Consenso, unitá, sinodalitá: una sfida per il nostro gruppo
Per un tempo molto lungo, dal febbraio del 2020, come parrocchia e come gruppo di Azione Cattolica siamo vissuti in un periodo molto difficile, con forti limitazioni nell’incontrarci. C’è stata infatti una dura pandemia di una malattia virale, pericolosa soprattutto per gli adulti ultracinquantenni, che nel nostro gruppo sono ben rappresentati. Per coloro per i quali la socialità religiosa si limitava alla frequenza della messa, il disagio è stato più limitato, perché abbastanza presto l’emergenza più grave è stata superata: è durata dal marzo al giugno del 2020 e si è potuti tornare in chiesa, che è un ambiente vasto, in cui si sono potute osservare le precauzioni di distanziamento interpersonale. La cosa è stata più seria per un gruppo come il nostro, che si riuniva in una sala molto più piccola, la sala rossa, che comunque è tra le più grandi dei locali parrocchiali. Bisogna dire che essa, negli ultimi anni, per la forte ripresa dell’affluenza per il catechismo per i sacramenti di iniziazione religiosa, è divenuta sempre più richiesta, anche perché è l’unica ad essere attrezzata per la proiezione di audiovisivi.
Il nostro gruppo, dal giugno 2020, ha potuto comunque riprendere in qualche modo le attività associative utilizzando lo strumento delle videoconferenze nell’applicativo Meet, nel quale ci siamo impratichiti. Dopo l’ultima riunione in parrocchia di fine febbraio 2020, ci siamo incontrati di nuovo in presenza lo scorso 23 maggio e poi dal 16 ottobre. Alla ripresa delle attività questo ottobre, abbiamo mantenuto anche la videoconferenza in Meet, che si era rivelata utile per far partecipare associati che, in primo luogo per questioni di lavoro e poi per impegni di famiglia o di salute, avevano difficoltà a raggiungere la parrocchia, e quindi frequentavano più saltuariamente. Si è deciso anche di mantenere lo spostamento del giorno della riunione al sabato, per consentire la partecipazione di coloro che erano impegnati nel lavoro negli altri giorni feriali e per lasciare spazio al catechismo dei più giovani. Questo durante l’emergenza pandemica più seria, ci aveva consentito di riunirci in videoconferenza, modalità che le persone più anziane del gruppo, quelle ormai libere da impegni di lavoro, non manifestavano di saper gestire, anche se in parte sono state capaci di presenziare, dando importanti contributi, come risulta dai resoconti scritti che sono stati tenuti. Ci siamo tenuti in contatto anche mediante una lettera mensile, che ha consentito alle persone che non erano riuscite a collegarsi in Meet di tenersi informate sulle attività del gruppo.
Ora si è in una fase nuova, sia rispetto a ciò che c’era prima della pandemia sia rispetto a quello che si è vissuto durante le fasi più dure di quest’ultima.
Il 9 ottobre scorso la Chiesa universale è stata convocata in Sinodo. Un evento, anzi un processo come viene definito, rilevantissimo, quasi come la convocazione del Concilio Vaticano 2º, nel 1959. Questa volta, nella fase preparatoria, siamo chiamati a collaborare noi tutti, fedeli cristiani, in una consultazione popolare che si concluderà nell’aprile 2022. In concomitanza si è iniziato il cammino sinodale delle Chiese in Italia, che si concluderà nel 2025, anno del Giubileo. In questo caso la fase dal basso verso l’alto, che coinvolge le realtà di base, quindi noi tutti,durerà tutto il prossimo anno.
I nostri vescovi ci invitano a radunarci in gruppi sinodali per dare il nostro contributo a quei cammini. Hanno anche indicato i temi sui quali vorrebbero ascoltarci. I Sinodi, quello universale e quello italiano, sono centrati sulla sinodalitá, vale a dire su un modo partecipativo di vivere e rappresentare la Chiesa. In sostanza, quello che stiamo vivendo è un processo di riforma ecclesiale, che esplicitamente si presenta come fase attuativa dei principi del Concilio Vaticano 2º.
Collaborare all’attuazione di quei principi è stato, dalla riforma associativa deliberata nel ’68, tra gli scopi principali della nostra Azione Cattolica. Lo è ancora, a livello nazionale e diocesano. Lo è ancora anche per il nostro gruppo?
Come sapete bene, per diversi anni c’è stata in parrocchia una certa sfiducia nell’Azione Cattolica come strumento di formazione e partecipazione delle persone laiche (il clima è cambiato nell’ottobre del 2015, con l’arrivo del nuovo parroco). Allora la si è pensata un po’ come un’esperienza ad esaurimento, dedicata alle persone che vi si erano ormai assuefatte e solo a loro, destinata quindi pian piano ad estinguersi con loro. Ai giovani non è stata più indicata l’Azione Cattolica come strumento formativo e quindi si è ostacolata la continuità generazionale. Si pensava ad una evoluzione del nostro gruppo nel senso di un gruppo anziano, ciò che non è accaduto, per l’ingresso di forze nuove. Tuttavia non si è ancora riusciti a ricostituire integralmente la struttura associativa, che prevede sezioni per bambini, ragazzi, giovani adulti fino ai 30 anni, adulti e adultissimi. In particolare si sente la mancanza delle persone tra i trenta e i cinquanta, che hanno le forze per essere animatori per i più giovani. Si tratta di persone che lavorano e hanno impegni di famiglia e che certamente non potrebbero partecipare, se non saltuariamente, ad attività programmate alle 5 del pomeriggio di un giorno infrasettimanale. Ai tempi nostri anche le donne lavorano fuori casa e si lavora anche nel pomeriggio. Negli anni ’70, quando i più anziani tra noi ebbero impegni di lavoro e con i figli ancora ragazzi, molte donne non lavoravano fuori casa e, almeno i dipendenti pubblici, finivano di lavorare alle 14. Era un mondo diverso, che non tornerà.
Nel lavoro sulla sinodalità che si è iniziato nella Chiesa universale, e anche in quella italiana, l’Azione Cattolica può fare molto, perché è un tema in cui è impegnata da decenni, e ciò a differenza di altre realtà associative che vi hanno dedicato meno attenzione. Abbiamo percorsi formativi strutturati, con documenti e altro materiale pronti per essere utilizzati e la possibilità di avere l’aiuto di esperti. Una dotazione preziosa, in un momento in cui molte persone non hanno ancora capito bene che accade, che dire e che fare.
La parrocchia ci chiede aiuto. Ci chiede di funzionare anche come gruppo sinodale, in particolare per ricevere persone più giovani, delle quali si sente la necessità non solo nel nostro gruppo. Questo richiede di predisporci ad accoglierle, facendo, i cambiamenti necessari. Il primo è quello di mantenere il giorno infrasettimanale delle nostre riunioni il sabato. Altrimenti chi lavora non può partecipare.
È il Papa, sono i nostri vescovi, che ci chiedono di collaborare, di trovare la forza di non temere di cambiare. È in questione la sopravvivenza della Chiesa, che non si vuole ridotta a un museo. Serve l’impegno di tutti.
Bisogna dire, però, che storicamente l’impegno di tutti, un impegno convinto, condiviso, solidale, non è stato facile da ottenere. L’unitá spesso è stata ottenuta con la forza, integrandosi con gli stati e le loro dinastie sovrane, che, fino al Quattrocento furono direttamente coinvolte nei processi sinodali. Oggi, in ambienti democratici, quel metodo non è più praticabile. Proprio per intervenire nei contesti democratici venne costituita nel 1906 l’Azione Cattolica italiana, ed essa svolse la sua missione, in particolare dando un notevole contributo alla costruzione della nostra Repubblica democratica, piena, nella sua Costituzione, divalori riconducibili alla dottrina sociale.
Ecco che, però, tra noi si manifesta un problema di sinodalitá che si consentirà di farne tirocinio. Sinodalità significa rimanere uniti nonostante le divergenze e cercare i raggiungere un consenso con quel metodo che il Magistero definisce come ascoltare lo Spirito e che significa andareoltre se stessi e vedere le cose con altri occhi. Questione di sguardi, è appunto il titolo dell’interessantissimo percorso formativo di quest’anno, che nella riunione di ieri è stato presentato e che inizieremo nel mese di novembre. Il secondo e il quarto incontro del mese saranno dedicati ad esso, mentre il terzo ci impegneremo come gruppo sinodale, aperti anche alla partecipazione degli altri parrocchiani, anche secondo le indicazioni che il Consiglio pastorale parrocchiale ed Equipe parrocchiale vorranno dare.
Certo però dovremo intenderci. Qual è, oggi, il nostro dovere nella Chiesa? Vogliamo, in fin dei conti, accettare di essere un gruppo ad esaurimento o vogliamo avere un futuro aperto alle nuove generazioni? Il gruppo è per noi soli o è il modo con cui esercitiamo il dovere di apostolato che, secondo l’ordine del Signore, ci spinge verso gli estremi confini della Terra e a tutte le genti?
Se ne parlerà la prossima settimana, nell’incontro sulla sinodalità del 30 ottobre.
Purtroppo la modalità di partecipazione e alla vita parrocchiale che c’era già prima della pandemia era diventata più che altro quella del vado quando mi va, quando mi sento. Questo naturalmente al di fuori delle esperienze più intense di partecipazione, come la nostra, che, come quella degli amici del Cammino neocatecumenale, è legata anche ad uno stile di vita. Ora, nel pieno dell’entusiasmante cammino sinodale che si è iniziato, dovremmo allinearci con quell’uso superficiale della parrocchia?
Riprendere l’abitudine della presenza assidua e intensa in parrocchia può sembrare faticoso all’inizio: siamo stati lontani tanto a lungo! Ma, se ricordate, quando ci incontravamo in videoconferenza sempre rimpiangevamo i tempi in cui potevamo vederci in parrocchia. Ora è il momento di iniziare di nuovo. Se la vita cristiana potesse risolversi solo nell’andare a messa, non ci sarebbe stato bisogno di convocare un Sinodo. Noi già ci andiamo. Ma si esce dalla messa, dopo l’incontro con il Signore, con nel cuore il mandato di apostolato che lui ci diede e che, di generazione in generazione, è giunto fino a noi, con l’impegno a non farlo esaurire con noi. Ecco perché non possiamo agire come un gruppo ad esaurimento.
Che ci chiede la Chiesa oggi? Eccolo indicato in un brano del Documento preparatorio per il Sinodo:
Un interrogativo di fondo ci spinge e ci guida: come si realizza oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello universale) quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata; e quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale? Affrontare insieme questo interrogativo richiede di mettersi in ascolto dello Spirito Santo, che come il vento «soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va» (Gv 3,8), rimanendo aperti alle sorprese che certamente predisporrà per noi lungo il cammino. Si attiva così un dinamismo che consente di cominciare a raccogliere alcuni frutti di una conversione sinodale, che matureranno progressivamente. Si tratta di obiettivi di grande rilevanza per la qualità della vita ecclesiale e lo svolgimento della missione di evangelizzazione, alla quale tutti partecipiamo in forza del Battesimo e della Confermazione. Indichiamo qui i principali, che declinano la sinodalità come forma, come stile e come struttura della Chiesa:
• fare memoria di come lo Spirito ha guidato il cammino della Chiesa nella storia e ci chiama oggi a essere insieme testimoni dell’amore di Dio;
• vivere un processo ecclesiale partecipato e inclusivo, che offra a ciascuno – in particolare a quanti per diverse ragioni si trovano ai margini – l’opportunità di esprimersi e di essere ascoltato per contribuire alla costruzione del Popolo di Dio;
• riconoscere e apprezzare la ricchezza e varietà dei doni e dei carismi che lo Spirito elargisce in libertà, per il bene della comunità e in favore dell’intera famiglia umana;
• sperimentare modi partecipativi di esercitare la responsabilità nell’annuncio del Vangelo e nell’impegno per costruire un mondo più bello e più abitabile;
• esaminare come nella Chiesa vengono vissuti la responsabilità e il potere, e le strutture con cui sono gestiti, facendo emergere e provando a convertire pregiudizi e prassi distorte che non sono radicati nel Vangelo;
• accreditare la comunità cristiana come soggetto credibile e partner affidabile in percorsi di dialogo sociale, guarigione, riconciliazione, inclusione e partecipazione, ricostruzione della democrazia, promozione della fraternità e dell’amicizia sociale;
• rigenerare le relazioni tra i membri delle comunità cristiane come pure tra le comunità e gli altri gruppi sociali, ad esempio comunità di credenti di altre confessioni e religioni, organizzazioni della società civile, movimenti popolari, ecc.;
• favorire la valorizzazione e l’appropriazione dei frutti delle recenti esperienze sinodali a livello universale, regionale, nazionale e locale.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa- Roma, Monte Sacro, Valli
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