Pace, libertà,
speranza
Sto leggendo in
e-book il libro dello scrittore israeliano David Grossman, Sparare su una colomba, Mondadori 2021, €17,00, in e-book €9,99. E’
una raccolta di discorsi e articoli sul tema delle politiche per la pace.
Riferendosi alla sua
situazione di cittadino israeliano, Grossman scrive di non aver mai conosciuto
la pace, e dunque la libertà. Questo
collegamento tra pace e libertà
è insolito negli ambienti cattolici,
dove, di solito, la libertà è associata all’arbitrio e dunque ai conflitti.
Grossman collega poi
la pace anche alla speranza.
Per costruire la
pace occorre essere liberi di
pensarla e progettarla. La speranza è
frutto dell’immaginazione, ma non è solo sogno: le società prive di speranza
sono come spente.
La libertà non è
solo fare quello che si vuole, anche se fare quello che si vuole è importante perché se non si può farlo, se quindi bisogna stare sempre ai comandi altrui, ne risente la propria dignità, ma è
libertà dalla paura, dalla violenza, dalla fame, dall’insicurezza, dall’oppressione
altrui, libertà di sperare nel meglio.
Quest’ultima, sostiene Grossman, manca agli ebrei israeliani e agli arabi palestinesi. Non
riescono più neppure a immaginare di poter essere diversi da ciò che sono, liberi dall’insicurezza del conflitto che li divide
già da molto prima della fondazione, nel 1948, dello Stato di Israele. Grossmann
spiega infatti che il conflitto va avanti ormai da circa un secolo.
In Europa abbiamo
vissuto un lunghissimo periodo di pace, dal 1945, che è stato frutto di una
costruzione politica nel progettare la quale ci si è sentiti liberi di sperare nel meglio. Pace e libertà sono andate di pari passo. A questo non pensiamo spesso,
perché ci siamo assuefatti alla pace come condizione normale, e invece nella gran
parte del mondo non lo è, e allora, pur desiderandola, non si riesce ad averla e si è costretti al conflitto dalla situazione sociale in cui ci si trova immersi. Non si è liberi per la pace. Ad esempio, gli Stati Uniti non hanno mai conosciuto
un vero periodo di pace nella loro storia, a partire dalla loro fondazione, e il loro inno
nazionale, La bandiera stellata, è infatti pieno di guerra:
Oh, dì: puoi vedere alle
prime luci dell’alba
ciò che abbiamo salutato fieri all’ultimo raggio
del crepuscolo?
Le cui larghe strisce e brillanti stelle, nella
battaglia pericolosa,
sui bastioni che sorvegliavamo, sventolavano
valorosamente?
E il bagliore rosso dei razzi e le bombe che
esplodevano in aria
hanno dato prova, nella notte, che il nostro
stendardo era ancora là.
Dì dunque, sventola ancora la nostra bandiera
adorna di stelle
sulla terra dei liberi e la patria dei coraggiosi?
L’inno europeo parla invece di pace, gioia, amicizia, un
altro modo di usare le stelle:
O amici, non
questi suoni!
ma intoniamone altri
più piacevoli e più gioiosi.
Gioia! Gioia!
Gioia, bella
scintilla divina,
figlia dell’Elisio,
noi ci accostiamo ebbri d’ardore,
o Divina, al tuo sacrario.
I tuoi incanti
tornano a unire
ciò che gli usi rigidamente divisero;
tutti gli uomini diventano fratelli,
dove posa la tua ala soave.
L’uomo che ha
ottenuto dalla sorte
di essere amico a un amico,
chi conquistò una donna leggiadra,
esulti con noi!
Sì, chi anche
una sola anima
possa dir sua sul globo terrestre!
Chi invece non lo poté mai, lasci
furtivo e piangente questa confraternita!
Tutti gli
esseri bevono gioia
ai seni della natura;
tutti i buoni, tutti i malvagi
vanno per il suo sentiero di rose.
Ci diede
l’amore e il vino,
ci diede un amico di provata fedeltà;
La voluttà fu concessa al verme,
e il cherubino sta davanti a Dio.
Lieti, come i
suoi astri volano
attraverso lo splendore della volta celeste,
percorrete, fratelli, la vostra strada,
gioiosi, come un eroe verso la vittoria.
Abbracciatevi,
moltitudini!
Questo bacio al mondo intero!
Fratelli, sopra la volta stellata
deve certo abitare un padre amorevole.
Cadete in
ginocchio, moltitudini?
Intuisci il tuo creatore, mondo?
Cercalo sopra la volta stellata!
Sopra le stelle deve abitare.
E, noi,
come Chiesa, che ne pensiamo?
Spesso
la pace viene pensata tra noi come frutto dell’obbedienza,
altre volte comunque come risultato di un orientamento morale
frutto di quell’obbedienza, rare
volte come frutto dell’anelito di chi spera
nel meglio e vuole conquistare la
libertà di costruirlo.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San
Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Vali