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Consenso e soprannaturale
Apprestandomi a trattare il nodo centrale della sinodalitá è necessario che io faccia una premessa che chiarisca il registro del discorso. Dire infatti che al centro di un evento sinodale ci sta il rendersi presente di Cristo mediante il suo Spirito che crea un consenso tra i partecipanti. Potrebbe sorgere il sospetto che allora un sinodo, se celebrato secondo le norme canoniche vigenti, diventa il luogo in cui ciò avviene. Ho già fatto l’esempio di sinodi “legittimi”,secondo la disciplina del tempo, che di fatto non sono stati recepiti dalle chiese, e ho accennato alla natura performativa con le quali si afferma che la creazione del consenso ad opera dello Spirito. Il termine “performativo” è tratto dalla linguistica e si attribuisce ad un enunciato che non descrive o constata alcunché, ma si identifica con il compimento di un’azione, come un comando, l’espressione di un desiderio, ecc. in questo senso rigido ( che è quello originario del filosofo americano Austin) esso è improprio se applicato come tale alla formazione del consenso sinodale.
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Dire che nell’evento sinodale è la presenza del Cristo che mediante il suo Spirito opera il consenso è allora un’affermazione condizionata, che esprime l’attesa che si verifichino le condizioni perché lo Spirito possa operare.
[da Giuseppe Ruggeri, Chiesa sinodale, Laterza 2016,anche i e-book]
In parrocchia non siamo abituati ad accordarci su qualche cosa che riguardi specificamente il fare Chiesa. Del resto, decide tutto il parroco. Nel modo sinodale di essere Chiesa si vorrebbe cambiare. Già su questo non mi pare che ci sia accordo. Farlo, per quelli che ci proveranno, sarà ancora più difficile.
Con chi è “lo Spirito”?
Io consiglio di essere molto cauti a mettere di mezzo il soprannaturale. Perché poi fatalmente qualcuno, a chi dissente dalla sua linea, finirà per rovesciargli addosso l’ingiuria sanguinosa “Tu non sei di Cristo!” con la presunzione di avere il potere di dirlo, di conformarsi così dicendo agli insegnamenti del Maestro e di cogliere nel segno dicendolo. Quell’altra persona risponderà per le rime e, a posteriori, revisionando l’accaduto si potrà facilmente constatare che nel fatto non erano certamente presenti gli indicatori in base ai quali riteniamo l’ispirazione soprannaturale.
Se si avvia un vero processo sinodale non si può partire dall’assioma che qualcuno dei partecipanti, a meno che tra loro non vi sia il Papa (cosa accaduta in parrocchia solo due volte dalla sua fondazione, che io ricordi) e quando si debba decidere su certe sofisticate sottigliezze teologiche, ciò che non ci accade mai, abbia in sé, per virtù spirituale, la capacità di vedere giusto. Ci si raduna quando la via è ancora incerta e si pensa che, essendo in molti, si riesca a ragionar meglio, e soprattutto a capir meglio di quanto non faccia una persona sola. Se si ritiene che lo Spirito sia su un’unica persona o su o su un gruppo distinto di persone, il sinodo o è inutile, perché si sa già quale è la via giusta, o non è un sinodo, perché non si tratta di discutere ma solo di celebrare un risultato scontato. È per questo che il nostro episcopato si è manifestato un po’ restio ad avviarsi sulla strada indicata dal Papa nel 2015. Quest’anno il Papa ha deciso che non si poteva attendere oltre e non si è più limitato, come nel 2015, ad esortare, ma ha ordinato, ed è stato obbedito. Per sorreggere la sinodalitá italiana, che suscita ancora scarso entusiasmo, l’ha inserita in quella generale, avviando un cammino sinodale per l’Assemblea generale del Sinodo dei vescovi che si terrà nell’ottobre 2023. Dal 2018 quest’ultima istituzione ha un carattere più partecipato nella fase preparatoria: vi si prevede infatti una consultazione del Popolo di Dio, noi tutti. Per questo bisognerebbe organizzare gruppi sinodali per esprimere una voce che arrivi in Diocesi e da lì al Sinodo. Carattere analogo ha il cammino Sinodale delle Chiese italiane, che si concluderà nell’ottobre del 2025 con decisioni dell’Assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana, non essendo prevista in Italia una struttura partecipativa analoga a quella del Sinodi della Chiesa tedesca per la fase di deliberazione.
Il teologo Ruggiero sostiene che solo a posteriori si può riconoscere l’azione dello Spirito su un gruppo che agisce sinodalmente. Quando i padri conciliari del Concilio di Costanza, il 6 luglio 1414, condannarono al rogo il professore di teologia di Praga Jan Hus, che si era presentato per spiegarsi munito di un salvacondotto, condanna che fu subito eseguita, pensarono di avere su di loro lo Spirito. Lo pensavo anche noi, oggi? E, se sì, pensiamo di prenderlo a modello?
I tempi sono cambiati, si dirà. Allora teniamo presente questa possibilità, che ci servirà a mitigare le nostre presunzioni ecclesiali di sostanziale infallibilità.
Non scambiamo l’azione dello Spirito per una certa euforia che a volte coglie in certe occasioni collettive, specie se contornati da effetti speciali liturgici.
E non ci esimiamo dal ragionare ritenendolo superfluo perché un certo nostro sentire sarebbe di origine soprannaturale. Il credere nel soprannaturale non ci autorizza a comportarci come invasati, specialmente quando sono in ballo le vite altrui.
Il consenso va pazientemente e sapientemente costruito.il primo passo è di conoscerci meglio, frequentarci più assiduamente, discorrere, provare a lavorare insieme. Altrimenti ognuno sta sulle sue e diffida. Ma anche così può accadere che il consenso su tutto non ci sia, e allora ci si dovrà accontentare di un consenso sui fondamentali e su qualcos’altro, lasciando esistere la diversità. Questa è la base dell’ecumenismo: questo metodo ha consentito grandi risultati, in primo luogo di instaurare una reale pace religiosa lì dove si era cercato di sopprimersi a vicenda.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa- Roma, Montesacro, Valli