INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

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martedì 5 ottobre 2021

Discernere e decidere

 Discernere e decidere


Il logo del Sinodo


Nota del Sinodo dei Vescovi, 21.05.2021

 

 

XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi

“Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”

Papa Francesco, in data 24 aprile 2021, ha approvato un nuovo itinerario sinodale per la XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, inizialmente prevista per il mese di ottobre del 2022, sul tema: “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”. La Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, con l’assenso del Consiglio Ordinario, ha proposto le inedite modalità per il cammino verso l’Assise.

Il percorso per la celebrazione del Sinodo si articolerà in tre fasi, tra l’ottobre del 2021 e l’ottobre del 2023, passando per una fase diocesana e una continentale, che daranno vita a due differenti Instrumentum Laboris, fino a quella conclusiva a livello di Chiesa Universale.

Il Sinodo dei Vescovi è il punto di convergenza del dinamismo di ascolto reciproco nello Spirito Santo, condotto a tutti i livelli della vita della Chiesa (cfr. Discorso del Santo Padre Francesco nella commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015). L’articolazione delle differenti fasi del processo sinodale renderà così possibile l’ascolto reale del Popolo di Dio e si garantirà la partecipazione di tutti al processo sinodale. Non è solo un evento, ma un processo che coinvolge in sinergia il Popolo di Dio, il Collegio episcopale e il Vescovo di Roma, ciascuno secondo la propria funzione.

Il cammino verso la XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, dunque, si svolgerà secondo il seguente tracciato:

Apertura del Sinodo (ottobre 2021)

L’apertura del Sinodo avrà luogo tanto in Vaticano quanto in ciascuna diocesi. Il cammino sarà inaugurato dal Santo Padre in Vaticano: il 9-10 ottobre.

Con le medesime modalità, domenica 17 ottobre, si aprirà nelle diocesi, sotto la presidenza del rispettivo vescovo.

Fase diocesana (ottobre 2021 – aprile 2022)

L’obiettivo di questa fase è la consultazione del Popolo di Dio (cfr. Episcopalis Communio, 5,2) affinché il processo sinodale si realizzi nell’ascolto della totalità dei battezzati, soggetto del sensus fidei infallibile in credendo.

Per facilitare la consultazione e la partecipazione di tutti, si presenta il seguente itinerario:

Segreteria Generale del Sinodo

La Segreteria Generale del Sinodo invierà un Documento preparatorio, accompagnato da un Questionario e da un Vademecum con proposte per realizzare la consultazione in ciascuna diocesi.

Il Documento sarà inviato anche ai Dicasteri della Curia Romana, alle Unioni di Superiori / Superiore Maggiori ad altre unioni / federazioni della vita consacrata, ai movimenti internazionali dei laici e alle Università / Facoltà di Teologia.

Ogni vescovo nominerà un responsabile (eventualmente un’equipe) diocesano della consultazione sinodale, che possa fungere da punto di riferimento e di collegamento con la Conferenza Episcopale e che accompagni la consultazione nella Chiesa particolare in tutti i suoi passi (prima di ottobre 2021).

Ogni Conferenza Episcopale nominerà a sua volta un responsabile (eventualmente un’equipe) che possa fungere da referente e da collegamento tanto con i responsabili diocesani quanto con la Segreteria Generale del Sinodo (prima di ottobre 2021).

Diocesi

La consultazione nelle diocesi si svolgerà attraverso gli organi di partecipazione previsti dal diritto, senza escludere le altre modalità che si giudichino opportune perché la consultazione stessa sia reale ed efficace (cfr. Episcopalis Communio, 6).

La consultazione del Popolo di Dio in ciascuna diocesi si concluderà con una Riunione pre-sinodale, che sarà il momento culminante del discernimento diocesano.

Dopo la chiusura della fase diocesana, ogni diocesi invierà i suoi contributi alla Conferenza Episcopale entro la data stabilita dalla propria Conferenza episcopale. Nelle Chiese orientali i contributi saranno inviati agli organismi corrispondenti.

