Che fare, che dirsi sinodalmente
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Proposta di delibera all’assemblea degli
associati del Gruppo parrocchiale di Azione Cattolica in San Clemente papa
Propongo all’assemblea del
nostro gruppo di Azione Cattolica l’approvazione della seguente delibera, con
una richiesta al Consiglio pastorale parrocchiale della nostra parrocchia:
“La Chiesa è convocata in Sinodo
per progettarsi come Chiesa sinodale. E’ stato aperto anche un processo
sinodale specificatamente della Chiesa
italiana. I nostri vescovi ci esortano a partecipare attivamente, in
particolare nelle fasi preparatorie diocesane, dedicate all’ascolto
del Popolo di Dio, costituendo gruppi
sinodali. Ci sono state poste dieci domande, su altrettanti temi
centrali dei processi sinodali iniziati il 9 ottobre 2021. E’ richiesta una
risposta collettiva, non individuale.
Bisogna quindi discuterne e poi concordare che rispondere, e ciò varrà anche come
assunzione di impegni. Ma per discutere occorre prima capire di che si tratta,
aiutandoci gli uni gli altri in questo lavoro e, se possibile, valendoci anche
di persone competenti.
I Sinodi si presentano come
fasi attuative dei principi stabiliti dal Concilio Vaticano 2°. Si tratta di
uno dei principali campi di impegno dell’Azione Cattolica.
Per contribuire al processo
sinodale in corso, ci proponiamo come uno dei gruppi sinodali parrocchiali,
impegnandoci a dedicare ai temi della Chiesa sinodale, e in particolare
alle dieci domande formulate per
il processo sinodale diocesano, dal dicembre 2021 all’aprile 2022,
quando si concluderà la fase diocesana per il Sinodo generale, due delle nostre
riunioni mensili, aprendole alla partecipazione di tutti i parrocchiani. Ci
impegniamo a non fare opera di proselitismo a favore dell’Azione Cattolica nel
corso di quegli incontri. In quella sede saremo solo gruppo sinodale
parrocchiale.
Chiediamo al Consiglio
pastorale parrocchiale di approvare
questo nostro programma di attività nel processo sinodale e di riconoscerci
come gruppo sinodale parrocchiale.
Deleghiamo la Presidente del gruppo a presentare questa richiesta al Consiglio
pastorale parrocchiale e a concordare i dettagli organizzativi
dell’attività proposta.”
Mario
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Quando
c’è in questione qualcosa che attiene all’esercizio di una libertà,
clero e religiosi non sanno bene che dire in positivo. Quindi iniziano con il precisare
ciò che non è. E’ così anche per il processo sinodale.
Assumono un tono omiletico, insomma di
predicazione come si fa a messa. Questo consente di evocare tante belle immagini
senza spiegare nulla di preciso. Mettono in mezzo lo Spirito Santo, che dovremo
ascoltare, ma naturalmente, siccome non ci si parla come quando siamo tra noi
ma è qualcosa che si sente dentro e ognuno sente in modo diverso, non si va molto avanti. Se
poi significasse semplicemente obbedire a clero e religiosi, come oggi viene preteso e
noi facciamo e non facciamo, perché non sempre siamo convinti, allora si rimane
dove siamo, non si cambia, e invece il processo sinodale si fa per cambiare.
A volta sembra che siamo più che altro noi
persone laiche, noi il popolo,
a dover ascoltare, e, in
particolare ad ascoltarci tra noi per poi riferirne in diocesi, perché poi si
possano scrivere le dieci pagine, non di più, che vogliono gli
organizzatori del Sinodo dei vescovi. Ci conosciamo poco, dicono, ed è vero.
Questo perché siamo più che altro una platea. Tutte le volte che
cerchiamo di essere altro ci arriva un altolà. “Non abbiamo ascoltato lo
Spirito”, “Vogliamo fare un Parlamento”… La realtà è che, se si vuole essere sinodali,
tutti devono ascoltare tutti,
ma noi laici in genere non siamo ascoltati, e abbiamo la sensazione che clero e
religiosi presumano di poter fare a meno di noi, come realmente si è ritenuto fino al Concilio Vaticano 2°,
quindi in genere non ci ascoltano e comunque raramente prendono sul serio ciò
che diciamo.
Bisogna essere chiari, allora.
Si è sinodali se si può partecipare veramente, anche
nella fase della decisione. Altrimenti no. Se in parrocchia continua a
decidere tutto solo il parroco, non c’è sinodalità e tutto rimane come prima.
Anche se, magari, il parroco ci utilizza più ampiamente, delegandoci. La
sinodalità è partecipare non come
delegati. Quando noi persone
laiche agiamo da cristiani in società, non agiamo per delega di qualche
prelato. I teologi spiegano che lo facciamo perché partecipi dell’apostolato
in virtù del battesimo. Ma si può
dire anche così: il vangelo ci ha convinto e quindi cerchiamo di praticarlo
valendoci delle libertà che abbiamo nella società in cui viviamo. In Italia c’è
una società democratica e quindi s’è fatto molto. E non di rado nella profonda
diffidenza di clero e religiosi, se non nell’aperta ostilità. La Repubblica
democratica l’abbiamo costruita anche noi, tra l’altro tenendo presenti molti
principi della dottrina sociale. La sua Costituzione è piena di valori,
molti dei quali riconducibili anche al vangelo, dichiarati inviolabili, e quindi sottratti al gioco
delle maggioranze. In genere, però, il clero diffama questa democrazia, della
quale diffida perché, a ragione, pensa che su quella strada si potrebbe
arrivare a una vera sinodalità
anche nella Chiesa. Dice che la Chiesa non
è una democrazia. Certo, è
così, aggiungo: purtroppo non lo è. Il non esserlo è all’origine di
molti suoi guai d’oggi.
Se si deve partecipare veramente a valutare
e decidere il da farsi lo si può fare democraticamente, quindi
rispettando la dignità di ciascuna persona, o nel senso che si fa come decide
un qualche autocrate, che è colui il cui potere non dipende dai governati, ma
lo legittima da sé. Certo, si può sempre sperare che il Cielo sia d’accordo nel
riconoscerglielo, e noi, come si dice, siamo salvati in speranza, ma ciò
non toglie che la soggezione agli autocrati
è umiliante, e poi non di rado l’autocrazia produce risultati
discutibili. Intendiamoci: lo dice il Papa che le cose non vanno bene come
vanno. Per questo si vuole cambiare e lo si vuole fare con un processo
sinodale, nel quale, innanzi tutto, si decida insieme che dire a chi deve
organizzare il cambiamento. Però, già agendo sinodalmente in questa fase
si comincia ad essere diversi, a cambiare. Ecco il senso di un Sinodo sul
sinodo.
Se saranno organizzate procedure e strutture, come ha chiesto il Papa
aprendo il processo sinodale, allora la
consultazione potrà essere ampia e, soprattutto, reale. Si vedrà, allora,
quante persone sono rimaste che vogliono partecipare. Incontrandoci si potrà
forse ampliarne il numero. Forse. Ma solo se ci sarà un reale apertura sulla
partecipazione. La sinodalità non è un effetto speciale come quelli sui quali ha fatto conto la
politica ecclesiastica della fascinazione mediante grandi eventi. Ci si
incontra, si dialoga, ci si vede come realmente si è, faccia a faccia, e come realmente stanno le cose, nel bene e nel male. Non si è
più solo platea.
L’organizzazione di procedure e strutture compete al Consiglio pastorale parrocchiale, non al solo parroco,
altrimenti si comincia male. Il Consiglio
pastorale parrocchiale è l’organismo di partecipazione già previsto dal diritto canonico, e questo
s’è fatto in attuazione del principio della pari dignità dei fedeli formulato
dal Concilio Vaticano 2°.
Il Consiglio pastorale
parrocchiale s’è ridotto a poca cosa? E’ stato surclassato
dalla Equipe
pastorale,
una collegio di consulenti nominati dal parroco? Bisogna resuscitarlo.
Convocare l’assemblea parrocchiale perché elegga alcuni componenti, come previsto dal diritto. Fulvio De Giorgi, nel suo
Quale Sinodo per la Chiesa italiana. Dieci proposte, Scholé /
Morcelliana 2021, consiglia proprio di far coincidere il processo sinodale con
l’elezione dei componenti elettivi dei Consigli pastorali parrocchiali. La
trovo una buona idea.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San
Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli