INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

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mercoledì 6 ottobre 2021

Formarsi alla sinodalità

 


Il logo del Sinodo



Formarsi alla sinodalità

 

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Comunicato della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, 01.10.2021

 

 

Apertura del Cammino Sinodale

  Papa Francesco aprirà ufficialmente il Sinodo sulla Sinodalità in Vaticano con la Celebrazione dell’Eucaristia presso la Basilica di San Pietro (domenica 10 ottobre), preceduta da un momento di riflessione nell’Aula Nuova del Sinodo (sabato 9 ottobre).

  Il programma di sabato prevede lavori in seduta plenaria e lavori in gruppi linguistici. Saranno presenti rappresentanti del Popolo di Dio, tra delegati delle Riunioni Internazionali delle Conferenze Episcopali ed Organismi assimilati, membri della Curia Romana, delegati fraterni, delegati della vita consacrata e dei movimenti laicali ecclesiali, il consiglio dei giovani, ecc. Papa Francesco parteciperà alla prima parte dei lavori.

  La Santa Messa di domenica 10 ottobre alle ore 10.00, presieduta dal Santo Padre, inaugurerà il Sinodo per la Chiesa universale e per la Diocesi di Roma, con la partecipazione dei fedeli.

  I lavori in seduta plenaria di sabato e la Santa Messa di domenica saranno trasmessi in diretta da Vatican Media.

 

Programma

Sabato 9 ottobre 2021 - ore 9.00-13.00

Aula Nuova del Sinodo

Momento di Riflessione

per l’inizio del Cammino sinodale

8.00 Accoglienza

9.00 Intronizzazione e Proclamazione della Parola di Dio (Ap 1,9-20)

Meditazione:

P. Paul Béré, sj (Burkina Fasso) e Cristina Inogés Sanz (Spagna)

Discorso del Santo Padre

Saluto del Card. Jean Claude Hollerich, Relatore Generale del Sinodo

Testimonianze:

· Una giovane (Sud Africa)

· Una religiosa (Stati Uniti d’America) (in video)

· Un vescovo (Corea)

Silenzio

· Una famiglia (Australia) (in video)

· Un sacerdote (Brasile) (in video)

· Un responsabile di una comunità religiosa (Francia)

Silenzio

Messaggio del Card. Mario Grech, Segretario Generale del Sinodo

Introduzione ai lavori nei Piccoli Gruppi

11.00 Pausa

11.30 Workshop in Piccoli Gruppi (per lingue)

Fine dei lavori alle ore 13.30

 

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La spiritualità del camminare insieme è chiamata a diventare principio educativo per la formazione della persona umana e del cristiano, delle famiglie e delle comunità. Come formiamo le persone, in particolare quelle che rivestono ruoli di responsabilità all’interno della comunità cristiana, per renderle più capaci di “camminare insieme”, ascoltarsi a vicenda e dialogare? Che formazione offriamo al discernimento e all’esercizio dell’autorità? Quali strumenti ci aiutano a leggere le dinamiche della cultura in cui siamo immersi e il loro impatto sul nostro stile di Chiesa?

 

  Il Sinodo che sta per iniziare è stato convocato per sviluppare una sinodalità ecclesiale come modo ordinario di vivere la fede, per tutti, e, per come è stato pensato e organizzato, ne è esso stesso una sperimentazione, così come avvenuto nei Sinodi sui giovani (ottobre 2018) e per la regione Pan-amazzonica (ottobre 2019), vale a dire quelli successivi alla riforma della struttura e della celebrazione del Sinodo dei  vescovi  attuata nel settembre 2018 con la Costituzione apostolica La comunione episcopale.

 Questa volta l’attività di consultazione dei fedeli sarà particolarmente estesa e, se non si limiterà a ritualismi e formalismi liturgici,  consentirà alla Chiesa, questa volta tutta convocata in sinodo, una penetrante esperienza di sinodalità, che potrebbe lasciare traccia duratura e significativa, anche in una realtà di prossimità come la nostra parrocchia. Ad essa, però, occorre formarsi, perché, come risulta chiaro leggendo il documento  della Comissione teologica internazionale La sinodalità nella vita e missione della Chiesa, pubblicato nel marzo 2018, all’esito di tre anni di lavori,

 

https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_20180302_sinodalita_it.html

 

non la si è mai vissuta prima nella nostra Chiesa, a differenza di quanto avvenuto in altre Chiese cristiane.

  I teologi cattolici che da qualche anno si stanno occupando del tema di solito cominciano a precisare ciò che la sinodalità non è. Questo è il metodo da loro seguito in genere anche quando affrontano il tema della libertà. E, in particolare, ci tengono a distinguere sinodalità  e democraticità dimostrando incerta acculturazione a quest’ultima, per come oggi la si intende in Europa, la nostra società di riferimento. In particolare, non tengono conto che non si tratta solo di un metodo  per prendere decisioni collettive, ma che implica molti grandi valori e, innanzi tutto, quello della dignità della persona umana. Ed è proprio da quest’ultimo che, sviluppando idee del Concilio Vaticano 2° (1962-1965), si è cominciato a ragionare di sinodalità. L’impulso è stato dato da papa Francesco. L’originalità della sua impostazione è appunto quella di presentarla come condizione ordinaria della vita nella Chiesa, non solo come qualcosa che si sviluppa occasionalmente tra vescovi, quando si trovano per decidere insieme nell’istituzione collegiale detta appunto Sinodo dei vescovi. La riforma di quest’ultima, da lui attuata nel 2018, ha come cardini una certa  partecipazione  al magistero del papa e una estesa consultazione  del popolo di Dio nella fase preparatoria. Ha così indicato la via per una più generale riforma del modo di esercitare l’autorità ecclesiale.

  Si è sinodali innanzi tutto riunendosi,  perché sinodalità  significa operare insieme.

  A questo punto di solito si parla di comunione. Bisogna sapere, però, che nella storia dell’attuazione dei principi del Concilio Vaticano 2° si è messa di mezzo la comunione per ostacolare vere esperienze sinodali.

  In un sistema in cui ad alcuni soli spetta di deliberare e a tutti gli altri solo di obbedire, comunione significa mettersi insieme per decidere di obbedire con tutto il cuore  a ciò che è stato deliberato, silenziando ogni obiezione. Si pensa anche che sia lo Spirito a condurre a qualcosa di simile. Come è stato osservato, secondo quest’ordine di idee chi delibera non ascolta veramente gli altri, ma anche chi obbedisce non ascolta, se non per sapere che deve fare. La formazione all’obbedienza, così, è tendenzialmente incolta, perché ai più sapere non serve. Basta essere in grado di capire gli ordini ricevuti.

  Un potente apparato teologico   è pronto per condurre su quella via. Una volta che la si sia imboccata, nulla cambierà. Perché la situazione rimarrà esattamente quella in cui ci troviamo e che, a detta dei più, non è una bella situazione.

 Se non si ha tutti la possibilità di essere ascoltati e di influire in qualche modo sul risultato, allora in questo non c’è pari dignità, nonostante tutte il chiacchiericcio teologico che ci si fa sopra.

 Ma allora tutto finisce in un negoziato? Penso sia un po’ la situazione attuale dei consessi degli autocrati, anche se ammantata di spiritualità e coperta da quello che è stato definito un muro d’incenso. Ritengo  sia per questo, per nascondere un negoziato di cui ci si vergogna, che, in particolare, i cardinali che partecipano al Conclave sono tenuti all’assoluto segreto su quello che si è detto e fatto in quel consesso.

  Certamente, quando si dialoga per deliberare, un negoziato è inevitabile: non ci si illuda di poter raggiungere l’unanimità con fascinazioni spirituali. Ma non è detto che questi discorsi debbano essere condotti con spirito condominiale. In particolare non è questo che accade nei parlamenti, o almeno non dovrebbe accadere se sono veramente tali. Nella Chiesa come nello stato sono coinvolti valori che sovrastano l’interesse spicciolo di ciascuno, in particolare quello relativo alla fetta della torta  sperata.

  Si pensa che, se tutti fossero ammessi a dire la propria, allora la verità,  vale a dire la tradizione teologica normativa, sarebbe in pericolo e che solo l’autocrazia la preservi. L’esperienza storica non conforta in questa idea, che è più che altro un pregiudizio. Perché non è assolutamente detto che, anche in una Chiesa sinodale come nelle democrazie avanzate, i principi supremi possano rimanere nelle mani di maggioranze estemporanee e che in merito non possa essere esercitato un magistero autorevole per porle al riparo da questo. Quei principi si sono storicamente dimostrati in pericolo quando sono finiti nel potere di una sola persona o di ristrette oligarchie, cosa che le regole della democrazia cercano accuratamente di evitare, e anche in un sistema sinodale dovrebbe essere prevenuto. Un magistero simile a quello della nostra gerarchia ecclesiale è poi esercitato, nelle democrazie civili, dalle Corti Costituzionali, dagli altri magistrati e da diverse altre autorità indipendenti. Questo appunto perché la democrazia è venuta a inglobare un sempre più un esteso sistema valoriale che non è mai lasciato alla mercé delle folle.

   E poi democrazia non è solo dire la propria, ma articolare argomentazione ragionevoli.

  Quando si vuole continuare a tenere il popolo fuori delle decisioni ecclesiali è perché lo si diffama ritenendolo incapace di questo. Era lo stesso pregiudizio antidemocratico degli autocrati civili di un tempo e anche la ragione di una certa diffidenza degli antichi filosofi greci, i primi maestri di teoria politica, verso la democrazia come allora la si intendeva.

  Una prima tappa della formazione all’ecclesialità può essere pensata proprio come tirocinio al discorso ragionevole in assemblee di prossimità. Ognuno si deve spiegare, non fare l’invasato o fare violenza.

  Bisogna dire che sulle persone laiche in genere si riversano molti effetti speciali religiosi, il prodigioso, il miracolante, lo stupefacente, e questo purtroppo è stato storicamente un modo di tenerle a bada da parte della gerarchia, aiutandosi con il sacro numinoso. Questo non ha aiutato nello sviluppo della ragionevolezza. L’Azione Cattolica e altre istituzioni analoghe hanno faticato molto per conquistare ai cattolici una credibilità in società.

  Quindi poi, con quelle premesse,  quando si è provato a inscenare la sinodalità, essa, come è stato osservato era  spesso più affettiva  che  effettiva. E dalla parte  degli autocrati si è accettato, talvolta, il dialogo, solo quando sembrava che non si potesse fare altro, non con convinzione.

  In Europa le persone laiche si sono abituate invece ad essere protagoniste in società e a ragionare, prendendo in esame anche le questioni centrali, più importanti. Poi entrano in chiesa e sono ridotte a nulla: tutto passa sulle loro teste, e non parliamo dei dogmi, quindi della cosiddetta verità, ma di cose minime, come la posizione delle statue dei santi in chiesa.

 Leggo in Ugo Sartorio, Sinodalità, Ancora 2021,

 

[…]  I laici, praticamente «l’immensa maggioranza del popolo di Dio»[citazione dall’esortazione apostolica La gioia del vangelo, 102] come ci ricorda papa Francesco, una maggioranza rimasta per secoli silenziosa e per molti motivi inascoltata, non certo inoperosa. Se è vero che in gran parte la historia laicorum [=la storia delle persone laiche]  è in gran parte una historia dolorum [=storia di dolori], per il fatto che il loro sembra un protagonismo che sul piano della storia è di volta in volta rimandato (è scoccata l’ora dei laici, si dice, ma poi non succede molto), bisogna chiarire che la questione posta dalla sinodalità non riguarda propriamente la presa di parola di categoria di categorie fino ad ora trascurate, bensì, più in profondità, il fatto che a tutti è richiesto innanzi tutto di ascoltare. La sinodalità, detta in questa prospettiva e in una sola frase, non è tutti parlano, ma piuttosto tutti devono prima ascoltare.

 

 Il clero, e ancor più i vescovi che la maggior parte delle persone laiche incontrano molto raramente e assai superficialmente, non ascolta se non i propri superiori, quando proprio non può farne a meno. Nella nostra Chiesa mi pare che nessuno ascolti nessuno, quando se lo può risparmiare.

 Quindi un Sinodo come quello che si sta per aprire, che prevede una fase di ampia consultazione della gente di fede, può essere un bel progresso su un via diversa. Purché non scada nel rito, nella pura liturgia, in cui al fedeli laici chiamati a parlare  dal palco viene messo in mano il classico foglietto ed essi devono limitarsi a interpretare la loro parte, e così li si abbia per consultati.

  L’esito della fase del discernimento, vale a dire di preparazione della decisione  su un certo tema, non può solo essere quello di decidere di fare come dice un autocrate, punto e basta. Non c’è nessuna dignità in questo e nessuna sinodalità.

  Ma, si dice, non  è che così si finirà per litigare? Può accadere. Accade anche nei sindodi dei gerarchi, per quello che ne esce fuori. Alcuni furono piuttosto accesi, si racconta. Ecco, però, la sinodalità  significa rimanere pervicacemente insieme nonostate le diversità di vedute e anche le liti, perché il rimanere insieme è un valore più importante dell’ottenere ragione a tutti i costi in una certa occasione. E’ opera dello Spirito, c’entra il soprannaturale? Non sono un teologo e non mi azzardo per quella via. L’esperienza del lavoro in assemblea insegna comunque che c’è più soddisfazione a rimanere insieme e a riuscire a organizzare qualcosa insieme, non ciascuno per sé, a costo di rinunciare a qualcosa dei propri progetti. E si è anche molto più efficaci.

  Alla scoperta della sinodalità si procede per piccoli passi, per gradi, dalle piccole cose, ad esempio affrontando le decisione ordinarie di una parrocchia,  rispettando la capacità di assimilazione di chi rimane indietro.

 Scrive ancora Sartorio, nel tsto che ho citato:

 

 Per quanto riguarda il camminio verso una Chiesa sinodale, sono ancora numerosi gli ostacoli da superare, e vengono soprattutto da una ripetizione irriflessa di modelli clericali di un certo passato, sia da  parte dei chierici che, specularmente, dei laici. La piramide rovesciata, vale a dire una Chiesa che è prima di tutto il popolo di Dio, ha bisogno di realizzazioni concrete, come un modo nuovo di vivere i sinodi, da quello diocesano, ma anche di fare pastorale e quindi di guidare le comunità parrocchiale e di vivere in esse l’autentica fraternità cristiana.

 

  Penso che, nella fase sinodale, che si sta per aprire, il Consiglio pastorale parrocchiale, che sarà chiamato a rispondere alla dieci domande poste a base della consultazione popolare sinodale, potrebbe utilimente aprire una fase di consultazione analoga tra i fedeli della parrocchia, che potrebbe essere anche occasione formativa. Del nostro Consiglio pastorale parrocchiale sappiamo poco, se non che c’è. Fu concepito come organismo partecipativo, che andrebbe rivitalizzato in quel senso. Perdere un’occasione come quella della fase sinodale che si sta aprendo sarebbe veramente avvilente.

  Certo, so che non tutti in parrocchia condividono questa proposta di sinodalità che ci viene ora dall’alto e, tutto sommato, alcuni preferirebbero continuare a fare di testa propria, secondo come s’è sempre fatto, e magari pensano, così facendo, di essere più spirituali. Lo Spirito va dove vuole, si dice, e, come il vento non sai da dove viene né dove va, ma, essendo invisibile, intangibile, non verificabile, appunto spirito, c’è chi lo tira da una parte e chi dall’altra e, quindi, tutto il parlare di Spirito che fanno i teologi non mi coinvolge molto; del resto non sono un teologo. Lo stesso dicasi del sensus fidei [il senso per la fede giusta, la verità], quella capacità di intuire la verità  che il popolo avrebbe, al di là di qualsiasi ragionamento di cui si sia capaci, e che io certamente non sento in me e non vedo particolarmente evidente negli altri. Ma, lo ripeto, non sono un teologo. I teologi, leggo, la vedono diversamente.  Penso però che poter vivere la fede in maniera meno umiliante di ora sarebbe bello per noi persone laiche. Ma per riuscirci bisognerebbe però andare oltre la propria interiorità e l’ambito delle consuete frequentazioni, per fare Chiesa aprendosi, non solo da semplici spettatori o, al più, di comparse, ciascuna con il proprio foglietto  in mano da leggere, ma cercando di sviluppare discorsi ragionevoli da porre alla base del dialogo con le altre persone. Occorre certamente sapere un po di più  di ora. Facciamo un bel parlare di sinodalità, ma se tra noi e i nostri preti rimangono dislivelli abissali di conoscenze, come ora, tutto può riuscire vano. Ripongo molte speranze nei giovani, che sono tra le generazioni di quell’età più acculturate di tutti i tempi, per il lungo corso di studi che seguono. Possono essere importanti agenti di diffusione della formazione.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli