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L’interrogativo
fondamentale
Ai nostri preti compete spiegarci che cosa
significa l’ascoltare lo Spirito che nel Documento preparatorio e
nel Vademecum è indicato come uno degli obiettivi del processo
sinodale aperto lo scorso 9 ottobre in preparazione dell’Assemblea
generale del Sinodo dei vescovi che
si terrà nel nell’ottobre del 2023.
Il Documento Preparatorio ci ricorda il
contesto in cui questo Sinodo si sta svolgendo: una pandemia globale, conflitti
locali e internazionali, un crescente impatto del cambiamento climatico,
migrazioni, varie forme di ingiustizia, razzismo, violenza, persecuzioni e
crescenti disuguaglianze in tutta l’umanità, per citare alcuni fattori. Nella
Chiesa, il contesto è segnato anche dalla sofferenza vissuta da minori e
persone vulnerabili “a causa di abusi sessuali, abusi di potere e abusi di
coscienza perpetrati da un numero significativo di membri del clero e persone
consacrate”.2 Detto questo, ci troviamo in un momento cruciale nella vita della
Chiesa e del mondo. La pandemia COVID-19 ha fatto esplodere le disuguaglianze
esistenti. Allo stesso tempo, questa crisi globale ha ravvivato la nostra
consapevolezza che siamo tutti sulla stessa barca e che “il male di uno va a
danno di tutti” (FT 32). Il contesto della pandemia COVID-19 influenzerà
sicuramente lo svolgimento del processo sinodale. Questa pandemia globale crea
vere e proprie sfide logistiche, ma offre anche un’opportunità per promuovere
la rivitalizzazione della Chiesa in un momento critico della storia umana in
cui molte Chiese locali stanno interrogandosi sul cammino da seguire.
In questo contesto, la sinodalità rappresenta
il cammino attraverso il quale la Chiesa può essere rinnovata dall’azione dello
Spirito Santo, ascoltando insieme ciò che Dio ha da dire al suo popolo.
Tuttavia, questo cammino percorso insieme non solo ci unisce più profondamente
gli uni agli altri come Popolo di Dio, ma ci invia anche a portare avanti la
nostra missione come testimonianza profetica che abbraccia l’intera famiglia
dell’umanità, insieme ai nostri fratelli cristiani di altre denominazioni e
alle altre tradizioni di fede.
[dal Vademecum per
il Cammino sinodale]
Un gruppo sinodale è composto di fedeli
cristiani, laici, clero o religiosi che si riuniscono per discutere su quello che
il Documento preparatorio definisce l’interrogativo fondamentale,
mettendosi appunto in ascolto dello Spirito.
L’attuale processo
sinodale che stiamo intraprendendo è guidato da una domanda fondamentale: Come
avviene oggi questo “camminare insieme” a diversi livelli (da quello locale a
quello universale), permettendo alla Chiesa di annunciare il Vangelo? Quali
passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale? (PD,
2)
SIn questa luce, l’obiettivo dell’attuale
Sinodo è di ascoltare, insieme all’intero Popolo di Dio, ciò che lo Spirito
Santo sta dicendo alla Chiesa. Lo facciamo ascoltando insieme la Parola di Dio
nella Scrittura e la Tradizione vivente della Chiesa, e poi ascoltandoci l’un
l’altro, specialmente coloro che si trovano ai margini, discernendo i segni dei
tempi. In effetti, l’intero processo sinodale mira a promuovere un’esperienza
vissuta di discernimento, partecipazione e corresponsabilità, dove abbiamo la
possibilità di raccogliere insieme una diversità di doni in vista della
missione della Chiesa nel mondo.
Esso riguarda il camminare insieme, oggi,
per permettere alla Chiesa di annunciare il Vangelo. Di fatto la Chiesa
non si è mai storicamente limitata ad annunciare, ma ha sempre cercato
anche di praticare, attività che si svolge prevalentemente al di fuori
degli spazi liturgici, ciò che definiamo chiesa nell’espressione “Andare
in chiesa”, nella quale hanno avuto sempre un ruolo molto rilevante le
persone laiche, quelle che partecipano all’apostolato in virtù del loro
battesimo. Se si pone l’accento sul solo annunciare, si considerano le
attività ecclesiali prevalentemente dal punto di vista di clero e religiosi.
Nelle statistiche della sociologia della
religione di solito si dà importanza alla pratica nel senso di pratica
liturgica, ad esempio la frequenza abituale alla messa domenicale,
attualmente al 22%, in calo rispetto al 31% stimato nel 1994 [fonte: Luigi Cipriani,
L’incerta fede. Un’indagine quali-quantitativa in Italia, Franco Angeli
2020]. In realtà mi pare molto più significativa quella consistente nell’interazione
nei diversi campi della propria società, ad esempio in famiglia, nel lavoro,
nelle altre relazioni sociali, nell’imprenditoria, nella gestione dei conflitti
sociali, nella costruzione sociale, nel governo della cosa pubblica, e, in
genere, nella strutturazione di modelli etici. In questo, in particolare
consiste quell’ordinare il mondo secondo Dio che nelle concezioni del
Concilio Vaticano 2º è il campo preminente, ma non esclusivo, di impegno delle
persone laiche.
Il carattere secolare è proprio
e peculiare dei laici. Infatti, i membri dell'ordine sacro, sebbene talora
possano essere impegnati nelle cose del secolo, anche esercitando una
professione secolare, tuttavia per la loro speciale vocazione sono destinati
principalmente e propriamente al sacro ministero, mentre i religiosi col loro
stato testimoniano in modo splendido ed esimio che il mondo non può essere
trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle beatitudini. Per loro
vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose
temporali e ordinandole secondo Dio. Vivono nel secolo, cioè implicati in tutti
i diversi doveri e lavori del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita
familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta. Ivi sono da Dio
chiamati a contribuire, quasi dall'interno a modo di fermento, alla
santificazione del mondo esercitando il proprio ufficio sotto la guida dello
spirito evangelico, e in questo modo a manifestare Cristo agli altri
principalmente con la testimonianza della loro stessa vita e col fulgore della
loro fede, della loro speranza e carità. A loro quindi particolarmente spetta
di illuminare e ordinare tutte le cose temporali, alle quali sono strettamente
legati, in modo che siano fatte e crescano costantemente secondo il Cristo e
siano di lode al Creatore e Redentore.
[dalla Costituzione
dogmatica sulla Chiesa Luce per le genti, del Concilio Vaticano 2º]
Nel lessico teologico secolare è ciò che
non riguarda clero e religiosi, mentre le cose temporali sono quelle
soggette a mutamento secondo i tempi, nel presupposto che invece quelle sacre
siano eterne. Storicamente l’impegno di clero e religiosi nelle cose
secolari è sempre stato molto intenso e quello delle persone laiche nel campo
che tradizionalmente era divenuto dominio di clero e religiosi si è venuto
estendendo dall’Ottocento, e, in particolare, dopo il Concilio Vaticano 2º. Con
quest’ultimo si è maturata chiara consapevolezza del nesso profondo della fede
con le cose temporali. Il processo di consultazione popolare attualmente
in corso e la stessa sinodalità che si vuole promuovere tra noi ne dipendono.
Lo stesso annuncio non esaurisce le attività che si fanno rientrare
nell’evangelizzazione, che comprendono una più vasta interlocuzione
sociale e un’azione formativa senza le quali l’annunciare si rivela poco
efficace. Per il semplice annunciare non sarebbe indispensabile la sinodalità.
A partire dal Concilio Vaticano 2º il clero, al
quale mettono capo attualmente tutte le funzioni di governo ecclesiale e che è
ordinato secondo la cosiddetta gerarchia, una autocrazia a fondamento
religioso, si è reso conto che all’azione sociale ispirata dalla fede deve
essere riconosciuta una certa autonomia, altrimenti si rivela poco efficace. In
precedenza essa veniva considerata come una esecuzione di direttive formulate
dalla gerarchia. Ora, parlando di sinodalità, si pensa che anche nella
Chiesa le cose funzionerebbero meglio con la partecipazione di tutti.
Il problema è che autonomia e partecipazione presuppongono
una formazione che in genere non si ha, in particolare nelle cose di chiesa,
dove ci si è abituati a lasciar fare a clero e religiosi. Quindi il rischio è
che, incontrandosi in un gruppo sinodale, non si sappia che fare e che
dire è che quindi, alla fine, il prete supplisca e prevalga l’aspetto
liturgico, in cui è più ferrato: la meditazione biblica e la preghiera. Con il
che tutto rimarrebbe come ora.
La base della formazione all’azione
collettiva, sinodale, democratica o, comunque, partecipata, nella quale insomma
non ci si limiti ad eseguire ordini altrui, è, innanzi tutto, il prendere
coscienza del proprio posto in società e di ciò che ne consegue nel vissuto
personale e sociale, in bene e in male. Il secondo passo è capire dove è come la società si sta muovendo e quindi le
proprie prospettive personali e di gruppo in essa. È appunto questa la materia
sulla quale si dovrebbe esercitare il discernimento secondo il vangelo,
per individuare ciò che deve essere cambiato e la direzione da prendere.
Incontrarsi serve perché la visione di
ciascuno è sempre limitata, perché noi siamo esseri viventi limitati,
nonostante il posto importante che si abbia nella piramide sociale, e inoltre
perché per incidere sulla società, per ordinarla, esige un’azione
collettiva, vale intendersi sul da farsi insieme.
In parrocchia, a differenza di quanto si fa
in Azione Cattolica, quel metodo è nuovo, perché finora ha sempre deciso tutto
il parroco, al modo di un piccolo re, e al più le altre persone venivano
ingaggiate come collaboratrici esecutive o consulenti, costituendo la sua corte.
Questo ha poi determinato una partecipazione come platea, passiva.
In genere, allora, si viene in chiesa per
esigenze spirituali personali ed è ad esse che i preti dedicano ai singoli.
C’è quindi l’idea che la Chiesa continuerà a
funzionare come sempre anche senza di noi e che, quindi, che ci si sia o non ci
si sia fa lo stesso. Si frequenta più che altro da clienti di un
servizio di assistenza spirituale.
Devo dire che nel Vademecum non ci
sono veramente indicazioni per andare oltre a questo, ma, del resto, non
sarebbe stato opportuno inserirle, anche se si avesse avuta qualche idea in
merito. In questo modo viene lasciato più spazio alla nostra creatività. Penso
che ci si debba sentire abbastanza liberi in questo, nell’organizzazione dei gruppi
sinodali, per i quali non è indicato seguire un unico modello, essendo
preferibile adattarlo secondo i partecipanti, quindi tenendo conto della loro
età, istruzione, acculturazione con le cose di chiesa, altre specifiche
condizioni personali, prevedendo momenti di interlocuzione tra persone di
gruppi diversi, partecipando anche ad essi.
In questo il ruolo del prete sarà importante,
in particolare per inquadrare teologicamente l’attività che si sta compiendo,
ma non dovrebbe acquisire la preminenza, lasciando la presidenza ad altre
persone che abbiano sufficiente preparazione. Questo perché la Chiesa
sinodale è quella in cui l’esercizio dei ministeri ordinati lascia spazio
al resto della comunità.
Non so dire esattamente come lo Spirito potrebbe
rivelarsi ad un gruppo impegnato nella sinodalità e, certo, penso non
debba trattarsi di una superficiale emotività che può derivarne.
Nel discutere e nel decidere sarebbe
opportuno adottare il metodo democratico, riconoscendo libertà di pensiero e di
parola in un contesto di amicale solidarietà e benevolenza, cercando tuttavia,
nell’antica tradizione di sinodi e concili, di aggregare il consenso più ampio.
Per quanto possa apparire strano in una nazione ordinata democraticamente da
oltre 150 anni e in cui il cristianesimo democratico ha svolto un ruolo
politico tanto importante, l’esercizio della democrazia richiede sempre uno
sforzo di acculturazione, anzitutto facendone concreto tirocinio, è una messa a
punto.
Mario Ardigò- Azione
Cattolica in San Clemente papa- Roma, Monte Sacro, Valli