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Un Sinodo popolare globale
Nei prossimi giorni inizierò ad approfondire i temi trattati nel Vademecumpubblicato sul sito https://www.synod.va/it.html
Si tratta di un documento di 60 pagine, quindi di un vero e proprio libretto, che si propone di aiutarci ad organizzare la consultazione popolare che caratterizzerà la fase preparatoria del processo sinodale che si concluderà nell’ottobre 2023 con l’Assemblea generale del Sinodo dei vescovi. Parallelamente, fino ad allora, si svolgeranno anche le “tappe” Dal basso verso l’alto [Coinvolgimento del popolo di Dio con momenti di ascolto, ricerca e proposta nelle diocesi, nelle parrocchie e nelle realtà ecclesiali] e Dalla periferia al centro [Momento unitario di raccolta, dialogo e confronto con tutte le anime del cattolicesimo italiano] del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, che però si protrarrà oltre il 2023, con la tappa Dall’alto verso il basso [Sintesi delle istanze emerse e consegna, a livello regionale e diocesano, delle prospettive di azione pastorale con relativa verifica], per concludersi nel 2025, anno del Giubileo, (penso) con una delibera dell’Assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana. Per il cammino sinodale italiano non è infatti previsto uno statuto che consenta al popolo di partecipare alle deliberazioni, come accade per il sinodo tedesco, dove 69 membri del Comitato dei cattolici tedeschi partecipano all’Assemblea deliberante.
Su La Repubblica di domenica scorsa, Enzo Bianchi ha osservato che i processi sinodali sono iniziati in sordina, nella scarsa attenzione dei mezzi di comunicazione di massa, i media, vale a dire i giornali su carta e su internet e radio e televisione. In parrocchia non se ne è ancora parlato, che io sappia, e nemmeno se ne è accennato durante le messe domenicali, che sono per i più l’occasione principale per informarsi su ciò che accade nella Chiesa. Diversa la situazione nel nostro gruppo parrocchiale di AC. Tramite la Lettera ai soci mensile e nel corso della prima riunione alla ripresa delle attività dopo la pausa estiva, gli associati sono stati posti a conoscenza della Lettera ai fedeli dei vescovi italiani, con l’invito a partecipare ai processi sinodali, e delle Dieci domande che dovranno essere alla base della consultazione popolare. Nelle prossime riunioni discuteremo e decideremo su come organizzarci come gruppo sinodale, secondo l’esportazione dei nostri vescovi.
Non dobbiamo attendere che le questioni sinodali siano organizzate in parrocchia solo dai nostri bravi preti. Il cammino sinodale si fa proprio per esonerarli dalla pesante opera di supplenza che hanno esercitato sobbarcandosi, oltre il pesante lavoro pastorale che loro specificamente compete, anche la nostra parte. Comincerei quindi il percorso sinodale in parrocchia con una franca autocritica. Siamo stati pronti alla critica e scarsi nell’impegno. Andiamo in chiesa quando ci va e quando ci siamo non andiamo d’accordo tra noi. Sappiamo poco di tutto e, come in genere accade a chi sa poco, presumiamo troppo da noi stessi e siamo disposti a dare lezione anche al Papa su come fare il papa. Siamo più che altro una platea, ad eccezione di pochi virtuosi, come i catechisti e quelli che seguono con pervicacia una disciplina più esigente. A volte non ci rendiamo nemmeno conto di farlo, tanto ne sappiamo poco. Oggi con mia moglie abbiamo festeggiato trentatré anni di matrimonio, e penso sia un buon risultato perché per noi si è trattato di un impegno sacramentale. Certo, nonostante le prove della vita che abbiamo affrontato insieme, non ci siamo trovati di fronte ad ostacoli insuperabili, che tuttavia sappiamo che possono esserci e che altri hanno trovato. Non seguiamo lo spietato fondamentalismo di chi dice che possa sempre andare come a noi, e verso chi ha sofferto il fallimento di un matrimonio va sempre il nostro affetto cordiale.
Detto questo – il cammino sinodale è anche un atto liturgico, insegnano i nostri vescovi e ogni liturgia reca sempre in sé un atto penitenziale, che impegna alla costante conversione – dobbiamo capire l’importanza dell’impegno sinodale che ci viene chiesto di assumere. Non si tratta di un’attività collaterale ed è un processo che coinvolgerà fedeli cattolici di tutto il mondo. Ecco l’enormità della cosa, che la nostra Chiesa pensa di riuscire a organizzare perché diffusa capillarmente quasi dovunque. Aggiungo che è qualcosa che mai è stato tentato, almeno come lo si è progettato oggi,
Leggiamo nel Vademecum:
La Chiesa riconosce che la sinodalità è parte integrante della sua stessa natura. Essere una Chiesa sinodale trova espressione nei Consigli ecumenici, nei Sinodi dei vescovi, nei Sinodi diocesani e nei Consigli diocesani e parrocchiali. Ci sono molti modi in cui sperimentiamo forme di “sinodalità” già adesso in tutta la Chiesa. Tuttavia, essere una Chiesa sinodale non è un’esigenza che si limita alle istituzioni esistenti. Infatti, la sinodalità non è tanto un evento o uno slogan quanto uno stile e un modo di essere con cui la Chiesa vive la sua missione nel mondo. La missione della Chiesa richiede che l’intero Popolo di Dio percorra un cammino insieme in cui ogni membro svolge il suo ruolo fondamentale, unito agli altri. Una Chiesa sinodale cammina in comunione per perseguire una missione comune attraverso la partecipazione di ciascuno dei suoi membri. L’obiettivo di questo processo sinodale non è di fornire un’esperienza temporanea o una tantum di sinodalità, quanto piuttosto di offrire un’opportunità all’intero Popolo di Dio di discernere insieme come andare avanti sulla strada che ci porta ad essere una Chiesa più sinodale sul lungo termine.
Quindi Chiesa sinodale è chiesa realmente partecipata da tutti, anche dalle persone laiche, e secondo i rispettivi ruoli. Nessuno deve esserne escluso o esonerarsene. I teologi spiegano anche perché. Gli storici insegnano perché tanto a lungo nella Chiesa cattolica si è fatto diversamente. In questo blog ho cercato di riferirvi qualcosa in merito, anche se non sono né un teologo né uno storico, ma solo una persona che cerca di essere colta, legge e ragiona. I nostri preti potrebbero dirci di più sul lato teologico.
La consultazione popolare è un’idea di papa Francesco. Riflette la grande esperienza dell’episcopato latino-americano, in particolare di quegli epocali eventi ecclesiali che furono le Conferenze episcopali del Consiglio episcopale latino-americano – CELAM, in particolare a partire da quella svolta a Medellín nell’agosto/settembre 1968, svolta alla presenza del papa Paolo 6º, che aveva galvanizzato la Chiesa con l’enciclica Lo sviluppo dei popoli [in latino, dalle prime parole del documento, Populorum progressio]. Le democrazie liberali e gli altri regimi politici dominanti in quel continente avevano fallito nell’organizzare le società di riferimento per combattere povertà e violenza pubblica. Nelle comunità cristiane il grido di dolore della perdita masse di chi stava peggio aveva potuto esprimersi e, ad un certo momento, venne ascoltato dagli episcopati nazionali, che si pentirono della passata pesante compromissione con i ceti dominanti.
La sinodalitá sviluppata in Germania, il cui episcopato è all’avanguardia in questo campo, si basa invece su altri presupposti, e, in particolare, sulla crescente è qualificata collaborazione di persone di fede laiche nella gestione delle attività pastorali delle parrocchie ed è improntata a maggior fiducia sui principi e metodi delle democrazie avanzate europee. Da qui uno statuto democratico del Sinodo della Chiesa tedesca attualmente in corso, pur nella distinzione dei ruoli.
Avremo delle sorprese, noi italiani, europei, parte dell’Occidente che ancora dice al mondo che pensare e come vivere, dal processo sinodale che coinvolgerà tutti gli altri popoli. Ci verrà infatti la voce di coloro che sono da noi dominati e di cui sfruttiamo a nostro vantaggio il lavoro a basso prezzo e le risorse naturali, tenendoli soggiogati con la nostra potenza militare.
Ma, se l’ascolto della gente nella nostra fase sinodale sarà reale, ci verrà anche la voce dei sofferenti che sono tra noi, e chi ha condizioni di vita dignitose dovrà vergognarsi e cambiare. Ci verrà la voce dei tanti ai quali, anche tra i giovani, abbiamo indicato sbrigativamente la porta, rivendendoli indegni di stare tra noi, per qualche loro diversità o problema, ad esempio per un matrimonio fallito? Non so. Vedremo se riusciremo veramente a convertirci. Certo chi si è sentito escludere con l’epiteto “Tu non sei di Cristo!”, difficilmente supererà quell’umiliazione. Anche a me è stato rovesciata addosso quell’ingiuria sanguinosa, ma io, fin da giovane, fin dalla FUCI, in Azione Cattolica, sono stato formato per replicare, ma questo è stato un privilegio, non tutti lo sono stati. Dobbiamo fare in modo che tutti possano esserlo. E convincerci che certe brutalità che riecheggiano il tremendo passato delle nostre Chiese, che sono state anche quello e non solo virtù, non devono più essere praticate.
Insegnano i nostri vescovi che il battesimo ci conferisce pari dignità, che deve essere rispettata. Chi c’è l’ha data? Dio. Questo è uno degli enunciati iniziali della Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America, del 1776, il primo atto politico della rivoluzione democratica nord americana.
Consideriamo verità evidenti per sé stesse che tutti gli uomini sono creati uguali; che sono stati dotati dal loro Creatore di taluni diritti inalienabili; che, fra questi diritti, vi sono la vita, la libertà e il perseguimento del benessere
Questo per ribattere a chi pretende ancora di scomunica la democrazia.
Allora, coraggio!, facciamoci animo e cominciamo a leggere qualcosa, elevandoci da semplice platea ad assemblea sinodale. Vi propongo proprio il Vademecum, che potete scaricare qui:
https://www.synod.va/it/news/vademecum-for-the-synod-on-synodality.html
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro Valli