Sinodalità ed ecologia
La sinodalità è pensata come un modo di
vivere insieme la fede diverso da ora, sia nell’esercizio dell’autorità, che si
vorrebbe più partecipata sia nell’assunzione di responsabilità, nella quale si
vorrebbe coinvolgere le persone laiche. Questo essenzialmente perché, dal punto di
vista di chi comanda ora, i sistemi democratici hanno affrancato la gente
dal dominio della gerarchia, per cui si conforma ai precetti da quest'ultima formulati nella
misura in cui li ritiene giusti e se non obbedisce non subisce conseguenze
gravi. E questa è già una forma di partecipazione alle decisioni comuni. Però
senza responsabilità: infatti la Chiesa, come società, sta progressivamente svanendo
senza che le persone laiche, la grande maggioranza della gente di fede, se ne
dia eccessiva pena. Ma messa così, sarebbe troppo poco per indurre un cambiamento.
Quindi questo discorso è stato collegato all’ecologia politica.
L’ecologia, una scienza, studia i viventi nell’interazione con i loro ambienti. Cerca
in questo, come ogni scienza, di avere una visione realistica, affidabile. L’ecologia
politica è invece un’ideologia che si è sviluppata nella seconda metà del
Novecento e si base sul presupposto che nelle società umane si possa fare qualcosa
per costruire ambienti più
favorevoli alla vita, e in particolare a quella umana, e che ciò comporti anche
di regolare le attività umane che incidono sulla natura intorno a noi. Questa
idea si basa sul presupposto che gli esseri umani possano realmente incidere sull’ecologia
ambientale, non solo sulle loro società. Questa convinzione ha preso piede
soprattutto dopo che, con l’impiego dell’arma atomica, nel 1945, ci si è resi
conto che l’energia nucleare maneggiata dagli umani era effettivamente in grado
di distruggere e rendere inabitabili gli ecosistemi in cui le società umane sono
integrate. Successivamente, dagli anni ’60 del Novecento, si è acquisita consapevolezza
dell’importante incidenza delle attività industriali su quegli ecosistemi.
In religione si cerca di integrare
questi pensieri sull’ecologia con la dottrina formulata su base scritturistica.
Si pensa, così, che la natura, quindi diremmo oggi anche gli ecosistemi, sia
stata voluta buona e che si sia corrotta per il peccato dell’uomo. Questa
visione, dal punto di vista ecologico-scientifico, è irrealistica e quindi assai problematica nella costruzione
sociale. Fino ad epoca recente le società umane non sono state veramente in grado
di influire sulla natura; potevano guastare o migliorare solo le relazioni
sociali tra gli umani. Innanzi tutto fino alla metà del Novecento l’umanità era
molto meno numerosa di oggi e poi la potenza industriale, che fino ad oggi si è
basata sullo sfruttamento di risorse naturali non rinnovabili, era molto
minore.
L’idea di una natura buona è tutta umana. L’equilibrio naturale studiato
dall’ecologia come scienza è fondato sulla violenza ed è precario: il fatto che
tutti mangino tutti, nelle catene alimentari, realizza un’economia di risorse. Di questa realtà si prese coscienza
nel corso dell’Ottocento ed essa fu sconvolgente. Per altri versi ci fu chi
pensò di accettarla come norma sociale e i fascismi dello scorso secolo furono
i movimenti politici che più marcatamente inglobarono questa idea.
Cambiando modi di organizzazione sociale per ridurre la pressione umana
sui sistemi ecologici, probabilmente potremo sostenere più a lungo un’umanità
che rapidamente si sta facendo più numerosa, anche se i tassi di crescita della
popolazione sembrano diminuire in certe parti del mondo. Altrimenti,
probabilmente, abitare il pianeta sarà progressivamente più penoso anche
perché, come in natura, si ricorrerà alla violenza per sopravvivere in ambienti
fattisi ostili. Cambiare modi di vivere è divenuto quindi una esigenza ecologica,
non più solo etica. Questa esigenza di cambiamento è posta in relazione, ora,
in religione, con quella che riguarda la Chiesa, e che è basata essenzialmente
su altri problemi. Ciò che le accomuna è però l’idea che si debba fare qualcosa
per rendere più accogliente l’ambiente in cui si vive, perché ci dobbiamo
vivere sempre più numerosi e questo comporta che non possiamo farlo seguendo
gli antichi costumi di prevaricazione e violenza, sull’ambiente e sulle persone.
Essi sono fondati sullo spreco, di risorse, e anche di persone. Mettere ai margini
una persona significa sprecarla.
Su queste concezioni c’è però ancora molto da
riflettere per raccordare meglio ecologia politica e sinodalità, come viene
proposto.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San
Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli