Sull’enciclica Fratelli tutti
(traccia della relazione introduttiva del dibattito del
gruppo AC Sanclemente sui temi dell’enciclica, programmato per oggi,
sabato 21 novembre, ore 17)
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Sabato 21 novembre, alle ore 17: riunione in Google Meet del
gruppo AC Sanclemente!, aperta anche ai non soci residenti in
Italia, sui temi dell’enciclica Fratelli tutti (in
fondo trovate la sintesi della parte proposta per il dialogo durante l’incontro).
Consiglio di accedere dalle ore 16:45 con il codice che vi è stato
inviato.
A questo
indirizzo di YouTube
https://www.youtube.com/watch?v=GorIYoaHGjk
potrete vedere un video in cui si insegna, passo per passo,
come partecipare.
Le persone che non sono socie e che abbiano piacere di
partecipare, possono chiedere il codice di accesso con una email a
mario.ardigo@acsanclemente.net
indicando il loro nome, i temi di interesse e la parrocchia di
residenza. Questi dati saranno cancellati dopo ogni riunione e dovranno essere
nuovamente inviati per partecipare ad una riunione successiva.
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L’enciclica Fratelli tutti è un documento della dottrina sociale del
Papato, parte del pensiero sociale cristiano e della dottrina sociale della
Chiesa, dedicato alla politica. Politica è il governo della società. Gli esseri umani sono viventi che
costituiscono tra loro società e le governano.
Nei primi quattro
capitoli si sintetizzano la situazione generale del mondo e i principi di
azione sociale di ispirazione cristiana.
Gli ultimi quattro capitoli sono dedicati alle indicazioni operative e
al ruolo delle religioni (non solo di quella cristiana) in politica.
Fino al regno di papa
Francesco, le encicliche sociali erano costruite sostanzialmente come prediche ai governanti. Nella Fratelli tutti sono citati solo due volte ed una in senso
fortemente critico, citando questo brano evangelico: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di
esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così» (Dal Vangelo secondo Matteo 20,25-26).
L’enciclica è rivolta ai Popoli della terra, non solo ai fedeli
cristiani. Nel documento il popolo è evocato 123 volte. Vi è l’esortazione ad aprirsi verso gli altri, anche uscendo dagli spazi
ristretti delle famiglie, etnie, nazioni, senza determinarsi in base
all’interesse immediato. Si prospettano cambiamenti sociali e politici su scala
planetaria essenzialmente affidati a movimenti
sociali di popolo, definiti seminatori di cambiamento,.
«[…] i movimenti popolari che aggregano
disoccupati, lavoratori precari e informali e tanti altri che non rientrano
facilmente nei canali già stabiliti. In realtà, essi danno vita a varie forme
di economia popolare e di produzione comunitaria. Occorre pensare alla
partecipazione sociale, politica ed economica in modalità tali che includano i
movimenti popolari e animino le strutture di governo locali, nazionali e
internazionali con quel torrente di energia morale che nasce dal coinvolgimento
degli esclusi nella costruzione del destino comune; al tempo stesso, è bene far
sì «che questi movimenti, queste esperienze di solidarietà che crescono dal
basso, dal sottosuolo del pianeta, confluiscano, siano più coordinati,
s’incontrino». Questo, però, senza tradire il loro stile caratteristico,
perché essi sono seminatori di cambiamento, promotori di un processo in cui
convergono milioni di piccole e grandi azioni concatenate in modo creativo,
come in una poesia. In questo senso sono “poeti sociali”, che a modo loro
lavorano, propongono, promuovono e liberano. Con essi sarà possibile uno
sviluppo umano integrale, che richiede di superare «quell’idea delle politiche
sociali concepite come una politica verso i
poveri, ma mai con i
poveri, mai dei poveri
e tanto meno inserita in un progetto che riunisca i popoli». Benché diano
fastidio, benché alcuni “pensatori” non sappiano come classificarli, bisogna
avere il coraggio di riconoscere che senza di loro «la democrazia si atrofizza,
diventa un nominalismo, una formalità, perde rappresentatività, va
disincarnandosi perché lascia fuori il popolo nella sua lotta quotidiana per la
dignità, nella costruzione del suo destino».»