Conferenze Episcopali o organismi corrispondenti

Si aprirà un periodo di discernimento dei pastori riuniti in assemblea (Conferenza Episcopale), ai quali si chiede di ascoltare ciò che lo Spirito ha suscitato nelle Chiese loro affidate.

Al processo di redazione della sintesi parteciperanno anche il responsabile della Conferenza Episcopale per ciò che si riferisce al processo sinodale e la sua equipe, come pure i rappresentanti eletti per partecipare all’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo a Roma, una volta ratificati dal Santo Padre.

La sintesi sarà inviata alla Segreteria Generale del Sinodo. Si invieranno pure i contributi di ogni Chiesa particolare (prima di aprile 2022).

Altri contributi

Si riceveranno anche i contributi inviati dai Dicasteri della Curia Romana, dalle Università / Facoltà di Teologia, dalle Unione di Superiori / Superiore Generali (USG / UISG), dalle altre unioni / federazioni di Vita Consacrata, e dai movimenti internazionali dei laici (prima di aprile 2022).

Segreteria Generale del Sinodo

La Segreteria Generale del Sinodo procederà alla redazione del primo Instrumentum Laboris (prima di settembre 2022).

Fase continentale (settembre 2022 - marzo 2023)

La finalità di questa fase è di dialogare a livello continentale sul testo del primo Instrumentum Laboris, realizzando un ulteriore atto di discernimento alla luce delle particolarità culturali specifiche di ogni continente.

Segreteria Generale del Sinodo

La Segreteria Generale del Sinodo pubblicherà e invierà il primo Instrumentum Laboris (nel settembre 2022).

Riunioni internazionali di Conferenze Episcopali

Ogni Riunione internazionale di Conferenze Episcopali nominerà a sua volta un responsabile che possa fungere da referente e da collegamento tanto con le Conferenze Episcopali quanto con la Segreteria Generale del Sinodo (prima di settembre 2022).

Discernimento pre-sinodale nelle Assemblee continentali. Si stabiliranno i criteri di partecipazione dei vescovi residenziali e degli altri membri del Popolo di Dio.

Le Assemblee termineranno con la redazione di un documento finale, che sarà inviato alla Segreteria Generale del Sinodo (marzo 2023).

Altri contributi

Contemporaneamente alle riunioni pre-sinodali a livello continentale, si raccomanda che si svolgano anche assemblee internazionali di specialisti, che possano inviare i loro contributi alla Segreteria Generale del Sinodo (marzo 2023).

Segreteria Generale del Sinodo

La Segreteria Generale del Sinodo procederà alla redazione del secondo Instrumentum Laboris (prima di giugno 2023).

Fase della Chiesa Universale (ottobre 2023)

La Segreteria Generale del Sinodo invierà il secondo Instrumentum Laboris ai partecipanti all’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.

Celebrazione del Sinodo dei Vescovi a Roma, secondo le procedure stabilite nella Costituzione Apostolica Episcopalis Communio (ottobre 2023).

 

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In uno stile sinodale si decide per discernimento, sulla base di un consenso che scaturisce dalla comune obbedienza allo Spirito. Con quali procedure e con quali metodi discerniamo insieme e prendiamo decisioni? Come si possono migliorare? Come promoviamo la partecipazione alle decisioni in seno a comunità gerarchicamente strutturate? Come articoliamo la fase consultiva con quella deliberativa, il processo del decision-making [=la fase di preparazione della decisione, nella quale si raccolgono gli elementi di valutazione, vale a dire la fase istruttoria] con il momento del decision-taking [la fase della deliberazione di una decisione]? In che modo e con quali strumenti promuoviamo trasparenza e accountability [l’assunzione di responsabilità per una decisione, in particolare con riferimento alla regolartà della sua esecuzione e al suo risultato]?

 

 Che cosa si decide nella Chiesa? Ci sono decisioni che riguardano l’amministrazione dei beni, comprese quelle sulla destinazione delle risorse finanziarie, gli acquisti e le dismissioni; l’amministrazione del personale; la programmazione delle attività di propaganda e formazione; la programmazione delle liturgie; il coordinamento delle varie istituzioni che la compongono; gli orientamenti strategici per l’azione in società; i rapporti politici con altre istituzioni civili o religiose e, infine, l’individuazione della teologia normativa, vale a dire delle concezioni fondamentali sul soprannaturale e sulle sue relazioni con l’umanità in base alle quali distinguere chi è dentro e chi è fuori una certa tradizione che si vuole tramandare inalterata e che, in questo senso, è legge di ecclsialità. La funzione essenziale dell’apostolo, per come emerge dai Vangeli, riguarda formazione, liturgia e tradizione religiosa, vale a dire ciò che viene definito pastorale.

 

Gesù si avvicinò e disse: «A me è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Perciò andate, fate che tutti diventino miei discepoli; battezzateli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo; insegnate loro a ubbidire a tutto ciò che io vi ho comandato. E sappiate che io sarò sempre con voi, tutti i giorni, sino alla fine del mondo».

[testo TILC – Traduzione interconfessionale in lingua corrente – dal Vangelo secondo Matteo, capitolo 28, versetti da 28 a 30 (Mt 28, 28-30)]

 

 Questa la sua missione.

  La gerarchia ecclesiale fu voluta tale, alle origini, essenzialmente per questioni di tradizione religiosa. Infatti, al tempo in cui le idee cristiane cominciarono ad essere inculturate dalla filosofia ellenistica, prese piede una significativa letteratura religiosa che faceva capo a maestri indipendenti, secondo il modello delle scuole  filosofiche dell’antichità. Gli sviluppi si manifestarono come assai divergenti, e a tratti bizzarri, in particolare sulla missione e sul senso dell’esistenza stessa di Gesù, sulle prospettive del mondo nell’attesa del suo ritorno e sul da farsi nel frattempo, sull’essenza del bene e del male, sui rapporti con il giudaismo. La soluzione che sembrò funzionare meglio fu quella organizzata attorno ad un episcopato monarchico. I sistemi primitivi di potere sono spesso organizzati intorno al maschio dominante, ma anche oggi, quando ci sentiamo a disagio per la complessità della società in cui viviamo e che non riusciamo bene a capere, ci sorprendiamo a sognare un leader, una guida, a cui fare riferimento e la pensiamo al maschile. L’attuale ingenuo papismo massmediatico risponde in fondo a questa esigenza. Questo sistema produsse una tradizione normativa religiosa  e quindi l’idea di eresia, come divergenza da essa, per scelte indisciplinate che mettevano  a rischio l’unità dei credenti, rappresentata come un corpo. Il vescovo, allora, venne visto come pastore  e medico del corpo ecclesiale e, in questo, qualcuno che faceva le veci di Gesù. Il pastore  risana la società, guarendola  dalle eresie. Nel Primo Millennio funzioni vicarie in questo senso, riferite a tutta la Chiesa, furono svolte dall’imperatore romano, dal Secondo Millennio se le arrogò il Papa di Roma in regime, per così dire, di monopolio.

  L’esperienza sinodale nacque per coordinare i vescovi, in particolare quelli che si riconoscevano gli uni gli altri in comunione, vale a dire d’accordo sulle questioni fondamentali riguardanti la fede. Una delle funzioni principali dei vescovi delle origini fu proprio quella di attestare che un credente era in comunione  con loro, rilasciandogli un apposito attestato, una lettera di comunione, quando doveva spostarsi in un’altra diocesi. Quando erano in disaccordo o erano in disaccordo con qualche autore religioso, i vescovi lanciavano invece anatemi. Il Concilio Vaticano 2° (1962-1965) fu il primo, nella storia della Chiesa, a non averne formulati.

  Nel prosieguo, con l’acquisizione di beni ecclesiatici e con l’organizzazione di una burocrazia ecclesiastica che doveva essere amministrata, nell’ufficio del vescovo furono integrate tutte le funzioni di cui si diceva all’inizio, in particolare quando, dal Quarto secolo, la religione cristiana venne assunta come ideologia dell’Impero romano,  i vescovi iniziarono ad esercitare funzioni pubbliche e le deliberazioni di sinodi e concili furono considerate anche leggi dello stato. Per questo, tutti i concili ecumenici del Primo millennio furono convocati e presieduti, direttamente o o da altri personaggi ma sotto la loro autorità, dagli imperatori romani, che però risiedevano a Bisanzio – Costantinopoli, in Tracia. Per questo essi furono tenuti tutti nei pressi di quella capitale o nella città stessa: appunto, Nicea, Costantinopoli, Efeso e Calcedonia (in Asia minore).

  Con l’istituzione del Papato Imperiale, dal Secondo Millennio, a partire dalla riforma organizzata dal papa Gregorio 7°, regnante al 1073 al 1085, la gerarchia diretta dal Papato riuscì ad emanciparsi in buona misura dai poteri civili e assunse la caratteristica di una istituzione politica al modo degli stati suoi contemporanei, esprimendone tutte le relative funzioni e mantenendo e intensificando quella di polizia religiosa, per tutelare la tradizione normativa. Fino al Concilio Vaticano 2° 1962-1965) essa mantenne quella configurazione, che, sebbene in parte modificata, è ancora piuttosto visibile e ispira la normativ del diritto canonico, il diritto della Chiesa cattolica.

  Durante il  Secondo Millennio, nella  la Chiesa cattolica si produsse un progressivo ma significativo processo di accentramento politico intorno al Papato di Roma. Nei primi secoli del Millennio gli si contrappose un movimento di conciliarismo, che voleva limitarne il potere a favore del metodo sinodale, praticato nei sinodi  e nei  concili dei vescovi. L’accentramento e la forte sacralizzazione del potere del Papato si intensificarono in reazione ai movimenti della Riforma protestante e a quelli democratici di impostazione liberale, dal Settecento. Dalla metà Ottocento il Papato, in reazione a questi ultimi movimenti, che avevano finito per spodestarlo dal suo regno laziale, si organizzò per dirigere moti popolari, per esercitare una pressione politica in Italia sulla nuova democrazia a sostegno delle sue rivendicazioni, in particolare quando, agli inizi del Novecento fu introdotto il suffragio universale maschile. Per reazione verso  i totalitarismi fascisti e comunisti, poi, il Papato diede un’organizzazione totalitaria al suo movimento popolare italiano che aveva riorganizzato, nel 1906, nell’Azione Cattolica, costruita come un vero e proprio partito/sindacato al suo diretto servizio, ma anche come una potente agenzia formativa, che coinvolse in massa anche le donne. Dagli anni Cinquanta, questo accentramento politico e religioso cominciò ad essere messo in questione in teologia e la questione trovò spazio nel Concilio Vaticano 2°.

  Non si trattò solo di recuperare l’antico conciliarismo. La teologia del laicato, affermando che anche le persone laiche erano chiamate all’apostolato non per delega della gerarchia ma in virtù della loro diretta relazione con Cristo, aprì la strada all’idea che tutta la Chiesa dovesse essere sinodale, non solo i vescovi per dirimere pacificamente le controversie tra loro. E, tuttavia, nei documenti normativi deliberati da quel Concilio, di sinodalità non si parla. Si parla invece di collegialità dell’episcopato, sviluppata poi con l’istituzione del Sinodo dei vescovi, nel 1965. Esso è stato profondamente  riformato da papa Francesco nel 2018, con la Costituzione apostolica La comunione episcopale, una legge religiosa. Una delle principali novità è l’organizzazione, nella fase preparatoria del Sinodo, di una Consultazione del popolo di Dio, che, per il Sinodo universale 2021-2023, inizierà il prossimo 9 ottobre, e il 17 ottobre nelle Diocesi. Purtroppo in parrocchia non ne ho sentito parlare.

  In definitiva la teoria e la pratica della sinodalità ecclesiale totale sono una riforma di notevolissima portata, qualcosa che non si è mai vissuto.

  L’inizio del Sinodo universale, coinciderà anche con il processo del Sinodo della Chiesa italiana, che si concluderà nel 2025, anno del Giubileo.

  Il Sinodo ha come oggetto la sinodalità, e nel Sinodo nazionale la esamineremo per quanto più specificamente ci riguarda.

  Sinodalità significa decidere insieme, tra persone che si riconoscono pari dignità. Ma, prima di questo, è puramente e semplicemente stare insieme riconoscendosi pari dignità. E’ il Concilio Vaticano 2° che ha deliberato la teologia dogmatica che l’ha riconosciuta anche alle persone laiche, che quindi non possono più essere trattate come suddite. In questo il diritto canonico vigente appare ancora osboleto, seppure revisionato nel 1983, anno dell’entrata in vigore del nuovo codice di diritto canonico.

  Le fasi della decisione sono quella preparatoria, in cui si raccolgono elementi di valutazione, e quella della deliberazione. Nel Sinodo dei vescovi sono solo i vescovi a deliberare, a maggioranza, perché in quell’organismo ci sono solo loro. Si possono servire di quanto raccolto nella fase preparatoria, in particolare nella consultazione popolare, ma non sono obbligati a farlo. Non vi sono attualmente organismi nei quali la sinodalità  totale, quindi anche partecipata dalla persone laiche, possa esercitarsi fino alla fase di deliberazione di una decisione. Le leggi canoniche non la prevedono. Gli attuali organismi partecipativi nei quali possono lavorare anche persone laiche sono solo consultivi. E questo anche se nella burocrazia religiosa a certi posti, anche con responsabilità dirigenziali, sono state assegnate persone laiche.  La differenza, rispetto al metodo sinodale, sta nella designazione dall’alto e nell’essere gerarchicamente soggetti ad un’autorità burocratica superiore. Tuttavia, in una fase di sperimentazione, organismi del genere possono essere strutturati negli ambienti ecclesiali di base sfruttando i limitatissimi spazi di autonomia degl organismi partecipativi già previsti, ad esempio nei Consigli pastorali parrocchiali, come è stato fatto in diverse parrocchie italiane per organizzare sinodi parrocchiali.

  Il metodo sinodale ha il vantaggio di responsabilizzare chi vi partecipa. E’ ciò che nella domanda dei vescovi che ho sopra trascritto e che si trova nel Documento preparatorio  del Sinodo viene definito, curiosamente (e anche in modo un po’ ridicolo) prendendolo dal gergo aziendalistico, accountabìlity [pronuncia əˌkoun(t)əˈbilədē], vale a dire l’assunzione di responsabilità per una decisione, in particolare con riferimento alla regolarità della sua esecuzione e al suo risultato.  Di solito le persone laiche non si sentono responsabili di nulla, perché non contano nulla e non possono decidere nulla, quindi, semplicemente, quando si stancano di questa loro umiliante condizione, si allontanano e amen. In un processo sinodale, si è invece ammessi a partecipare ad una deliberazione nella misura in cui si accetta di assumersene la responsabilità e quindi di non mollare l’opera a metà.

  La condizione delle persone laiche è stata molto bene riassunta dal teologa Simona Segoloni Ruta, in Chiesa e sinodalità: indagine sulla struttura ecclesiale a partire dal Vaticano II. Fondamenti teologici [in Convivium Assisiense, 14/2 (2012), p.66. Ho trovato il brano citato in Ugo Sartorio, Sinodalità: verso un nuovo stile di Chiesa (saggi), Ancora 2021]

 

[…] una struttura verticistica più facilmente educa alcuni a  comandare e molti ad obbedire, educa pochi ad avere responsabilità e molti a sentirsi marginalmente coinvolti, ma educa tutti a ignorare ciò che l’altro cerca di dire: infatti chi ha responsabilità di governo decide e si carica della responsabilità senza dover dialogare con nessuno  - anche se questo non significa che nella prassi  chi ha responsabilità di governo nella Chiesa  non cerchi un dialogo autentico, ma dal punto di vista della struttura potrebbe non farlo -, mentre la stragrande maggioranza, che non ha responsabilità di governo, subisce ogni decisione, sapendo che non gli compete nemmeno di farsi domande in merito e così non esprime ciò che pensa ma nemmeno ascolta ciò che gli viene proposto, anzi spesso pensa di non esserne il destinatario.

 

 Questa è la condizione della maggior parte delle persone laiche nella Chiesa, al di fuori delle associazioni o movimenti ecclesiali organizzati democraticamente nei quali quindi si può effettivamente partecipare in tutto il processo decisionale, personalmente o mediante propri rappresentanti o delegati.

  Forzare i processi decisionali, per aprire spazi partecipativi, può essere spiacevole, perché il clero resiste a questi tentativi. La situazione del clero di base è particolarmente angosciante perché si trova costretto tra la pressione partecipativa, da un lato, e l’abbandono di massa per disaffezione, dall’altro, dei propri fedeli e le disposizioni dei propri superiori gerarchici. Esso non può aprire spazi di partecipazione, perché non ne ha la facoltà burocratica.

  Il processo sinodale che si sta per aprire potrebbe modificare la situazione, se non si risolverà solo nel rispondere a una specie di sondaggio, ma, promuovendo incontri e dibattiti, stimolerà la sperimentazione sinodale, dandone facoltà lì dove può avvenire senza tanti problemi, ad esempio in una realtà di prossimità come la parrocchia.

  In questa fase bisognerà convincersi che non è possibile cambiare di colpo un’organizzazione millenaria che si è incancrenita nei costumi gerarchici e nell’amministrazione spicciola di un ingente patrimonio e di un  numeroso personale dipendente, oltre ad essere intrappolata nella sua complicata e presuntuosa teologia normativa che costruisce problemi insolubili per poi dichiararli tali, perché tutto rimanga com’è.

  Quindi, nel definire l’area della sinodalità in un processo che coinvolga le realtà di prossimità, in via di sperimentazione, sarebbe bene delimitarla, per ora, alle decisioni che coinvolgono direttamente e da vicino la vita comunitaria di riferimento, evitando accuratamente di toccare l’inferno della dogmatica e il chiacchiericcio a vuoto che spesso è il prevalente oggetto dell’interesse dei media in materia religiosa (ad esempio preti sposati, venalità e corruzione delle curie,  procreazione e affini, matrimoni ecc.). Quindi si dovrebbe tener presente essenzialmente l’area della pastorale,  che ho sopra definito, e poi le questioni su locali e arredi parrocchiali, sulle risorse economiche della parrocchia, sulla divisione dei compiti nei servizi comuni. Se, ad esempio, si deve fare un calendario  delle attività, esso, in un’ottica di sinodalità, dovrebbe essere partecipato in tutte le fasi della sua progettazione e deliberazione. E, naturalmente, si dovrebbe comprendere nella sinodalità anche l’area della riflessione e tirocinio relativi alla  sinodalità pratica, di prossimità, quindi il Consiglio pastorale parrocchiale, da integrare con una componente elettiva e da disciplinare con un nuovo regolamento più aggiornato, che inglobi anche l’organizzazione della sinodalità, e l’Assemblea parrocchiale, da tenere sistematicamente in varie sessioni e sezioni, in modo da dare a tutti la possibiltà di partecipare, organismi nei quali imparare a pensare e praticare  la sinodalità. Non dobbiamo presumere di sapere sulla sinodalità ecclesiale tutto ciò che significa, proprio mentre gli studiosi ancora si interrogano sull’argomento. Sul tema, in realtà, siamo tutti neofiti.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa  -Roma, Monte Sacro, Valli