,
not exclusion, unique and inviolable dignity, not exploitation”. Each
human person is an end in himself or herself, and never simply a means to be
valued only for his or her usefulness. Persons are created to live together in
families, communities and societies, where all are equal in dignity. Human
rights derive from this dignity, as do human duties, like the responsibility to
welcome and assist the poor, the sick, the excluded, every one of our
“neighbours, near or far in space and time”.
Care for
the common good
Every aspect of social, political and economic life
achieves its fullest end when placed at the service of the common good, in
other words, “the sum total of social conditions which allow people, either as
groups or as individuals, to reach their fulfilment more fully and more
easily”. Consequently, our plans and projects should always take into account
their effects on the entire human family, and consider their consequences for
the present and for coming generations. The Covid-19 pandemic has shown us the
truth and timeliness of this fact. In the face of the pandemic, “we have
realized that we are in the same boat, all of us fragile and disoriented, but
at the same time important and needed, all of us called to row together”, since
“no one reaches salvation by themselves” and no state can ensure the common
good of its population if it remains isolated.
Care
through solidarity
Solidarity concretely expresses our love for others,
not as a vague sentiment but as a “firm and persevering determination to commit
oneself to the common good; that is to say to the good of all and of each
individual, because we are all really responsible for all”. Solidarity helps us
to regard others – whether as individuals or, more broadly, as peoples or
nations – as more than mere statistics, or as a means to be used and then
discarded once no longer useful, but as our neighbours, companions on our
journey, called like ourselves to partake of the banquet of life to which all
are equally invited by God.
Care and
protection of creation
The Encyclical Laudato Si’ is fully
aware that all creation is interconnected. It also highlights our need to
listen to the cry of the poor and, at the same time, to the cry of creation.
Constant and attentive listening leads in turn to effective care for the earth,
our common home, and for our brothers and sisters in need. Here I would once
again point out that “a sense of deep communion with the rest of nature cannot
be authentic if our hearts lack tenderness, compassion and concern for our
fellow human beings”. “Peace, justice and care for creation are three
inherently connected questions, which cannot be separated in such a way as to
be treated individually, lest we fall back into reductionism”.
7. A
compass pointing to a common path
At a time dominated by a culture of waste, faced with
growing inequalities both within and between nations, I urge government leaders
and those of international organizations, business leaders, scientists,
communicators and educators, to take up these principles as a “compass” capable
of pointing out a common direction and ensuring “a more humane
future” in the process of globalization. This will enable us to esteem the
value and dignity of every person, to act together in solidarity for the common
good, and to bring relief to those suffering from poverty, disease, slavery,
armed conflicts, and discrimination. I ask everyone to take this compass in
hand and to become a prophetic witness of the culture of care, working to
overcome the many existing social inequalities. This can only come about
through a widespread and meaningful involvement on the part of women, in the
family and in every social, political and institutional sphere.
The compass of these social
principles, so essential for the growth of a culture of care, also points to
the need for relationships between nations to be inspired by fraternity, mutual
respect, solidarity and the observance of international law. In this regard, we
must recognize the need to defend and promote fundamental human rights, which
are inalienable, universal and indivisible.
Likewise urgent is the need to respect humanitarian
law, especially at this time when conflicts and wars continue uninterrupted.
Tragically, many regions and communities can no longer remember a time when
they dwelt in security and peace. Numerous cities have become epicentres of
insecurity: citizens struggle to maintain their normal routine in the face of
indiscriminate attacks by explosives, artillery and small arms. Children are
unable to study. Men and women cannot work to support their families. Famine is
spreading in places where it was previously unknown. People are being forced to
take flight, leaving behind not only their homes but also their family history
and their cultural roots.
While such conflicts have many causes, the result is
always the same: destruction and humanitarian crises. We need to stop and ask
ourselves what has led our world to see conflict as something normal, and how
our hearts can be converted and our ways of thinking changed, in order to work
for true peace in solidarity and fraternity.
How many resources are spent on weaponry, especially
nuclear weapons, that could be used for more significant priorities such
as ensuring the safety of individuals, the promotion of peace and integral
human development, the fight against poverty, and the provision of health care.
Global problems like the present Covid-19 pandemic and climate change have only
made these challenges all the more evident. What a courageous decision it would
be to “establish a ‘Global Fund’ with the money spent on weapons and other
military expenditures, in order to permanently eliminate hunger and contribute
to the development of the poorest countries”!
8. Educating
for a culture of care
Promoting a culture of care calls for a process
of education. The “compass” of social principles can prove useful and reliable
in a variety of interrelated contexts. Let me offer a few examples:
- Educating people to care begins in the family,
the natural and fundamental nucleus of society, in which we learn how to live
and relate to others in a spirit of mutual respect. Yet families need to be
empowered to carry out this vital and indispensable task.
- Together with the family, schools and
universities – and, in some respects, the communications media –
are also responsible for education. They are called to pass on a system of
values based on the recognition of the dignity of each person, each linguistic,
ethnic and religious community and each people, as well as the fundamental
rights arising from that recognition. Education is one of the pillars of a more
just and fraternal society.
- Religions in general, and religious leaders in
particular, can play an indispensable role in handing on to their followers,
and to society at large, the values of solidarity, respect for differences, and
concern for our brothers and sisters in need. Here I think of the words spoken
in 1969 by Pope
Paul VI to the Ugandan Parliament: “Have
no fear of the Church; she honours you, she educates honest and loyal citizens
for you, she does not foment rivalries and divisions, she seeks to promote
healthy liberty, social justice, and peace. If she has any preference at all,
it is for the poor, for the education of little ones and of the people, for the
care of the suffering and abandoned”.
- Once more I encourage all those engaged in public
service and in international organizations, both governmental and non-governmental,
and all those others who in various ways are involved in the areas of education
and research, to work towards the goal of a “more open and inclusive education,
involving patient listening, constructive dialogue and better mutual
understanding”. It is my hope that this appeal, made in the context of
the Global Compact on Education, will be broadly acknowledged and
accepted.
9. There
can be no peace without a culture of care
The culture of care thus calls for a
common, supportive and inclusive commitment to protecting and promoting the
dignity and good of all, a willingness to show care and compassion, to work for
reconciliation and healing, and to advance mutual respect and acceptance. As
such, it represents a privileged path to peace. “In many parts of the world,
there is a need for paths of peace to heal open wounds. There is also a need
for peacemakers, men and women prepared to work boldly and creatively to
initiate processes of healing and renewed encounter”.
At a time like this, when the barque of humanity,
tossed by the storm of the current crisis, struggles to advance towards a
calmer and more serene horizon, the “rudder” of human dignity and the “compass”
of fundamental social principles can enable us together to steer a sure course.
As Christians, we should always look to Our Lady, Star of the Sea and Mother of
Hope. May we work together to advance towards a new horizon of love and peace,
of fraternity and solidarity, of mutual support and acceptance. May we never
yield to the temptation to disregard others, especially those in greatest need,
and to look the other way;[26] instead,
may we strive daily, in concrete and practical ways, “to form a community
composed of brothers and sisters who accept and care for one another”.
From the Vatican, 8 December 2020
Letture bibliche della Messa - Biblical
readings of the Mass
Prima lettura -1st Reading
Dal primo libro di Samuele (1Sam 3,3b-10.19)
From the first book of Samuel (1Sam 3,3b-10.19)
In quei giorni,
Samuèle dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l'arca di Dio. Allora
il Signore chiamò: «Samuèle!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli
disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a
dormire!». Tornò e si mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo:
«Samuèle!»; Samuèle si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!».
Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!».
In realtà Samuèle fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli
era stata ancora rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò a chiamare:
«Samuèle!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli
dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore
chiamava il giovane. Eli disse a Samuèle: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà,
dirai: "Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta"». Samuèle
andò a dormire al suo posto. Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò
come le altre volte: «Samuéle, Samuéle!». Samuèle rispose subito: «Parla,
perché il tuo servo ti ascolta». Samuèle crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò
andare a vuoto una sola delle sue parole.
Samuel was
lying down in the temple of the Lord, where the ark of God was. Then the Lord
called, “Samuel! Samuel!” and he said, “Here I am!” and ran to Eli, and said,
“Here I am, for you called me.” But he said, “I did not call; lie down again.”
So he went and lay down. The Lord called again, “Samuel!” Samuel got up and
went to Eli, and said, “Here I am, for you called me.” But he said, “I did not
call, my son; lie down again.” Now Samuel did not yet know the Lord, and the
word of the Lord had not yet been revealed to him.
The Lord
called Samuel again, a third time. And he got up and went to Eli, and said,
“Here I am, for you called me.” Then Eli perceived that the Lord was calling
the boy. Therefore Eli said to Samuel, “Go, lie down; and if he calls you, you
shall say, ‘Speak, Lord, for your servant is listening.'” So Samuel went and
lay down in his place. Now the Lord came and stood there, calling as before,
“Samuel! Samuel!” And Samuel said, “Speak, for your servant is listening.” As
Samuel grew up, the Lord was with him and let none of his words fall to the
ground.
Salmo responsoriale
dal salmo 39
Responsorial psalm
From psalm
39
Ritornello
/ Response:
Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.
Here am I, Lord; I come to do your will
Ho sperato, ho sperato nel Signore,
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
una lode al nostro Dio.
Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo».
«Nel rotolo del libro su di me è scritto
di fare la tua volontà:
mio Dio, questo io desidero;
la tua legge è nel mio intimo».
Ho annunciato la tua giustizia
nella grande assemblea;
vedi: non tengo chiuse le labbra,
Signore, tu lo sai.
I waited, I waited for the Lord
and he stooped down to me; he heard my cry.
He put a new song into my mouth,
praise of our God.
You do not ask for sacrifice and offerings,
but an open ear.
You do not ask for holocaust and victim.
Instead, here am I.
In the scroll of the book it stands written
that I should do your will.
My God, I delight in your law
in the depth of my heart.
Your justice I have proclaimed
in the great assembly.
My lips I have not sealed;
you know it, O Lord.
Seconda lettura / Second
reading
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (1Cor 6,13-15a.17-20)
From the first
letter of St. Paul to the Corinthians (1 Cor 6: 13-15a.17-20)
Fratelli, il corpo non è per l'impurità, ma per il Signore,
e il Signore è per il corpo. Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà
anche noi con la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di
Cristo? Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. State lontani
dall'impurità! Qualsiasi peccato l'uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi
si dà all'impurità, pecca contro il proprio corpo. Non sapete che il vostro
corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e
voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo:
glorificate dunque Dio nel vostro corpo!
Brothers, the body is not for impurity, but for the Lord, and the Lord
is for the body. God, who raised the Lord, will also raise us with his power.
Don't you know that your bodies are members of Christ? Whoever joins the Lord
forms one spirit with him. Stay away from impurity! Whatever sin a man commits
is outside his body; but whoever gives himself to impurity sins against his own
body. Don't you know that your body is the temple of the Holy Spirit, who is in
you? You have received it from God and you do not belong to yourself. In fact,
you were bought at a high price: therefore glorify God in your body!
Acclamazione al Vangelo
Acclamation to the
Gospel
“Abbiamo trovato il Messia":
la grazia e la verità vennero per mezzo di
lui. (Gv 1,41.17b)
“We have found the Messiah": grace and
truth came through him. (Jn 1,41.17b)
Vangelo - Gospel
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,35-42)
From the Gospel according to John (Jn 1: 35-42)
In quel tempo Giovanni stava con
due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco
l'agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono
Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro:
«Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì - che, tradotto, significa maestro -
dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli
dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era
Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e
gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» - che si traduce Cristo - e lo condusse
da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio
di Giovanni; sarai chiamato Cefa» - che significa Pietro.
The next
day John again was standing with two of his disciples, and as he watched Jesus
walk by, he exclaimed, “Look, here is the Lamb of God!” The two disciples heard
him say this, and they followed Jesus.
When Jesus
turned and saw them following, he said to them, “What are you looking for?”
They said to him, “Rabbi” (which translated means Teacher), “where are you
staying?” He said to them, “Come and see.” They came and saw where he was
staying, and they remained with him that day. It was about four o’clock in the
afternoon.
One of the
two who heard John speak and followed him was Andrew, Simon Peter’s brother. He
first found his brother Simon and said to him, “We have found the Messiah”
(which is translated Anointed). He brought Simon to Jesus, who looked at him an
said, “You are Simon son of John. You are to be called Cephas” (which is
translated Peter).
******************************************************
Sintesi dell’omelia svolta durante la Messa celebrata in parrocchia alle
nove
Summary of the homily given during the Mass celebrated in the parish at
nine o’clock
La prima e la
seconda lettura ci parlano della chiamata
di Dio.
Giovanni
indica ai suoi discepoli la via verso Gesù; Andrea chiama il fratello Simone,
al quale Gesù diede il nome di Cefa - Pietro.
Anche a noi
la chiamata di Dio è arrivata mediante
altre persone: i genitori, ad esempio; ma anche insegnanti, preti, vicini di
casa.
La
chiamata è quella di Dio che ci ama e ci chiama ad amare.
The first and second reading speak to us of
God's call.
John shows his disciples the way to Jesus;
Andrew calls his brother Simon, to whom Jesus gave the name of Cephas - Peter.
God's call also came to us through other
people: parents, for example; but also teachers, priests, neighbors.
The call is that of God who loves us and
calls us to love.
Sintesi di Mario Ardigò, per come ha compreso le
parole del celebrante.
Summary of Mario Ardigò,
as how he understood the words of the celebrant.
Avvisi del parroco /
Notices from the parson
/
Avvisi di Azione
Cattolica: / Catholic Action Notices:
Le
prossime riunioni del gruppo parrocchiale di Azione Cattolica di gennaio 2021
si terranno il 23 e il 30, come sopra precisato, in videoconferenza Google Meet.
I soci che non
lo abbiano già fatto sono pregati di comunicare con una email a
mario.ardigo@acsanclemente.net
o telefonicamente a Giulia il loro numero di telefono cellulare e il loro
indirizzo email, per consentire le comunicazioni sulle attività del gruppo e
dei link di accesso alle riunioni.
The next meetings
of the parish group of Catholic Action in January 2021 will be held on 23rd and
30tg, as specified above, via Google Meet videoconference.
Members who
have not already done so are requested to communicate with an email to
mario.ardigo@acsanclemente.net