L’idea è quella di un cambiamento dal basso:
« È possibile cominciare dal basso e
caso per caso, lottare per ciò che è più concreto e locale, fino all’ultimo
angolo della patria e del mondo, con la stessa cura che il viandante di Samaria
ebbe per ogni piaga dell’uomo ferito. Cerchiamo gli altri e facciamoci carico
della realtà che ci spetta, senza temere il dolore o l’impotenza, perché lì c’è
tutto il bene che Dio ha seminato nel cuore dell’essere umano. »
Ma come si formerà, in questi movimenti di popolo, la volontà comune,
senza assimilare i valori e il metodi della democrazia? Non cadranno in preda a
leader carismatici, fatalmente tentati dall’abusare
dell’influenza sugli altri? Nell’enciclica si mostra consapevoli del rischio:
«159. Ci sono leader popolari capaci di interpretare il sentire di un
popolo, la sua dinamica culturale e le grandi tendenze di una società. Il
servizio che prestano, aggregando e guidando, può essere la base per un
progetto duraturo di trasformazione e di crescita, che implica anche la
capacità di cedere il posto ad altri nella ricerca del bene comune. Ma esso
degenera in insano populismo quando si muta nell’abilità di qualcuno di
attrarre consenso allo scopo di strumentalizzare politicamente la cultura del
popolo, sotto qualunque segno ideologico, al servizio del proprio progetto
personale e della propria permanenza al potere. Altre volte mira ad accumulare
popolarità fomentando le inclinazioni più basse ed egoistiche di alcuni settori
della popolazione. Ciò si aggrava quando diventa, in forme grossolane o
sottili, un assoggettamento delle istituzioni e della legalità.»
ma il rimedio, in definitiva,
viene affidato allo spirito di misericordia
che si ritiene pervadere i popoli.
L’enciclica appare poco realistica sul punto, e lo si ammette, citando l’intervista del 2013 ad Antonio Spadaro, S.I., pubblicata sotto il titolo Le orme di un pastore. Una conversazione con Papa Francesco:
«Popolo non è una categoria
logica, né è una categoria mistica, se la intendiamo nel senso che tutto quello
che fa il popolo sia buono, o nel senso che il popolo sia una categoria
angelicata. Ma no! È una categoria mitica […] Quando spieghi che cos’è un
popolo usi categorie logiche perché lo devi spiegare: ci vogliono, certo. Ma
non spieghi così il senso dell’appartenenza al popolo. La parola popolo ha
qualcosa di più che non può essere spiegato in maniera logica. Essere parte del
popolo è far parte di un’identità comune fatta di legami sociali e culturali. E
questa non è una cosa automatica, anzi: è un processo lento, difficile… verso
un progetto comune».
La democrazia e il democratico compaiono solo 5 volte e sempre con connotati critici.
Più precisamente in questi brani
«Che cosa significano oggi alcune
espressioni come democrazia, libertà, giustizia, unità? Sono state manipolate e
deformate per utilizzarle come strumenti di dominio, come titoli vuoti di
contenuto che possono servire per giustificare qualsiasi azione.»
«Nel mondo digitale giganteschi
interessi economici, capaci di realizzare forme di controllo tanto sottili
quanto invasive, creando meccanismi di manipolazione delle coscienze e del
processo democratico. »
«Il fatto è che la semplice
proclamazione della libertà economica, quando però le condizioni reali
impediscono che molti possano accedervi realmente, e quando si riduce l’accesso
al lavoro, diventa un discorso contraddittorio. Parole come libertà,
democrazia o fraternità si svuotano di senso. »
«La pretesa di porre il populismo
come chiave di lettura della realtà sociale contiene un altro punto debole: il
fatto che ignora la legittimità della nozione di popolo. Il tentativo di far
sparire dal linguaggio tale categoria potrebbe portare a eliminare la parola
stessa “democrazia” (“governo del popolo”). Ciò nonostante, per affermare che
la società è più della mera somma degli individui, è necessario il termine
“popolo”.»
«Con essi sarà possibile uno
sviluppo umano integrale, che richiede di superare «quell’idea delle politiche
sociali concepite come una politica verso i
poveri, ma mai con i
poveri, mai dei poveri
e tanto meno inserita in un progetto che riunisca i popoli». Benché diano
fastidio, benché alcuni “pensatori” non sappiano come classificarli, bisogna
avere il coraggio di riconoscere che senza di loro «la democrazia si atrofizza,
diventa un nominalismo, una formalità, perde rappresentatività, va disincarnandosi
perché lascia fuori il popolo nella sua lotta quotidiana per la dignità, nella
costruzione del suo destino».
Veramente troppo poco, per un documento sulla politica.
Nel magistero sociale di papa
Francesco, che non si articola solo in documenti come le esortazioni e le encicliche sociali, ma anche nella
predicazione omiletica, in discorsi tenuti in pubblico, in interviste e altri
interventi sui giornali, vi è un marcato pregiudizio positivo sul popolo, visto
come per natura e per azione dello Spirito capace di virtù. Le ideologie
politiche correnti, comprese quelle democratiche, sono considerate invece con
pregiudiziale diffidenza, come artefatti tesi a omogeneizzare i popoli,
incidendo negativamente su quelle virtù.
Nell’enciclica troviamo la forte
critica al sistema economico capitalista che è stata caratteristica della
dottrina sociale del Papato fin dalla prima enciclica sociale la Le novità deliberata nel 1891 dal papa Leone 13°. In
particolare troviamo un giudizio totalmente negativo della globalizzazione. Essa può esse definita 1) un processo di
espansione-estensione 2)verso il mondo
intero 3)dell’economia capitalistica 4)attraverso le potenzialità di nuove
forme comunicative (es. rete informatica). Il filosofo Emanuele Severino ne diede questa definizione:
“estensione all’intero pianeta
dell’economia capitalistica nel suo strutturarsi secondo le potenzialità della
rete telematico-informatica”. In un rapporto della Banca Mondiale se ne
identificano tre ondate principali: 1870-1914: calo dei prezzi
del trasporto marittimo dalla vela alla forza a vapore e sviluppo della rete
ferroviaria, nonché emigrazione su vasta scala verso l’America e l’Australia; 1945-1980:
caduta dei nazionalismi, riduzione delle barriere doganali, sviluppo tecnico; 1980
ad oggi ... alcuni paesi in via di sviluppo fanno irruzione nel mercato
globale, mentre altri vengono emarginati, flussi migratori, utilizzo
dell’e-commerce ecc. Secondo l’enciclica «Quando si dice che ha ridotto la povertà, lo si fa misurandola con
criteri di altre epoche non paragonabili con la realtà attuale». Questo
contrasta con l’esperienza corrente delle famiglie italiane di oggi, ma
naturalmente se si considera tutti i popoli della Terra può ragionarsi
diversamente, perché l’Italia si trova ancora nella parte più ricca
dell’Occidente, tra quel coacervo di popoli che ancora dominano il mondo e
riescono ad assicurarsene la maggior parte delle ricchezze.
Un elemento caratteristico del magistero di papa Francesco, che si trova
anche nella Fratelli tutti, è quello di considerare la misericordia come fattore di riforma sociale. La prima
parte dell’enciclica, quella che tratta anche dei principi di azione sociale, è
costruita sulla parabola del Buon
Samaritano. La misericordia è l’impulso dello spirito che spinge in
soccorso dello sconosciuto abbandonato,
quel farsi prossimi che è al centro dell’insegnamento evangelico
della parabola.
Secondo il Papa, le religioni possono svolgere
un ruolo positivo nella riforma sociale del mondo globalizzato. Per questo
nell’enciclica si ricordano:
a) l’incontro di San Francesco d’Assisi con Sultano islamico Malik-al-Kamil in
Egitto, durante una Crociata;
b) il suo incontro con il patriarca ecumenico ortodosso Bartolomeo di
Costantinopoli e quello, ad Abu Dhabi, con il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb.
Il metodo che animò quegli
incontri probabilmente ispira anche quelli con le autorità della Repubblica
popolare di Cina.
Nell’enciclica si tratta anche
dei principi fondativi delle democrazie contemporanee, in questo ordine: uguaglianza, fraternità, libertà.
Permangono le difficoltà di sempre della dottrina sociale nell’affrontare
quest’ultima, citata prevalentemente con accenti critici. Nelle preghiere
finali, che possono essere considerati una sintesi dell’enciclica, manca la richiesta di essere liberi. Questo spiega lo scarso spazio dato alla riflessione
sui processi democratici. Perché la libertà è necessariamente implicata nella
democrazia. Nella tradizione del pensiero sociale italiana è stata essenziale e
ha guidato la costruzione dell’Unione Europea, di cui tuttora esponenti cristiane democratiche sono tra le
principali esponenti, la cancelliera tedesca Merkel, e la presidente della
Commissione dell’Unione Europea Ursula Von der Leyen. Nell’enciclica, l’Unione
Europea, una realtà politica e sociale senza precedenti nella storia
dell’umanità e nella costruzione della quale ha avuto un ruolo tanto
determinante il pensiero sociale specificamente cattolico, è menzionata una
sola volta e con toni critici, tra i sogni
che vanno in frantumi:
«Sogni che vanno in frantumi
10. Per decenni è sembrato che il mondo avesse imparato da tante
guerre e fallimenti e si dirigesse lentamente verso varie forme di
integrazione. Per esempio, si è sviluppato il sogno di un’Europa unita, capace
di riconoscere radici comuni e di gioire per la diversità che la abita.
Ricordiamo «la ferma convinzione dei Padri fondatori dell’Unione europea, i
quali desideravano un futuro basato sulla capacità di lavorare insieme per
superare le divisioni e per favorire la pace e la comunione fra tutti i popoli
del continente».
Questa considerazione è
insufficiente: l’Unione Europea non è un sogno, e nemmeno un sogno in frantumi, ma (ancora ) una solida realtà. E’
praticamente l’unica potenza di pace del
mondo e ha garantito la pace dal 1945 in larga parte del Continente europeo, un
periodo lunghissimo, nella tragica storia del nostro mondo.
L’assimilazione della democrazia
è stato un processo travagliato tra i cristiani, in particolare tra i
cattolici, per l’organizzazione feudale della loro Chiesa, ricevuta dall’Undicesimo
secolo. Ne ha scritto Vittorio Emanuele
Giuntella nel libro La religione amica
della democrazia. I cattolici democratici del Triennio rivoluzionario
(1796-1799), Edizioni Studium, 1990, in cui sono riportati vari brani di
testi dei primi cattolici democratici italiani.
Il pensiero cattolico democratico
italiano fino al regno di papa Francesco è convissuto, in un rapporto spesso
travagliato, con il populismo guelfo
papista, l’ideologia politica del Papato, basata su idea di una relazione
carismatica tra il Papa e il buon popolo
italiano, tentato e minacciato dalle filosofie e ideologie liberali, in cui
si inseriscono quelle democratiche, e dal socialismo ateo, del proletariato che
vuole prevalere con la forza del numero sull’altra parte della società.
Entrambi, dal 1891, si orientarono secondo la dottrina sociale del Papato,
dandone interpretazioni e attuazioni divergenti. Un lungo armistizio, secondo
il progetto politico democratico cristiano di Alcide De Gasperi (1861-1954), si
ebbe in Italia tra il 1939 e il 1994, sempre però in costanza di una certa
tensione irrisolvibile, con accuse di oscurantismo e autocrazia da una parte e
di filoprotestantesimo dall’altra.
Nell’enciclica, pur nella difficoltà di affrontare il principi della democrazia contemporanea, li si riecheggia continuamente. Essa può quindi essere considerata un buon inizio. Ecco come li sintetizzò nel 1797 il prete Scipione Bonifacio nel libro “Uomo cittadino democratico l'uomo vassallo dell' aristocrazia, e della monarchia l'uomo cristiano in ogni stato del cittadino”:
«La democrazia della perfetta
uguaglianza popolare, che non ammette distinzioni di ordini, né di nascita, né
di titoli, è fondata sull’amor fraterno; la fratellanza forma la dolcezza dell’uguaglianza:
consideriamoci come fratelli e saremo tutti raccolti in una gran famiglia. Ma
questa gran famiglia non è la Chiesa? Non siamo noi tutti figli di questa buona
madre perfetta democratica? Ella non fa distinzione tra suoi figli. Raccomanda
sempre e caldamente alli medesimi l’amore
fraterno. Figli miei amatevi scambievolmente; chi non ama il suo eguale
fratello, non si lusinghi di regnare con Dio. Anzi di più, chi dice di amare
Dio e di osservare la sua legge e faccia le più stupende cose in prova di
questa sua assersione, ma non ami il suo eguale come fratello, egli seduce se
stesso e la verità non è in lui.»
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte
Sacro, Valli